Arancino o arancina? Come si chiama davvero e differenza: la verità che nessuno conosce

Si dice arancino o arancina? Scopriamo la storia del nome e delle origini di uno dei piatti simbolo della Sicilia.

Mentre i napoletani hanno risolto la questione con stile chiamando questo piatto “e pall e ris” (palle di riso), in Sicilia continua la disputa secolare su quale sia il nome corretto: arancino o arancina?

La buona notizia è che dopo anni di litigi a risolvere la questione ci ha pensato l’Accademia della Crusca, con un’altra sorpresa sulle origini. Perché uno dei piatti simbolo della Sicilia e considerato antichissimo potrebbe non essere poi così vecchio come si pensa.

Arancino vs. Arancina: l’Accademia della Crusca dice la sua

“Arancine di riso grosse ciascuna come un mellone” così scriveva De Roberto nei “Viceré” eppure l’autore aveva trascorso gran parte della sua vita a Catania, dove oggi si utilizza invece “arancino”.

Come spiegare l’esistenza del doppio genere? Lo ha fatto per noi l’Accademia della Crusca, secondo cui in primo momento fu “l’arancinu”:

“Si potrebbe allora concludere che chi dice arancino italianizza il modello morfologico dialettale (arancinu), mentre chi dice arancina non fa altro che riproporre il modello dell’italiano standard (arancia).”

Tradotto in parole povere, tutti sanno che in italiano esiste l’albero, cioè l’arancio, e poi il frutto chiamato arancia, quello che non sanno è che la distinzione maschile per la pianta e femminile per il frutto si è diffusa nell’italiano a metà del ‘900 e ancora non esiste in molte varianti dialettali. Proprio in siciliano “l’aranciu” indica il frutto e non solo l’albero.

Secondo le attestazioni linguistiche scritte l’ipotesi probabile è che la parola nasca prima come “arancinu/arancino” e dopo diventi “arancina” modellandosi sull’italiano che usa il femminile.

“Arancina” insomma è il nome interpretato in alcune zone come più corretto perché più simile alla nostra lingua “arancia”, la quale però ha creato questa distinzione solo in tempi recenti.

In ogni caso, al giorno d’oggi entrambe le varianti sono linguisticamente corrette! Del resto è sempre l’Accademia a chiudere il suo articolo facendo notare “che poi maschio o femmina, a punta o rotonda, è sempre la fine del mondo!”

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Dove si usa il maschile e dove il femminile in Sicilia

Al giorno d’oggi la variante femminile del nome che indica solo la pietanza di forma tonda è diffusa nella Sicilia occidentale e soprattutto a Palermo. Mentre Messina, Catania, Enna, Siracusa e Ragusa lo chiamano “arancino”.

Altra differenza è che le zone che utilizzano il maschile hanno anche due varianti nella forma che puo essere tonda o a punta. La forma femminile usata a Palermo invece presuppone qualcosa di sferico che ricordi l’arancia.

La nascita di quelli a punta potrebbe essere collegata alla forma dell’Etna da cui prendono ispirazione.

La vera storia della nascita degli arancini

Ma l’Accademia della Crusca ha anche contribuito a sfatare un mito sulle origini delle “palle di riso” siciliane. 

La tradizione sostiene che l’alimento sia nato in tempi antichi fatti risalire alla dominazione araba in Sicilia durante IX-XI secolo. Anche per il passaggio del “Liber de ferculis” di Giambonino da Cremona secondo cui era un’usanza tipica del IX-XI secolo chiamare le polpette con nomi di frutti.

In realtà, non esiste nessuna prova a sostegno di questa teoria, ma questo tipo di pietanza fa la sua comparsa nei testi scritti molto più tardi di quanto si pensi: solo nella metà del XIX secolo. In quale parte della regione sia stata per la prima volta creata è diffusa la ricetta è quindi anche questa una cosa avvolta nel mistero.

E le sorprese non finiscono qui, perché la prima attestazione in assoluto si trova solo nel 1857 all’interno del Dizionario siciliano-italiano di Giuseppe Biundi con la forma dialettale “arancinu” ma per descrivere un dolce di riso con la forma dei melaranci.

Il passaggio da dolce e salato nelle ricette è comunque un’evoluzione che si verifica spesso nella tradizione.

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La ricetta classica

La ricetta classica prevede una farcitura al ragù, ma negli anni si sono sviluppate centinaia di varianti, molto di moda ultimamente quella al pistacchio.

Un elemento caratteristico di questo street food sicialiano è la presenza costante dello zafferano, che dà al riso il colore giallo caratteristico. Questo ingrediente che non può mancare in Sicilia è spesso assente nelle “pall’ e riso” campane o di altre regioni.

La preparazione richiede prima di tutto gli ingredienti per cucinare un ragù di carne macinata, che sarà “l’imbottitura”, e volendo si può inserire anche un pezzettino di scamorza, mentre per l’assemblaggio serve:

  • riso
  • acqua
  • sale
  • burro
  • zafferano
  • farina e pangrattato.

La preparazione è semplice perché il riso va condito con burro e zafferano e poi, una volta freddo, modellato con le mani fino a formare una palla. Basta aprire questa sfera e infilare l’imbottitura poi richiudendo sempre con le mani.

Dopo l’assemblaggio non vanno semplicemente passati nel pangrattato, ma prima immersi nella pastella di acqua e farina che fa da legante. Inutile dire che la loro morte è nell’olio: l’arancino va fritto!

Alda Moleti
Alda Moleti
Collaboratrice di Redazione, classe 1984. Ho una laurea Filologia Classica e ho conseguito un dottorato in Storia Antica, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una tesi sull'opera frammentaria di Asclepiade di Tragilo. Sono autrice di pubblicazioni scientifiche sul mondo classico e coeditrice di due volumi accademici internazionali. Dal 2015, mi sono trasferita in Inghilterra dove ho lavorato come copywriter freelance e come croupier al casinò.Il mio motto è? Naples is the flower of paradise. The last adventure of my life"."
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