Home Blog Pagina 4516

Bonus idrico prorogato al 2022! Ecco come funziona ora

Il bonus idrico c’è anche nel 2022!

Con l’approvazione della Manovra di Bilancio 2022, anche questo bonus è stato prorogato per quest’anno, assieme ad altri bonus, come quelli per i rubinetti, il bonus mobili e quello per il restauro.

Anche il Luigi Melacarne nel suo video di approfondimento su Youtube ha voluto segnalare questa grande opportunità per tutti quanti.

Il motivo di questa proroga rinnovata al photofinish è dovuto all’interessamento ormai totale alle questioni relative all’efficientamento energetico e ambientale, riguardo al quale il bonus idrico dispone di un ruolo non marginale.

Anche in merito a ciò il Governo Draghi ha deciso di valutare una serie di modifiche per concentrare al meglio la platea di riferimento.

In questo articolo vedremo insieme come funziona questo bonus dal 2022, e cosa comporterà da quest’anno a livello di requisiti e importi.

Bonus idrico 2022: ma cos’è?

Per bonus idrico si intende un incentivo all’acquisto intelligente, ovvero a quel tipo di acquisto che guarda all’ecologia e alla riduzione del disperdio energetico e ambientale.

In questo caso il disperdio è di tipo idraulico, visto che si incentiva all’acquisto di sanitari o dispositivi idraulici di ultima generazione, che permettono la riduzione delle fonti idriche per il lavaggio o per l’utilizzo dell’acqua a livello domestico e culinario.

Generalmente si parla di strumenti che, con le nuove tecnologie, permettono un consumo al minuto massimo di sei litri d’acqua, se non nove solo per dispositivi sanitari.

Questo bonus ha il vantaggio di essere compatibile anche con altri buoni, come quelli relativi al restauro o alla ristrutturazione del proprio immobile, così come ai vari ecobonus relativi agli infissi di nuova fattura.

Però, con la proroga, sono cambiate alcune cose in merito all’accesso, e agli importi.

Bonus idrico 2022: ecco chi ne ha diritto

Il bonus idrico nel 2022 si riconferma in particolare per chi è possessore o affittuario di una casa in cui sono stati fatti lavori di sostituzione e installazione dei vari prodotti e dispositivi idraulici e igienici.

Purché questi prodotti siano garanti di una riduzione evidente della dispersione idrica, al massimo relativa a sei litri, se non nove litri al minuto nel caso delle colonne doccia.

Per il richiedente dovrà garantire di essere cittadino italiano, maggiorenne e residente in Italia, così come la sua residenza sia all’interno del suolo italiano. Nel caso in cui sia un proprietario, basterà fare la solita comunicazione prevista dal sito dell’Agenzia delle Entrate.

Mentre se affittuario o coabitante, dovrà premunirsi della comunicazione emessa nei confronti del proprietario e degli altri coaffittuari. Loro devono sapere che stai facendo questi lavori e che stai richiedendo questo bonus, sennò possono benissimo bloccare tutto e impedire anche i lavori stessi.

Bonus idrico 2022: ecco per quali lavori è previsto

Il bonus idrico è previsto per l’acquisto di prodotti e dispositivi igienico-sanitari che garantiscano la riduzione del carico idrico, passando a sei, massimo nove litri al minuto.

Questo è in generale la norma, ma andando più nel dettaglio, in realtà bisogna fare dei distinguo.

Quando si parla di carico idrico, si parla di tutto ciò che prevede l’erogazione di acqua, che sia a uso domestico, culinario o igienico-sanitario.

In questo caso ci si dovrà rivolgere esclusivamente a questi apparecchi:

  • rubinetti del bagno;
  • rubinetti della cucina;
  • colonnine della doccia;
  • soffioni.

Proprio le colonnine e i soffioni possono avere una portata di acqua diversa, dai precedenti. E’ possibile acquistare questi dispositivi solo se garantiscono un massimo di nove litri d’acqua al minuto. Altrimenti, nel caso di semplici rubinetti del bagno o della cucina, il limite è di sei litri al minuto.

Oltre all’acquisto dei prodotti, si potrà avere questo bonus anche in merito alla loro installazione, così come per altre opere murarie e idrauliche, anche se relative al semplice smontaggio.

E solo per questi lavori, altrimenti sarebbe una sottospecie di appendice del Superbonus 110%, il quale non prevede lavori prettamente di idraulica, ma al massimo il cambio dell’impianto di climatizzazione e di riscaldamento (ovvero una possibile nuova caldaia).

Anche se non pochi hanno voluto richiedere questo bonus per l’addolcitore.

Bonus idrico 2022 anche per gli addolcitori? Facciamo chiarezza!

Ci sarebbe una specie di bonus idrico 2022 anche per gli addolcitori, ma bisogna prima precisare alcuni punti.

Intanto partiamo dalla definizione stessa di addolcitori. Come lo definisce Wikipedia, un addolcitore:

[…] è uno strumento atto ad addolcire l’acqua, ovvero a diminuirne la durezza, [cioè quando] la concentrazione di sali di calcio e magnesio, precipitando, formano le incrostazioni di calcare sulle superfici.

In pratica un depuratore dell’acqua. Ora, il bonus idrico disposto dal Ministero della Transizione Ecologica è un incentivo che riguarda esclusivamente l’acquisto di prodotti che hanno come obiettivo la riduzione del consumo dell’acqua, limitandosi ad un getto più contenuto.

Un addolcitore, o depuratore che sia, non riduce il getto, semmai riduce il carico di sali che possono danneggiare filtri o tubi in particolare.

Fortuna vuole che c’è anche un bonus per loro, ma prevede uno sgravo fiscale di:

  • 50% della spesa sostenuta fino ad un massimo di 1.000 euro detraibili per i privati.
  • 50% della spesa sostenuta fino ad un massimo di 5.000 euro detraibili per le aziende.

Curiosamente questo buono è diventato uno sgravo fiscale nel 2022 come purtroppo è capitato anche a questo bonus.

Bonus idrico 2022: una detrazione da 1.000 euro! Ecco perché

Prima del 31 dicembre 2021 il bonus idrico era un’altra storia. Si parlava di un supporto economico che garantiva, una volta accertati lavori e spese tracciate e assicurate, un bonifico vero e proprio di 1.000 euro sul tuo IBAN.

Cioè un credito vero e proprio. Mentre ora il calcolo è differente. Non si parla più di soldi, ma di una detrazione fiscale.

E quando si parla di una detrazione fiscale ci si riferisce ad una riduzione del prelievo fiscale a fine anno, dato che tali spese diventano detraibili come quelle mediche e sanitarie.

Il motivo per cui il Governo Draghi ha deciso per questa trasformazione è probabilmente dettato dal fatto che non c’era altro modo per garantire la proroga.

Fino a metà dicembre questo bonus era praticamente destinato a scadere entro la fine dell’anno. Per il rotto della cuffia il Governo ha deciso di garantirlo nella Manovra di Bilancio 2022.

Ma solo a condizione di renderlo una detrazione fiscale, e non più un credito. Prova di questa tendenza è anche nel fondo abbastanza esiguo, di soli 1,5 milioni di euro per il 2022. Per la cronaca, quello per gli addolcitori è il doppio, cioè 3 milioni di euro, e si parla solo di depuratori.

Bonus idrico 2022: ma quando parte, e dove richiederlo?

A causa della proroga per quest’anno, dovrà aspettare dei tempi tecnici, visto che ancora non s’è aperto il sito ufficiale disposto dal Ministero della Transizione Ecologica, ovvero la Piattaforma Bonus Idrico.

Non dovrebbe mancare molto, visto che la scadenza dalla pubblicazione della Legge in Gazzetta Ufficiale è dopo i sessanta giorni.

Ricordati semmai di avere pronte le documentazioni varie, tipo:

  • dati anagrafici,
  • ruolo abitativo all’interno dell’immobile.

Quest’ultimo è particolare, visto che questo bonus è garantito sia per chi è affittuario sia per chi è proprietario.

Sempre ovviamente con la condizione che ci sia una comunicazione tra chi detiene il ruolo dell’affittuario e chi è il legittimo proprietario dell’immobile, oltre ai vari coaffittuari.

Servirebbero anche eventuali dati postali e bancari, così come l’IBAN, ma il problema di fondo è che, essendo una detrazione fiscale dal 1 gennaio 2022, potrebbe non servire più se non per motivi fiscali.

Dato che per avere accesso a questo bonus servirà comunque avere tutto tracciabile.

Bonus idrico 2022: occhio alle spese!

Nel caso in cui si voglia adempiere al bonus idrico 2022 e ai suoi requisiti, dovrai provvedere a far sì che tutte le spese per acquisti o lavori vari, ai fini di una riduzione del gettito idrico, siano state fatture attraverso metodi tracciabili, come:

  • fatture,
  • ricevute,
  • pagamenti con POS o Bancomat.

Perché sono assolutamente vietati qualsivoglia spesa fatta con i contanti. Anche perché, dal 1 gennaio 2022, sopra i 999,99 euro scatta l’accertamento fiscale per il consumatore che spende in cash, e per l’esercente che accetta volentieri una cifra simile.

Inoltre, dovrai denunciare anche l’eventualità di ulteriori bonus o agevolazioni fiscali che stai utilizzando per il tuo immobile. Perché non sempre c’è compatibilità tra i buoni Casa, come invece è possibile tra Superbonus 110% e bonus mobili, o col bonus ristrutturazioni.

Se non li denunci, non solo perdi il diritto alla detrazione fiscale, ma sei passibile di messa in stato d’accusa per comunicazione omessa, e potresti beccare una bella sorpresa da parte dell’Agenzia delle Entrate, in termini di sanzione amministrativa.

E’ meglio non giocare mai con le agevolazioni fiscali, perché a volte possono diventare delle trappole, se non si è con lo Stato e con l’ADE trasparenti e onesti.

E lo sanno bene chi s’è beccato l’ADE per via del Superbonus 110%: già un miliardo di euro è stato segnalato.

Tutto su Quota 102, al via le domande in pensione a 64 anni

Si parte con Quota 102, domande aperte, da oggi chi avrà maturato i requisiti potrà andare in pensione a 64 anni.

La domanda potrà essere inoltrata mediante la piattaforma telematica messa a disposizione dall’Inps.

I requisiti sono 64 anni di età anagrafica con almeno 38 anni di contributi maturati durante la propria vita lavorativa .

Quota 102 è stata approvata in via sperimentale come soluzione a Quota 100-definitivamente abolita-e resterà in vigore per il solo 2022.

La nuova misura è diciamo una soluzione temporanea in attesa della tanto agognata riforma delle pensioni.

Quota 102 una misura nuova, ma non di certo innovativa poche le differenze infatti con Quota 100 se non per l’aumento di due anni del requisito anagrafico passato da 62 a 64 anni.

E viste le scarse adesioni riportate nello scorso biennio da Quota 100 ci si aspetta ben poco anche da Quota 102 che visto il breve tempo in cui rimarrà in vigore darà modo ad un numero veramente esiguo di lavoratori di poter uscire anticipatamente dal lavoro.

Inoltre la nuova misura è decisamente molto vicina a quanto previsto dalla Legge Fornero-in pensione a 67-sicuri che non sia più conveniente aspettare qualche anno in più per di andare in pensione? 

Si Quota 102 non prevede penalizzazioni sull’assegno pensionistico.

Negli scorsi giorni l’Inps ha comunque pubblicato le indicazioni su come aderire a Quota 102 .

Per chi fosse interessato al tema pensioni un interessante video pubblicato dalla redazione di AppLavoro con tutte le novità in vigore per tutto il 2022, buona visione.

Quota 102. come fare domanda on-line, ma non solo

Di seguito tutte le indicazioni da seguire per coloro che decideranno di andare in pensione con Quota 102.

La domanda dovrà essere inoltrata nella modalità telematica direttamente sulla piattaforma Inps.

In che modo?

Il cittadino dovrà come prima cosa autenticarsi mediante Spid o Carta di identità digitale 3.0, dopodichè:

  • trova la sezione “Domanda Pensione, Ricostruzione, Ratei, Ape socile e Beneficio precoci”;
  • scegli l’opzione “Nuova prestazione pensionistica”
  • selezione spuntando le caselle le voci “Anzianità/Anticipata/Vecchiaia”- “Pensione di anzianità anticipata” e “Requisito quota 102”;
  • indicare la Gestione di liquidazione dell’assegno pensionistico.

In alternativa per chi fosse poso affine alla tecnologia potrà optare per soluzioni differenti, Quota 102 potrà essere richiesta anche tramite:

  • l’assistenza di un patronato di zona,
  • telefonando al contact center dell’INPS 803 164, gratuito da telefono fisso, 06 164 164 da cellulare, a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori.

Quota 102:  tempi di decorrenza

La domanda telematica potrà essere inoltrata da tutti quei lavoratori che avranno maturato i requisiti previsti da Quota 102, iscritti alla Gestione Pubblica, alla Gestione spettacolo e sport,  alle Gestioni private.

Inoltrata la domanda i tempi di decorrenza dipenderanno molto dalla categoria di appartenenza del lavoratore, settore pubblico o privato.

Per i lavoratori del privato i tempi di decorrenza saranno più rapidi, 3 mesi da quando si saranno maturati i requisiti, tempi più lunghi per i lavoratori del settore pubblico che dovranno aspettare attendere fino a 6 mesi prima di poter inoltrare la domanda.

Ancora diversa invece il discorso per il personale scolastico e AFAM, che dovrà fare domanda entro e non oltre il 28 febbraio.

La decorrenza di Quota 102 è fissata dall’anno successivo alla domanda.

Le finestre di decorrenza sono le stesse di Quota 100 così come i limiti stabiliti per i redditi da lavoro, insomma Quota 102 sembra non essere nient’altro che una Quota 100 più vicina alla Legge Fornero.

Da Quota 100 a Quota 102 cosa cambia?

Quota 102, è stata la insoddisfacente soluzione alla scadenza di Quota 100.

I requisiti per potervi accedere è bene ribadirli sono 64 anni di età anagrafica con almeno 38 anni di contributi versati.

Nel 2022, i trattamenti in vigore che permetteranno al lavoratore un’uscita anticipata dal lavoro sono di fatto tre:

  • Quota 102;
  • Opzione donna;
  • Ape sociale.

Ci aspettava sicuramente di più, nessuna riforma delle pensioni, ma solo alcuni piccoli aggiustamenti per poter permettere di accedere alla pensione anticipata.

Anche le altre due misure e cioè l’Ape social ed Opzione sono state prorogate per un solo anno, segno che quindi il Governo sta lavorando per proporre forse per il 2023 un nuovo sistema previdenziale che continui a garantire flessibilità in uscita dal lavoro.

Per chi fosse interessato ad approfondire i contenuti delle misure pensionistiche anticipate in vigore nel 2022 può consultare un mio articolo scritto di recente e pubblicato su sito di Trend online cliccando qui.

I requisiti per poter accedere alle misure sopra elencate dovranno essere maturati entro il 31 dicembre 2022, ed una volta maturati il diritto sarà acquisito ovvero si potrà decidere di lasciare ail lavoro anche negli anni successivi.

Stessa regole che vale per Quota 100, tutti coloro che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2021 potranno esercitare il diritto alla pensione anticipata in qualsiasi momento nonostante Quota 100 sia stata cancellata.

Al via le domande INPS: con Quota 102 nessuna taglio e penalizzazione dell’assegno

L’aspetto interessante di una misura come Quota 102 è che non prevede alcun taglio o penalizzazione sull’assegno pensionistico, diversamente rispetto a quanto accade per altre misure come Opzione Donna.

Da cosa dipende?

Questo è da attribuirsi al differente sistema di calcolo tra Opzione Donna basato totalmente sul contributivo che può portare a tagli sull’importo dell’assegno fino al 30%, e Quota 102 che adotta lo stesso modello di calcolo usato per determinare l’importo della pensione di vecchiaia.

Tornando ad Opzione Donna per contributivo si intende che verranno presi in considerazione non gli importi delle ultime buste paga (sistema retributivo) ma solo il totale dei contributi versati.

Forti le penalità dunque rispetto a questa misura che non piace neanche all’Europa, che definisce trattamenti come Opzione Donna “misure che spingono la società verso l’impoverimento economico“, visto che si è vero si smette di lavorare diversi anni prima rispetto a quanto previsto dalla pensione di vecchiaia, ma accettando un assegno di importo ben più basso.

Non contenti di Quota 102 e di ciò che è stato fatto per il 2022 sul tema pensioni lo sono di sicuro i sindacati che vedono la misura come una vera e propria presa in giro.

Le parti sociali infatti chiedono provvedimenti che tutelino il lavoratore e che allo stesso tempo gli garantiscano maggiore flessibilità.

Una proposta avanza ma immediatamente rifiutata dal Governo è stata l’estensione di Quota 41 per tutti ritenuta onerosa per le casse dello Stato.

Quota 102: Non cumulabile almeno fino a 67 anni

La prestazione non è cumulabile con altri redditi  derivanti da lavoro dipendente o autonomo, tranne per quelli che provengono da attività autonome occasionali  nel limite massimo dei 5mila euro annui, così come previsto dalla legge.

Il principio di non cumulabilità decadrà nel momento in cui si arriveranno a maturare i requisiti previsti dalla pensione di vecchiaia che ad oggi restano fermi a 67 anni di età e 20 di contributi e sembra che rimarranno questi fino al termine del 2024.

Ribadisco nuovamente che l’adesione a Quota 102 per il personale scolastico è leggermente differente, infatti per aderire alla misura si dovrà inoltrare la domanda all’Inps non oltre il 28 febbraio prossimo.

Banca Generali: raccolta dicembre è da record. Broker cauti

Anche la seduta di ieri si è conclusa con il segno meno per Banca Generali che ha perso terreno per la seconda giornata di fila.

Banca Generali in calo anche ieri

Dopo aver ceduto oltre un punto percentuale giovedì, il titolo ieri si è fermato a 37,78 euro, con una flessione dello 0,53% e quasi 300mila azioni scambiate, contro la media degli ultimi 30 giorni pari a circa 560mila.

Banca Generali: a dicembre raccolta mensile e annuale di sempre

Banca Generali si è difeso meglio del Ftse Mib all’indomani della diffusione dei dati sulla raccolta di dicembre, chiuso con il miglior dato mensile e annuale di sempre.

Nell’ultimo mese del 2021 i flussi totali sono stati pari a 849 milioni di euro: 739 milioni nel risparmio gestito e 110 milioni di euro in quello amministrato.

La raccolta netta totale del 2021 ha raggiunto circa i 7,69 miliardi di euro, con un rialzo del 31% anno su anno, facendo segnare il miglior anno di sempre, di cui 4,8 miliardi di euro nel gestito.

Il dato si confronta con la stima di Equita SIM pari per il 2021 a 7 miliardi di euro, di cui 4,15 miliardi nel gestito.

Gli AUA, ossia le masse sotto consulenza evoluta, si sono attestate a circa 7,3 miliardi di euro, con un rialzo del 21% anno su anno, con una variazione positiva di 155 milioni di euro nel mese.

Banca Generali: la view di Equita SIM

Equita SIM evidenzia che Banca Generali tratta ad un multiplo prezzo-utili adjusted 2022 pari a 16 volte, o 19 volte valutando 7 volte le performance fees o 21,3 volte ex-performance fees.

Non cambia intanto la view di Equita SIM che su Banca Generali mantiene una strategia improntata alla cautela, con una raccomandazione “hold” e un prezzo obiettivo a 38 euro.

Banca Generali al vaglio di Kepler e di Mediobanca

Lo stesso rating è stato reiterato ieri da Kepler Cheuvreux, con un target price a 37 euro, dopo che i dati sulla raccolta netta realizzata nel 2021 sono stati superiori alla guidance.

Cauti anche i colleghi di Mediobanca Securities che su Banca Generali hanno una raccomandazione “neutral”, con un fair value a 37 euro.

Commentando i dati di dicembre, gli analisti evidenziano che il gruppo ha messo a segno il suo miglior mese dell’anno e il miglior anno della sua storia.

Banca Generali: anche Banca Akros resta cauta

Infine, ad abbracciare la cautela delle banche d’affari citate fino a ora è anche Banca Akros che, sempre ieri ha ribadito la raccomandazione “neutral”, con un prezzo obiettivo a 40 euro.

Anche in questo caso gli analisti parlano di una raccolta migliore delle attese, con numeri forti e superiore alle loro aspettative.

Banca Akros ha evidenziato che il prossimo catalizzatore per Banca Generali è il nuovo piano industriale ch sarà presentato a febbraio.    

Bonus Terme 2022: proroga per Invitalia? Ecco cosa succede

Il Bonus terme 2022 si farà.

O meglio si spera si faccia, visto che si parla di un buono per l’accesso alle strutture termali o di acque minerali terapeutiche che, in soli due giorni, ha fatto il botto sia in numero di vendite, sia in termini di server, dato che ha fatto saltare i servizi online di Invitalia, come segnala Il Corriere.

Per avere una migliore panoramica, ti suggerisco questo video approfondimento a cura di Luca Dicio.

Il bonus Terme però non è chiaro se avrà questa proroga per il 2022. Anche per questo buono, come accaduto per quello Vacanze, è richiesta una proroga governativa, anche in fatto di rifinanziamento, visto che il precedente fondo è stato completamente svuotato.

Ma non sarà facile, visto che, sia l’aggravarsi dei casi Covid, sia la situazione alquanto instabile da un punto di vista economico (causa caro bollette e inflazione galoppante) e istituzionale (l’imminente elezione del Presidente della Repubblica), potrebbero mettere in secondo piano questo bonus.

Intanto facciamo il punto della situazione sul bonus Terme, e cosa potrebbe succedere in caso di proroga.

Bonus Terme 2022: ecco come funzionava nel 2021

Fino al 2021, o meglio fino all’8 novembre 2021, data di uscita del voucher digitale per tutti i richiedenti residenti in Italia, il bonus Terme si basava su un voucher digitale di 200 euro per l’accesso e l’uso delle strutture termali o dei centri benessere.

Il successo di questo bonus è stato determinato dalla sua assenza di requisiti fondamentali, in particolare quello dell’attestazione ISEE, che lo rende estremamente competitivo rispetto al Bonus Vacanze.

E anche un po’ la sua “rovina”, visto che in meno di due giorni il fondo da 52 milioni di euro è stato completamente svuotato.

Questo lo renderebbe non più disponibile, anche perché, a seguito dell’approvazione della Manovra di Bilancio il 30 dicembre 2021, e la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale poco dopo, non c’è traccia di ulteriori rifinanziamenti per il 2022.

Però va detto che c’è una possibilità ancora per poterlo accaparrare, ma non sarà a beneficio di tutti. Anzi sarà a danno di chi lo possiede.

Bonus Terme 2022: ecco a chi potrebbe spettare

Attualmente i 262mila voucher disposti dal fondo di 52 milioni di euro del Ministero dello Sviluppo Economico, ed erogati tramite il sito Invitalia, sono ormai andati a tutti coloro che avevano la residenza in Italia e la cittadinanza italiana.

Nonché la fortuna di:

  • avere le terme preferite all’interno della lista di stabilimenti aderenti all’iniziativa;
  • avere la velocità per ottenere la prenotazione tra l’8 e il 9 novembre 2021, in pieno click-day.

Perché in ventiquattr’ore tutti i 262 mila voucher sono stati scaricati, anche a costo di far saltare i server dell’azienda per diverse ore.

Un classico esempio di click-day, con tanto di black-out dei servizi.

in compenso, è stato altamente fruttuoso, dato che, con una modica spesa di 52 milioni di euro, l’indotto del settore turistico e termale ha ricavato ben 300 milioni di euro, stando ad alcune analisi.

Praticamente un investimento statale che ha portato al 600% di ricavo. Non male, per certi versi, anche se a beneficiare non è stata tutta gente bisognosa.

Bonus Terme 2022: ecco a chi sono toccati i 200 euro!

Una delle principali critiche rivolte al bonus Terme è il fatto che come bonus fosse alquanto gratuito, anzi “troppo” gratuito, visto che non ha requisiti importanti se non il fatto di essere cittadino italiano e residente in Italia.

Non è richiesta alcuna attestazione ISEE, per esempio, che attesti un reddito familiare gravoso e quindi avente diritto di supporti economici e agevolazioni.

Infatti il Codacons ha battuto il dito proprio su questo aspetto: la mancanza di una disposizione a favore delle famiglie o dei richiedenti con difficoltà economiche.

Teoricamente potrebbe andare anche a chi spende in media più di 200 euro alle terme, e senza chiedere soldi allo Stato. Cosa che non è successa, visto che qui chi l’ha ottenuto è chi ha avuto fortuna a ottenerlo durante il click-day.

Pertanto, un eventuale rinnovo del bonus Terme probabilmente dovrà avere in conto anche l’introduzione dell’attestazione ISEE

Già lo ha il Bonus Vacanze, con un limite massimo a 40.000 euro, più tre scaglioni di importo a seconda della composizione familiare.

Bonus Terme o Bonus Vacanze? Chi potrà avere la proroga nel 2022

Va detto però che il Bonus Vacanze nasce dalla necessità del Governo Conte II di aiutare un settore estremamente esteso, perché riguarda complessi balneari e servizi di ristoro vacanzieri, cioè servizi che riguardano decine di milioni di turisti all’anno.

Il Bonus Terme riguarda solo centri termali e relativi alle acque minerali curative, dunque un settore che, con tutto il dovuto rispetto, riguarda ben 2.700.000 turisti all’anno.

Pertanto è stato preferito, per una platea più contenuta e meno dispersiva, provvedere ad un voucher veloce, senza attestazioni o altro, così da garantire una miglior efficacia nell’investimento.

A conti fatti entrambi hanno pregi e “difetti”, ed entrambi potrebbero avere delle chance di venire prorogati per quest’anno.

Già l’abbiamo visto col Bonus Vacanze, che addirittura la deputata del Movimento Cinque Stelle, Valentina Palmisano, in sede parlamentare, aveva proposto come ordine del giorno la discussione del rinnovo del bonus per venire incontro al settore turistico, minato in pochi giorni (e con le prime punte di super-contagi da Omicron) di migliaia di disdette e annullamenti.

Per il bonus Terme invece la richiesta viene per motivi diversi.

Bonus Terme 2022: proroga da Invitalia? Vediamo cosa succede

Il sito di Invitalia ha ottenuto ad agosto 2021 la responsabilità di gestire l’erogazione dei certificati relativi all’acquisizione del bonus Terme.

La stessa Invitalia che, a fronte del successo mastodontico del bonus, ha subìto un assalto al server provocandogli un blackout. In meno di 48 ore tutti i voucher sono stati erogati, la bellezza di 256.000 voucher, per un valore di 52 milioni di euro.

La stessa Invitalia garantisce l’utilità di quei voucher entro i 60 giorni successivi dall’assegnazione, in modo di evitare eventuali distinte o ritardi.

Teoricamente, in caso di annullamento del voucher passati questi sessanta giorni, dovrebbero tornare all’azienda, e quindi ridisporre dei voucher avanzati per un eventuale tornata.

Teoricamente. In realtà la situazione non è così, purtroppo.

Bonus Terme 2022: l’allarme di Federterme! Serve una proroga!

A seguito dell’aumento dei contagi le misure anti Covid hanno cominciato a farsi sentire anche per il settore turistico, visto che di recente il presidente di Federterme, Massimo Caputi, ha segnalato delle irregolarità per l’erogazione dei bonus termali.

Queste irregolarità riguardano il fatto che, sebbene Toscana, Emilia Romagna e Lombardia siano le regioni che hanno avuto più fortuna con l’acquisizione dei bonus, non è stato concesso ulteriore tempo per la fruizione dei bonus.

Che ricordiamo, una volta erogati l’8 novembre 2021, hanno una durata di 60 giorni, entro i quali dovranno essere utilizzati e vidimati alla fine del servizio termale.

Questo comporterà, alla fine delle scadenze, all’eliminazione di ben 100.000 voucher ancora inutilizzati, e si parla di 20 milioni di euro, visto che il voucher è di 200 euro l’uno.

Lo stesso Caputi è abbastanza contrariato per la situazione:

“La gente non capirebbe perché è stata attirata dallo sconto e poi non ha potuto beneficiarne, perché il Governo sembra sordo agli appelli delle aziende e delle città termali”.

Purtroppo era difficile prevedere il trionfo della variante Omicron, segnalata a fine novembre 2021, dato che in meno di pochi giorni ha praticamente fatto arrivare il numero di positivi a vette milionarie.

Purtroppo la prospettiva non è rosea, se non c’è un freno ai contagi e il Governo Draghi arriva, nonostante l’ottima copertura vaccinale, a disporre un nuovo lockdown generale come extrema ratio.

E quindi a richiedere tutti in casa, e così facendo a bloccare tutte le attività aperte al pubblico.

Bonus Terme 2022: eventuali modifiche con la proroga

Si possono fare delle congetture in merito a quel che potrebbe succedere in caso di proroga per il Bonus Terme 2022.

Se la richiesta del presidente di Federterme viene accolta dal Governo Draghi, e in particolare dal Ministro Roberto Cingolani, ai quali era indirizzata la sua comunicazione, si dovrà però venire incontro anche a quella della Codacons.

Ovvero all’introduzione dell’attestazione ISEE. In effetti è già successo col Bonus Cultura, che, stando alle ultime novità, dovrebbe prevedere un ISEE di almeno 25.000 euro come limite massimo d’accesso.

Ricordiamo che questo bonus, fino al 2021, era totalmente privo di attestazione ISEE.

Questo ridurrebbe ovviamente la platea di riferimento, se viene adottato un limite ISEE di 25.000 euro, come quello disposto dal Bonus Cultura. Forse aumenterebbe se fosse attorno ai 40.000 euro, come quello del Bonus Vacanze, ma questo dipenderà dalle disposizioni.

Più ovviamente tutte le limitazioni Covid relative agli assembramenti e al contatto con superfici o personale, ma quello è già previsto da mesi. Sarà disposto inevitabilmente il Super Green Pass per l’accesso ai servizi, quindi i soli tamponati non potranno accedervi.

Però, fino a ulteriori novità, il Governo Draghi non ha rilasciato alcuna comunicazione per eventuali rinnovi in merito al bonus. Purtroppo la situazione non sarà molto favorevole per i vacanzieri.

Quali sono le 5 più grandi società di ferro quotate in Borsa

I prezzi del ferro hanno sofferto negli ultimi anni, ma alcuni investitori rimangono ottimisti sul metallo industriale. Gran parte del settore dei metalli ha sofferto sotto il peso della pandemia di COVID-19, invece il ferro è stato in grado di superare la pressione al ribasso. Negli ultimi anni, l’eccesso di offerta, abbinato a una domanda inferiore, ha esercitato una forte pressione sul trend del prezzo del minerale di ferro. Ecco quali sono le 5 più grandi società di ferro quotate in Borsa.

Investire in ferro: storia e usi

Il ferro è un elemento chimico con simbolo Fe e numero atomico 26. È un metallo della prima serie di transizione. È l’elemento più comune sulla Terra, formando gran parte del nucleo esterno e interno della Terra. È il quarto elemento più comune nella crosta terrestre. Oggetti di ferro sono stati trovati in Egitto intorno al 3.500 a.C. Contengono circa il 7,5% di nichel. Gli antichi Ittiti dell’Asia Minore furono i primi a fondere il ferro dai suoi minerali intorno al 1.500 a.C. e questo metallo diede loro potere economico e politico. Ferro, cobalto e nichel hanno una serie di proprietà simili e una volta erano raggruppati insieme come gruppo 8B. L’uso più comune del ferro è nella produzione di acciaio, che ha varie proprietà e usi interessanti. Il ferro è ampiamente usato per realizzare elettrodomestici come piatti, padelle, cucchiai, lavastoviglie e fornelli. Molti edifici in tutto il mondo sono costruiti con l’aiuto di barre di ferro metalliche. Inoltre, il ferro viene utilizzato per realizzare strumenti e materiali di costruzione. Il ferro è un elemento importante nella produzione di ammoniaca. Il ferro può essere utilizzato per realizzare tralicci elettrici che trasmettono elettricità. È difficile usare il ferro da solo nella sua forma pura perché è molto malleabile. Questo è il motivo principale per cui viene combinato con diverse leghe per formare l’acciaio. Molti ponti famosi in tutto il mondo come Brooklyn sono costruiti in grande misura in ferro. La resistenza duttile e la durezza del ferro danno loro la forza di sopportare il peso massimo.

Investire in ferro: azioni delle società quotate

Ecco i cinque maggiori players nel mercato del ferro, classificati in base alla loro capitalizzazione di mercato. I migliori produttori di ferro:

  • ·     Gruppo BHP (NYSE: BHP): si tratta di una società di risorse che produce rame, minerale di ferro, nichel, zinco, petrolio e gas naturale. La capitalizzazione di mercato è pari a $120.2 miliardi.
  • ·     Rio Tinto (NYSE: RIO): si tratta di una società mineraria diversificata che produce minerale di ferro, alluminio, rame e diamanti. La capitalizzazione di mercato è pari a $85.9 miliardi.
  • ·     Vale (NYSE: VALE) è il più grande produttore di minerale di ferro al mondo. Produce anche nichel, carbone e rame. La capitalizzazione di mercato è pari a $57.2 miliardi.
  • ·     Angloamerica (LSE:AAL) è una società mineraria diversificata che produce minerale di ferro, rame, diamanti e carbone. La capitalizzazione di mercato è pari a $34.2 miliardi.
  • ·     ArcelorMittal (NYSE: MT) è un produttore di acciaio integrato e minatore di minerale di ferro e carbone per la produzione di acciaio. La capitalizzazione di mercato è pari a $14.8 miliardi.

Investire nel minerale di ferro: domanda e offerta

L’Australia è di gran lunga il più grande produttore di minerale di ferro. La produzione di ferro è arrivata a 930 milioni di tonnellate. Altri importanti produttori nell’industria mineraria del ferro includono Brasile, Cina e India. Negli ultimi anni, l’eccesso di offerta, abbinato a una domanda inferiore al previsto, ha esercitato una forte pressione sul prezzo del minerale di ferro. La produzione cinese è il fattore chiave dei prezzi globali del ferro.

Investire in ferro: trend del prezzo

“Sarà interessante vedere se la Cina allenterà la sua politica di riduzione dell’acciaio dopo le Olimpiadi invernali”,

secondo un report di CreditSights. Anche se ciò sembra improbabile dati gli obiettivi di decarbonizzazione a lungo termine del paese, resta da vedere quanto i produttori di acciaio locali seguiranno la politica.

“I produttori affrontano una minore produzione di acciaio in Cina tra controlli ambientali, indebolimento del mercato delle costruzioni immobiliari e pressioni energetiche nel settore manifatturiero”,

ha riferito Moody’s in una nota.

Chi deve presentare subito l’ISEE per non perdere il Rdc?

Ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutti i titolari del reddito di cittadinanza la decisone del governo di Mario Draghi di confermare questo tipo di sostegno anche per il 2022. Anche il parlamento, poi nonostante varie voci contrarie a questo sussidio ha, alla fine dato il via libera alla legge di bilancio confermando, pur con alcune modifiche l’impianto presente dal 2019 e voluto dai cinque stelle.

Non è però il caso di stare troppo tranquilli, perché per quelli che potranno godere del beneficio anche quest’anno c’è già in vista un primo ostacolo, che se non superato potrebbe se non cancellare, quantomeno sospendere per qualche mese l’erogazione del contributo. 

Attenzione quindi a non lasciare trascorrere troppo tempo perché la data fatidica si avvicina. Entro il 31 gennaio infatti tutti i titolari di questo tipo di sussidio dovranno rinnovare il proprio ISEE. In sostanza dovranno presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica all’INPS che provvederà alle opportune verifiche e se ne ricorrono le condizioni continuerà a versare gli importi mensili sulla card.

Non presentarla, equivale a una violazione dei propri obblighi nei confronti dello stato, e porta alla sospensione immediata delle erogazioni. Presentarne una più favorevole di quella su cui è stato calcolato l’importo corrisposto, significa che l’assegno sarà ricalcolato e ridotto di conseguenza.

ISEE che cosa è

L’indicatore della situazione economica equivalente noto come ISEE  secondo quanto si legge sul dito dedicato del ministero del lavoro

è il mezzo utilizzato per valutare l’effettiva situazione economica di una famiglia. Viene richiesto ogni volta che si vuole accedere a una prestazione sociale agevolata.

In sostanza si tratta di un calcolo che viene fatto dall’INPS, che basandosi su una serie di dati patrimoniali, finanziari e di reddito e sul numero e su alcune qualità dei componenti della famiglia, assegna al richiedente una classe di reddito.

Questa somma non corrisponde al reddito effettivo che entra nelle tasche di quella famiglia, perché è influenzato per esempio anche dalle proprietà e dal numero di persone che attingono a quel reddito. 

A chi chiedere l’ISEE

La domanda per ottenere l’ISEE deve essere inoltrata all’INPS che si occuperò di fare i calcoli necessari. All’utente viene chiesto di fornire una serie di dati compilando la DSU.

In quella, oltre ai propri dati personali e a quelli che identificano i componenti del nucleo familiare dovranno essere fornite informazioni quali i redditi da lavoro, la giacenza media sul conto corrente per l’anno precedente, il valore di eventuali immobili e il possesso di autoveicoli.

Questo modello potrà essere inviato all’INPS per via telematica dal richiedente utilizzando l’apposito servizio messo a disposizione dall’ente. In alternativa ci si potrà rivolgere a un Caf che a seguito di una convenzione stipulata con INPS trasmettono le DSU in modo gratuito.

Ultima possibilità è quella di avvalersi anche dell’ISEE precompilato. In questo caso

è reperibile sul sito INPS un modello di dichiarazione già contenente i dati in possesso dell’istituto di previdenza e quelli forniti da agenzia delle entrate al quale dovranno essere aggiunte solo alcune informazioni autocertificate.

Il servizio può essere usufruito anche fornendo una delega al proprio Caf di fiducia.

Perché serve l’ISEE per avere il reddito di cittadinanza

Il redito di cittadinanza come previsto dalla legge numero 4 del 2019

è un sostegno offerto a chi si trovi in difficoltà, che ha lo scopo di aiutarli a superare un periodo di difficoltà fornendo una somma minima fino al momento in cui sarà possibile rientrare nel mondo del lavoro.

Pur non essendo un sussidio in senso stretto, rientra comunque tra i provvedimenti che prevedono una elargizione di denaro da parte dello stato a chi si trovi in particolari condizioni economiche.

Condizioni che vengono appunto certificate tra l’altro con l’ISSE. La legge che regolamenta questo tipo di beneficio infatti oltre a prevedere requisiti di tipo patrimoniale e reddituale prevede anche un valore massimo per l’ISEE.

Questo limite è fissato in 9.360 euro, che come detto si ottengono mettendo in relazione patrimonio e reddito con il numero dei componenti del nucleo familiare. Si ricorda che i dati forniti non sono solo quelli del richiedente, ma quelli di tutti i componenti del nucleo familiare.

Oltre a quel requisito sono poi fissati dei limiti verso l’alto anche per le singole voci che compongono la DSU. Il patrimonio immobiliare, ad esclusione della casa di abitazione principale, sia posseduto in Italia che all’estero non potrà avere un valore superiore ai 30.000 euro. Il patrimonio di tipo mobiliare non potrà superare i 6.000 euro per chi vive da solo, aumentate fino al massimo di 10.000 euro per famiglie numerose.

Il reddito massimo potrà essere di 6.000 euro annui, innalzato in proporzione ai componenti della famiglia. Ci sono poi beni che escludono il diritto al rdc anche se oltre a quello il richiedete non possiede nulla.

Si tratta di auto immatricolate per la prima volta nei sei mesi precedenti a quello dell’inoltro della domanda, oppure di auto con cilindrata superiore a 1.600 cc o moto più potenti di 250 cc che circolano da meno di due anni. Divieto anche di possedere imbarcazioni da diporto.

Cosa succede al mio reddito di cittadinanza se non presento l’ISEE

Chi non presenta l’ISEE ha fornito una domanda incompleta che viene rigettata. Mancherebbe in questo caso sia la base per calcolare l’ammontare dell’assegno sia la possibilità di verificare che il richiedente sia in possesso di una parte dei requisiti per accedere al sussidio. Nulla impedisce che la domanda venga ripresentata, ma dovrà essere completa.

Diverso è invece il caso di chi essendo già titolare di reddito di cittadinanza non presenti la propria situazione patrimoniale nei tempi previsti. In questa ipotesi il beneficio non decade in automatico, ma viene sospeso. I versamenti riprenderanno in modo regolare e automatico, quindi senza le necessità di fare una richiesta formale, quando l’INPS avrà ricevuto e verificato l’ISEE.

Entro quando devo presentare l’ISEE per non perdere il rdc

La Dichiarazione Sostitutiva Unica presentata nel corso del 2021 è scaduta il 31 dicembre di quell’anno, indipendentemente dalla data in cui è stata redatta e consegnata. Non conta a questi fini che non ci siano stati dei cambiamenti. Essendo scaduta la DSU, è scaduto anche l’ISEE.

Nonostante in questo momento il documento sia già scaduto i titolari riceveranno per il mese di gennaio il loro accredito sulla card. La ragione è che si tratta di una somma riferibile allo scorso anno, quando tutti i dati erano ancora aggiornati. Non sarà così invece per il mese di febbraio.

Chi presentasse oltre il 31 gennaio il proprio documento non perderà in automatico il sussidio, ma se lo vedrà congelare fino al momento in cui si sarà rimesso in regola. Dal mese successivo a quello in avrà consegnato la DSU l’ente previdenziale verserà due assegni mensili, fino a quando saranno stati pagati tutti gli arretrati.

Per mantenere il mio Rdc devo presentare l’ISEE corrente?

L’ISEE cosiddetto ordinario in realtà non fotografa in tempo reale la situazione finanziaria di una famiglia, ma vista la difficoltà a reperire tutti i dati richiesti si riferisce a un periodo precedente. I dati della dichiarazione dei redditi per esempio sono quelli dell’anno precedente, ma anche la giacenza media del conto sul conto corrente, trattandosi di una media può non riflettere la situazione effettiva.

Per questa ragione a fianco di quello ordinario è stato pensato anche l’ISEE corrente che secondo il decreto del ministero del lavoro del 5 luglio 2021

potrà essere presentato a partire del primo aprile di ogni anno e tutte le volte in cui la situazione patrimoniale attuale si discosti più del 20% da quella ottenuta presentando il modello ordinario. Inoltre nei casi in cui il reddito da lavoro sia diminuito di al meno il 25%.

Questo modello tiene conto dei redditi che sono stati ottenuti negli ultimi dodici mesi, ma nel caso di perdita del lavoro anche solo nel due mesi precedenti. Un modo quindi per non penalizzare chi abbia visto all’improvviso peggiorare le proprie condizioni.

Per quanto riguarda nello specifico i titolari di reddito di cittadinanza dovrà essere presentato entro il 31 gennaio 2022 il modello ordinario, quindi il riferimento sia al reddito che alle giacenze medie dei conti correnti sono quelle del 2020. Dovrà essere invece presentato il modello corrente nel caso la situazione familiare sia cambiata rispetto a quella di due anni fa.

Va poi ricordato che avere un reddito da lavoro pur non essendo qualcosa di incompatibile con questo sussidio è un dato di cui deve essere data immediata notizia. Chi al 31 gennaio avesse un rapporto di lavoro in corso dovrà inviare all’INPS anche un modulo con il quale si comunica il reddito presunto per il 2022. Sulla base di quello sarà eventualmente ricalcolato il valore dell’assegno.

ISEE falso cosa si rischia

La DSU presentata ai fini ISEE viene in parte provata da documenti da allegare, ma costituisce in parte anche un atto di fiducia, visto che alcuni dati sono autocertificati e che la tentazione di omettere informazioni è sempre dietro l’angolo. La fiducia che viene concessa dal governo, però alla luce dei numerosi furbetti che sono stati pizzicati si è notevolmente assottigliata. 

Di pari passo sono aumentati i controlli fatti sia prima della concessione del reddito di cittadinanza, sia sui documenti presentati in seguito.

Spetta ai comuni verificare le informazioni relative alla composizione della famiglia. L’INPS invece, con un’accelerazione prevista a partire da marzo quando dovrà presentare un piano di controlli fatti soprattutto su immobili, mobili e conti correnti con particolare attenzione a quelli che si trovano all’estero.

La scoperta di notizie false comporterà la revoca immediata dl beneficio, l’obbligo di restituire quanto ricevuto, oltre alla trasmissione della pratica agli organi giudiziari che verificheranno la presenza anche di comportamenti che integrino reati.

Ti svelo i modi in cui viene influenzato il cambio valuta

0

Benvenuto in questo nuovo articolo di Trend Online. Oggi tratterò un argomento che molto spesso nella vita quotidiana non ha una certa rilevanza, ma in alcune circostanze invece diventa molto importante. Sto parlando del cambio della valuta.

Se stai pianificando un viaggio all’estero in un Paese che non abbia l’euro come moneta di stato (anche se la situazione sanitaria in merito al Covid al momento non è un indicatore favorevole alla questione viaggi) o ti sta nascendo un particolare interesse verso il mercato finanziario Forex oppure la tua attività lavorativa prevede scambi commerciali con l’estero, quest’articolo fa proprio al caso tuo.

In questo testo ti spiegherò innanzitutto cos’è un cambio valuta e ti fornirò la descrizione delle sue principali caratteristiche e questo lo farò nel paragrafo che segue.

Nel secondo paragrafo dell’articolo ti parlerò dell’argomento principale del giorno, ossia i fattori che influenzano il tasso di cambio e nell’ultimo paragrafo ti farò un breve riassunto delle informazioni che tratterò nel dettaglio nel primo e secondo paragrafo.

Prima di procedere con l’articolo voglio segnalarti un interessante video YouTube del canale ActivTrades Italia, che si dedica principalmente all’argomento Forex e tratta appunto il tema del cambio valuta.

Cambio valuta: definizione e caratteristiche principali

Innanzitutto ti fornisco la definizione di valuta:

Si tratta del numero di unità di moneta estera che può essere acquistato con un certo numero di unità di moneta nazionale

In pratica la valuta è il rapporto che possono avere due monete differenti e non esiste moneta che abbia un valore congruente all’altro.

Questo significa che non esiste una moneta esattamente uguale all’Euro in termini di valore, è possibile solo che ci siano monete con un valore simile o quantomeno molto vicino, ma non può mai e poi mai essere uguale.

Esistono due metodi di comparazione:

  • Cambio certo per incerto
  • Cambio incerto per certo

Il cambio certo per incerto presuppone questo concetto: per ogni moneta di una certa valuta c’è un numero incognito che corrisponde all’ammontare della moneta equivalente.

In termini matematici l’equazione sarebbe 1=x (1 è il valore di una moneta conosciuta, mentre x è il valore della moneta messa a confronto che dev’essere scoperta).

Il cambio incerto per certo funziona al contrario, cioè si parte dal valore di un’unità di una moneta estera e bisogna calcolare il valore della moneta domestica (cioè la moneta del proprio Paese). L’equazione in questo caso sarà x=1.

Il concetto che devi avere in mente è che sulla parte sinistra viene sempre indicata la moneta domestica, mentre a destra viene messa la valuta estera.

Il metodo comparativo certo per incerto (cioè il primo) viene spesso applicato all’Euro, mentre per tutte le altre valute viene applicato il secondo metodo (la valuta che viene presa come riferimento è il Dollaro).

In questo discorso entrano in gioco anche i cosiddetti tassi di cambio, che vengono suddivisi in tre categorie:

  • Tasso nominale
  • Tasso reale
  • Cross rate

Il primo è molto semplice e non è altro che l’analisi effettiva del cambio valuta, seguendo i metodi certo per incerto e incerto per certo.

Il tasso reale invece è diverso, dato che il metro di paragone che viene utilizzato è il prezzo di un potenziale bene, il cui costo viene paragonato nelle due valute messe a confronto.

In sostanza possiamo prendere un esempio qualsiasi, come il costo di un chilo di pane, e si fa il confronto tra il prezzo in euro e in una qualsiasi altra valuta (come per esempio il dollaro, sterline ecc.).

Il cross rate invece è il tasso più complicato, perché si calcolano le differenze tra le due valute, ma attraverso una terza valuta che assume un valore neutro.

Per esempio, se devi capire la differenza di valore tra Euro e Sterlina potresti usare come terza valuta il Dollaro.

In pratica si calcola la differenza tra l’Euro e il Dollaro e in seguito la differenza tra Sterlina e Dollaro, per poi fare il confronto finale.

cambio valuta (1)

Cambio valuta: quali sono i fattori che influenzano l’oscillazione?

Ti ho parlato di cos’è una valuta e ti ho descritto i due metodi di comparazione principali e i tre tipi di tassi di cambio. Adesso ti fornirò una descrizione esaustiva su quelli che sono invece gli elementi che condizionano l’andamento di una certa valuta.

Il primo indicatore che ti nomino è il cosiddetto differenziale d’inflazione

L’inflazione è un fenomeno in economica che indica il progressivo aumento dei prezzi dei beni e la costante perdita di potere d’acquisto di una certa moneta.

Diciamo che il potere d’acquisto è la capacità che una moneta ha di poter acquistare un certo prodotto in un preciso momento. 

Supponiamo che con €10 tu possa comprare una pizza con €6, una bevanda con €2 e una scatola di patatine fritte con altri €2. 

Facciamo finta che il prezzo della bevanda possa aumentare e passare da €2 a €2,50, questo significa che i tuoi €10 hanno perso la loro capacità di poter acquisire quei tre beni, perché adesso avrai bisogno del supporto di 50 centesimi per poter completare la tua azione di compravendita.

Lo stesso e identico discorso vale per il cambio valuta. Ci sono nazioni che hanno un livello d’inflazione minore e generalmente questi stati hanno un sistema economico e politico abbastanza solido.

Questo significa che la loro moneta ottiene una sorta d’aumento di valore, che tecnicamente si chiama apprezzamento. Invece la diminuzione del suo valore si chiama deprezzamento.

Un altro fattore che condiziona il cambio valuta è il differenziale dei tassi d’interesse.

In questo discorso entra in gioco un organo istituzionale, che è la cosiddetta banca centrale. Nel caso dell’Europa abbiamo la Banca Centrale Europea, conosciuta anche come BCE.

Il discorso è che la banca centrale regola i tassi d’interesse dei cambi valuta per ragioni estremamente complicate e legate a tutt’un sistema burocratico molto variegato. 

In ogni caso la conseguenza dell’influenza di questi tassi ha delle ripercussioni sui valori delle varie valute e anche sul fenomeno stesso dell’inflazione. 

Quando si applica un tasso maggiore su una valuta, questo è generalmente un segnale positivo per un investitore, il quale aumenta le sue possibilità di profitto. Lo stesso discorso vale per il contrario, cioè se viene applicato un tasso più basso, il profitto o sarà minore oppure si può rischiare persino una perdita.

L’altro fattore che influenza il cambio valuta è il deficit delle partite correnti (oppure current-account). 

Le partite correnti sono l’insieme di tutte le transazioni di vendita e d’acquisto che un Paese effettua in un certo arco di tempo (generalmente si considera un anno).

Diciamo che il saldo della bilancia delle partite correnti ha come scopo principale il confronto con un altro stato e qualsiasi altro tipo di partner commerciale.

Da questo tipo di analisi e valutazioni si evincono dati fondamentali, come per esempio il resoconto delle spese effettuate in base alla sua capacità di guadagno.

Se le spese risultano maggiori rispetto all’entrate, questo crea un meccanismo pericoloso che innesca una serie di circuiti di debiti, che inevitabilmente rischiano di far abbassare il valore della valuta.

L’altro fattore importantissimo è appunto il debito pubblico. Questo termine tecnico viene spesso utilizzato quando si parla di spread o titoli di stato in generale e non è altro che il debito che uno stato ha nei confronti dei suoi investitori (che possono essere altre nazioni, privati, aziende o banche).

In questo discorso anche la stabilità politica gioca un ruolo fondamentale sull’andamento del valore di una valuta, proprio perché il sistema politico ha una forte influenza sull’andamento economico di un Paese.

Un altro fattore da considerare è il Terms of Trade. Si tratta del rapporto che confronta i prezzi d’importazione e d’esportazione dei beni di una certa nazione. 

Se il prezzo d’esportazione aumenta rispetto al prezzo d’importazione, in una prospettiva a medio e lungo termine i guadagni tendono a essere maggiori e questa condizione crea dei buoni presupposti per l’apprezzamento di una certa moneta.

Ti ricordo che apprezzamento di una moneta vuol dire aumento del suo valore.

L’ultimo fattore che ti presento è la produttività. Il discorso riguarda principalmente il settore secondario, cioè il settore delle industrie, ma anche le attività del settore terziario possono essere incluse.

Il punto è che quanto più un Paese riesce a essere produttivo, tanto più valore riesce a generare (quindi si presuppone anche le esportazioni, se parliamo della vendita di prodotti) e naturalmente tutto questo circolo virtuoso fa sì che anche la moneta possa avere un apprezzamento.

cambio valuta (2)

Cambio valuta: riepilogo generale

In questa sezione faccio un breve ripasso generale di tutti gli argomenti che ho trattato nel corso dell’articolo.

Nel primo paragrafo ti ho detto che:

  • La valuta non è altro che il numero di unità di moneta estera che può essere acquistato con un certo numero di unità di moneta nazionale. 
  • Nell’equazione che concerne il cambio valuta, il numero a sinistra corrisponde sempre alla valuta domestica
  • I due metodi di comparazione sono il certo per incerto, cioè 1=x e l’incerto per certo, con equazione x=1
  • I tre tassi di cambio sono quello nominale, basato sui valori effettivi delle valute, reale se prende come riferimento il prezzo di un bene e il cross rate, che prende come riferimento una terza valuta a cui si fa la differenza con le due coinvolte nel confronto

Nel secondo paragrafo ti ho parlato principalmente dei fattori che influenzano il cambio valuta e questi sono:

  • Differenziale d’inflazione (l’inflazione è l’aumento progressivo dei prezzi di un bene e col passare del tempo fa perdere potere d’acquisto alla moneta)
  • Differenziale del tasso d’interesse, applicato dalle banche centrali
  • Deficit delle partite correnti, cioè il confronto dei propri bilanci con altri Paesi e altri partner commerciali
  • Debito pubblico
  • Terms of Trade, ossia la differenza tra i prezzi d’importazione ed esportazione
  • Stabilità politica
  • Livello della produttività del Paese di riferimento

Bollo auto: ecco chi non deve pagarlo!

È inutile dire che vivere per gli italiani sia diventato sempre più caro.

Il rialzo generale dei prezzi provocato dal fenomeno inflattivo, di certo proprio bene al portafoglio delle famiglie italiane non ha fatto.

Partita da un rincaro dei prezzi dei prodotti energetici, in effetti questa spirale inflazionistica non ha tardato a trasferirsi su altri prodotti, anche di largo consumo, con effetti che sono diventati sempre più percepibili a tutti i livelli a fronte invece di salari che sono rimasti costanti.

Pertanto per gli italiani barcamenarsi tra spese per il cibo, per i figli, per le bollette, per la casa, è diventato sempre più complicato.

Se a questo aggiungiamo anche i soldi che ogni anno gli italiani devono destinare anche al pagamento di tasse ed imposte varie, ecco che far quadrare i conti diventa sempre più difficile in un contesto di crisi finanziaria ulteriormente esacerbata dalla situazione pandemica.

E tra le varie tasse che gli italiani si trovano a pagare c’è anche il bollo auto. Una tassa che gli automobilisti pagano annualmente ma che sicuramente rientra tra quelle più malvolentieri digerite, perché è una tassa che si paga indipendentemente dal fatto che si sia utilizzato o meno il mezzo di trasporto.

Tuttavia non tutti gli automobilisti sanno che ci sono delle particolari situazioni in cui gli stessi posso essere esonerati da pagamento di questa tanto odiata imposta, e nel corso di questo articolo indicheremo proprio tutte le fattispecie in cui tale esonero si verifica.

Prima però cerchiamo di capire meglio che cosa è il bollo auto, perché si paga, e chi deve pagarlo.

Bollo auto: che cosa è

Il bollo auto è una tassa che viene pagata con cadenza annuale, il cui pagamento è collegato esclusivamente al possesso dell’automobile che sia stata regolarmente iscritta al Pubblico Registro Automobilistico (PRA).

È una tassa quindi, il cui pagamento trova giustificazione esclusivamente nel possesso del mezzo, come tale deve essere pagata da ogni automobilista indipendentemente dal fatto che questo usi o meno la sua vettura o la lasci semplicemente ferma all’interno del suo garage anche per lunghissimi periodi di tempo.

Questa sua particolarità non la rende particolarmente digeribile agli occhi, ma soprattutto al portafoglio, degli italiani tanto che a lungo si è discusso della possibilità o meno di volerla togliere, un dibattito sicuramente molto acceso in virtù del fatto che questa tassa risulta anche essere decisamente più cara rispetto a quella che si paga negli altri paesi europei.

Per chiunque fosse interessato un video tratto dal canale We Drive – YouTube, offre spunti interessanti sul tema.

Bollo auto 2022: quando si paga

Dopo aver detto che è una tassa che trova la sua ragion d’essere esclusivamente nel possesso dell’autoveicolo, bisogna poi specificare che si tratta di una tassa la cui competenza è meramente regionale e non nazionale.

Il bollo si paga con cadenza annuale e normalmente sempre nei 30 giorni successivi alla precedente scadenza. Normalmente la scadenza del bollo coincide con il mese in cui l’auto è stata immatricolata.

Tuttavia questo non è sempre vero perché in alcune regioni, specie per le auto che hanno avuto più recente immatricolazione, la scadenza del bollo si ha nello stesso mese dell’immatricolazione, ed è quello che ad esempio accade in regioni quali Piemonte e Lombardia.

Tuttavia bisogna dire che non tutti coloro che possiedono un’automobile devono necessariamente corrispondere questa tassa, infatti ci sono delle specifiche esenzioni che andremo meglio a delineare nel proseguo dell’articolo.

Bollo 2022: come si paga

Diverse sono le modalità attraverso le quali si può pagare questa tassa automobilistica, ma fondamentalmente, resta il fatto che questa può essere pagata di persona, oppure ricorrendo direttamente a modalità di pagamento online.

Diversi sono i punti nei quali è possibile pagare personalmente il bollo, si pensi alle poste, alle tabaccherie, ai i punti di vendita Sisal e Lottomatica, agli sportelli ATM abilitati o alle delegazioni ACI.

Ma ultimamente con l’esplosione dei mezzi di pagamento digitali, anche per il bollo esistono differenti modalità per poter pagare questa tassa restando comodamente a casa.

In effetti si può far ricorso ai servizi di Home Banking del proprio istituto di credito, si può utilizzare il sito o l’app di poste italiane, il sito dell’Aci con il servizio pagoBollo (in tal caso si avrà bisogno per poter accedere dello SPID o della CIE), oppure utilizzando l’app messa a punto dalla pubblica amministrazione che si chiama Io.

Bollo auto 2022: come si calcola

Abbiamo visto che è una tassa che si paga con cadenza annuale e che essendo di competenza regionale, sono anche le stesse regioni che incassano tutti i proventi connessi alla riscossione di questa imposta, così come sono anche le stesse che stabiliscono i criteri in base ai quali calcolare l’importo della tassa stessa.

Normalmente il costo del bollo è legato a due parametri fondamentali, potenza del veicolo e classe di inquinamento.

Per effetto di questa combinazione si avrà che le auto più datate, che normalmente sono anche le più inquinanti, vengono a pagare un bollo più elevato ma analogamente, a parità di classe energetica, un’auto più potente corrisponderà un bollo più alto rispetto ad un’auto meno potente.

Bollo auto: cosa succede se non si paga

Il mancato pagamento del bollo può portare a conseguenze molto gravi che possono addirittura arrivare al fermo amministrativo del veicolo.

Questo fermo, oltre ovviamente al pagamento di sanzioni e di interessi di mora, comporta anche delle conseguenze pratiche perché esso ha come estrema conseguenza, la cancellazione dello stesso autoveicolo dal PRA.

Bollo auto: novità per il 2022

Nonostante questo fosse stato visto da più parti come l’anno della svolta, alla fine tale svolta non c’è stata, perché sebbene ci siano state tante discussioni in proposito il Governo non ha preso nessuna decisione riguardo l’abolizione di questa tassa, ragion per cui anche per il 2022 gli italiani si troveranno a corrispondere il bollo auto.

In aggiunta, non solo non c’è stata l’abolizione del bollo auto, ma è stato completamente respinto anche l’emendamento nel quale si chiedeva la cancellazione del superbollo per tutti gli autoveicoli con potenza superiore a 185 Kw.

L’unica novità in materia di bollo auto, è stato il completo stralcio di tutte le cartelle esattoriali di importo inferiore ai 5 mila euro per il bollo non pagato negli anni che vanno dal 2000 al 2010, con conseguente cancellazione di questi debiti già partire dallo scorso novembre.

Bollo e Covid: cosa è successo

Durante la fase emergenziale prodotta dal Covid, il governo è intervenuto con misure di sostegno anche in favore degli automobilisti. Tra questi proprio in relazione al bollo auto lo Stato, durante la fase più acuta della pandemia, aveva anche deciso di posticipare il pagamento del bollo.

Relativamente al bollo auto però, bisogna aggiungere che ci sono diversi automobilisti che ad oggi sono esonerati dal pagamento di questa tassa.

A breve daremo proprio una descrizione di tutte le categorie che sono esentate dal pagare il bollo sulle auto.

Bollo auto: possibili esoneri

In effetti sebbene si sia a lungo dibattuto circa la possibilità di abolizione di questa tassa ad oggi nessuna decisione concreta è stata presa in materia, pertanto tutti gli automobilisti si troveranno a pagare per l’anno in corso questa tassa così tanto discussa proprio perché come abbiamo detto è una tassa che prescinde completamente dall’utilizzo effettivo del veicolo.

Questo vuol dire che è legata al solo possesso dell’auto, che è il fondamento che fa scaturire l’obbligo al pagamento dell’imposta anche se di fatto l’auto non sia mai stata utilizzata o sia ferma da anni nel proprio garage.

È una tassa che grava e non poco sui bilanci familiari, tanto più in un periodo di crisi economica come questo, acuito dalla presenza della pandemia che ha esacerbato determinati aspetti.

Durante la fase più acuta della crisi pandemica in aiuto delle famiglie italiane il governo ha prorogato il pagamento del bollo, e anche dopo si sono cercate misure che in qualche maniera potessero essere di sollievo alle famiglie italiane per affrontare una situazione di difficoltà che il Covid davvero sembra intenzionato a non far finire mai.

Ecco perché fallendo il tentativo principale di eliminazione complessiva della tassa, in questi ultimi mesi comunque si è cercato di mettere a punto soluzioni che venissero in qualche modo in soccorso degli italiani, come riduzioni o esenzioni.

Tra queste misure, l’abbiamo menzionata anche prima, c’è stato lo stralcio di tutte le cartelle esattoriali di importo inferiore ai 5 mila euro per i bolli non pagati nel decennio 2000-2010, ma anche quando parliamo di esenzioni, non tutti sanno che ci sono talune categorie che sono esentate dal pagamento di questa tassa.

Bollo auto, attenzione: diritto all’esonero auto elettriche

Per quanto riguarda il bollo ricordiamo che è una tassa di competenza regionale e non statale, questo in forza di una sentenza della Corte Costituzionale del 2019 che stabilì massima discrezionalità relativamente a questa tassa alle regioni, purché tale discrezionalità rimanga sempre nei di quanto sancito dalle norme dello stato.

Questa totale autonomia a livello locale, fa sì che le regioni abbiano piena facoltà di determinazione del bollo stesso.

Ecco perché può accadere che la disciplina in materia, le relative agevolazioni e/o esenzioni differiscano sostanzialmente da regione a regione.

Molte volte l’esonero dal pagamento di questa tassa dipende oltre che a livello territoriale, anche dal tipo di automobile posseduta.

È il caso ad esempio di tutta la campagna volta ad uno sviluppo economico sempre più ecocompatibile nell’ambito della quale si cerca di agevolare in qualche modo il rinnovo del parco auto nazionale, piuttosto vetusto e altamente inquinate con altri tipi di vetture che siano invece, più eco-friendly.

È il caso ad esempio del vantaggio che viene dato a chiunque acquisti un’auto elettrica di non dover pagare il bollo nei primi cinque dall’acquisto stesso.

Ma questa agevolazione è stata pensata non sono come un possibile sprone per invogliare esclusivamente all’acquisto, perché una volta che siano passati questi cinque anni, comunque le auto elettriche pagheranno una tassa automobilistica nettamente inferiore alle auto alimentate con carburanti tradizionali tipo diesel, benzina o gas.

Questo tipo agevolazione è prevista anche per le auto ibride anche se, il periodo di esenzione dal pagamento dopo aver effettuato l’acquisto, può oscillare in un periodo che va dai tre ai cinque anni a seconda proprio delle disposizioni delle singole regioni.

Bolo auto: il caso delle regioni Lombardia e Piemonte

In questo senso quanto disposto dalle regioni Lombardia e Piemonte è proprio un esempio dell’autonomia che hanno a livello territoriale le singole amministrazioni riguardo questa tassa.

Per esempio la Lombardia in merito alle auto elettriche ha scavalcato completamente qualunque limite temporale, stabilendo che si è esonerati per sempre dal pagamento del bollo auto se si acquista un’auto elettrica oppure un’auto ad idrogeno.

In aggiunta, sempre la stessa regione, ha fornito incentivi a chi contribuisce a svecchiare il parco auto, stabilendo il pagamento di un incentivo di 90 euro a chiunque demolisca vecchi veicoli inquinanti. Nella stessa direzione va l’esenzione data al pagamento del bollo per tre anni a chiunque cambi la propria auto, acquistando un’auto ibrida, oppure una vettura a benzina Euro 5 o Euro 6.

Analogo esempio arriva dal Piemonte che ha completamente tolto la tassa automobilistica per acquisti di vetture elettriche, a benzina ma di livello Euro 6 o superiore, a metano oppure a gas.

Bollo auto: esonero per le auto d’epoca

Oltre a quelli sopra menzionati, hanno diritto a non pagare il bollo dell’auto tutti coloro che possiedono un’auto d’epoca, ossia un’auto che abbia più di 30 anni. Per queste auto rimane in piedi solo la tassa di circolazione.

Discorso completamente analogo vale per chi possiede un ciclomotore anche se con alcune precisazioni. Per non pagare il bollo infatti, questo ciclomotore deve essere stato certificato come rilevante dal punto di visto storico e rientrare nel range dei 20-29 anni di anzianità.

Bollo auto: esonero per disabili

Infine, fondamentali in questo senso sono tutte le agevolazioni riconosciute ai disabili che abbiano avuto riconosciuta la Legge 104.

Ricorrendo tale evenienza lo Stato esonera completamente dal pagamento del bollo auto la vettura che è di proprietà del disabile o del familiare di cui il disabile è a carico e che viene utilizzata come mezzo esclusivo per il trasporto del disabile stesso.

Legge di Bilancio 2022: Quota 102, Ape Social, Opzione donna

La nuova Legge di Bilancio per il 2022, come era prevedibile dalla bozza della Manovra, contiene moltissime novità. Le misure introdotte in materia fiscale, del lavoro, degli ammortizzatori sociali, bonus e misure di sostegno al reddito, sono davvero tante. Si tratta di provvedimenti che, ovviamente, impattano – per così dire – sul lavoro, sulle famiglie e sulle imprese.

Infatti, si tratta di una Manovra molto consistente, da ben 36,5 miliardi di euro.

Ma un capitolo molto importante e anche molto discusso, riguarda il mondo delle pensioni. Sono stati prorogati, nel dubbio iniziale, i trattamenti pensionistici di uscita dal lavoro anticipato Opzione Donna e Ape Sociale. Oltre alla proroga, le due misure hanno subito qualche cambiamento.

Ma, soprattutto, come era auspicabile, è stata superata e non rifinanziata la tanto discussa Quota 100 e, al suo posto, è stata inserita Quota 102, ma durerà soltanto un anno.

Questo articolo ha l’obiettivo di analizzare tutte le novità sulle pensioni, come Opzione Donna e Ape Sociale e, naturalmente, Quota 102. Proprio su quest’ultima, l’Inps, nella giornata del 10 gennaio 2022, ha pubblicato le istruzioni per presentare la domanda, contenute nel messaggio numero 97.

Legge di Bilancio 2022 e pensioni: tutte le novità!

Tra le tante novità contenute nella nuova Legge di Bilancio del 2022, una parte importante e molto sostanziosa è occupata dall’argomento delle pensioni.

Innanzitutto bisogna dare il benvenuto alla nuovissima Quota 102, che prende il posto della tanto discussa Quota 100. Tuttavia, dobbiamo specificare sin da subito che Quota 102 resta in vigore soltanto per il 2022.

Sempre all’interno del capitolo delle pensioni, sono inserite anche due proroghe molto attese da tutti coloro che sperano di poter andare in pensione in anticipo: si tratta di Opzione donna e dell’Ape Sociale

Ci sono stati cambiamenti su Opzione donna e Ape Sociale? Non molti, in realtà, ma Ape Sociale è stata estesa a molti altri beneficiari – che vedremo, successivamente.

Ebbene, è arrivato il momento di passare all’analisi dei trattamenti pensionistici, partendo proprio dall’introduzione di Quota 102.

Legge di Bilancio 2022: introdotta Quota 102

Con l’addio a Quota 100, la nuova Legge di Bilancio del 2022 ha introdotto Quota 102, ma solo per il 2022. Si tratta, infatti, di una misura “ponte”, prima dell’istituzione di un nuovo sistema pensionistico.

Ma chi potrà accedere a Quota 102 per l’uscita anticipata dal lavoro? I lavoratori appartenenti al settore pubblico e privato, per poter richiedere il trattamento pensionistico di Quota 102, durante il 2022 devono avere un’età di sessantaquattro anni e devono maturare trentotto anni di contributi

Come si legge sul sito pensionioggi.it:

“A condizione che la maturazione dei requisiti avvenga nel corso dell’anno, l’accesso alla pensione è consentito anche successivamente al 31 dicembre 2022”.

Sostanzialmente, i requisiti richiesti sono questi appena elencati. Pertanto, possiamo sintetizzare dicendo che Quota 102 si riferisce ai lavoratori nati entro il 1958 e che, come abbiamo detto poc’anzi, tra il 1° gennaio del 2022 e il 31 dicembre del 2022, raggiungano i trentotto anni di contribuzione.

Quota 102: come fare domanda? Ecco le istruzioni dall’Inps!

L’Inps ha pubblicato le istruzioni per la presentazione delle domande di accesso al trattamento pensionistico di Quota 102.

Le istruzioni sono inserite nel messaggio n. 97, pubblicato il 10 gennaio del 2022. Ma quali sono le modalità di presentazione delle domande?

Innanzitutto, per tutti coloro che sono in possesso di una identità digitale tra Spid, Cie o Cns, è possibile compilare e inoltrare la domanda, direttamente sul sito dell’Inps. Dopo essersi autenticati, bisogna accedere alla sezione “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, ECOCERT, APE Sociale e Beneficio precoci”.

Una volta entrato nella sezione indicata, il cittadino non deve far altro che scegliere e cliccare sulla voce “Nuova prestazione pensionistica”; successivamente, su “Anzianità/Anticipata/Vecchiaia”, “Pensione di anzianità/anticipata” e, infine, su “Requisito quota 102”.

Completati i passaggi sopra elencati, è necessario indicare il Fondo di appartenenza e la Gestione di liquidazione

Dobbiamo fare, infine, un’ultima precisazione. Possono avvalersi della modalità sopra indicata i seguenti lavoratori:

  • Iscritti alle Gestioni Private;
  • Iscritti alla Gestione Pubblica;
  • Iscritti alla Gestione spettacolo e sport.

Come si legge nel messaggio dell’Inps, si può utilizzare questa modalità anche:

“[…] al fine di chiedere il cumulo dei periodi assicurativi per il conseguimento del diritto alla pensione “quota 102””.

Infatti, per poter arrivare ai trentotto anni di contributi previsti per accedere a Quota 102, è possibile anche cumulare i contributi versati a casse previdenziali diverse con una sola esclusione: quella presso le gestioni dei liberi professionisti.

In alternativa, alla trasmissione telematica diretta, è possibile presentare domanda anche recandosi presso Patronati o altri professionisti abilitati. Infine, è possibile anche utilizzare il servizio di Contact Center.

Legge di Bilancio 2022: come cambia l’Ape Sociale?

Passiamo adesso ad analizzare un altro trattamento pensionistico prorogato al 2022: Ape Sociale. Quella dell’Ape Sociale si tratta di una proroga molto importante e molto interessante, in quanto la platea dei beneficiari, cioè dei lavoratori gravosi, a cui si riferisce si è notevolmente ampliata.

L’Ape Sociale non è altro che un anticipo pensionistico, riservato, come ben si può comprendere da quanto appena detto, soltanto ad una categoria di lavoratori. Si tratta di lavoratori gravosi o usuranti.

Pertanto, per tutti coloro che fanno parte di questa categoria che, con la nuova Legge di Bilancio è stata ampliata, e che rispettano alcune condizioni, è possibile andare in pensione in anticipo.

Facendo qualche cenno storico, si ricorda che l’Ape Sociale è stata introdotta dalla Legge di Stabilità del 2017 (Legge n. 232 del 2016). Si tratta di un trattamento pensionistico che consente una uscita più flessibile dal lavoro. È una pensione garantita dallo Stato ed è erogata dall’Inps.

Inizialmente, l’Ape Sociale è stata istituita come forma sperimentale, ma, come abbiamo visto, è stata prorogata anche a quest’anno.

Si ricorda che l’Ape Sociale è un trattamento pensionistico che è possibile ricevere in attesa del raggiungimento dell’età per beneficiare della pensione di anzianità.

A chi si rivolge, quindi, l’Ape Sociale? Come già detto, l’elenco delle categorie di lavoratori usuranti si è ampliato. Sul sito pmi.it, si legge che:

“La categoria degli addetti ai lavori gravosi annette coloro che hanno svolto (per almeno 6 anni negli ultimi 7 oppure 7 anni negli ultimi 10) un’attività particolarmente pesante […]”.

Ma quali sono i lavori gravosi aggiunti? L’ampliamento comprende gli insegnati delle scuole elementari, i ceramisti, i magazzinieri, i portantini, gli autisti di mezzi pesanti e così via. Per leggere l’elenco completo si consiglia si visualizzare il seguente link.

Inoltre, per potervi accedere bisogna aver compiuto sessantatré anni di età e bisogna aver versato contributi per trentasei anni. Ovviamente, bisogna aver cessato l’attività lavorativa. 

In riferimento ai contributi, dobbiamo menzionare alcune eccezioni. Per esempio, per gli operai edili, i ceramisti e i lavoratori che si occupano della conduttura di impianti per formare articoli in ceramica e in terracotta, è sufficiente aver maturato trentadue anni di contributi.

Come si legge sul sito ipsoa.it:

“[…] per coloro che si trovino in stato di disoccupazione l’eliminazione, ai fini dell’accesso alla misura, della condizione che siano passati 3 mesi dalla fine del godimento dell’intera prestazione previdenziale di disoccupazione”.

Legge di Bilancio 2022: proroga Opzione Donna. Cosa cambia?

Infine, dobbiamo occuparci anche di un altro trattamento pensionistico, che consente l’uscita flessibile e anticipata dal lavoro. Si tratta di Opzione Donna, della cui proroga si era temuto fino alla fine.

Ci sono stati cambiamenti? No, e non è stata neppure innalzata l’età per accedere alla misura come, invece, era stato inizialmente previsto. 

Per poter accedere a Opzione Donna, sostanzialmente, è necessario aver maturato l’anno scorso trentacinque anni contributivi, sia per le lavoratrici autonome che per le lavoratrici dipendenti.

Tuttavia, tra le due categorie di lavoratrici vi è una differenza. Per l’uscita anticipata con Opzione Donna, le lavoratrici dipendenti devono aver un’età anagrafica di almeno cinquantotto anni; mentre, le lavoratrici autonome devono aver compiuto cinquantanove anni.

Entrambi i requisiti, contributivo e anagrafico, si devono possedere al 31 dicembre del 2021.

Naturalmente, si tratta di un’uscita flessibile dal lavoro e, quindi, presenta qualche limite che potrebbe disincentivare alcune donne lavoratrici ad accedervi. 

In primo luogo, dobbiamo menzionare il meccanismo di calcolo: viene utilizzato il calcolo contributivo e non retributivo. Il calcolo contributivo è più svantaggioso perché viene effettuato soltando sui contributi versati; in questa maniera, si va a percepire un assegno pensionistico minore.

In secondo luogo, bisogna tenere presente la decorrenza dell’assegno. Per le lavoratrici dipendenti, l’erogazione dell’assegno pensionistico avviene dopo un anno; mentre, le lavoratrici autonome dovranno attendere diciotto mesi.

Come si presenta la domanda per accedere ad Opzione Donna? La domanda, aggiornata, deve essere presentata all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, tramite i servizi telematici. In alternativa, è possibile recarsi presso Patronati o utilizzare il servizio di Contact Center.

Per quanto riguarda il personale scolastico in possesso dei requisiti, è possibile accedere a Opzione Donna dal 1° settembre 2022; mentre, per le lavoratrici degli Istituti AFAM, è possibile accedervi a partire dal 1° novembre del 2022.

L’Inps ha pubblicato, sul proprio portale, il messaggio n. 169, il 13 gennaio 2022, nel quale fornisce tutte le istruzioni sulla proroga.

Sondaggi Politici: il PD in testa sul centrodestra!

Siamo ormai due settimane all’interno del 2022, e la situazione rispetto al 2021 sembra essere cambiata davvero di poco. Se, infatti, un anno fa guardavamo al 2021 con speranza, ormai sembra che ci siamo tutti rassegnati ad un altro anno di pandemia, vaccini e crisi

La tremenda pandemia di Covid-19, che ormai fa parte delle vite di tutto il mondo da due anni, non sembra intenzionata a recedere. Anzi, nonostante i vaccini ed i paesi civilizzati arrivati ormai alla terza dosei numeri di contagi continua a rompere ogni record, ed il numero di morti, per quanto inferiore all’anno scorso, non è certo rassicurante. 

L’immunità vaccinale, comunque, sembra funzionare. Sebbene sia minata dalla nuova variante, Omicroni nuovi casi non sembrano subire la malattia in modo grave quanto i non vaccinati, i quali invece hanno ancora bisogno di serie cure sanitarie e continuano ad occupare tristemente le terapie di tutto il paese (e del mondo). 

Altro motivo per cui questo 2022 sembra terribilmente simile al 2021 è il cambiamento di colore delle regioni. Se fino a qualche mese fa ci aspettavamo che il lockdown fosse appena un vago ricordo, oggi il rischio di alcune regione di entrare in zona rossa è seriamente concreto

In zona rossa si entra sostanzialmente in un regime di lockdown completo, in cui è possibile uscire solamente per strette necessità e non si può neanche uscire dal proprio comune di residenza. 

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, ha detto questo riguardo il rischio di entrare in zona rossa:

A meno di ‘iniezioni’ di posti letto dell’ultima ora o di modifica dei criteri per classificare i pazienti Covid ospedalizzati, entro fine mese numerose regioni andranno in zona arancione e qualcuna rischia la zona rossa. Un colore che certificherebbe il fallimento nella gestione della quarta ondata, nonostante la disponibilità di vaccini molto efficaci nel prevenire la malattia grave.

Ma infine, per noi italiani in particolare, c’è una ragione precisa per cui il 2022 sembra così simile al 2021. La nostra politica, che di certo è tutto tranne che stabile è di nuovo in subbuglio

Sicuramente ne avrete sentito parlare, ma esattamente cosa sta succedendo? E perché? Vediamolo insieme.

Sondaggi politici: un nuovo Primo Ministro?

Teoricamente, la legislatura attuale finirà nel 2023, ovvero a più di un anno da qui, ma sappiamo bene che la politica italiana gioca scherzi molto divertenti, soprattutto quando il premier in carica potrebbe doversi… assentare.

Mario Draghi, attuale Primo Ministro, è infatti in lizza per diventare il nuovo Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, colui che ricopre la carica al momento, sgombrerà il Quirinale molto presto e a fine mese ci saranno le nuove elezioni. 

Fra i tanti candidati papabili, Mario Draghi è uno di quelli. Ciò significa che bisognerebbe trovare un nuovo Primo Ministro, impresa alquanto ardua con una maggioranza così frammentata. Lo stesso Draghi, d’altronde, era stato selezionato in quanto tecnico, non affiliato a nessun partito ed in grado di mettere d’accordo tutti.

L’opzione elezioni anticipate, per quanto improbabile, non è quindi da escludere completamente. Se non si trovasse un sostituto di Draghi gli italiani saranno chiamati a votare, e poi chissà cosa succederà. 

Per questo motivo, nelle ultime settimane si sono svolti moltissimi sondaggi politici per capire cosa potrebbe scegliere l’elettorato italiano in caso di chiamata alle urne. 

Vediamo insieme, dunque, alcuni di questi sondaggi e quali sono stati i loro risultati. 

Se, prima, siete curiosi di sapere come si elegge un Presidente della Repubblica, vi linkiamo un video informativo a riguardo di Why Why.

Sondaggi politici: PD sopra la Lega

Vi ricordate quando la Lega era data come primo partito d’Italia appena un anno fa? Esattamente il 13 gennaio 2020, infatti, veniva diffuso un sondaggio che percepiva il 32.4% di consensi per la Lega di Matteo Salvini

Secondo quei sondaggi politici, PD e Fratelli d’Italia (guidato da Giorgia Meloni) erano sostanzialmente partiti di secondo piano, con rispettivamente il 18.4% ed il 10.4%. 

Se Matteo Salvini avesse giocato bene le sue carte, sarebbe potuto persino diventare Primo Ministro. La crisi del governo Conte 2, infatti, aveva visto perdenti M5S e PD nei giochi di potere parlamentari. Matteo Renzi aveva infatti tolto importanti voti per supportare la maggioranza, che quindi era crollata.

La Lega svettava come primo partito, ma Salvini non colse l’occasione dando il suo supporto, così come il resto del suo partito, a Mario Draghi.

Oggi, questo scenario è solamente un pallido ricordo. Fra alleanze rischiose e scivoloni mediatici, l’immagine di Matteo Salvini non si è più ripresa ed anzi è in costante calo

Oggi, secondo i nuovi sondaggi politici, la Lega sarebbe al 19%, un calo del 13% di consensi in un anno, pari ad oltre 4.5 milioni di elettori

Lo scandalo che ha forse condannato la Lega è stato quello legato a Luca Morisi. Il membro più vicino a Matteo Salvini, nonché ideatore di buona parte della sua campagna social, era stato scoperto al centro di un giro di festini, droghe ed escort, che aveva poi portato al suo arresto. 

Matteo Salvini, colto in fallo, aveva rivelato quanto Morisi fosse importante per lui, dichiarando spesso che l’avrebbe persino riportato nelle fila del partito se fosse stato possibile. In un’intervista a La7, ad esempio, il Capitano aveva dichiarato:

Se vuole può tornare a lavorare con me anche subito. Io non amo quelli che abbandonano gli amici o i colleghi nel momento della difficoltà. Anzi è nella difficoltà che emergono non i politici, ma le persone. Morisi è una bravissima persona massacrata per un mese sul nulla per attaccare me.

Riprendersi da una mazzata mediatica simile, specialmente per un partito conservatore come la Lega, non è di certo facile ed è probabilmente parte dei motivi per cui la Lega sta costantemente perdendo consensi

Persino Giorgia Meloni, il cui partito aveva ben venti punti percentuale in meno della Lega, ha adesso sorpassato Salvini, conseguendo un incredibile 19.9% nei sondaggi politici. 

Insomma, se si dovesse andare a elezioni anticipate (ma anche in vista delle generali l’anno prossimo) difficilmente vedremo Matteo Salvini premier in quanto non sarà probabilmente più leader di maggioranza

A quale partito spetterà questo ruolo, tuttavia, è ancora un’incognita. I sondaggi politici, tuttavia, ci danno una mano ad intuirlo. 

Sondaggi politici: PD primo partito

Secondo i sondaggi di SGW per La7il primo partito in Italia al momento sarebbe il PD, che, se si dovesse votare domani, prenderebbe circa il 22.2% dei voti

Certo, non è una maggioranza tale da poter stare sicuri per le prossime elezioni. D’altronde, se la Lega è scesa di 13 punti in un anno, lo stesso potrebbe accadere anche al PD

L’ex compagno di merende del PD, il Movimento 5 Stelle, è anch’esso colato a picco nei sondaggi. Secondo Euromediail partito di Beppe Grillo avrebbe oggi il 14.8% dei consensi, neanche sufficiente per un’eventuale coalizione con il PD.

Oggettivamente, però, nessun partito sembra avere una presa sul paese tale da poter consentire una coalizione sicura. La scelta di un eventuale premier, quindi, sarebbe estremamente combattuta.

Si potrebbe nuovamente scegliere l’opzione governo tecnico, vista anche la grande popolarità di Mario Draghi. Secondo i sondaggi, l’attuale premier sarebbe popolare fra il 70% degli italiani, un numero incredibile soprattutto vista l’instabilità tipica italiana della posizione di Primo Ministro. 

A seguirlo nei sondaggi, inoltre, una grande sorpresa: Giuseppe Conte sarebbe il secondo favorito con una popolarità del 50%. Sebbene, dunque, il suo partito sia così in basso nei sondaggi, Conte non sembra aver perso un briciolo del suo appeal. 

Giorgia Meloni ed Enrico Letta vengono dopo, entrambi con circa il 40% dei consensi e, infine, all’ultimo posto siede Matteo Salvini, con una popolarità del 36%

I partiti di centro-sinistra, dunque, riconfermano la loro strategia di puntare meno sul “leader” e più sul simbolo del partito stesso, e viceversa i partiti di centro-destra.

Infine, per quanto riguarda i partiti minori, Azione di Calenda è al momento quello più apprezzato degli italiani, con una percentuale nei sondaggi politici del 4.1%.

ballot 4751566 1280

Sondaggi politici: le priorità per gli italiani

Ma ovviamente la politica non è (o non dovrebbe essere) tutta fatta di partiti e leader. Servono anche i fatti per governare il paese.

Ed è questo un altro elemento che i sondaggi politici in questione hanno cercato di capire: quali sono le priorità per gli italiani?

Secondo un articolo di TPI.it, che riporta proprio i risultati di questi sondaggi, le priorità si elencano in questo modo:

Per il 31,6%, in questo momento l’esecutivo dovrebbe concentrarsi sull’emergenza sanitaria e il contrasto all’infezione. Per il 19,3%, invece, è più importante il tema del lavoro e della disoccupazione, per il 16,9% del campione il governo dovrebbe concentrare i suoi sforzi sulla ripresa economica. Per l’11% la preoccupazione principale del Paese in questo momento dovrebbe essere la riduzione delle tasse, e solo per il 2,4% dovrebbe riguardare invece la scuola.

Svetta dunque, nuovamente, la pandemia di Coronavirus che, come accennavamo all’inizio non smette di soffocare l’economia e la vita del paese. Buona parte degli italiani, però, è evidentemente stufa della situazione e ciò è particolarmente evidente dal sondaggio

Se quasi il 20% dei partecipanti reputa più importante il lavoro e la disoccupazione, ed un ulteriore 16% preferirebbe concentrarsi sulla ripresa, è evidente che nella mente di molti la pandemia sia ormai diventata parte della vita quotidiana: l’ennesimo evento negativo con cui bisogna convivere. 

Ovviamente, se la pandemia sia effettivamente divenuta “endemica”, ovvero stagionale come altre comuni malattie, spetta agli scienziati deciderlo. Per il momento, sarebbe sempre bene seguire le norme igienico-sanitarie pur con un occhio al futuro per riprendere a vivere in modo più o meno normale presto. 

Forse per questo motivo il 69.9% dei partecipanti è a favore dell’obbligo vaccinale per gli over 50. La vaccinazione, d’altronde, è il modo più veloce che conosciamo per arrestare la diffusione mortale del virus.