Flat tax e prepensionamento bocciati: ecco perché per Bonomi sono misure impossibili

Per il presidente di Confindustria Carlo Bonomi flat tax incrementale e prepensionamento con Quota 41 sono misure impossibili per lo Stato. Ecco perché

Durante la campagna elettorale la coalizione di centrodestra ha puntato molto su due particolari proposte: l’introduzione di una flat tax incrementale, e l’attuazione di una nuova Quota per il prepensionamento.

Due proposte che hanno avuto un buon riscontro a livello elettorale, ma meno da parte di Confindustria. Di recente, il presidente Carlo Bonomi ha ribadito l’impossibilità di queste misure con l’attuale situazione economica e debitizia dell’Italia, ulteriormente aggravata a causa della pandemia da Covid e della crisi energetica.

In effetti, i costi di queste due proposte elettorali sono notevoli, specie per un paese tra i primi in Europa per debito pubblico e rapporto Debito/Pil.

Flat tax e prepensionamento, i due cavalli di battaglia del Centrodestra

Da anni il centrodestra punta a ridurre il cuneo fiscale, e a garantire uno scivolo per tutti i lavoratori che hanno ormai superato i sessant’anni d’età.

E proprio per la campagna elettorale due sono stati i cavalli di battaglia del Centrodestra:

  • la creazione di una flat tax sul reddito incrementale;
  • l’introduzione di Quota 41.

Nel primo caso, la flat tax incrementale corrisponderebbe ad un’aliquota fissa del 15% su tutto il reddito che viene dichiarato in più rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge anche l’aumento del limite reddituale per le partite IVA forfettarie, che passerà da 65 a 100mila euro. 

Nel secondo caso, la quota 41 permetterebbe a tutti coloro che hanno versato 41 anni di contributi previdenziali di poter andare in pensione, indipendentemente dall’età, così da evitare il ritorno della Fornero, previsto dal 1 gennaio 2023.

Entrambe le proposte sono in realtà delle estensioni di alcune proposte che già durante il governo Conte erano state attuate, come l’estensione della flat tax per le partite IVA forfettarie (al 5% per i primi 5 anni di attività, e poi al 15%, sempre fino a 65 mila euro), e il prepensionamento tramite una “quota”, come Quota 100 e 102.

Tutte proposte che, sì, potrebbero agevolare la situazione economica e fiscale del paese, ma a caro prezzo.

Flat tax e prepensionamento bocciati: ecco perché per Bonomi sono misure impossibili

Quantificare queste proposte non è facile, ma già l’idea di introdurre flat tax e prepensionamenti significa dover provvedere a delle spese molto consistenti. E quindi a nuovi scostamenti di bilancio, e ad un ulteriore incremento del debito pubblico.

E per Carlo Bonomi tutto ciò non è possibile, perché ora più che mai

“non possiamo permetterci immaginifiche flat tax e prepensionamenti”.

Proprio perché queste due misure potrebbero essere molto pesanti per le casse dello Stato.

La stessa flat tax incrementale comporterebbe ad un’importante riduzione del gettito fiscale, e quindi alla necessità di provvedere immediatamente con uno scostamento di bilancio.

A titolo d’esempio, la proposta parallela di Forza Italia, una flat tax ‘secca’ dal 23% al 15%, costerebbe allo Stato circa 50 miliardi di euro

A questa si aggiunge anche la proposta della leader di FdI, Giorgia Meloni, di tagliare di 5 punti il cuneo fiscale per i redditi fino a 35 mila euro. 

Una proposta che costerebbe alle casse dello Stato ben 16 miliardi di euro.

Mentre l’introduzione di Quota 41 ci sono due stime completamente opposte. Come già segnalato nel 2021, per il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, si parlerebbe di un costo annuo di 6 miliardi, ovvero circa 18 miliardi di euro per tre anni.

Diversamente, per la CGIL si parlerebbe di un costo annuo di 1,242 miliardi di euro massimo.

Riassumendo, anche nel migliore dei casi, la spesa pubblica potrebbe aumentare in un anno di diverse decine di miliardi di euro.

Flat tax e prepensionamento, le soluzioni per finanziarle

Nonostante le critiche del presidente di Confindustria, il Centrodestra è sempre più orientato a trovare non delle alternative per fisco e pensioni, ma una soluzione per finanziare flat tax e prepensionamento.

Nel caso della flat tax, la perdita di 50 miliardi potrebbe venire compensata con l’emersione del nero. Ma stando alla Relazione Annuale sull’Evasione, anche se si riuscisse a recuperare tutti i 38 miliardi di euro prodotti dall’evasione annuale, rimarrebbero comunque 12 miliardi da finanziare.

In tal caso si potrebbe procedere all’abolizione del Reddito di cittadinanza, il provvidemnto bandiera del Movimento Cinque Stelle, dal momento che costa in media circa 8 miliardi di euro l’anno. Al posto dell’RDC, il nuovo Governo valuterà l’introduzione di nuovi “sostegni adeguati a chi non può lavorare”.

Per Carlo Bonomi invece di concentrarsi su flat tax e prepensionamento, bisognerebbe fare qualcosa sulla questione annosa del caro energia, garantendo maggiori supporti per fronteggiare le nuove bollette.

“Tutte le risorse disponibili, escluse quelle per i veri poveri, vanno concentrate lì, perché senza industria non c’è l’Italia. […] Migliaia di aziende sono a rischio, centinaia di migliaia di posti di lavoro e di reddito per le famiglie.”

Stando agli ultimi dati della Confartigianato Imprese, in assenza di misure contro il caro energia, la crisi potrebbe portare alla chiusura di quasi 881mila piccole e medie imprese, e al licenziamento di ben 3,5 milioni di addetti.

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