Regime forfettario: quando scegliere l’aliquota del 5%

Quando scegliere l'aliquota del 5% o 15% quando si apre partita iva in regime forfettario. Cos'è il coefficiente di redditività e come si calcola il reddito.

Sempre più persone decidono di lasciare la sicurezza del proprio posto fisso per avventurarsi in un lavoro in proprio e che preveda, dunque, l’apertura della partita iva.

In molti la stanno chiamando la Great Resignation o Big Quit. In un periodo come quello della pandemia e, sperabilmente post pandemia, molti lavoratori scelgono volontariamente di lasciare contratti di lavoro da dipendente, sicuri e spesso ben pagati, per qualcosa di nuovo e diverso.

Se per tante persone ciò che c’è al di là del proprio licenziamento è ancora sconosciuto, per tante altre invece il futuro è chiaro. Si vuole riuscire a mantenersi, anche se con guadagni inferiori, facendo ciò che si ama. Provarci almeno.

Ecco che per molti, l’unica soluzione possibile, per non essere alla dipendenze di nessuno e riuscire a gestire al meglio i propri tempi ed orari, magari da casa, è quello di aprire partita iva.

Quando si tratta di un’attività che parte da zero, in Italia, oltre alla partita iva in regime ordinario, è possibile scegliere di aprire anche quella in regime forfettario.

E, a quel punto: come scegliere tra regime forfettario con aliquota al 5% e aliquota al 15%? In questa guida vi spieghiamo tutte le differenze e, quindi, come fare a scegliere in modo consapevole.

Iniziamo, come sempre, dal principio.

Cos’è il regime forfettario

Di regime forfettario ne abbiamo parlato ampiamente in articoli precedenti.

Come riporta il sito dell’Agenzia delle Entrate, esso è un regime fiscale agevolato, nato per sostenere imprese e attività di dimensione ridotta e che non riuscirebbero a sostenere i costi previsti da un regime ordinario.

Grazie a quanto previsto dal regime forfettario, infatti, possono nascere nuove imprese e nuove figure professionali che possono esercitare nel pieno rispetto della legge, ma senza gli obblighi e la burocrazia previsti dal regime ordinario.

Come dice il nome stesso, forfettario, le imprese che si avvalgono di questo regime devono corrispondere un’unica imposta che sostituisce quelle normalmente previste: in altre parole, queste realtà corrispondono un semplice forfait, che può essere del 5 o del 15%.

Si tratta di un regime scelto dalla maggior parte dei professionisti freelance ma che, oltre alle agevolazioni sopra descritte, presenta dei limiti. Una volta superati questi limiti, si è automaticamente esclusi dal regime forfettario.

Di regime forfettario, e delle novità previste per il 2022, ci parla Federica Mutti nel suo canale Youtube.

I requisiti per accedere al regime forfettario sono piuttosto stringenti, ma non riguardano l’età del titolare della partita iva o un particolare numero di anni di attività.

Allora, quando è possibile scegliere il regime forfettario?

Quando si può scegliere il regime forfettario?

Nonostante le agevolazioni siano plurime, lo sono anche le limitazioni.

Chi può sceglierlo sono le persone fisiche che decidano di avviare un’attività d’impresa, professione oppure arte. Ci sono anche dei casi in cui possono applicarlo le attività familiari, ma ci sono dei limiti e requisiti da verificare.

Normalmente, ecco quali sono i limiti per poter aderire al regime forfettario.

Innanzitutto, i ricavi non devono superare i 65 mila euro annui. Qualora più codici ATECO facciano riferimento alla medesima partita iva, si calcola la somma dei ricavi per ciascun codice.

Anche le spese per lavoro accessorio, per il lavoro di dipendenti e collaboratori non possono superare una certa soglia, che è quella dei 20 mila euro annui.

Un tempo, inoltre, per poter scegliere il regime forfettario, era necessario che anche per l’acquisto di beni strumentali non si superassero i 20 mila euro annui: questo limite, però, non è più presente.

Si può comunque perdere il diritto al regime forfettario quando:

  • si cambia residenza e la nuova non è più in Italia (anche se ci sono delle eccezioni legate alla percentuale di fatturato prodotta in Italia);
  • si effettuano operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di essi, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi;
  • ci si avvale di regimi speciali ai fini Iva;
  • si partecipa a società di persone, ad associazioni professionali, o a società a responsabilità limitata (con eccezioni).

Naturalmente, a queste motivazioni di esclusione si aggiungono quelle dei limiti di reddito o di spesa che abbiamo citato sopra.

Una volta appurata la propria possibilità di scegliere il regime forfettario, ecco a cosa bisogna prestare attenzione.

Forfettari: quando scegliere tra aliquota al 5 e al 15%

Come abbiamo detto in apertura, i forfettari non hanno un sistema contabile complesso come quello dei titolari di partita iva ordinaria.

Essi infatti corrispondono una tassa sostitutiva, un forfait, che può avere un’aliquota del 5% oppure del 15%.

Quando scegliere l’una e quando scegliere l’altra?

Scegliere l’aliquota più conveniente, quella del 5%, è possibile unicamente per chi apre per la prima volta una partita iva.

Inoltre, tale imposta, chiamata anche imposta start-up, è applicabile solo per i primi 5 anni di attività. Una volta superati i 5 anni, se permangono i requisiti del regime forfettario, si trasla di default all’aliquota del 15%.

Si tratta di una riduzione interessante della tassazione perché riesce ad aiutare e agevolare tutti coloro che vogliano aprire la propria attività senza però avere grandi competenze nell’ambito della sua amministrazione.

Anche qui, comunque, ci sono delle limitazioni e non tutte le neonate imprese possono aderire all’aliquota startup.

Ci sono infatti 3 requisiti d’accesso per il forfettario che sceglie aliquota al 5%:

  • non deve aver svolto attività d’impresa, anche in forma familiare o associata, nei 3 anni precedenti.
  • se rileva un’attività che era già avviata deve verificare che i ricavi percepiti nell’anno precedente alla sua apertura di partita iva siano in linea con quanto previsto dal regime forfettario.
  • l’attività scelta non deve essere una mera prosecuzione di quanto svolto precedentemente, sia come autonomi (ad esempio: con ritenuta d’acconto), sia come dipendenti.

Da quest’ultimo caso, ad ogni buon conto, sono esclusi coloro che sono obbligati, dal proprio ordine professionale, ad esercitare un periodo di pratica obbligatorio.

Se non si riesce a soddisfare i requisiti sopra riportati, si dovrà scegliere di entrare nel regime forfettario con aliquota al 15%.

Vediamo ora come poterla calcolare.

Come calcolare l’aliquota al 5 o al 15%

Una delle problematiche più ricorrenti nel momento in cui ci si rende conto che si deve aprire partita iva è certamente lo smarrimento che si prova pensando a tutte le pratiche e tutti i calcoli che si dovranno fare per essere in linea con il fisco.

Il regime fiscale agevolato viene certamente incontro a questa esigenza.

Quando si sceglie il regime forfettario, infatti, il calcolo dell’aliquota del 5 oppure del 15% è piuttosto facile.

Di seguito, indichiamo gli step da seguire.

Come prima cosa, bisogna identificare il proprio codice ATECO. Per ogni codice ATECO, infatti, è stabilito dall’Agenzia delle Entrate un coefficiente di redditività. Si tratta di una percentuale da applicare al proprio reddito. L’elenco dei codici ATECO e rispettivo coefficiente è reperibile a questo link.

Ad esempio, per le attività legata al commercio all’ingrosso e al dettaglio il coefficiente è del 40%.

A quel punto, si dovrà determinare il proprio reddito imponibile. Per fare questo calcolo si devono inserire solo i pagamenti effettivamente incassati nel periodo fiscale che stiamo considerando.

Se, ad esempio, un pagamento è previsto entrare a Gennaio 2023, non entrerà nel nostro calcolo relativo all’anno precedente da Gennaio a Dicembre 2022.

A questo punto, si è pronti per moltiplicare coefficiente di redditività e reddito imponibile.

Esempio: 10 mila euro di reddito imponibile da moltiplicare per il 40% (coefficiente commercianti) che risultano in 4.000 euro.

Infine, si sottraggono dal reddito imponibile i contributi previdenziali versati e si moltiplica il risultato ottenuto per l’aliquota del 5 oppure del 15%.

Il gioco è fatto e sappiamo quanto la nostra attività deve versare.

A questo punto, può sorgere spontanea una domanda: non ci sono altri costi deducibili?

Quali sono i costi detraibili per il regime forfettario?

Nell’esempio di prima abbiamo ricordato che, prima di moltiplicare il nostro reddito imponibile per l’aliquota del 5 o del 15% è necessario sottrarre i contributi previdenziali versati.

Questo è vero ma non per tutti. Eccetto per i professionisti iscritti alla Camera di Commercio o alla Gestione Commercianti e Artigiani di INPS, non è infatti applicabile nel primo anno di attività, quando non si è ancora versato alcunché.

Gli altri costi che sono deducibili in regime ordinario, non sono invece detraibili con il regime forfettario. Ad esempio: le utenze e gli affitti, i macchinari, le trasferte, i costi per eventuale lavoro dipendente o in collaborazione.

Oltre a ciò, nemmeno mutui, spese sanitarie, detrazioni per figli e familiari a carico, ecc. Questo naturalmente perché il regime forfettario è già molto agevolato rispetto ad un regime ordinario, grazie alle aliquote sopra descritte, e non è possibile detrarre costi in più.

E in caso di lavoro dipendente?

Una delle domande più ricorrenti è se, nel caso di lavoratore dipendente in possesso di partita iva forfettaria, si possano detrarre i redditi da lavoro dipendente.

In questo caso, il lavoratore ha diritto a tenere separate le due fonti di reddito. Sul reddito da lavoratore dipendente sono inoltre calcolabili tutte le detrazioni IRPEF spettanti (ad esempio: spese di ristrutturazione, contributi universitari, ecc.).

Insomma, se da un lato il regime forfettario permette diverse agevolazioni volte alla tutela e alla crescita di imprese appena nate, dall’altro ci sono molti limiti che è bene considerare. Uno su tutti, è proprio quello delle spese detraibili.

Si pensi, comunque, che poter iniziare un’impresa con regime forfettario e aliquota del 5%, o anche del 15%, è comunque un vantaggio non indifferente.

Andrà analizzata di volta in volta la propria situazione per capire cosa sia più conveniente.

Redazione Trend-online.com
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