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RdC: cosa succede per chi è senza Green pass! Si perde?

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Un importante nodo da sciogliere negli ultimi giorni è quello relativo al Reddito di Cittadinanza

Anzi, per essere più chiari, riguarda l’obbligo di Green pass per coloro che ricevono Reddito di Cittadinanza. 

Ma è obbligatorio? Ebbene, andiamo a capire meglio la questione. 

Per chiarezza diciamo che, in base a quanto stabilito dal Governo Draghi, non è direttamente obbligatorio possedere il Green pass per percepire il sussidio. Tuttavia, c’è un ma. 

Infatti, coloro che non sono in possesso del Green pass perderanno il Reddito di Cittadinanza. Come mai? Te lo spiego immediatamente. 

In base a quanto sancito dalla nuova riforma del RdC, sarà obbligatorio per i beneficiari del sussidio frequentare i centri per l’impiego, pena l’esclusione definitiva dal Reddito di Cittadinanza

Ebbene, per accedere ai centri per l’impiego sarà necessario essere in possesso del Green pass, anche light. 

Questo significa che per poter accedere a tali centri bisognerà dimostrare di aver effettuato il vaccino ant-covid, essere guariti dal Covid-19 oppure aver effettuato un tampone, molecolare o antigenico, nelle 48 ore precedenti. 

Ma andiamo a scoprire meglio la situazione!

Per prima cosa consigliamo la visione di questo video, realizzato da Adnkronos

Green pass e RdC: cosa sta cambiando sul fronte Covid?

Prima di parlare dell’obbligatorietà del Green pass per i percettori del Reddito di Cittadinanza, andiamo ad indagare cosa sta succedendo sul fronte Covid-19 in Italia. 

Infatti, come sappiamo, stiamo assistendo ad un rapido incremento dei contagi. 

Complice anche la variante Omicron, il nostro Paese sta toccando dei picchi da record.

Proprio per questo motivo il premier Mario Draghi ha deciso di estendere lo Stato di Emergenza almeno fino alla fine del mese di marzo 2022. 

Inoltre, il Green pass sta diventando lo strumento più utilizzato per contrastare l’avanzata di questa pandemia. 

Infatti, come sappiamo, il Governo sta stringendo la morsa nei confronti dei No Vax. Infatti, fino ad oggi il lavoratori hanno dovuto presentare la certificazione verde digitale per recarsi sul loro posto di lavoro, ma sono in arrivo novità ben diverse. 

Per capire meglio di cosa stiamo parlando basterà ricordare che, fino ad oggi, per recarsi al lavoro era necessario anche un tampone, molecolare o antigienico, effettuato nelle 48 ore precedenti l’entrata in ufficio / sul posto di lavoro. 

Ebbene, a partire dal 15 febbraio 2022, sarà necessario il Super Green pass per accedere ai luoghi di lavoro, oltre a moltissime altre limitazioni già presenti. 

Infine, tale normativa arriva a toccare anche coloro che percepiscono il Reddito di Cittadinanza. Infatti, come abbiamo detto in precedenza, sarà obbligatorio essere in possesso del Green pass per poter accedere ai centri per l’impiego, luoghi da frequentare obbligatoriamente da coloro che percepiscono il RdC. 

Green pass obbligatorio: cosa succede al Reddito di Cittadinanza?

In base a quanto scopriamo dai dati forniti dal Governo, ci sono ben 100 mila percettori del Reddito di Cittadinanza che risultano essere a rischio di esclusione. 

Si tratta del numero di persone che non sono guarite dal Covid-19 e che non hanno ancora fatto il vaccino. 

Ovviamente, l’obiettivo del Governo Draghi è sempre lo stesso, ossia quello di incentivare le vaccinazioni di quelle persone che ancora non hanno deciso. 

Le novità sul fronte Green pass non sono ancora finite. Infatti, secondo quanto apprendiamo da alcune indiscrezioni, il Governo starebbe lavorando ad un nuovo DPCM che prevedrebbe l’obbligo di esibire la certificazione verde digitale per accedere ad alcuni servizi ed attività commerciali. 

RdC, ormai il Green pass è essenziale per i pagamenti!

Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, ad oggi non c’è una norma precisa che obbliga i percettori del Reddito di Cittadinanza ad essere in possesso del Green pass.

Dunque, si potrebbe pensare che la certificazione verde digitale non sia obbligatoria, ma in realtà non è così.

Come abbiamo detto in precedenza, si tratta di un obbligo implicito che è stato sancito dall’approvazione del decreto di inizio gennaio. 

Infatti, tutti coloro che percepiscono il Reddito di Cittadinanza sono tenuti per legge a presentarsi presso il centro per l’impiego, pena l’esclusione dal sussidio. 

In poche parole, l’assenza del Green pass non rientrerebbe tra le motivazioni valide per giustificare l’assenza dall’appuntamento. 

Ebbene, per accedere presso i centri per l’impiego sarà necessario esibire la certificazione verde digitale, da qui l’obbligo implicito. 

Facendo due calcoli risulta ovvio dire che per continuare a percepire il Reddito di Cittadinanza è necessario essere in possesso del Green pass. 

I centri per l’impiego sono solo uno dei pochi luoghi che non si potrebbero frequentare senza essere in possesso del Green pass. 

Infatti, come sappiamo, a partire dal 10 gennaio le persone sprovviste di Super Green pass (quindi certificazione da vaccino o da avvenuta guarigione) non possono nemmeno circolare sui mezzi pubblici. 

Decisioni drastiche che il Governo Draghi ha scelto di intraprendere in modo da arginare l’ascesa dei contagi e per spingere quante più persone possibili a ricorrere al vaccino. 

Per quanto riguarda i centri per l’impiego dobbiamo però ricordare che sarà indispensabile il Green pass light, ossia quello ottenuto sia con la vaccinazione, sia con la guarigione, sia con un tampone negativo. 

Questo significa che, per accedere al centro per l’impiego, non è ancora indispensabile essere vaccinati contro il Covid-19, ma le cose come sappiamo possono cambiare. 

Reddito di Cittadinanza: l’obbligo di andare al centro per l’impiego

Il Reddito di Cittadinanza è stata una misura durante criticata da numerose forze politiche, quali centrodestra ed Italia Viva, in quanto non ha raggiunto il suo scopo: il reinserimento delle persone disoccupate nel mondo del lavoro. 

Ebbene, proprio per questo motivo il Governo Draghi ha deciso di optare per una completa riforma della misura a partire dal mese di gennaio di questo nuovo anno.

Numerose sono state le novità introdotte, come il decalage mensile dopo il rifiuto di un’offerta di lavoro o la perdita del Reddito di Cittadinanza dopo il rifiuto della seconda offerta.  

Tuttavia, la nuova misura sulla quale ci vogliamo concentrare all’interno di questo articolo riguarda proprio l’obbligo di frequentare i centri per l’impiego periodicamente. 

L’obiettivo della nuova manovra di Mario Draghi era proprio quello di rafforzare il collegamento tra politiche attive del lavoro ed, ovviamente, sconfiggere una volta per tutte quelli che ormai sono famosi come “furbetti del Reddito di Cittadinanza”. 

Ebbene, per garantire un maggior collegamento tra domanda ed offerta di lavoro, il Governo Draghi ha imposto l’obbligo di frequentare una volta al mese i centri per l’impiego. 

Attenzione: alla seconda assenza non giustificata si perderà l’accesso al sussidio di cittadinanza. 

Ebbene, come abbiamo visto, per poter frequentare il centro per l’impiego sarà obbligatorio essere in possesso del Green pass, anche nella sua versione base. 

RdC e Green pass: come si perde il sussidio?

Come abbiamo visto, tutti coloro che non rispetteranno tale normativa e che non si presenteranno al centro per l’impiego con la certificazione verde digitale valida, perderanno il diritto di usufruire del Reddito di Cittadinanza. 

Tuttavia, è necessario sottolineare ancora una volta che non si tratta (almeno per il momento) di Super Green pass. 

Infatti, per accedere al centro per l’impiego basterà anche un tampone, molecolare o antigenico, che attesti la negatività al Covid-19. 

Banco BPM: focus su parole AD. Buy ora, dividendo può salire

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A Piazza Affari la seduta si conferma debole per Banco BPM che, dopo aver ceduto lo 0,38% venerdì scorso, propone lo stesso copione oggi.

Banco BPM scende in controtendenza rispetto al Ftse Mib

Il titolo, dopo aver provato a spingersi in avanti nelle battute iniziali, è tornato sui suoi passi e negli ultimi minuti si presenta a 2,856 euro, con un calo dello 0,21% e oltre 3,5 milioni di azioni transitate sul mercato fino ad ora, contro la media degli ultimi 30 giorni pari a circa 12,3 milioni.

Banco BPM penalizzato da andamento BTP e Spread

Banco BPM non riesce a beneficiare degli spunti positivi offerti dal Ftse Mib, frenato piuttosto dai segnali negativi che arrivano dal mercato obbligazionario.

Lo Spread BTP-Bund sale dell’1,02% a 138,7 punti base e le vendite sui BTP portano a un ulteriore rialzo dei tassi, con il decennale che aumenta del 2,4% all’1,363%.

Banco BPM: l’intervista all’AD. Gli spunti chiave

Banco BPM si conferma debole anche dopo un’intervista rilasciata a Milano Finanza dal CEO, Giuseppe Castagna.

Gli analisti di Equita SIM hanno riportato i principali spunti in una nota, da cui si apprende che, considerando le ultime incertezze legate all’andamento della pandemia, il CEO valuta ragionevole la richiesta di ABI di una nuova estensione di sei mesi delle misure di sostegno.

Il manager ha ribadito le indicazioni positive sul fronte delle moratorie, al terzo trimestre 2021 pari a circa 4,2 miliardi di euro, il 4% del totale dei loan.

Il default rate nel 2021 si è attestato su livelli particolarmente contenuti, inferiore all’1%, ed è probabile attendersi una lieve risalita nel 2022, senza destare particolari preoccupazioni.

Sul fronte M&A, Banco BPM ha valutato invece positivamente l’intervento di Bper Banca su Banca Carige, in quanto neutralizza un elemento di instabilità del sistema. Nessun commento particolare invece è stato rilasciato sul tema Banca Monte Paschi.

Il CEO Castagna ha altresì evidenziato che l’implementazione del PNRR, piano nazionale di ripresa e resilienza, nel 2022 offre grandi opportunità al sistema bancario e per questo Banco BPM ha creato apposite strutture dedicate per facilitare l’erogazione dei finanziamenti.

Banco BPM: per Equita SIM è a sconto

Gli analisti di Equita SIM evidenziano che il titolo tratta con un rapporto prezzo-utili 2022 pari a 6,4 volte e un rapporto prezzo-tangible equity di 0,4 volte, a sconto rispetto alla media di settore pari a 0,5 volte.

Secondo la SIM milanese, si tratta di una valutazione che non riflette pienamente l’accelerazione della performance operativa dela banca.

Banco BPM: per analisti dividendo può salire. Buy confermato

La posizione patrimoniale, con CET1 superiore al 13% lungo l’arco di piano, garantisce flessibilità al management per aumentare potenzialmente la remunerazione agli azionisti e quindi vedere un dividendo più alto.

Non cambia intanto la view di Equita SIM che su Banco BPM conferma la sua strategia bullish, con una raccomandazione “buy” e un prezzo obiettivo a 3,5 euro, valore che implica un potenziale di upside di oltre il 23% rispetto alle quotazioni correnti a Piazza Affari.   

Come fare soldi lavorando da casa: alcune idee lavoro!

Al giorno d’oggi lavorare da casa è ormai una scelta sempre più comune per moltissimi italiani. 

Nonostante possiamo definirla a tutti gli effetti una moda, è giusto specificare che negli ultimi due anni lo è diventata a causa di una situazione che purtroppo tutti conosciamo bene. 

La pandemia di Covid-19 ha infatti impossibilitato la maggioranza dei lavoratori a recarsi sul proprio luogo di lavoro. Di conseguenza, l’unica maniera per portare avanti l’economia, è stato rivoluzionare completamente lo svolgimento di diverse professioni.

Ed ecco quindi che in men che non si dica ci siamo ritrovati di fronte a webcam, in videochiamate Zoom o Skype, abbiamo stravolto i nostri ritmi e modificato le nostre abitudini. 

Se per molte aziende questo cambiamento ha aperto le porte ad un nuovo modo di lavorare, risparmiando e contenendo i costi, per tante persone ha avuto un impatto psicologico non indifferente. 

Ma andiamo per ordine ed analizziamo ogni possibile sfaccettatura, positiva e negativa, dello smart working. 

Rivoluzione digitale e smart working 

Come abbiamo accennato poco fa, la pandemia tutt’ora in corso ha costretto il mondo del lavoro a adattarsi ad una nuova situazione. 

Tutto ciò ha portato ad una vera e propria rivoluzione non solo a livello lavorativo, ma anche sul piano delle tecnologie. 

Basti pensare che prima del Covid-19 le persone che sfruttavano il lavoro da casa in Italia erano solo 570 mila. Ad oggi sfiorano quasi la soglia dei 2 milioni! 

Possiamo quindi confermare che, purtroppo o per fortuna, la pandemia ha dato allo smart working una spinta incredibile. Parallelamente, le aziende fornitrici di servizi digitali hanno dovuto farsi trovare pronte ad un’ondata non indifferente di nuovi utenti.

C’è da dire che, a prescindere dalla pandemia, le imprese più famose e maggiormente digitalizzate sono sempre state in grado di gestire un cambiamento di questa portata. Hanno quindi provveduto a soddisfare tutte le richieste in totale sicurezza, mantenendo un ottimo livello di governance.

Ovviamente tutto questo ha garantito loro anche un notevole incremento del loro business. 

I vantaggi del lavoro da remoto

Spesso si tende a parlare dello smart working unicamente come qualcosa di negativo che ci tiene incollati ad uno schermo e ci estranea dalla realtà lavorativa come sempre la abbiamo conosciuta. 

Il lavoro da casa possiede sicuramente un’accezione sfavorevole, ma non si può negare che ha anche diverse caratteristiche positive e numerosi vantaggi sia per i lavoratori che per le aziende. 

Analizziamo per primi quelli che sono i maggiori benefici dal lato delle imprese.

Innanzitutto, il vantaggio più intuibile, è un notevole contenimento dei costi aziendali e una riduzione delle spese per eventuali viaggi e trasferte.

Nei costi aziendali rientra tutto ciò che è utile ed indispensabile al mantenimento della struttura, quindi dal pagare le bollette, alla manutenzione degli impianti idro-elettrici, ad eventuali interventi di revisione, ecc…  

Un altro vantaggio è la riduzione dell’assenteismo e una conseguente crescita produttiva. Questo perché lo smart working ha portato ad un amento delle ore lavorative, in quanto le persone trovandosi a casa tendono a stare al pc e rispondere alle mail anche dopo il termine del proprio turno. 

Se questi appena elencati erano gli aspetti positivi dal lato delle imprese, scopriamo ora quali sono invece i punti di forza per i lavoratori. 

Al primo posto abbiamo un netto miglioramento della conciliazione tra la vita familiare e lavorativa.

È stato infatti provato come lavorare da casa genera una diminuzione dello stress causato da diversi fattori, tra cui ad esempio il tempo dedicato al viaggio per recarsi sul luogo di lavoro, o più banalmente i conflitti che possono crearsi più facilmente in un ambiente comune con tante persone. 

Inoltre, lo smart working offre la possibilità di gestire con più autonomia i propri orari di lavoro, che quindi appaiono più flessibili e meno stancanti. A livello generale si può dire che viene assicurata una migliore organizzazione del tempo e della professione stessa. 

Per concludere questo paragrafo è utile ricordare anche altre conseguenze positive e vantaggiose del lavoro da casa, a cui forse non tutti pensano. 

Dando uno sguardo alla sostenibilità abbiamo un miglioramento anche per l’ambiente. Questo grazie alla riduzione di emissioni di gas inquinanti causati appunto da automobili e mezzi di trasporto, un netto calo del traffico cittadino e una riqualificazione degli spazi verdi.

I rischi di lavorare da casa

Come ben sappiamo, però, c’è sempre un rovescio della medaglia. Ed in questo caso si tratta di un rovescio del tutto negativo ed alquanto preoccupante

Abbiamo visto come lo smart working rappresenta un’alternativa con numerosi vantaggi e c’è da dire che, indubbiamente, l’idea di lavorare e guadagnare comodamente seduti sul divano di casa è parecchio allettante. 

Ci sono però dei veri e propri pericoli che si nascondono dietro lo smart working. Questi sono stati più volte esposti da diversi psicologi italiani

In particolare, da David Lazzari, presidente del CNOP: Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi

Parlando di ripresa lavorativa a seguito del lock down, Lazzari si è espresso in questi termini: 

“Lo smart working è un’opportunità ma può rappresentare anche un rischio per il benessere psicofisico. Infatti, si registrano sempre più spesso casi di burnout da parte di persone che a casa non riescono a gestire il flusso di lavoro, rimanendo così schiacciati dalle scadenze”. 

Viene quindi messo l’accento su un peggioramento psicologico e fisico causato da un cambiamento radicale degli schemi e delle abitudini lavorative. La pericolosità di tutto ciò, a detta di Lazzari, è determinata anche dal tempo passato di fronte ai dispositivi tecnologici. Infatti, specifica: 

“Non si stacca mai durante il giorno, ritrovandosi impegnati anche la sera e nel weekend (…). La tecnologia, tramite pc, device e telefono, irrompe ormai a qualsiasi ora nella vita degli individui, impedendo di vivere gli spazi affettivi, sociali e di riposo che sono invece fondamentali (…). Molte imprese stanno analizzando gli aspetti positivi dello smart working. In effetti il lavoro da casa offre alle aziende spazi notevoli di risparmio sui costi (…). Tuttavia, è bene che questi risparmi non comportino un peggioramento delle condizioni di lavoro delle persone, cui vanno sempre garantiti tempi e spazi certi di distacco dal flusso di attività ormai inarrestabile”. 

Possiamo, quindi, dedurre come sia fondamentale organizzare il lavoro affinché questo non diventi snervante ed insostenibile. Questo sia dal lato delle imprese, che dal lato dei lavoratori. 

Alcuni cambiamenti che possono migliorare l’impatto psicofisico dello smart working sono, ad esempio, evitare chiamate e videochiamate ad orari poco consoni come la tarda sera o la mattina troppo presto, oppure non assillare il lavoratore con troppe mail o registrazioni audio.

Insomma, semplicemente avere una maggiore cura e attenzione al benessere delle persone. 

Alcune idee lavoro: come guadagnare?

Ora che sappiamo quanto il lavoro da casa stia pian piano sostituendo quello in presenza, diamo uno sguardo a tutte quelle persone che sono pronte a sperimentarlo.

Non dobbiamo infatti dimenticare che se per molti lavoratori la pandemia ha portato allo smart working, purtroppo per tanti altri ha portato direttamente alla disoccupazione

Per tutti coloro che volessero rimettersi in gioco o sono in cerca di un lavoretto da casa per arrotondare lo stipendio, vediamo qui di seguito alcune idee.

Tra i primi posti troviamo l’insegnamento e le ripetizioni. D’altronde, pure le scuole hanno subito delle ripercussioni, quindi insieme ai lavoratori sono a casa anche i loro figli. Questi ultimi spesso e volentieri hanno bisogno di un piccolo aiuto con lo studio o con i compiti.

È possibile, infatti, iscriversi a diverse piattaforme online per proporsi come insegnante da remoto. E vi assicuro, potrebbe esserci una grande richiesta! 

Per chi fosse interessato, tra i siti che offrono questo servizio troviamo Classgap, SocialAcademy, Moodle o Preply.

Un’altra alternativa è il web copywriting: per tutti gli appassionati della scrittura ci sono numerose pagine web o piccole testate giornalistiche in cerca di nuove risorse. Si può scrivere e pubblicare i propri contenuti comodamente da casa e la retribuzione è garantita in base al lavoro prodotto, ad esempio tot articoli pubblicati. 

Ci sono poi tutti i campi di consulenza: finanziaria, psicologica, contabile… insomma a seconda della propria specializzazione professionale, è possibile offrire servizio di assistenza a tutti coloro che ne hanno bisogno. Ed anche in questo campo posso assicurare che la richiesta non manca, perché c’è sempre qualcuno in cerca di aiuto. 

Non dimentichiamoci poi di una tendenza molto in voga ultimamente: la vendita online. Questa attività può essere vissuta sia come un secondo lavoro che come un hobby, anche a seconda di quali intermediari decidiamo di utilizzare. 

Nella prospettiva di vendere prodotti come un secondo lavoro, un’idea sarebbe quella di affidarsi a piattaforme imponenti e conosciute, ad esempio Amazon o eBay. Altrimenti, per chi decidesse di sfruttare questa attività come un hobby, esistono tantissime applicazioni che offrono questo tipo di servizio. Tra le più scaricate ultimamente abbiamo Vinted e Wallapop

Infine, non possiamo non citare una delle strade maggiormente intraprese in questi anni, soprattutto dai più giovani: i social network. 

I creatori di contenuti sono in continua ascesa e, ad oggi, i social tra cui si può scegliere sono davvero tanti e molto diversificati. YouTube, ad esempio, oltre ad essere tra i più visualizzati, garantisce a chi raggiunge determinate visualizzazioni, un buon compenso per ogni video. 

Il futuro dello smart working e l’impatto sulle aziende

Una delle domande che in molti si pongono è quale sarà il destino dello smart working: se diventerà la forma di lavoro primaria o se, quando finalmente il covid sarà solo un ricordo, andrà a scomparire. 

Quel che è certo è che, valutati gli aspetti positivi e negativi, sarà necessaria una seria e rigorosa regolamentazione del lavoro da casa per far si che questo continui ad esistere. 

Innanzitutto, è necessario un adattamento da parte delle aziende che, sicuramente, dato il contenimento dei costi, non vorranno privarsi di imporre lo smart working per almeno 2 o 3 giorni a settimana. 

Dall’inizio della pandemia tanti sono stati i miglioramenti fatti, ma tanto ancora tanta strada da fare!

Così come ricorda Alessandra Gangai, direttrice della Ricerca Smart Working nella Pubblica Amministrazione

“Per cogliere tutti i benefici dello smart working serve l’impegno di tutti i soggetti. Alle organizzazioni spetta il compito di strutturare progetti coraggiosi, lavorando su policy, tecnologie, spazi di lavoro e stili di leadership. I lavoratori devono allenare skill più adeguate al nuovo work-life balance. I policy maker devono accompagnare questa trasformazione con onestà intellettuale e lungimiranza”.

È quindi necessario un impegno costante da parte di tutti affinché si creino le situazioni ideali per permettere ai lavoratori di continuare a lavorare da casa senza stress emotivi e senza riemetterci nulla. 

Anche perché, secondo recenti studi, in un futuro prossimo lo smart working sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende. 

Opzione Donna 2022: proroga trappola! Occhio ai requisiti!

Opzione Donna è stato rinnovata anche per il 2022!

Ma bisogna stare attenti ai nuovi requisiti, visto che il Governo Draghi s’è imposto per tutte le opzioni pensionistiche.

L’abbiamo visto con Quota 100, scomparsa il 31 dicembre 2021 perché economicamente ingestibile. Lo stesso destino poteva abbattersi su questa Opzione.

E invece non è andata così, come Mondo Pensioni può confermarti in questo video di approfondiemnto Youtube.

In compenso bisognerà però adeguarsi alle nuove disposizioni governative, in particolare per gli anni di contributi da versare all’INPS.

Questa è infatti la nota dolente per tutte le pensioni italiane. Ma lo vediamo subito con i primi approfondimenti.

Opzione Donna 2022: ecco come funziona

Questa uscita anticipata è nata ai sensi dell’art. 16 del Decreto Legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni in Legge 28 marzo 2019, n. 26, proposto allora per incentivare il ricambio generazionale all’interno dei vari settori lavorativi (pubblici o privati che fossero), in particolare per le lavoratrici.

Quelle che, storicamente, hanno avuto il meglio da questo paese, sia a livello di stipendi sia a livello di ammortizzatori sociali. Non a caso, durante la pandemia da Covid del 2020, sono state quelle a venire più largamente licenziate, secondo quanto riportato da Wired.

Questa opzione si presenta come una possibilità di accesso alle pensioni anticipate, anche se con qualche anno in meno di contributi da aver versato.

Dato che, ufficialmente, la pensione anticipata è prevista solo se s’è versato almeno 42 anni e 9 mesi di contributi INPS, senza alcuna distinzione d’età oltre i 19 anni (prima dei 19 servono almeno 9 mesi di contributi versati).

Data infatti la minor richiesta di anni contributivi, negli ultimi mesi era stata messa in dubbio una sua proroga, anche perché la stessa OCSE non ne voleva sapere di un’Opzione Donna per il 2022.

Opzione Donna prorogata fino al 2022: ecco perché!

L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel suo ultimo report sulla spesa pubblica riferita alle pensioni e al welfare in generale ha segnalato l’Italia in merito alla sua abnorme spesa, pari al 16% del PIL nazionale annuo, contro una media europea attorno al 12%. 

In poche parole, assieme alla Grecia, l’Italia è quella più spendacciona. Non a caso aveva richiesto che venissero fatte delle correzioni in merito alle uscite pensionistiche, oltre al fatto di tenere l’uscita standard per la vecchiaia all’interno della media europea.

Il problema è che questo ha significato, dal 1 gennaio 2022, nella conclusione di Quota 100, oggi non più disponibile se non per chi era riuscito a maturare i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2021.

E anche nel fatto che, al suo posto, è stata confermata:

  • per il 2022 Quota 102, con un’uscita pensionistica a 64 anni d’età;
  • per il 2023 Quota 104, con un’uscita pensionistica a 66 anni d’età.

Anche Opzione Donna doveva finire, visto che come età pensionistica, per gli standard europei, era troppo generosa.

Infatti c’era stato fino a dicembre un dibattito parlamentare sul fatto di cancellarla, aumentarne la quota anagrafica o lasciarla così.

Paradossalmente, fino a poco tempo fa era assicurata la sua cancellazione, poi a sua volta erano sicuri per l’aumento dell’età anagrafica di almeno un anno per ogni opzione. E invece è accaduto che l’Opzione, almeno per quest’anno, è rimasta uguale.

Opzione Donna: ci sarà la proroga per il 2023?

Quanto disposto per quest’anno rimane per quest’anno, visto che Opzione Donna ha avuto la conferma tramite la Manovra di Bilancio 2022. E che, per venire riconfermata, servirà quella del 2023.

Anche perché nel mentre dovrà essere riconfermata Quota 104, in arrivo per il 2023, e di per sé è abbastanza controversa come uscita pensionistica, dato che pretende due anni in più di uscita con una distanza dalla quota precedente di un solo anno.

Teoricamente o compi due anni nello stesso anno, o rimani fuori. E se rimani fuori, temo che dal 2024 l’unica soluzione rimasta per andare in pensione sarà con la Legge Fornero, che attualmente prevede:

  • venti anni di contributi INPS versati,
  • l’età anagrafica di 67 anni.

Il problema è che dal 2024 la Fornero prevedrà un nuovo ricalcolo dell’aspettativa di vita, come disposto da tempo. L’ultimo, in data dicembre 2021, non ha comportato nulla, per via dell’abbassamento a causa della pandemia da Covid.

Ma in caso di aumento, si potrebbe rischiare di andare in pensione a ben 70 anni, se non 71 anni. Cioè con la quota anagrafica prevista per chi non ha maturato venti anni di contributi INPS.

Già ha fatto scandalo la notizia che tutti coloro che iniziano da quest’anno a raccogliere contributi rischiano di andare in pensione a 71 anni. Per non parlare dell’affermazione di qualche tempo fa dell’ex presidente dell’INPS, Tito Boeri, che immagina l’intera classe 1980 andare in pensione a 75 anni!

Davanti a questa prospettiva, è meglio, se è possibile, provvedere a uscire quanto prima.

Opzione Donna 2022: uscita per chi ha 58 anni! E’ vero?

La possibilità di andare prima in pensione con Opzione Donna è stato riconfermato anche per il 2022, e fortunatamente alle solite condizioni dell’anno scorso.

Quindi, sì, potrai andare in pensione a 58 anni, dato che, per ottenere il beneficio di questa opzione pensionistica devi:

  • avere almeno 35 anni di contributi INPS maturati;
  • avere almeno 58 anni d’età come lavoratrice dipendente (pubblico o privato che sia);
  • avere almeno 59 anni d’età come lavoratrice autonoma.

Se non ci fosse stato il dibattito parlamentare, Opzione Donna avrebbe avuto invece come età anagrafica, rispettivamente, 59 anni per le dipendenti e 60 anni per le autonome.

Purtroppo, per non toccare troppo la quota contributiva, puntano ad aumentare quella anagrafica, probabilmente perché per il settore del lavoro è più difficile raccogliere contributi che invecchiare.

Questa condizione, sia anagrafica sia contributiva, dovrà essere garantita entro e non oltre il 31 dicembre 2021, altrimenti dovranno attendere il 2023 per poter reclamare l’Opzione Donna. 

Funziona così: tu puoi beneficiare dell’uscita pensionistica anche l’anno dopo in caso di mancata proroga, ma solo se sei riuscito, nell’anno precedente, a maturare i requisiti.

Opzione Donna 2022: ecco come funziona per il Comparto Scuola

Una nota particolare bisogna farla in merito al Comparo Scuola, cioè a tutte le lavoratrici presso gli istituti scolastici e quelli di Alta Formazione Artistica e Musicale.

Nel loro caso potranno conseguire al trattamento pensionistica a decorrere dal 1° settembre 2022 e dal 1° novembre 2022.

Non cambia nulla in fatto di quota anagrafica e contributiva, semmai bisogna stare attenti alle date di decorrenza, perché, nel caso in cui sei iscritta all’assicurazione generale obbligatoria, o ad altre forme sostitutive, la decorrenza del trattamento pensionistico non può essere comunque anteriore al 1° febbraio 2022.

Inoltre, per la decorrenza in generale, è previsto il diritto entro:

  • 12 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, se a carico di lavoratori dipendenti;
  • 18 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, se a carico di gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi.

Tanto a prescindere il calcolo finale è quasi sempre lo stesso.

Opzione Donna 2022: ecco come si calcola!

Il calcolo dell’importo pensionistico a seguito dell’uscita tramite Opzione Donna è presto fatto.

Anche se tu rientri perfettamente sia nella decorrenza dei requisiti in maturazione, sia nell’età, sia nella quota contributiva, secondo quanto previsto dalla legge non potrai beneficiare a prescindere dell’importo totale della tua pensione.

Se vai in pensione prima sfruttando Opzione potresti perdere fra il 25 e il 20% dell’assegno pensionistico che maturerebbe se andasse in pensione con la Fornero.

In pratica, se hai diritto a 1.500 euro di pensione in caso di Fornero, con Opzione Donna arriveresti a 1.250-1300 euro di pensione.

Pur garantendo praticamente ben 15 anni di contributi in più rispetto alla Fornero.

Il calcolo purtroppo è disposto così come forma di disincentivo generale ad uscire prima dal lavoro. Con questo stratagemma, solo 21.000 donne sono uscite con Opzione Donna nel 2019, e 13.000 nel 2020.

Anche se c’è una possibilità in più, al di fuori di questa Opzione. E si chiama Ape Sociale!

Opzione Donna o Ape Sociale: ecco cosa conviene nel 2022!

Come ulteriore possibilità di avere un calcolo migliore, al posto di Opzione Donna, abbiamo l’Ape Sociale, come sempre, visto che, puoi comunque beneficiare di una rata pari a 1.500 euro se hai un importo con la Fornero pari o superiore a 1.500 euro.

Il motivo di questa “generosità” è dettato da un’uscita pensionistica più alta, di ben 63 anni, anche se a fronte di una quota di contributi più contenuta, solo 30 anni per chi ha lavori standard, sennò 36 anni se di tipo usurante.

Puoi richiedere questa uscita in alternativa all’Opzione, specie se sei un lavoratore disoccupato o con soggetti e familiari a carico sofferenti di patologie disabilitanti.

O se fai uno dei tanti lavori usuranti per cui il Governo Draghi ha chiesto l’inserimento nella rosa dei richiedenti all’Ape Sociale.

In particolare i caregiver sono quelli che potrebbero più di tutti beneficiare di questa uscita, oltre ad altri supporti e agevolazioni sul lavoro (anche part-time) in quanto assistenti per persone con disabilità. Se vuoi saperne di più ti suggerisco questo approfondimento.

Altrimenti c’è la Fornero, anche se non può far altro che peggiorare questa proposta standard, visto che è ancorata all’aspettativa di vita.

Assegno unico figli anche senza Isee: è possibile averlo!

Quest’anno l’Isee gioca un ruolo importante per i lavoratori, che hanno intenzione di richiedere l’assegno unico per i figli. Ma è possibile farne a meno. No, non stiamo sbagliando, né è un errore di battitura. Questo importante aggiornamento è arrivato proprio in queste ultime ore: è possibile ottenere l’assegno unico per i figli anche senza l’Isee 2022 in corso di validità. Ma partiamo dall”inizio.

Come molti ben sapranno, dal 1° gennaio 2022 scompariranno le detrazioni per i figli a carico dalla busta paga dei lavoratori ed al loro posto arriverà l’assegno unico per i figli. Per poterlo ottenere è necessario presentare all’Inps l’Isee aggiornato: in base al reddito del singolo contribuente, l’istituto di previdenza provvederà ad accreditare direttamente sul conto corrente l’assegno che spetta. In molti si sono chiesti sa sia possibile ottenere l’assegno unico per i figli anche in assenza di un Isee. Ma soprattutto come si debba comportare il contribuente che non sia riuscito ad ottenere l’indicatore per un qualsiasi motivo.

A confermare che sia possibile riuscire ad ottenere il tutto senza grossi problemi è stato il quotidiano Il Sole 24 Ore. Ma proviamo ad approfondire il tutto.

Isee: come richiederlo per l’assegno unico per i figli!

Stando a quanto ci racconta il quotidiano della Confindustria, quindi, l’Isee per ottenere l’assegno unico per i figli non sarebbe strettamente necessario. Prima di procedere, comunque, ricordiamo quali sono le strade che i contribuenti hanno a disposizione per richiedere l’indicatore:

  • la richiesta può essere effettuata online, accedendo direttamente al sito dell’Inps con Spid, Cie o Cns;
  • è possibile richiederlo attraverso il contact center, chiamando il numero verde 803.164, che è gratuito dall’Italia, o al numero 06.164164 se si chiama da cellulare;
  • la richiesta può essere effettuata anche tramite gli istituti di patronato.

Nel caso in cui l’Isee dovesse essere elaborato entro la fine di febbraio, gli importi che sono calcolati dal mese di marzo 2022 sono aggiornati in base all’indicatore. Non sarà necessario allegarlo alla domanda, perché sarà direttamente l’Inps a leggere i dati e ad incrociare le eventuali banche dati. Nel caso in cui si dovesse presentare la domanda per l’assegno unico senza Isee, arriverà la quota minima, ossia 50 euro per ogni figlio minorenne.

Assegno Unico per i figli, cosa succede se l’Isee arriva in ritardo!

Abbiamo visto che l’assegno unico per i figli ci arriva anche se non presentiamo l’Isee. Purtroppo, però, ci arriverà il più basso possibile. A questo punto la domanda successiva è: cosa succede nel caso in cui dovessi presentare l’indicatore in ritardo. Nel caso in cui l’Isee 2022 dovesse arrivare entro il mese di giugno, con la mensilità di luglio verrebbe erogato il conguaglio che spetta dal mese di marzo. Nel caso in cui l’Isee dovesse arrivare dopo giugno, il conguaglio spetterà solo e soltanto dal mese in cui è stato fornito l’indicatore aggiornato. Sarà, comunque, obbligatorio comunicare qualsiasi variazione del nucleo familiare tramite un nuovo Isee.

Come abbiamo visto, quindi, è possibile ottenere l’assegno unico per i figli anche senza l’Isee. Anche se, in questo modo, arriva con gli importi minimi previsti. Ricordiamo, inoltre, che per le prime tre annualità è prevista una maggiorazione di natura transitoria decrescente, che funzionerà con i seguenti scaglioni:

  • intera nel 2022;
  • due terzi nel 2023;
  • un terzo nel 2024;

su base mensile, dell’importo dell’assegno a condizione che il nucleo familiare abbia un Isee non superiore a 25.000 euro e nel corso del 2021 abbia percepito gli assegni per il nucleo familiare.

Assegno unico per i figli: a chi non spetta!

Ma spetta proprio a tutti l’assegno unico per i figli? L’importo erogato dall’Inps non arriverà nel caso in cui ci siano dei figli con un’età compresa tra i 18 ed i 21 anni, che non stiano lavorando o non stiano studiando. Al compimento dei 21 anni i genitori, però potranno chiedere le detrazioni per i figli a carico, anche se ci sono dei limiti di reddito. La nuova misura non è comunque vincolata al reddito della famiglia: ne hanno, quindi diritto tutti i contribuenti Vi è un’unica condizione per riuscire ad ottenere questo assegno unico: che ci sia almeno un figlio all’interno del nucleo familiare.

È importante ricordare che l’assegno unico per i figli non spetta se questi sono Neet (in inglese, not in education, employment or training) ed abbiano età compresa tra i 18 ed i 21 anni. L’Italia vanta purtroppo un record per quanto attiene ai giovani Neet: l’Istat dice che, al 2020, nel nostro Paese si contano un milione e 112mila giovani tra i 15 e i 24 anni (il 19% della popolazione residente) che non lavora e non si forma. Un’incidenza che, estendendo la platea di riferimento fino ai 34 anni, sale fino al 25%, per un totale di oltre tre milioni di giovani Neet.

Che cos’è il dividend investing?

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Il dividend investing è la strategia cha ha come obiettivo quello di creare un flusso di reddito regolare che vada ad aumentare il rendimento totale del portafoglio.

Ci sono molti motivi per cui può valere la pena acquistare azioni che pagano dividendi:

  • In un contesto di tassi di interesse bassi e aspettative di inflazione in crescita, investire in reddito fisso potrebbero non fornire un ritorno sufficiente a superare il deprezzamento del capitale;
  • Garantisce un flusso di cassa costante;
  • Offre vantaggi di lungo termine poiché l’accumulo della cedola, specialmente in caso di dividendo crescente, può essere un driver di crescita per il ritorno totale dell’investimento. Secondo uno studio Morningstar basato sulle holding dell’indice S&P 500, i rendimenti derivanti dai dividendi hanno rappresentato il 16% della performance totale nel decennio 2010-2019.

Non bisogna dimenticare che per avere diritto a ricevere il dividendo bisogna essere in possesso del titolo nel giorno dello “stacco” della cedola e non in quello della “distribuzione”. Fai molta attenzione al giorno in cui prendi posizione su un titolo azionario, a volte le azioni sono scambiate in quel particolare giorno senza il diritto a ricevere il dividendo (vengono definite “ex dividendo”). Se acquisti e vendi azioni alla data di stacco non riceverai il pagamento della cedola più prossima.

2 modi per investire in azioni da dividendo

Ci sono fondamentalmente due modi per attuare una strategia dividend investing: avere un approccio high yield o puntare a delle stock che promettono di avere un alto tasso di crescita dei dividendi.

Il primo si basa sulla scelta di massimizzare il rendimento da dividendo. Questo approccio potrebbe dare un ritorno molto generoso nel breve termine, ma allo stesso tempo essere molto pericoloso nel lungo periodo. Il rischio, infatti, è quello di essere tentati dai generosi extra-rendimenti forniti dai dividendi – che difficilmente si ripeteranno in futuro – per poi ritrovarsi in una trappola, ovvero con un titolo che non paga più dividendi e con una perdita in conto capitale che pesa in portafoglio. Molto spesso, infatti, le aziende distribuiscono agli azionisti utili che derivano da ricavi generati dalla cessione di attività marginali, quando invece il core business produce risultati negativi, o aumenta il proprio indebitamento per continuare a pagare dividendi nonostante il business sia in difficoltà. Ad un certo punto queste società sono costrette a smettere di pagare dividendi e il più delle volte questo si traduce in un forte sell-off sui listini.

Il secondo approccio è quello di concentrarsi sulla qualità del business e sulla stabilità finanziaria dell’azienda. Un business di qualità, infatti, consente alle aziende di aumentare i profitti indipendentemente dall’andamento dell’economia, mentre una forte solidità del bilancio è un’assicurazione sulla capacità dell’azienda di continuare a pagare la cedola anche nel lungo termine. Non va dimenticato, poi, che le aziende con queste qualità e che dimostrano di avere una disciplinata politica di dividendo, tendono ad avere una gestione di qualità superiore, focalizzata su un’allocazione del capitale che massimizza gli interessi degli azionisti. Le azioni di queste società tendono a mostrare una minore volatilità del mercato, questo perché gli azionisti di solito non vendono questi titoli neanche quando i mercati crollano perché non vogliono privarsi del flusso di cassa sicuro che questi gli garantiscono. Tutti questi fattori ci aiutano a spiegare perché questo tipo di azioni mostra in media un total return più elevato nel lungo termine.

Gli analisti di Morningstar adottano questo approccio per la costruzione del Morningstar Dividend Yield Focus Index e del Morningstar Dividend Select Portfolio. Il processo di costruzione del benchmark, che ha come universo di selezione il Morningstar US Market Index, parte dalla selezione delle società americane che pagano dividendo, con un Economic Moat pari a Medio o ad Ampio e con un Fair Value Uncertainty Rating diverso da Molto Alto o Estremo, poi viene applicato un filtro relativo alla stabilità finanziaria, scegliendo quei titoli con un Morningstar Distance to Default che sia nel primo cinquantesimo percentile del suo settore. Maggiore è la distanza dall’insolvenza, minore è la probabilità che l’azienda cada in una spirale discendente e che dunque tagli o sospenda il pagamento del dividendo (In Figura 1 mettiamo a confronto la distanza l’indicatore Distance to Default con la probabilità di tagliare o sospendere i dividendi per le società statunitensi e per quelle domiciliate nel resto del mondo). Dopo aver applicato questi filtri, i nostri analisti selezionano le 75 società il dividend yield più elevato.

Figura 1: L’importanza della solidità finanziaria

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Di Francesco Lavecchia

Bonus Edilizi 2022: un passo indietro per sconto e cessione

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La Legge di Bilancio 2022 (234/2021) è ormai in vigore da qualche settimana e prosegue il lento corso di definizione della normativa dei bonus edilizi 2022, con l’Agenzia delle Entrate che sta procedendo all’aggiornamento delle guide pdf per i singoli incentivi.

Quest’anno infatti ci sono molte novità e non solo per quel che riguarda le nuove scadenze e importi dei bonus edilizi, ma anche perché su di loro a novembre dell’anno scorso l’esecutivo ha deciso di intervenire con un decreto legge specifico, chiamato DL Antifrode, che ne regolasse in modo diverso l’utilizzo.

Questo perché soprattutto con i due bonus maggiori, cioè il Superbonus 110% e il bonus facciate, quest’ultimo fino all’anno scorso con una detrazione del 90%, i quali coprono praticamente quasi l’intero costo delle ristrutturazioni si è verificato il fenomeno delle “frodi edilizie”. Esempio più comune è la sovrafatturazione, cioè prezzi gonfiati in fattura rispetto al reale costo dei lavori, così da spremere per bene le casse dello Stato.

A questo scopo la normativa che regola l’utilizzo dei bonus edilizi si è fatta più severa nel 2022, soprattutto quando essi sono usati con la cessione del credito e quindi viene applicato direttamente lo sconto in fattura. Con particolare attenzione al Superbonus 110%, per cui i nuovi obblighi si estendono anche se l’utilizzo avviene attraverso detrazione fiscale.

I cambiamenti introdotti dal DL Antifrode integrano le modifiche apportate sempre ai bonus edilizi dalla Legge di Bilancio che stabilisce una modifica sostanziale per il bonus facciate nel 2022 con detrazione ridotta al 60%, ma interviene anche sul Superbonus 110%, fissandone le nuove scadenze, e sul bonus mobili riducendone anche in questo caso gli importi.

Gli unici fortunati sono bonus casa e bonus verde 2022 per cui la Legge 234 stabilisce un rinnovo con la normativa del tutto identica al 2021.

Una panoramica su come cambiano i bonus edilizi nel 2022 è offerta anche nel video YouTube di ACCA software:

  

Cosa cambia per i bonus edilizi 2022, dopo l’entrata in vigore del DL Antifrode?

Procediamo con ordine e veniamo prima di tutto alle modifiche apportate dal DL Antifrode (157/2021) perché questo agisce sui bonus edilizi nel complesso.

Per quanto deliberato dal decreto, che entra ufficialmente in vigore il 12/11/2021, a partire da tale data tutte le spese agevolabili con i bonus edilizi richiedono nuovi obblighi.

In dettaglio, per quel che concerne bonus casa e bonus facciate si stabilisce che per applicare sconto in fattura e cessione del credito sia richiesto adesso il visto di conformità e l’asseverazione tecnica della congruità dei costi.

Diversamente, per il Superbonus 110% tali adempimenti con sconto e cessione erano già in vigore, ma adesso la necessità degli obblighi aggiuntivi si estende anche alla detrazione Irpef.

Il Superbonus 110% è però l’unico su cui il DL Antifrode interviene anche in fatto di detrazione fiscale e tale severità è dovuta al fatto che esso è l’unico dei bonus edilizi a permettere ristrutturazioni a costo zero, cioè a coprire l’intero importo delle spese agevolabile.

Per quanto riguarda bonus mobili e bonus verde, così come tutte le altre agevolazioni che non ammettono sconto e cessione, non ci sono modifiche poiché il nuovo Decreto non ha effetto su di loro.

Fissate le nuove scadenze per il Re dei bonus edilizi 2022: il Superbonus 110%

Messo da parte il Decreto Antifrode veniamo alla Legge di Bilancio 2022 e ai singoli bonus edilizi che nel 2022 hanno scadenze e importi diversi rispetto all’anno scorso.

Iniziamo con il Superbonus 110%, per cui dopo una lunga e travagliata manovra di rinnovo sono state stabilite le nuove scadenze, che sono le seguenti:

  • edifici unifamiliari: 31/12/2022, ma con l’obbligo che lo Stato avanzamento lavori (Sal) sia minimo al 30% in data 30/06/2022;
  • edifici condominiali: detrazione al 110% fino 31/12/2023, poi agevolazione ancora valida per due anni, ma con detrazione al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025;
  • IACP: 31/12/2023, ma con l’obbligo che lo Stato avanzamento lavori (Sal) sia minimo al 60% in data 30/06/2023.

Per il resto, nel rispetto degli obblighi ora imposti dal DL Antifrode, l’agevolazione resta valida per il suo periodo di attività con sconto in fattura e cessione del credito. La detrazione Irpef invece subisce una modifica perché per le spese sostenute nel 2022 essa avverrà in 4 anni e non più 5 come per gli anni passati.

Nessuna modifica a lavori trainati e trainanti se non la possibilità nel 2022 di usare sconto e cessione anche per gli interventi che riguardano autorimesse e posti auto se pertinenze dell’abitazione principale.

Cosa cambia per il bonus facciate 90% dopo la Legge di Bilancio 2022?

Tra i bonus edilizi quello che ha risentito maggiormente dello scostamento di bilancio è stato il bonus facciate. Agevolazione importante, che fino al 2021 permetteva gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, conservazione e recupero del patrimonio edilizio con uno sconto del 90%. 

Questo bonus edilizio sarà ancora attivo fino al 31/12/2022 ma con una detrazione al 60%, cioè con una riduzione del 30% degli importi.

In compenso, non sono stati introdotti requisiti Sal per il bonus facciate 60%, che continua ad ammettere sconto e cessione, oltre alla classica detrazione Irpef in dieci anni.

Il grande fortunato dei bonus edilizi 2022: il bonus casa 50%

Veniamo al grande fortunato della Legge di Bilancio 2022: il bonus casa 50%.

Tra i bonus edilizi questo infatti è uno dei pochi che rimane invariato rispetto all’anno scorso e con importi gonfiati rispetto alla normativa originale.

Il bonus casa 50%, con cui si intende l’agevolazione che copre, senza essere molto selettiva, il complesso delle ristrutturazioni edilizie effettuate su interni ed esterni, sarà valido fino al 31/12/2024.

Esso consiste in una detrazione del 50% dei costi delle ristrutturazioni agevolabili, ma si può applicare fino alla spesa massima di 96.000 euro. Anche tale bonus continuerà ad essere fruibile con detrazione Irpef in dieci anni, sconto e cessione.

Quali bonus edilizi nel 2022 danno diritto al bonus mobili ed elettrodomestici?

Anche il bonus mobili ed elettrodomestici viene annesso al gruppo dei bonus edilizi, questo perché esso considera spese agevolabili i costi di arredamento degli immobili le cui ristrutturazioni sono iniziate l’anno precedente.

A questo contributo si ha diritto nel 2022 realizzando il ristrutturazioni con il bonus casa 50% e anche con il bonus facciate 60%, ma solo se queste sono classificate come interventi di recupero del patrimonio edilizio.

Al bonus mobili ed elettrodomestici si ha diritto anche con il Superbonus 110%, ma solo se questo viene usato per interventi di adeguamento sismico (Sismabonus) e non per quelli di efficientamento energetico (Ecobonus).

Il bonus mobili sarà attivo anche dal 2022 al 2024, ma con delle modifiche, poiché scende il tetto massimo di spesa a cui si applica la detrazione del 50% e quindi scende anche lo sconto del bonus mobili.

Le spese 2022 saranno infatti agevolabili al 50%, ma per un importo massimo di 10.000 euro, tetto che si ridurrà ancora nel biennio successivo scendendo a 5.000 euro.

Il bonus mobili non permette sconto e cessione , ma solo una detrazione fiscale in dieci anni.

Un micro bonus edilizio riconfermato nel 2022: il bonus verde

La Legge di Bilancio 2022 recupera anche un altro dei  bonus edilizi dedicato al rinnovamento di giardini, terrazzi ed aree scoperte in genere: il bonus verde.

Il bonus verde 2022 continuerà ad offrire 1.800 euro, cioè una detrazione fiscale in 10 anni del 36%, per la spesa massima di 5.000 euro.

Nuovi aiuti per gli agricoli nella Legge di Bilancio 2022!

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Non sono poche le novità per l’agricoltura presenti nella Legge n. 234/2021. Il Governo Draghi ha previsto nuovi aiuti economici da destinare al settore agricolo mettendo in campo una dote finanziaria del valore di circa due miliardi di euro.

Misure dirette a rafforzare i fondi per la coordinazione dei rischi catastrofali agricoli. Non solo. Il Governo italiano per il 2022 ha potenziato le agevolazioni sia tributarie che fiscali. Presenti anche gli aiuti economici alle filiere agricole. Nello stesso tempo, è stato avviato un piano finalizzato a garantire un impulso per lanciare e sostenere limprenditoria femminile. 

Una guida alle principali novità del settore agricolo presenti nella Legge di Bilancio 2022. Ti spiegheremo, quali sono gli aiuti economici destinati agli agricoli.  

Nuovi aiuti per gli agricoli nella Legge di Bilancio 2022

Arriva finalmente l’abolizione dell’IRAP nel settore agricolo, la cancellazione di una misura ingombrante che pesava sulle attività di agriturismo, allevamento e per tutti coloro in regime forfettario. 

L’altro tassello molto rilevante ruota sugli accertamenti fiscali. Tra le novità, è presente lo slittamento delle cartelle di pagamento non più in 60 giorni dalla notifica, così come previsto dal regime ordinario, ma bensì slitta a 180 giorni. In sostanza, le aziende agricole che ricevono le cartelle di pagamento entro la data del 31 marzo 2022 possono avvalersi di un pagamento prolungato sfruttando più giorni. In ogni caso, il pagamento deve rientrare nei 180 giorni per non rischiare l’aggiunta di sanzioni e interessi. 

Attenzione! Non sono stati modificati i termini per i ricorsi sulle cartelle di pagamento che restano inalterati di 60 giorni dalla notifica della stessa. 

È ammesso il pagamento rateale in presenza di diverse condizioni, tra cui la presenza della comprovata difficoltà economica temporanea, ma riferita a un importo non più alto di 60.000 euro, mentre prima tale limite era stato fissato nel valore di 100.000 euro. 

La decadenza dal beneficio fiscale scatta in presenza di diverse condizioni, tra cui: 

  • per l’omesso versamento di 5 rate consecutive, se il piano rateale è stato attivato dopo il 1° gennaio 2022;
  • per l’omesso versamento di 18 rate, se il piano rateale in essere all’8 marzo 2020;
  • per l’omesso versamento di 10 rate consecutive, se il piano rateale è stato attivato dopo l’8 marzo 2020.

Nella Legge di Bilancio 2022, precisamente al comma 25, è presente la dispensa dall’IRPEF per i redditi agrari e dominicali certificati dagli Imprenditori Agricoli Professionali (AIP) e dai coltivatori diretti. 

Per quanto concerne le novità per gli allevamenti di suini e bovini, le novità che sono state inserite nella Legge di Bilancio 2022, precisamente al comma 527, portano all’applicazione della detrazione sull’IVA (se dovuta), nella misura di compensazione del 9,5%. 

Con decorrenza dal 1° gennaio 2022 il limite del credito d’imposta massimo corrisponde al valore di 2 milioni di euro. 

Si consiglia la visione del video Youtube di Giorgio Pecorari su come investire in agricoltura.

Nuovi incentivi a favore dei giovani e donne impegnati nel settore agricolo

Secondo quanto riportato da Infoiva, numerosi sono gli incentivi per rafforzare l’imprenditoria agricola. In particolare, notevoli iniziative sono state introdotte per gli under 40 che possono ottenere una decontribuzione nella misura del 100%.

Un beneficio riconosciuto dagli Imprenditori Agricoli Professionali (AIP) e dai coltivatori diretti che avviano un’attività agricola, registrandosi alla previdenza agricola entro la data del 31 dicembre 2022. In questo caso, viene applicata una dispensa contributiva per un periodo temporale di non oltre 24 mesi. 

Nella Legge di Bilancio 2022, precisamente al comma 523, sono contenute delle misure dirette rafforzare il ricambio generazionale per fortificare le aziende agricole già attive. Ma, soprattutto, per garantire un adeguato impulso per rilanciare e sostenere l’imprenditoria femminile.

In particolare, gli interventi sono diversi e strettamente legati alla normativa vigente disposta in materia di aiuti di Stato, tra cui: 

  • prevista la possibilità di sottoscrivere mutui a tasso zero, al fine di sostenere gli investimenti agricoli. Il limite massimo finanziabile corrisponde alla misura al 60% della spesa tollerabile;
  • previsto un contributo a fondo perduto nella misura del 35% della spesa tollerabile.

Si precisa, altresì che gli aiuti sono rivolti a sostenere le attività agricole che rientrano nella descrizione dell’articolo 2135 del codice civile. In presenza di un’attività minima di due anni all’atto della presentazione dell’istanza del beneficio.

Peraltro, le agevolazioni sono subordinate alla presenza di diverse condizioni disposte dalla normativa al subentro nella gestione dell’attività agricola, tra cui: 

  • prevista la presenza di un imprenditore la cui età anagrafica rientri tra 18 e 40 anni; 
  • prevista la presenza di un’imprenditrice (donna) senza il vincolo dell’età anagrafica; 
  • prevista la presenza di una società, la cui metà delle quote deve risultare appartenere a donne, oppure, a giovani con un’età anagrafica che rientri tra 18 e 40 anni. 

Attenzione! Alle aziende agricole spettano tutti gli aiuti, incentivi e agevolazioni, così come previste per tute le aziende. Nella Legge di Bilancio 2022, precisamente al comma 44, regola il differimento considerato per il credito di imposta per investimenti in beni strumentali previsti dal piano industria 4.0. 

Nuovi aiuti per gli altri settori agricoli presenti nella Legge di bilancio 2022

Nella Legge di Bilancio 2022 sono presenti diversi aiuti economici diretti alle filiere agricole, tra cui: 

  • incoraggiare la filiera delle uova e carni bianche;
  • incoraggiare rinnovamento delle aree colpite da incendi boschivi;
  • importanti novità sono presenti al comma 860 per l’apicoltura;
  • iniziative per garantire il controllo della pesca marittima;
  • iniziative per garantire il miglioramento della fauna selvatica;
  • incentivi finalizzati allo sviluppo del settore frutta da guscio, canapa e così via;
  • incentivi finalizzati alla coltivazione delle nocciole, ovvero coricoltura presenti nel comma 861;
  • incentivi finalizzati alla ristorazione per il perfezionamento dei prodotti agricoli, presenti nel comma 868;
  • garanzie finalizzate a garantire una maggior tutela dei produttori di vini DOP, IGP e vino biologico, presenti nel comma 842. 

Agricoli: maggiori risorse grazie al PNRR

 Il Governo Draghi ha potenziato i fondi a favore degli agricoli, grazie alle risorse contenute nel PNRR. Interventi che hanno permesso il potenziamento dei Fondi per i rischi conseguenti a una catastrofe climatica. Non solo. Ha perfezionato i contributi economici diretti a sostenere diversi fondi. 

Come si legge da freshplaza, diverse sono le misure presenti nella Legge di Bilancio 2022, tra cui: 

  • l’articolo 1, comma 515, prevede per il 2022 lo stanziamento di una dote finanziaria del valore di 50 milioni di euro, per garantire il sostegno del fondo mutualistico nazionale per i rischi conseguenti a una catastrofe climatica;
  • l’articolo 1, comma 519, prevede per dal 2023 e sino al 2027, lo stanziamento di una dote finanziaria del valore di 250 milioni di euro, per garantire il sostegno alle assicurazioni agevolate, al fine di assicurare il contributo pubblico;
  • l’articolo 1, comma 522, prevede per il 2022 un sostegno per ISMEA di 10 milioni di euro a copertura delle concessioni di garanzie assicurando l’accesso al credito alle attività agricole;
  • l’articolo 1, commi 523 – 525, prevede per il 2022 lo stanziamento di una dote finanziaria di 50 milioni di euro per garantire il sostegno dei Fondi a favore dell’imprenditoria femminile; 
  • l’articolo 1, comma 861, prevede dal 2022 sino al 2024 lo stanziamento di una dote finanziaria di circa 300 milioni di euro per garantire il sostengo dei Fondi a favore del settore coricolo.  

Telecom male sul Ftse Mib. Rumor piano e rischi offerta KKR

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A dispetto dell’andamento positivo mostrato oggi dal Ftse Mib, la seduta prosegue in calo per Telecom Italia che accusa la peggiore performance nel paniere delle blue chips.

Telecom Italia maglia nera tra le blue chips

Il titolo, dopo aver guadagnato oltre mezzo punto percentuale venerdì scorso, ha imboccato da subito la via delle vendite oggi.

Negli ultimi minuti Telecom Italia si presenta a 0,44 euro, con un calo del 2,5% e oltre 77 milioni di azioni scambiate fino ad ora, contro la media degli ultimi 30 giorni pari a circa 233 milioni.

Telecom Italia: rumor sul piano stand-alone

Le azioni del gruppo telefonico cadono nella rete dei ribassisti sulla scia delle nuove indiscrezioni circolate sulla stampa questa mattina con riferimento a diversi temi. Repubblica in particolare fornisce qualche ulteriore rumor sul piano Telecom Italia.

Come già emerso nei giorni scorsi, il piano industriale del gruppo prevederebbe la separazione proporzionale di Rete (NetCo) e Servizi (ServiceCo), con l’obiettivo della fusione della NetCo con Open Fiber, in modo che CDP abbia il controllo dell’asset e contando sul via libera dell’autorità all’operazione in quanto operatore wholesale only.

Secondo il quotidiano, se il mercato gradisse il piano standalone, potrebbe essere rigettata l’offerta di KKR. Se invece il titolo andasse sotto pressione, si tornerebbe a guardare all’offerta dei fondi.

Telecom Italia: risposta a KKR sllitta a marzo

Secondo il Sole 24 Ore, sono però ancora in corso valutazioni proprio per definire il perimetro di attività, personale e debito da conferire e per capire i rischi di stop da parte di Bruxelles sulla rete unica.

Il sistema bancario sarebbe pronto a rifinanziare il debito attuale. Il Sole 24 Ore riporta poi che Telecom Italia intende attendere l’approvazione del piano il 2 marzo prima di rispondere a KKR in merito alla due diligence, ritenendo inopportuno aprire la data room prima dell’approvazione dei risultati 2021 e del business plan.

Telecom: al via i bandi per le aree grigie

Gli analisti di Equita SIM segnalano anche che ieri sono stati pubblicati i bandi di gara per la copertura ultra broadband delle aree grigie, riguardanti 7 milioni di unità immobiliari, che vede gli operatori gareggiare su 15 lotti, per un totale di 3,65 miliardi di euro di fondi, e con la possibilità di aggiudicarsi al massimo 8 lotti.

Le gare prevedono un coinvestimento pubblico-privato con un 30% minimo di investimento privato e con regole di clawback nel caso in cui i rendimenti a termine fossero superiori a una certa soglia: 30% superiore al WACC regolatorio dell’8,64%.

L’assegnazione dipende da una valutazione tecnica per 75 punti e da una economica per 25 punti, calcolata in base allo sconto rispetto ai fondi pubblici previsti.

Telecom Italia sotto la lente di Equita SIM

Gli operatori interessati dovranno presentare l’offerta entro il 16 marzo, mentre i lavori dovranno essere completati entro giugno 2026.

Secondo Equita SIM, i tempi stretti e i limiti per operatore potrebbero essere un ulteriore ostacolo alla rete unica.  Non cambia intanto la view cauta su Telecom Italia, con una raccomandazione “hold” e un prezzo obiettivo a 0,32 euro.

Spid, password dimenticata. Ecco come fare!

Lo Spid è diventato essenziale nella vita di tutti i giorni e anche i meno tecnologici possono richiederlo alle Poste.

Permette ai cittadini di accedere a diversi servizi della Pubblica Amministrazioni ma anche di ricevere contributi per le partite iva o sussidi al reddito (come il reddito di cittadinanza), di ritirare i referti medici di visite ed esami e molto altro. 

Perdere lo Spid o dimenticarne la password equivale a perdere i codici di accesso alla propria identità digitale, con tutti i disagi che ne conseguono.

Grazie allo Spid infatti non è più necessario recarsi presso gli uffici competenti ma si ottiene la documentazione richiesta direttamente a casa sul proprio telefono o pc. Dal 1° ottobre 2020 lo Spid è diventato obbligatorio per usufruire di molti servizi Inps

Cos’è lo Spid?

Lo Spid è il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID). Un’unica chiave che, come promette il sito ufficiale del Governo, ha un accesso semplice, veloce e sicuro per usare i servizi digitali delle amministrazioni locali e centrali. 

In pratica, lo Spid certifica senza errore l’identità della persona che sta cercando di accedere ad un servizio, come se fosse fisicamente davanti a un operatore allo sportello.

Come si richiede lo Spid?

Per avere user e password dello Spid bisogna rivolgersi a uno dei nove gestori di identità digitale abilitati dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), l’agenzia tecnica della Presidenza del Consiglio. AgId ha il compito di favorire la diffusione delle tecnologie di informazione e comunicazione per accelerare la trasformazione digitale del Paese.

Per richiedere lo Spid occore essere:

  • cittadini italiani maggiorenni(compiuto quindi 18 anni)
  • cittadini con regolare permesso di soggiorno con residenza in Italia.

Inoltre occorre avere alcuni documenti indispensabili: 

  • indirizzo e-mail
  • numero di telefono cellulare
  • tessera sanitaria
  • un documento di riconoscimento valido

Lo step successivo sarà quello di seguire una procedura online per certificare il riconoscimento e ottenere le credenziali. In alternativa, il riconoscimento può essere fatto di persona presso gli uffici di Poste Italiane o al proprio domicilio (a pagamento).

I nove gestori di identità digitale Spid

Attualmente sono disponibili nove gestori di identità digitale: alcuni permettono l’attivazione gratuita, altri a pagamento. In ogni caso l’utilizzo dello Spid è gratuito.

  • Poste
  • Aruba
  • Intesa
  • Infocert
  • Namiral
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Spid: come recuperare le credenziali perse o dimenticate?

Le credenziali Spid potrebbero però non funzionare oppure possiamo averle dimenticate. La procedura per il recupero varia in base al gestore di identità digitale scelto al momento dell’attivazione. 

Ecco alcuni semplici passaggi da seguire per recuperare username e password:

Recuperare le credenziali con Poste Italiane

Dall’indirizzo https://posteid.poste.it/recuperocredenziali.shtml

  • clicca sulla voce che vuoi recuperare: “voglio recuperare il mio nome utente” oppure “voglio effettuare il reset della password”
  • Inserisci il tuo codice identificativo e il tuo codice di sicurezza che trovi nella email che hai ricevuto al momento della registrazione nel modulo di richiesta del servizio 
  • Controlla la email: ne riceverai una col tuo username o la password

Recuperare le credenziali con Aruba:

Dall’indirizzo https://selfcarespid.aruba.it/#/login 

  • clicca sul link sotto la voce Nome Utente o Password, in base al dato che hai dimenticato. 
  • Nel caso avessi perso lo Username, dovrai inserire l’indirizzo email associato allo Spid, il codice fiscale dell’intestatario o la partita iva se l’intestatario è una persona giuridica. Dopo aver cliccato su “invia” vedrai una schermata di conferma e riceverai una email con la credenziale.
  • Nel caso avessi perso la Password, dovrai inserire lo Username di Livello1; riceverai via email una password temporanea che potrai modificare dopo l’accesso.

Recuperare le credenziali con Intesa:

Dall’indirizzo https://spid.intesa.it/area-privata/recupera-password.aspx

Inserire la email utilizzata all’attivazione per ricevere le istruzioni per modificare la password

Recuperare le credenziali con Infocert:

Dall’indirizzo https://my.infocert.it/selfcare/#/recoveryPin

Inserisci lo Username (corrisponde alla email usata all’attivazione), clicca su “avanti” e rispondi alla domanda di sicurezza. Poi potrai modificare la password. Se avessi altri dubbi puoi usare questi numeri di riferimento:

Chiama lo 049.7849360 (lunedì-venerdì 8.30-19.00, festivi esclusi)

Compila un ticket sul form online (prima opzione) 

Chatta con un operatore (lunedì-venerdì 8.30-19.00, festivi esclusi) 

Recuperare le credenziali con Namiral

Dall’indirizzo https://portal.namirialtsp.com/

  • clicca sulla voce “non ricordo il mio nome utente” o “non ricordo la mia password” in base al dato che hai dimenticato. 
  • Nel caso avessi perso lo Username, dovrai inserire il codice fiscale o il numero di documento fornito in fase di registrazione.
  • Nel caso avessi perso la Password, dovrai inserire lo Username; riceverai via email una password temporanea che potrai modificare dopo l’accesso.

Recuperare le credenziali con Register

Recuperare le credenziali con Sielte

Dalla pagina https://myid.sieltecloud.it/profile/recovery/forgotPassword inserisci il codice fiscale, email e numero di telefono.

Recuperare le credenziali con Tim

Recuperare le credenziali con Lepida

  • Dalla pagina https://id.lepida.it/lepidaid/recupero_credenziali?1 cliccare su “voglio recuperare il mio nome utente” oppure su “voglio fare il reset della password”.
  • Nel primo caso dovrai inserire il codice identificativo Spid, mentre per recuperare la Password dovrai inserire lo Username (che coincide con la email). 

Alcuni accorgimenti generali:

Spesso capita di aver sbagliato a digitare username o password. Questa operazione, ripetuta più volte, porta al blocco temporaneo dell’utente.

Per evitare questi errori è sempre consigliato scrivere le proprie credenziali Spid in un luogo sicuro.

(Claudia Cervi)