Meduse, tutti le temono. Ma sapevi che ucciderle è reato?

Uccidere una medusa è considerato un reato? Cosa si rischia e come agire in una situazione di pericolo.

Nell’immaginario collettivo la medusa non rientra di certo tra gli animali più simpatici e carini da avere intorno, anzi, pur non essendo di norma letale (lo è in versione cubo medusa), rappresenta un’angoscia per molti bagnanti.

Sarebbe però sbagliato, come spesso avviene, considerarlo un animale sacrificabile solo perché temuto e non reputato amico. Anche la medusa, pur non rientrando tra le specie per cui è vietata la detenzione in Italia, va trattata con il dovuto rispetto e anche nelle situazioni più al limite, lasciata in pace senza ricorrere ad azioni o reazioni violente.

Quella esposta non rappresenta solo una questione etica, ma anche legale.

Che reato configura l’uccisione di una medusa?

L’atto di uccidere una medusa è da considerarsi reato ai sensi del codice penale, specificamente l’art. 544 ter recita:

“Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro”.

Come precedentemente chiarito, non sono solo quelli che sentiamo più vicini a dover essere considerati come animali, ma tutti quelli che compongono la fauna, terrestre o marina che sia. Una medusa non deve essere maltrattata né uccisa al pari di un cane o di un gatto.

Così continua l’art. 544 del codice penale:

“La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale”.

Ai sensi del comma bis dello stesso articolo, inoltre, la pena sale da quattro mesi a due anni nel caso in cui la morte dell’animale sia dovuta a crudeltà o ad atti non necessari (ad esempio salvarsi da un pericolo grave).

Gli atti che configurano il reato

Il legislatore ha volontariamente redatto in forma generica la norma di cui sopra. Questo per l’impossibilità di tipizzare tutte le modalità di attuazione del reato, che possono variare da specie a specie.

Nel caso della medusa, i maltrattamenti potrebbero verificarsi ad esempio raccogliendole con attrezzi da spiaggia quando si trovano già agonizzanti sulla riva, oppure pescandole volontariamente dal mare per “ripulirlo”, portandole a riva dove le attende morte certa.

Secondo l’autorevole parere della Corte di Cassazione, il reato si configura tutte le volte in cui gli atti sono contrari al sentimento di pietà provato nei confronti della crudeltà verso animali o quando incidono sulla sensibilità dell’animale, come in questo caso sarebbe l’atto di separare la medusa dal suo habitat naturale.

Leggi anche: Animali: violenze su cani e gatti carcere e multa da 30.000€

Alternative alla commissione del reato

Come in tanti altri campi, sarebbe buona regola sensibilizzare i bambini già in tenera età al rispetto verso la natura che ci circonda e verso gli altri esseri viventi, soprattutto quelli che vivono in un contesto diverso dal nostro come nel caso della fauna marina.

In secondo luogo, ricordarsi che vi è sempre un’alternativa alla becera e insensata violenza. In caso di pericolo dovuto alla presenza di meduse o di difficoltà di gestione di una situazione in mare è giusto contattare la Guardia Costiera al 1530 piuttosto che fare “pulizia” da soli. In caso di alta concentrazione di meduse in mare, dunque, è fortemente sconsigliato agire di impulso, seppur spinti da nobili motivi, come la messa in sicurezza propria o degli altri bagnanti.

Ricorda che l’uccisione di una medusa non solo potrebbe causarti una multa più salata del mare, ma persino una visita al fresco, non quello della brezza estiva, ma quello del carcere.

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