Il reddito di cittadinanza è stato un flop?

Molti si domandano all'indomani della sua sospensione è se alla fine il Reddito di Cittadinanza sia stato un flop. O se sia servito a qualcosa.

Quasi 170.000 persone dopo il 31 luglio hanno perso il Reddito di Cittadinanza, e altrettante lo perderanno da qui alla fine dell’anno. Le ultime disposizioni governative non lasciano scampo, e al 31 dicembre in molti dovranno dire addio alla misura chiave degli ultimi 4 anni.

Ora che siamo vicini alla fine, tanti si domandano se alla fine il Reddito di Cittadinanza sia stato un vero e proprio flop.

Una domanda difficile da rispondere, per quanto la maggioranza di Governo sia sempre rimasta dell’idea che l’RDC fosse sempre stata una grande perdita di denaro e di tempo.

Per capire se il Reddito sia da considerare un fallimento, bisogna andare a vedere intanto gli obiettivi a cui puntava, e in tal caso quali di questi siano stati centrati.

Il reddito di cittadinanza è stato un flop, ma non in tutto

Facciamo un riassunto degli obiettivi del Reddito di Cittadinanza. Dalla sua introduzione con la legge 4/2019, l’RDC aveva come principali obiettivi:

  • migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro,

  • aumentare l’occupazione,

  • contrastare la povertà e le disuguaglianze.

Questo è quanto espresso dallo stesso sito governativo. Per capire se alla fine sia stato un flop, bisogna vedere ognuno di questi punti, e valutare nel corso degli ultimi quattro anni i risultati oggettivi di questa misura.

Nel complessivo si può però già dire che solo in parte il Reddito di Cittadinanza è stato un flop, mentre in altri casi ha dato un contributo non indifferente.

Reddito di cittadinanza e mercato del lavoro: problemi tra navigator e formazione

Fondamentalmente, il Reddito di Cittadinanza funzionava come supporto economico temporaneo per tutti coloro che hanno perso il lavoro o devono ancora cercarlo. O che ce l’hanno, ma non è sufficiente per garantire una vita dignitosa.

Tralasciando la parte relativa all’incremento reddituale, il punto su cui vogliamo concentrarci è quello dell’obiettivo lavorativo e formativo.

Già all’inizio, il Reddito non ha avuto quegli sperati potenziamenti delle politiche attive del lavoro.

Nel corso degli anni il piano proposto per migliorare tali politiche fu fatto di fretta e in maniera raffazzonata, infatti la stessa Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) segnalò più volte una serie di difficoltà nel trovare il lavoro ai beneficiari dell’RDC.

Tra queste, come già nel 2021 venne segnalato, il fatto che i database tra Centri per l’Impiego, navigator e ANPAL non fossero sempre aggiornati e sincronizzati tra loro.

Altro problema occupazione riscontrato nel tempo era anche il basso grado di istruzione o formazione professionale dei beneficiari. Talvolta anche ai margini della società, erano soggetti molto difficili da collocare a livello lavorativo senza prima un serio lavoro di reinserimento sociale.

Reddito di cittadinanza e occupazione: pochi lavoratori, anche in nero

Nel corso degli ultimi anni, la reintroduzione al lavoro è stata garantita solo al 30-35% dei beneficiari dell’RDC, in pratica 3-4 persone ogni 10. Ricordiamo che per “occupati”, secondo le disposizioni ISTAT, si intendono coloro che lavorano almeno 1 ora alla settimana.

Un flop anche in questo obiettivo, in parte dovuto alla questione citata sopra dei navigator e della formazione. E in parte anche dal fatto che il Reddito di Cittadinanza poteva in alcuni casi disincentivare la ricerca del lavoro “legale”.

Se da una parte l’importo medio del sussidio era talmente basso (a giugno era pari a 565 euro), va detto però che, in caso di lavoro trovato, scatta il taglio dell’assegno mensile. A meno di non trovare un lavoro con un ottimo reddito, il sistema non è affatto conveniente. Almeno nel caso in cui si vada in cerca di un’occupazione legale.

Da qui la polemica sul fatto che l’RDC incentivasse al lavoro al nero. A parte il fatto che per i furbetti sono previste sanzioni salatissime, in realtà le stime sono abbastanza esigue: solo 29.000 sono stati denunciati per truffa, una cifra che corrisponde a circa l’1,6 e l’1,8% della platea dei beneficiari RDC.

Inoltre da quest’anno, con la fine del Reddito, la domanda per il beneficio ha cominciato a calare, con una riduzione della platea del 7% rispetto al 2021. Forse è dovuto al miglioramento del mercato del lavoro, dopo anni di pandemia e lockdown, in cui molta gente ha perso il lavoro. Ma che per fortuna non ha rischiato la povertà.

Reddito di cittadinanza e povertà, un’abolizione parziale

Tutti ricordiamo dello slogan “Abbiamo abolito la povertà“, in merito all’idea che il Reddito di Cittadinanza avrebbe impedito alle persone di finire di nuovo nella povertà assoluta.

In realtà, dati ISTAT alla mano, tra il 2018 in Italia vivevano in condizioni di povertà assoluta 1,8 milioni di famiglie, per un totale di 5 milioni di individui. L’anno dopo si era passati a quasi 1,7 milioni, per un totale di 4,6 milioni di persone.

Per poi risalire tra il 2020 e il 2021, anni chiave della Pandemia Covid: le famiglie in povertà assoluta arrivarono a 1,9 milioni, per un totale di circa 5,6 milioni di persone.

Un flop, allora? In realtà no, perché all’epoca il Governo Conte II introdusse anche il Reddito di Emergenza. Lo stesso ISTAT riportò all’epoca che questi due Redditi hanno evitato che circa un milione di persone arrivasse sotto la soglia della povertà assoluta.

Quindi non ruolo non trascurabile nel proteggere le famiglie dalla povertà.

Ciononostante, la misura era iniqua per le famiglie, visto che l’assegno era più generoso per i single e penalizzante per i nuclei con figli a carico (un single poteva prendere fino a 780 euro al mese, con affitto compreso; una famiglia di 4 persone poco più di 1.100 euro).

A sua volta, il Reddito era stato fissato con importi identici su tutto il territorio nazionale, pertanto risultata o troppo basso nelle regioni ad alto costo della vita, o troppo generoso in quelle periferiche, appunto a basso costo della vita.

A conti fatti, il vero problema del Reddito è sempre stato quello della sua efficacia nella reintroduzione al lavoro. Bisognerà vedere se i prossimi due supporti economici, Assegno per l’Inclusione Sociale e Supporto per la Formazione e il Lavoro, avranno successo a livello di occupazione.

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