ADHD, che cos’è e perché non è solo un disturbo da iperattività

Si sente spesso parlare di ADHD come di un disturbo da iperattività, ma in realtà le cose sono molto più complesse. Ecco che cosa significa veramente.

Nel mondo aumentano sempre di più le diagnosi di ADHD, ma più che ad un aumento dei casi si deve probabilmente pensare ad una nuova consapevolezza su questa condizione, che sta rendendo la diagnosi più efficace.

Una piccola rivoluzione intorno all’ADHD riguarda inoltre un’attenzione rinnovata verso i sintomi delle bambine e delle ragazze, che possono essere anche molto diversi da quelli dei ragazzi e dunque nel passato sono stati difficilmente diagnosticati.

Vediamo allora che cosa significa questa sigla e quali sono i sintomi per entrambi i generi. Scopriamo inoltre tutti i vantaggi, spesso trascurati, di questa peculiare condizione neurologica.

ADHD, molto più di un disturbo da iperattività: che cos’è davvero

Molto spesso si tende ad associare l’ADHD esclusivamente ad un disturbo da iperattività. Eppure, i suoi sintomi sono in realtà molto più sfaccettati, e si concretizzano in maniera molto diversa fra ragazzi e ragazze.

Con ADHD si intende “Attention Deficit Hyperactivity Disorder“, ed è stato inserito fra i problemi medici nel 1902, anche se già diversi decenni prima alcuni medici avevano documentato casi di questo tipo.

L’ADHD viene solitamente diagnosticato in giovanissima età, quando i bambini iniziano il proprio percorso scolastico e devono confrontarsi per la prima volta con una serie di imposizioni e regole precise, oltre che con una gestione del tempo standard.

Fra i principali sintomi di ADHD (per quanto riguarda i bambini e i ragazzi) si ricordano infatti:

  • Concentrazione intermittente, che rende difficile portare a termine compiti specifici in un lasso di tempo stabilito.

  • Grande vivacità (ipercinetismo): corrono e si arrampicano anche in contesti strutturati, e fanno fatica a rimanere seduti a lungo.

  • Parlano molto e in continuazione, talvolta rispondendo prima che si sia finito di formulare la domanda.

  • Fanno fatica a rispettare il proprio turno, e in un gruppo di lavoro può essere complicato collaborare con loro.

I sintomi delle bambine e perché non sono diagnosticati

Come si può facilmente osservare, molti dei sintomi elencati sono in realtà comuni a moltissimi bambini di 6-7 anni che non per forza manifestano ADHD. Dunque, è soprattutto la quantità di questi sintomi a spingere i genitori o gli educatori a richiedere una diagnosi.

Tuttavia, come già accennato, questi sintomi sono perlopiù associati ai ragazzi. Le bambine, infatti, sono spesso fisicamente più tranquille, ma possono avere le stesse difficoltà a rimanere concentrate su un argomento imposto, così come a gestire e ad organizzare il proprio tempo.

Questo spiega anche perché le diagnosi delle donne sono più tardive, e arrivano spesso dopo i vent’anni. Da notare, tuttavia, come ciò denuncia anche una minore attenzione nei manuali medici alla salute e alla neurologia femminile.

Per quanto riguarda il trattamento, anche se esistono anche approcci farmacologici, di norma si adottano terapie comportamentali, e nei bambini è fondamentale la psicomotricità.

Da adulti è molto utile un supporto psicologico (anche perché l’ADHD può causare anche un aumento di ansia, stress e depressione, ma anche perché rende più complessi, e dunque frustranti, alcuni aspetti della vita quotidiana), oltre che la mindfullness e il neurofeedback.

Tuttavia, anche se si parla di disturbo, ci sono alcune cosa da puntualizzare sull’ADHD, che in alcuni settori può addirittura rivelarsi un vantaggio.

ADHD, un dono inaspettato?

A differenza di quanto si crede normalmente, non è affatto vero che avere un ADHD significhi automaticamente avere un rendimento scolastico inferiore, così come non poter ambire ad una carriera di successo (basti pensare che si sospetta che Albert Einstein ne soffrisse, ma anche diversi artisti e personaggi famosi, come ad esempio il cantante Yungblud).

L’ADHD dona infatti un punto di vista sulla realtà molto diverso da chi ha un cervello neurotipico, favorendo creatività nell’approccio ai problemi e alle situazioni, sopratutto in contesti imprevedibili.

Inoltre, disturbo dell’attenzione non significa non essere in grado di concentrarsi del tutto, ma richiedere un maggiore impegno in ciò che interessa di meno o è ritenuto meno importante. In ciò che appassiona, al contrario, chi ha un ADHD diagnosticato può impegnarsi e riuscire ottimamente.

Inoltre, è più semplice per questi soggetti porre l’accento sui dettagli fondamentali, e non farsi distrarre da altri fattori marginali. Chi ha un ADHD, infine, è più propenso a correre rischi, a sperimentare e a trovare soluzioni alternative, il che può rappresentare una carta vincente in diversi contesti lavorativi.

Certo, bisogna riconoscere che l’attuale sistema scolastico, soprattutto per l’infanzia, non è particolarmente adatto a chi si trovi in questa condizione neurologica (basti pensare alle ore che i bambini, anche molto piccoli, devono passare seduti), Tuttavia, con un supporto adeguato e una terapia efficace, non c’è ragione per considerare l’ADHD come qualcosa di totalmente negativo.

Margherita Cerri
Margherita Cerri
Redattrice, classe 1998. Appassionata di letteratura e di scrittura, mi sono laureata in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano con una tesi sul rapporto fra Italo Calvino e il gruppo Oulipo. Dopo alcune esperienze come aiuto bibliotecaria e insegnante, ho svolto un periodo di studio a Parigi, e infine mi sono unita a Trend Online tramite uno stage curriculare. Scrivo principalmente di cinema, spettacolo, attualità e viaggi. Motto: Qualunque cosa sogni d'intraprendere
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