Perché gli italiani non fanno figli: l’assenza di lavoro è solo uno dei motivi. La verità

Una curva in salita, quella della denatalità, e si indaga per capire perché gli italiani non fanno più figli. Mancano i soldi ma ci sono altri motivi.

Una curva in picchiata, quella della denatalità e si indaga per capire perché gli italiani non fanno più figli.

Fino a settembre 2021, quindi nei primi nove mesi dell’anno, le nascite in meno rispetto all’anno precedente sono state 12.500. E a sua volta, il 2020 aveva registrato 15.000 nascite in meno rispetto al 2019.

Secondo le ultime proiezioni Istat, senza un intervento mirato, nel 2050 in Italia ci saranno 5 milioni di abitanti in meno.

Sempre meno giovani e sempre più vecchi. Che succede al Belpaese? Come mai, a parità di condizioni e contesto sociale ed economico, in Italia il tasso di denatalità è così elevato rispetto ad altri Paesi?

Perché in Italia si fanno pochi figli

Non si può attribuire il fatto che in Italia si fanno sempre meno figli a un solo motivo specifico. Più precisamente infatti, si tratta di una serie di concause legate comunque alla sfera economica ma non solo.

La mancanza di lavoro e l’instabilità dal punto di vista economico, fanno sì che i giovani italiani restino nelle case di origine fino a circa 30 anni, mentre nel resto d’Europa la media è di 26,4 anni.

Il 66% degli intervistati dei sondaggi Istat afferma di avere molta ansia e preoccupazione per il proprio futuro. I lavori che si trovano sono non solo precari e quindi privi di stabilità per il futuro ma anche mal retribuiti.

Tra i 18 e i 35 anni, l’unica prospettiva fattibile è di andare a vivere in affitto perché è inimmaginabile pensare di acquistare una casa solo con le proprie forze.

Spesso infatti, pur andando via dalla famiglia di origine, si resta economicamente dipendenti da quest’ultima, il che scoraggia molto l’allargamento del nucleo familiare.

Senza contare che, seppure si arriva a mettere al mondo un figlio, i costi per mantenerlo oggigiorno sono di gran lunga superiori che in passato.

La stima media in Italia, per provvedere alle necessità di base di un figlio, è di 640 euro al mese.

Spesa alimentare, bollette, istruzione, servizi scolastici ed extrascolastici, salute, sport, attività ludiche, tutto grava economicamente sulle spalle dei genitori, a meno di non avere redditi davvero molto bassi.

Basti pensare che, alla presenza di entrambi i genitori che lavorano, con un reddito annuo di 22 mila euro (che non è di certo altissimo), un figlio fino al compimento del 18° anno di età, spende oltre 118 mila euro.

Man mano che il reddito familiare aumenta, salgono anche le spese. Con 34 mila euro all’anno, il costo medio di un figlio arriva a circa 175 mila euro all’anno fino alla maggiore età, in pratica quasi 10 mila euro all’anno.

Cifre che certamente inducono a ben riflettere, prima di allargare la famiglia.

Come mai in Italia si fanno pochi figli

Se le preoccupazioni economiche sono in cima alla lista, non sono solo i soldi che scarseggiano a indurre gli italiani a fare pochi figli.

Coloro che infatti possono permettersi la spesa (o che comunque sono fiduciosi e hanno voglia di maternità) restano a pensarci su due volte, a causa della cultura italiana non proprio pro-genitorialità.

Nel nostro Paese purtroppo è ancora troppo radicata la mentalità secondo la quale tutto ruota intorno alla madre, nella crescita e accudimento dei figli.

Le stesse aziende non trattano madri e padri allo stesso modo. Una cosiddetta cultura della “paternità” è praticamente ancora sconosciuta nel nostro Paese, che risulta essere anni indietro rispetto agli altri europei.

Spesso i genitori sono costretti a cambiare città per trovare lavoro, ritrovandosi di fatto da soli nel crescere i figli, senza l’aiuto dei nonni o di una rete sociale di supporto e con i prezzi delle strutture private e delle baby sitter alle stelle, soprattutto nelle grandi città.

Non a caso ad esempio, nelle isole maggiori come Sardegna e Sicilia, abitate in prevalenza dai nativi del posto, il tasso di denatalità è nettamente inferiore rispetto alle zone del Nord Italia dove il flusso migratorio per lavoro è massiccio.

Questa assenza di politiche in sostegno della genitorialità (soprattutto nei confronti delle mamme), rendono la scelta di mettere al mondo un figlio piuttosto pesante da affrontare ma non solo.

Questo rapporto di accudimento del figlio, demandato in via quasi esclusiva alla madre, fin dalla nascita, va a creare un legame tanto stretto quanto poco sano e propenso all’autonomia. Notoriamente gli italiani sono “mammoni”, sicuramente molto di più rispetto ai giovani di altri Paesi come la Germania e la Francia.

Proprio i francesi hanno una media nazionale di natalità più elevata rispetto alla nostra, anche in virtù del fatto che le relazioni tra figli e genitori sono più allentate e volte all’indipendenza fin dalla maggiore età (a volte anche meno!), rendendo di fatto più naturale e spontanea la scelta di fare figli e non così razionalizzata e ponderata come in Italia.

Nessuno vuole fare figli: e lo Stato cosa fa?

L’entrata in vigore dell**’assegno unico e universale per i figli minori** rappresenta sicuramente un passo in avanti, nell’ambito di una politica sociale pro-famiglie e pro-genitorialità.

La strada da percorrere è ancora lunga, purtroppo bonus per l’asilo nido e piccoli aiuti alla maternità (come gli aiuti a livello comunale) non sono assolutamente sufficienti a invertire il trend.

Ciò che si auspica è che i tanti bonus transitori lascino il posto a riforme strutturali, soprattutto per quanto riguarda la ricerca di un lavoro stabile e ben retribuito, in grado di far guardare con più tranquillità e spensieratezza gli anni a venire.

Natalia Piemontese
Natalia Piemontese
Consulente lavoro online e professioni digitali, classe 1977. Sono Natalia, Piemontese di cognome, pugliese di nascita e calabrese d'adozione. Laureata in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Bari, ho conseguito un Master in Selezione e Gestione delle risorse umane. Mamma bis, scrivo sul web dal 2008. Sono specializzata in tematiche del lavoro, business nel digitale e finanza personale. Responsabile del blog #mammachebrand, ho scritto un e-book "Mamme Online, come gestire casa, lavoro e figli".
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