Diritto di tribuna: cos’è e come funziona la proposta “salvagente”

Grazie al cosiddetto "diritto di tribuna" anche i politici che ottengono pochi voti alle elezioni potrebbero guadagnarsi un posto. Cos'è e come funziona.

Il segretario del PD Enrico Letta e il fondatore di Azione Carlo Calenda hanno siglato un accordo per presentarsi insieme alle prossime elezioni del 25 settembre. La famiglia del centrosinistra aggiunge un posto a una tavola composta da sigle tra loro molto distanti. Dall’angolo più estremo, dove siedono Verdi e Sinistra Italiana, arriva il timore che l’asse politico della coalizione possa spostarsi verso un centro che non rispecchia l’elettorato a cui si dovrebbe guardare. Con una nota diffusa il Partito Democratico ha assicurato agli alleati che garantirà loro un “diritto di tribuna”. Cosa significa questo termine e cosa può comportare per la rappresentanza in Parlamento?

Cos’è il diritto di tribuna

Quando si parla di “diritto di tribuna” si fa riferimento alla possibilità di inserire alcuni candidati di piccoli partiti in una lista maggiore, presentati come indipendenti. In questo modo avranno maggiori chances di essere eletti in Parlamento. Questa strategia risulterebbe inutile se ci fosse una legge elettorale dal sistema proporzionale senza soglie di sbarramento, che consiste nel distribuire i seggi parlamentari in proporzione al numero di voti che ciascun partito ha ottenuto. L’attuale legge in vigore, invece, il Rosatellum, è un misto di proporzionale e maggioritario (sistema che prevede la regola “the winner takes all”, cioè il candidato o il partito vincente ottiene la maggioranza dei seggi), e anche la ripartizione dei collegi è divisa tra uninominali (dove viene eletto solo il candidato che arriva primo) e plurinominali.

Ora, PD e Azione sono d’accordo sul non presentare nei collegi uninominali esponenti politici considerati divisivi, come potrebbero esserlo quelli dei Verdi o di Sinistra Italiana. I loro candidati, dunque, verrebbero inseriti nelle liste del Partito Democratico. Infatti la legge elettorale Rosatellum prevede, tra le altre cose, una soglia di sbarramento del 3% per poter sedere in Parlamento. Una quota piccola ma fatale per tutti quei micro-partiti, molti dei quali appartenenti alla galassia di sinistra, che rischiano di non superare la barriera. Il diritto di tribuna, quindi, potrebbe essere un salvagente per molte personalità che godono di buona considerazione, ma che non hanno la forza dei numeri.

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Le reazioni

Verdi e Sinistra Italiani hanno risposto all’unisono che non sono interessati all’offerta del PD. Preferiscono invece condurre una campagna elettorale sul territorio e conquistarsi da sé il diritto a ritagliarsi un posto tra i banchi del governo o dell’opposizione. Reazione identica di Matteo Renzi, che con la sua Italia Viva ha deciso di correre da solo, mentre l’insolita coppa Di Maio-Tabacci non ha ancora fatto sapere se il loro neonato partito Impegno Civico si unirà alla coalizione guidata dal Partito Democratico.

C’è da aspettarsi che in base all’andamento dei sondaggi le due forze di sinistra possano rivedere le proprie posizioni intransigenti. Siamo a poco più di una settimana dall’obbligo di consegnare presso il Ministero degli Interni i contrassegni dei partiti o dei movimenti, mentre tra il 21 e il 22 agosto dovranno essere presentate le liste con le candidature alle cancellerie delle corti di appello. Fino ad allora, tutto può succedere.

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