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IMU 2022, news in vista con il decreto fiscale, ecco quali!

Hai già visto le novità sull’IMU? L’imposta è una di quelle che meno piacciono ai contribuenti, ma se si vuole godere dei diritti dello Stato Sociale, bisogna anche sapere fare i conti con i suoi doveri. Il Governo Draghi sta studiando dei provvedimenti adatti alla ripresa economica del nostro Paese. Crisi e pandemia sono le facce delle stessa medaglia che dal 2019 continua a roteare senza mai riprendere la stabilità tanto agognata. Chi la paga e chi no? Quali sono le novità in vista del 2022?

Scopri tutto quello che è necessario sapere, soprattutto per l’influenza del Decreto Fiscale, vedrai non te ne pentirai.

IMU cos’è?

Il 2022 è iniziato e la carne sul fuoco è tanta, per cui innanzitutto partiamo dall’argomento principale: analizziamo le caratteristiche e le funzioni dell’imposta. Con IMU, letteralmente l’acronimo indica Imposta Municipale Unica, si ha a che fare con una tassa patrimoniale a tutti gli effetti. Questa è contraddistinta dal fatto che la sua ragione d’esistere è data dalla proprietà di un bene.

Invece, la base legislativa risiede nel Decreto Legge n. 201 del 2011, istituito il 6 dicembre, poi nelle stesso mese convertito nella Legge n. 214. Il provvedimento però nel corso del tempo ha subito delle modifiche, anche perché deve rispondere alle esigenze dei contribuenti che ogni anno si trovano a dover rispettare i doveri di cittadini pagando le imposte richieste.

Così, è nel 2014 che la misura viene influenzata dalla Legge di stabilità del suddetto anno, come? Abolendo l’IMU sulla prima casa, tranne nei casi in cui nelle categorie catastali ci siano quelle corrispondenti a quelle denominate: A/1, A/8 e A/9.

Si tratta sostanzialmente di immobili e proprietari vincolati da un rapporto di proprietà che deve essere disciplinato nella maniera più opportuna. Con questa frase occorre tenere conto del fatto che non basta pagare un’imposta per essere in regola, perché con i tempi che corrono saldare le tasse sta diventando sempre più arduo. La pandemia ha dato la stoccata finale al sistema economico italiano già attraversato da molteplici problematiche sia sociali che quelle inerenti il lavoro.

Di conseguenza, il pagamento è sempre un dovere da rispettare, ma la situazione non è neanche così florida. Per cui è il Governo Draghi insieme alle altre forze politiche che deve trovare il modo di porre in essere un piano che contenga la strategia vincente per la ripresa economica. Per questo il Decreto Fiscale entra in gioco, per plasmare i provvedimenti in modo confacente alle condizioni sociali.

Quindi, considerando che la prima casa è quel luogo nel quale il possessore dell’immobile ci risiede e vive la sua esistenza, bisogna regolamentare al meglio la questione. Allora, sorge spontaneo chiedersi, ci sono soggetti obbligati ed altri esenti?

Per chi è obbligatoria l’imposta?

L’imposta ricade sostanzialmente su dei soggetti definiti attivi e passivi, i quali si indentificano nel rapporto che concerne il pagamento dell’imposta unito alla soddisfazione del dovere richiesto dallo Stato. Così, si parla di categorie attive riferendosi a quegli immobili definiti come “abitazioni primarie”, e le case accatastate con categoria A1, cioè quelle di tipo signorile, e anche le A8 come le ville, e infine le A9 appunto, castelli e palazzi di valore altamente storico.

Quindi, sono soggetti attivi anche fabbricati e aree fabbricabili, ed anche quelle agricole. E le categorie passive quali sono? Si tratta di:

Proprietari di immobili, ma anche chi gode del diritto reale di enfiteusi, superficie e usufrutto, ma non lo sono i proprietari o i locatori che usano le case secondo il leasing. Ma quando entrano in gioco situazioni famigliari particolari, quali un coniuge separato, come si disciplina la questione? Pure in questo caso si parla di soggetto passivo obbligato al pagamento, sia che si parli di separazione, scioglimento o annullamento legale.

Non si paga l’IMU se si tiene in considerazione la principale abitazione, ma anche i possessori di questa tipologia di casa, la quale è nel gruppo: A-2, A-3, A-4,A-5, A-6 e A-7. Il motivo? Perché non fanno parte delle cosiddette abitazioni di lusso come le A-1, A-8 e A-9.

E’ importante ribadire che la casa principale è l’immobile dove si risiede abitualmente e anagraficamente, quindi se viene meno uno dei due elementi, allora cambia immediatamente la categoria della casa in questione. Si rientra nel caso della seconda abitazione e l’IMU deve essere pagata, senza se e senza ma.

E infine, come funziona per le Forze dell’ordine? In questo specifico ambito si parla di esenti dal pagamento della tassa, proprio perché non subentra esclusivamente la condizione di abitazione abituale e residenza demografica. Infatti, l’area posseduta e non data in locazione, dal personale delle Forze armate, vigili del fuoco e carriera prefettizia, sono le categorie che hanno queste caratteristiche.

Quindi, definiti i dettagli dei soggetti obbligati e non, cosa c’è da sapere sul bonus IMU?

Arriva il bonus IMU!

Il 2022 è iniziato da poco, ma già sono tantissime le novità in atto. Innanzitutto, bisogna spiegare bene cosa si intende per il Bonus IMU introdotto per i due anni, il 2022 e il 2023. Ciò lo si può fare partendo dalla base della normativa e dal contesto storico che si sta vivendo. Il caos generato dalla pandemia di coronavirus ha portato ad una modifica radicale dello stile di vita umano. La normalità non ha più dei contorni ben delineati, anzi le future previsioni sembrano cadere esclusivamente nel vuoto più totale.

Allora, cosa si fa per contenere questa situazione di disagio? Si cerca di trovare un modo per incentivare positivamente le condizioni dei contribuenti, favorendo lo sviluppo di strumenti capaci di sostenere sforzi e finanze in vista delle imposte da pagare. La strada intrapresa è quella della sperimentazione, ma d’altronde non può essere altrimenti se si considerano i tempi di incertezza di cui finora si sta parlando.

Tutto parte dalla Manovra di Bilancio del 2022, approvata a fine dicembre del 2021 da Camera e Senato, e dalla normativa che precede quella che si concretizzerà nel corso del 2022. La Legge del 2019, la numero 160 disciplina che la prima abitazione con le caratteristiche sopra menzionate abbia in sé il nucleo famigliare.

Nonostante la precisazione, è naturale che subentra la domanda: cosa accade se questi membri hanno dichiarato residenza in due diverse case? Le agevolazioni e le pertinenze in questione vanno applicate solo alla casa che non rientra nel gruppo di “lusso”.

Ma ecco che l‘incertezza sociale e umanitaria del nostro periodo storico tanto tormentato entra in rotta di collisione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il MEF, e c’entra una circolare che risale al 2012. Si tratta della numero 3 del Dipartimento delle Finanze, la quale conferma che nell’esenzione dell’imposta vanno inclusi i due immobili sopra menzionati che anche se in comuni differenti, sono le cosiddette prime case!

Quindi, facendo un recap della materia, se le due case sono nello stesso Comune, l’esenzione è solo per un immobile, se sono collocate in aree diverse, su tutte e due. Invece, per quanto afferma la Cassazione, se dimora e residenza non combaciano, non entra in gioco nessuna esenzione. Se la stessa disciplina è confusa, come si fa a determinare un bonus e definire a chi spetta?

Allora, se c’è questa evidente disparità come si fa a delineare il bonus in arrivo e a definire a chi può essere garantito? Interviene a tal proposito il Decreto Legge n. 146 del 2021, che conclude la questione affermando che l’esenzione va in porto solo per una casa per nucleo famigliare, sia che si tratti della stessa area comunale che di differenti.

Da qui ne consegue che le famiglie che avevano stabilito il secondo immobile in un altro comune con due residenze diverse, non potranno più non pagare l’IMU, anzi dovranno dire addio all’agevolazione di cui avevano beneficiato fino ad allora.

E il catasto si inasprirà? Nonostante le voci di corridoio, sembrerebbe che il Governo Draghi non voglia aumentare i costi. Ma allora, nonostante le rassicurazioni, perché dovrebbe entrare in gioco un bonus per aiutare le tasche dei contribuenti? C’entra solo la pandemia o davvero le tasse aumenteranno?

Ancora è fondamentale ribadire che niente è confermato per quanto riguarda queste modifiche, quello che è certo è che il Bonus IMU sta diventando una realtà affermata. Entra in vigore da inizio anno e si pensa di prorogare il regime in questione fino al 2023, ma non vale per tutti, solo per alcune categorie.

La firma del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella è entrata in azione il 2 gennaio quando è stato pubblicato e ufficializzato nella Gazzetta Ufficiale il testo della manovra. Se vuoi approfondire la materia di Bilancio e il clima che si prospetta nel 2022, consulta il video dell’avvocato e influencer Carlo Alberto Micheli, vedrai che tutto sarà ancora più chiaro.

A chi spetta il nuovo bonus IMU?

Per capire a chi spetta, bisogna prima comprendere quale sia la finalità della misura. La parola d’ordine è : risollevare sistema economico! Allora da dove si parte? Proprio dalla crescita del turismo e dalla valorizzazione dei territori abbandonati.

Quindi, non è la mano salvifica che agevola chiunque, ma quei settori specifici che con la crisi e la pandemia sono sprofondati negativamente dal punto di vista economico. Proprio per questo ci sono dei requisiti che caratterizzano ciò, e quali sono?

Secondo parametri stabiliti dalla studio della misura, ciò spetta a chi vuole trasferirsi e trasferire l’attività che gestisce in uno dei Comuni del nostro Paese che vive il disagio dello spopolamento a causa di condizioni di malessere economico e sociale.

Si parla di numeri di persone che ci vivono, e sembrerebbe che l’area verrà identificata nel seguente modo solo se le persone che vi risiedono non superano circa i 500. In serbo ci sono inoltre delle risorse economiche assegnate alla materia in questione, e queste sono di 10 milioni di euro per anno.

A chi toccherà far chiarezza laddove ci sono così tante perplessità? Soprattutto, quali saranno i soggetti che delineeranno le modalità dell’utilizzo e dell’applicazione del bonus? Ovviamente, toccherà ai Ministeri che si occupano in primis della ricrescita in questione, appunto quello dell’Economia e delle Finanze e della Cultura.

E se ci spingessimo nello specifico ad analizzare i singoli attori socio-economici e politici, appunto Stato, Regioni, Provincie ed Enti locali, che ruolo hanno nel gestire la situazione? Dovranno dare manforte alla misura, perché potranno concedere per motivi istituzionali dei beni immobili non usati, con il contratto del comodato per un massimo di una decina d’anni. Chi ne beneficia si farà carico di tutto, a partire dalle responsabilità economiche fino a soddisfacimento di qualsiasi criterio da soddisfare.

IMU: cosa cambia dal 2022

Dire con certezza cosa accadrà nel corso del 2022, visto che al momento abbiamo solo pochi dati inerenti l’anno, è impossibile. Potremmo sulla base di quanto detto in questo articolo, delle prospettive esplicate e dei risultati analizzati dell’anno precedente, stabilire delle strade da perseguire per raggiungere strategicamente una ripresa diretta al benessere sociale.

Il problema è che data la situazione vigente, gli imprevisti sono all’ordine del giorno, quindi essere pronti non è mai abbastanza.

Certo è che si fa di tutto per evitare disagi economici e commerciali. Perché per combattere la guerra contro il coronavirus bisogna rinvigorire il sistema economico precario del nostro Paese, e se è possibile aiutare i contribuenti a rimettersi in gioco nel mercato del lavoro e delle imprese, perché non partire con una mossa del genere?

L’esca è stata gettata. Non resta che attendere se davvero nel corso del 2022 ci sarà la tanto attesa crescita con i suoi frutti pescati dal mare, oppure un irreversibile ritorno ad una crisi devastata dall’immobilità.

Per il 2022 e 2023 il cosiddetto Bonus IMU è delineato. In attesa di novità, restiamo aggiornati!

Busta paga 2022: 1200 euro in più all’anno! Ecco per chi

La busta paga dei lavoratori dipendenti diventa protagonista di una serie di novità, per questo nuovo anno 2022.

Innanzitutto, detrazioni fiscali per figli a carico e assegni per il nucleo familiare scompaiono. Chi lavora da dipendente, nel settore pubblico o privato, si ritroverà a marzo davanti a una busta paga decisamente più magra.

Effetto dell’arrivo dellassegno unico e universale che, a partire da quest’anno, arriverà anche sul conto corrente dei lavoratori dipendenti.

Nulla di cui preoccuparsi dunque, dal momento che l’importo dell’assegno unico dovrebbe comunque andare a compensare quanto tolto con l’eliminazione di detrazioni e ANF. Per quanto, in alcuni casi, potrebbero verificarsi degli scompensi al ribasso

uno scostamento e purtroppo non sempre sarà positivo e a vantaggio del contribuente.Perlomeno queste sono le proiezioni di Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, come riportato dalle sue affermazioni al riguardo.

L’altra consolazione è che alcune categorie di lavoratori dal reddito basso, potranno beneficiare di 1.200 euro in più all’anno, in busta paga!

Un bonus che per molte famiglie farà la differenza. Ecco di cosa si tratta.

Busta paga 2022, novità

Purtroppo per tante famiglie italiane, la più grossa delle novità riguardanti la busta paga è stata quella di vederla sparire del tutto. Ebbene sì, per effetto della pandemia da Covid-19 sono in tanti ad aver perso il loro posto di lavoro, in seguito a licenziamenti o fallimento delle piccole aziende o attività di famiglia.

Dal punto di vista del welfare familiare, ecco che abbiamo però assistito a un passo del governo compiuto nei confronti di tutti i nuclei familiari con figli a carico.

Infatti il 2021 ha visto entrare in vigore il cosiddetto assegno unico, nella fase iniziale (cioè da luglio 2021) rivolto a disoccupati e titolari di partita Iva. È questa senza dubbio una grande novità, dal momento che tali categorie di persone non avevano, fino a quel momento, accesso a questa forma di sostegno alla genitorialità.

Diversamente per quanto riguarda invece i lavoratori dipendenti, che percepiscono direttamente in busta paga, gli assegni per il nucleo familiare, i cosiddetti ANF.

A partire dal mese di marzo 2022 però, questi spariranno anche per loro, così come si assisterà all’eliminazione delle detrazioni fiscali per i figli fino a 21 anni di età.

Si tratta di forme di sostegno economico che però l’assegno unico compenserà, seppur non direttamente in busta paga ma con bonifico sul conto corrente, erogato dall’Inps.

Busta paga 2022, cosa cambia?

Senza dubbio, la prima voce che cambia in busta paga è quella relativa al netto fino a oggi percepito, perché sarà inferiore!

La busta paga diventa più leggera, dal momento che spariscono gli assegni per il nucleo familiare e le detrazioni fiscali per i figli a carico.Questa perdita si compensa grazie al bonifico previsto mensilmente per l’assegno unico, il cui importo è da calcolare in base a quanto riportato nell’attestazione Isee. 

Ciò sta a significare che, come già avveniva per quanto concerne le modalità di richiesta degli assegni familiari, anche per ottenere l’assegno unico è indispensabile procedere in autonomia.

Nulla avviene in automatico!

I lavoratori dipendenti dunque sono tenuti a presentare la propria domanda direttamente sul portale Inps, nella sezione dedicata, inserendo il proprio codice fiscale e l’Iban sul quale desiderano ricevere l’accredito. In alternativa è possibile rivolgersi a un consulente fiscale oppure a un commercialista.

Inoltre, per perfezionare la domanda e veder dunque accolta la pratica, è indispensabile allegare un’attestazione Isee in corso di validità e aggiornata al 2022. Le opzioni, a tal proposito, sono due. 

Si può richiedere l’Isee ordinario, riportando dunque quanto dichiarato lo scorso anno e quindi i redditi percepiti nel corso del 2020 (unitamente al valore del proprio patrimonio mobiliare o immobiliare). 

In alternativa invece, è possibile ricorrere al cosiddetto Isee corrente, che invece fotografa la situazione reddituale e patrimoniale del 2021. Tante famiglie sono rimaste senza lavoro lo scorso anno, motivo per cui sarebbe fuorviante presentare un Isee più elevato, perché riferito alla situazione in cui si viveva nel 2020.

Soprattutto perché, più è alto il valore dell’attestazione Isee e meno è sostanzioso l’assegno unico che si riceve.

Busta paga 2022 taglio Irpef

Cambiano gli scaglioni e le aliquote Irpef, quest’ultime passando da cinque a quattro. 

Ricordiamo che l’Irpef è

imposta sul reddito delle persone fisiche. … Tutti coloro che hanno un reddito, sia come lavoratore dipendente, sia come autonomo, nonché soci di impresa, sono tenuti a pagare questa imposta.

In sostanza, più si alza il reddito e più si pagano tasse, in relazione appunto alle aliquote legate a determinati livelli di reddito. 

Grazie alle detrazioni fiscali per figli a carico era possibile abbassare l’imponibile Irpef e, di conseguenza, le tasse da pagare risultavano minori (quindi il netto in busta paga più alto).

Ora invece scompaiono le detrazioni e l’importo aggiuntivo degli assegni, motivo per cui appunto si avrà tra le mani una busta paga più magra.

Purtroppo, lo svantaggio si noterà maggiormente per chi ha un reddito basso, mentre la riforma degli scaglioni e delle aliquote andrà ad essere meno incisiva per chi ha un reddito medio-alto (che sostanzialmente, non subisce grandi modifiche).

Le prime proiezioni mostrano per l’appunto una certa premialità nei confronti dei redditi medio-alti, in seguito a questa riforma Irpef. In particolar modo, i vantaggi più evidenti si manifestano per coloro che percepiscono un reddito annuo che si aggira intorno ai 40 mila euro. Non di certo la maggior parte della popolazione, ecco.

Se è pur vero che l’assegno unico andrà a compensare i vecchi ANF e le detrazioni fiscali, va tenuto in considerazione il fatto che il calcolo avviene in base all’Isee, motivo per cui gli importi fino a oggi percepiti potrebbero non essere più gli stessi, rispetto al passato.

L’assegno unico non è in busta paga!

Come abbiamo già avuto modo di accennare, l’importo dell’assegno unico dunque non comparirà in busta paga bensì sarà necessario monitorare il proprio conto corrente, postale o bancario, per trovare mensilmente l’accredito di quanto ci spetta, erogato direttamente dall’Inps.

L’importo dell’assegno unico comprende, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, sia il calcolo degli assegni familiari come percepiti in precedenza, sia la loro eventuale integrazione in base all’attestazione Isee presentata

L’assegno unico comprende anche le detrazioni fiscali che scompaiono dunque dalla busta paga ma soltanto per chi ha figli fino ai 21 anni di età.

Se dunque fino a questo momento, gli assegni familiari si taravano sul reddito percepito, oggi invece il calcolo si esegue in base al valore dell’Isee. A rigor di logica, due dipendenti che percepiscono lo stesso stipendio, riceveranno assegni unici di importo diverso, in quanto basati sull’attestazione Isee (che comprende i redditi di tutto il nucleo familiare e in aggiunta anche il valore della situazione patrimoniale).

L’assegno unico varia anche in base al numero di figli a proprio carico e tiene conto anche di altri fattori, come ad esempio il fatto che uno dei bambini sia disabile o che la mamma sia molto giovane (under 21).

I datori di lavoro possono dare comunicazioni in merito ai loro dipendenti. In particolare, si specifica che, per continuare a percepire l’assegno per il nucleo familiare anche nel mese di marzo 2022 (al di fuori della busta paga), è indispensabile che sia il lavoratore a inoltrare la richiesta entro e non oltre la fine di gennaio 2022.

Bonus 1200 euro in busta paga: per chi?

Dunque, come abbiamo avuto modo di sottolineare, il 2022 rappresenta un anno davvero “rivoluzionario”, per certi aspetti, in quanto spariscono le voci relative agli assegni familiari e alle detrazioni, ma non solo. È questo l’anno in cui tutte le famiglie italiane si vedono riconoscere il diritto all’assegno unico e universale, se hanno figli a carico, e questo per tutta la loro vita da minorenni ( e in alcuni casi specifici, anche fino all’età di 21 anni).

Ma c’è un’altra grossa novità che interessa tutti i lavoratori dipendenti, relativamente alla loro busta paga: il bonus Renzi cambia nel 2022!

Per la precisione, a oggi parliamo di “ex” bonus Renzi ma noto a tutti come bonus 100 euro in busta paga.

Ebbene, innanzitutto va specificato il fatto che sia stato prorogato per tutto l’anno 2022. Ma non per tutti coloro che nel 2021 ne hanno avuto diritto. Infatti, cambiando le aliquote Irpef, ci sono modifiche da apportare anche da questo punto di vista.

Dunque, se fino allo scorso anno, in qualità di lavoratore dipendente, tutti coloro che guadagnavano meno di 28 mila euro avevano diritto al bonus da 100 euro, oggi le cose cambiano.

La sforbiciata c’è e non è da poco. Infatti continuano a percepire l’ex bonus Renzi del valore di 100 euro (quindi 1.200 euro annuali) solo coloro che percepiscono uno stipendio inferiore a 15 mila euro all’anno.

A partire da questa soglia a salire, il bonus si calcola in proporzione, in base alle nuove aliquote Irpef previste nella fascia compresa tra 15 mila e 28 mila euro.

Continuano ad avere diritto a percepire il bonus Renzi da 100 euro anche i percettori della Naspi.

Nessun tipo di modifica invece per quanto concerne le modalità secondo le quali beneficiare del bonus da 100 euro in busta paga. Infatti, si tratta sempre di un credito d’imposta, che va ad abbattere l’importo delle tasse dovute e pertanto si concretizza in 100 euro reali in più, sul netto della busta paga.

Ciò che è importante sottolineare in conclusione sta nel fatto che il bonus da 100 euro si inserisce in automatico nella busta paga del lavoratore. Nulla vieta però di poter formulare esplicita richiesta di rinuncia, stabilendo invece di ricevere l’intero ammontare del bonus una tantum.

Sta dunque al dipendente stabilire se desidera ricevere il bonus complessivo da 1.200 euro alla fine dell’anno oppure in fase di dichiarazione dei redditi.

Inps chiarisce su congedi di paternità e maternità nel 2022!

Sono giorni che sul web e in televisione leggiamo e ascoltiamo notizie sulla nuova Legge di Bilancio 2022. Si tratta, come oramai ben sappiamo, di una Manovra molto vasta che, al suo interno, contiene tante novità in materia del lavoro e delle pensioni, bonus e misure di sostegno, ammortizzatori sociali e, per non dimenticare, novità in materia fiscale.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, nella Legge di Bilancio del 2022 sono inclusi anche i congedi parentali, ovvero l’indennità di maternità e di paternità, per i lavoratori autonomi e per gli iscritti alla Gestione Separata Inps. Ci sono novità molto rilevanti anche sul congedo di paternità.

In supporto dei cittadini, l’Inps, puntuale, chiarisce quanto contenuto nella Manovra 2022 sull’indennità di maternità/paternità, pubblicando la circolare n. 1, lo scorso 3 gennaio 2022, nella quale sono contenute tutte le istruzioni su chi può beneficiarne e le indicazioni sulla presentazione delle domande.

Legge di Bilancio 2022: tutela maternità e paternità

Le regole per i congedi di maternità e di paternità cambiano per il 2022, sia per i lavoratori autonomi, sia per i liberi professionisti e per i parasubordinati. 

Tutte le novità sono inserite all’interno del corposo testo della nuova Legge di Bilancio per il 2022. Quali sono le novità? Innanzitutto, vengono concessi altri tre mesi di indennità di maternità e di paternità e, inoltre, la misura diventa strutturale e vengono confermati i dieci giorni di congedo obbligatorio di paternità

Sostanzialmente, la circolare n. 1, pubblicata dall’Inps, il 3 gennaio del 2022, ruota su questi temi e delinea, molto chiaramente, quali sono le istruzioni operative per presentare la domanda, oltre che spiegarci quali sono i requisiti per beneficiare dei periodi di indennità.

Ritorniamo, per un attimo, alla Legge di Bilancio del 2022; all’articolo 1, comma 239, viene introdotta una misura di sostegno alle donne lavoratrici autonome in caso di maternità che, se in possesso di alcuni requisiti – che andremo a vedere in seguito – possono beneficiare di altri tre mesi di congedo

Inoltre, il comma 134, modificando quanto stabilito nella Legge n. 232/2016, rende strutturale il congedo di paternità, andando, così anche a confermare i dieci giorni di congedo. Ma non solo: viene concessa una ulteriore possibilità. I padri possono anche beneficiare di un altro giorno di congedo per sostituire la madre, in base al periodo di congedo di maternità.

Inps: chi sono i destinatari dei congedi parentali?

Innanzitutto, fatte queste lunghe e doverose premesse, dobbiamo andare ad analizzare chi sono i destinatari del congedo parentale. Il comma 239 della Legge di Bilancio del 2022, si applica alle seguenti lavoratrici:

  • Alle donne lavoratrici che sono iscritte alla Gestione separata;
  • Alle donne lavoratrici che sono iscritte alle Gestioni autonome dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
  • Alle donne lavoratrici libere professioniste che sono iscritte ad altre Casse previdenziali.

Anche se la misura menziona soltanto le donne, il congedo parentale deve essere riconosciuto anche ai padri. Ovviamente, devono essere lavoratori autonomi oppure iscritti alla Gestione Separata dell’Inps e, naturalmente, in possesso dei requisiti.

Inps: chiariti i requisiti per fruire del congedo!

Passiamo, adesso, ad analizzare quali sono i requisiti d’accesso che bisogna possedere per beneficiare degli ulteriori tre mesi di congedo parentale, sia di maternità che di paternità.

È necessario rispettare una soglia reddituale. Qual è? Per fruire di altri tre mesi di congedo parentale, il reddito del precedente anno, deve essere inferiore a 8145 euro.

In quale periodo? Come si legge sulla circolare n.1 dell’Inps:

“Il riferimento temporale deve intendersi nel senso di anno civile precedente l’inizio del periodo di maternità/paternità, ossia il periodo compreso dal 1° gennaio al 31 dicembre”.

Bisogna tenere presente un altro requisito, non di minore importanza rispetto a quello reddituale. Per poter beneficiare dei nuovi periodi di congedo, sia di maternità che di paternità, i lavoratori devono essere in regola con i versamenti contributivi, durante i periodi interessati.

Congedo maternità/paternità: periodi indennizzabili. Le differenze!

Chiarita la platea dei beneficiari del congedo parentale sia di maternità sia di paternità e quali sono i requisiti previsti per accedervi, è necessario andare a fare una differenziazione tra i lavoratori e le lavoratrici autonome e tra chi è iscritto alla Gestione Separata.

Iniziamo dai lavoratori e dalle lavoratrici autonome. Per questa tipologia di lavoratori è possibile beneficiare di un periodo di congedo parentale di maternità e di paternità per altri tre mesi.

Si sottolinea che i tre mesi ulteriori devono essere immediatamente successivi ai cinque mesi di indennità (dei quali due prima della nascita del bambino/a e tre successivi al parto), riconosciuti dal Decreto-legislativo n. 151 del 2001.

Per i lavoratori e le lavoratrici autonome che intendono fruire dei periodi indennizzabili di maternità/paternità, è obbligatorio il versamento regolare dei contributi, durante i periodi interessati. 

E per gli iscritti alla Gestione Separata? In questo caso, dobbiamo distinguere tra liberi professionisti e lavoratori parasubordinati.

Per i liberi professionisti, è possibile beneficiare di tre mesi di indennità successivi:

  • Ai tre mesi dopo la nascita del figlio;
  • Ai quattro mesi che succedono il parto, in caso di periodo flessibile;
  • Ai cinque mesi dopo la nascita del bambino/a, nel caso in cui il periodo sia stato fruito dopo il parto;
  • Al periodo non goduto in caso di parto prematuro, che si aggiungono al periodo di maternità dopo la nascita del figlio/a.

In questa circostanza così come nel caso dei lavoratori parasubordinati, non è necessario l’accertamento del requisito contributivo.

Per quanto riguarda, invece, i lavoratori parasubordinati, l’indennità di tre mesi si aggiunge ai:

  • Tre mesi dopo la nascita del figlio/a;
  • Quattro mesi successivi la nascira del figlio/a, in caso di periodo flessibile;
  • Cinque mesi successivi la nascita, nel caso in cui il periodo sia stato fruito dopo il parto;
  • Sette mesi dopo la nascita del bambino/a, nel caso in cui viene certificata dal medico dell’Asl l’incapacità di ritornare al lavoro;
  • Ai giorni non goduti nel caso di parto prematuro, in aggiunta alla maternità dopo la nascita del figlio/a.

Congedi parentali: come si presenta la domanda all’Inps?

La domanda per fruire dell’indennità nei periodi di congedi parentali, sia di maternità sia di paternità, si presenta nelle modalità canoniche.

È possibile inoltrarla telematicamente, sul portale dell’Inps. In questo caso, si ricorda che per autenticarsi è necessario essere in possesso di una identità digitale Spid, Cie o Cns e, successivamente, accedere ai servizi online dedicati.

In alternativa, è possibile presentare domanda anche telefonicamente, utilizzando il servizio di Contact Center. Si può chiamare gratuitamente da rete fissa, al numero verde 803.164; oppure è possibile chiamare al numero 06 164.164, da rete mobile (in questo caso il costo della chiamata varia in base ai gestori telefonici e alla tariffa applicata).

Infine, è possibile anche presentare la domanda recandosi presso un Patronato.

Tuttavia, all’interno della circolare n. 1, pubblicata dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale il 3 gennaio 2022, viene fatta una precisazione che dobbiamo, necessariamente, ricordare:

“Con successivo messaggio, saranno fornite indicazioni sul rilascio delle implementazioni della

domanda telematica secondo le novità legislative entrate in vigore a inizio anno”.

Congedo di paternità: obbligatorio e facoltativo. L’Inps chiarisce!

Una delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio del 2022 è l’aver reso strutturale, oltre che stabilizzato, il congedo parentale per i padri lavoratori.

Si ricorda che il congedo di paternità e le relative regole sono state introdotte sperimentalmente dalla Legge n. 92 del 2012. Ovviamente, si tratta di disposizioni che sono state successivamente prorogate.

La nuova Manovra di Bilancio del 2022 ha anche confermato i 10 giorni di congedo obbligatorio di cui il genitore può fruire. E, inoltre, ha anche confermato una giornata facoltativa di congedo in più.

Ma ricordiamo, brevemente, in cosa consistono e chi può fruirli. In questo caso, si tratta di una indennità rivolta al papà lavoratore dipendente; il congedo può essere richiesto entro il quinto mese dalla nascita del figlio. Termine che, come si legge sulla circolare n. 1 dell’Inps:

“[…] resta fissato anche nel caso di parto prematuro”.

Non dobbiamo dimenticare, però, anche l’altro volto del congedo di paternità obbligatorio: è anche e soprattutto un diritto autonomo del padre.

Si tratta di un aspetto molto importante, in quanto il congedo di paternità affianca quello di maternità perché il padre può beneficiarne al di là se la madre abbia o meno diritto a fruire del periodo di congedo obbligatorio.

E sul periodo facoltativo? In questo caso non si tratta di un diritto autonomo. Il congedo facoltativo si può richiedere accordandosi con la madre per sostituirla. Che cosa vuol dire? Molto semplicemente che si può fruire del periodo soltanto per sostituire la propria metà durante il periodo di congedo parentale a lei spettante.

Facciamo una breve, ma importante parentesi. I congedi parentali di questo tipo si possono fruire per parto, adozione oppure affidamento. Inoltre, è possibile beneficiarne anche per l’affidamento temporaneo.

Facciamo un ultimo accenno alle modalità di presentazione delle domande. In questo caso, devono presentare domanda di congedo all’Inps, soltanto i lavoratori che ricevono l’indennità da parte dell’Istituto. Al contrario, i lavoratori che ricevono l’anticipo del pagamento delle indennità dai propri datori di lavoro, dovranno comunicare la fruizione del periodo di congedo di paternità soltanto a questi ultimi.

Ovviamente, le giornate indennizzabili sono solo quelle lavorative. Si attendono ulteriori comunicazioni, per ricevere le informazioni economiche.

Covid, nuovo decreto: obbligo vaccinale e super green pass!

L’arrivo del coronavirus ha cambiato notevolmente le nostre vite, e le modalità con le quali tutto ciò è avvenuto sono state, e lo sono tutt’oggi, quelle relative alla promulgazione dei Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM), che vengono usati dal governo da due anni a questa parte.

Questi decreti sono diventati via via sempre più stringenti e con l’intenzione di raggiungere gli obiettivi prefissati a qualunque costo, senza curare gli aspetti marginali di ogni questione, ma andando sempre dritto al sodo.

Dopo anni, oramai la popolazione italiana si è, in parte, abituata ed in parte rassegnata all’idea di dover convivere con questo virus.

Probabilmente, più di qualcuno, però, non si riesce a dar pace, dei provvedimenti che escono fuori dall’esecutivo.

Dopo una fine dell’anno 2021 segnata da forti proteste e manifestazioni nelle piazze ed in alcuni luoghi di lavoro, e dopo vari DPCM e milioni di vaccini, ci ritroviamo, nostro malgrado, nella stessa identica situazione di due anni fa.

La “colpa” della situazione nella quale ci ritroviamo viene affibbiata dallo stesso Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ai non vaccinati.

Il professor Crisanti, invece, ha evidenziato pochi giorni fa gli errori di comunicazione del Governo Draghi, sostenendo che sono, per la maggior parte, i vaccinati a trasmettere il virus, e non i non vaccinati.

Anche l’OMS ha sentenziato sull’impossibilità di proseguire con i richiami ogni tot. mesi per sconfiggere e convivere con il virus. E il “The Guardian” si è preso gioco del governo italiano, ironizzando sul sistema democratico che non esiste più nel nostro Paese.

Oltre all’Inghilterra, anche la Spagna ha tolto tutte le restrizioni, per tornare alla normalità e per far tornare a guadagnare anche gli altri settori, oltre a quello sanitario, che da tempo non vedono il becco di un quattrino.

L’unica cosa certa è che i contagi sono aumentati a dismisura da poco prima delle vacanze natalizie, e sembrano non volersi più fermare.

Perciò, il Governo Draghi ha deciso di emanare un nuovo DPCM con obblighi e restrizioni mai viste prima d’ora.

Continuando a leggere questo articolo potrai conoscere tutto ciò che riguarda il nuovo decreto, varato dal Governo Draghi il 5 gennaio 2022.

Inizialmente, andremo a parlare del DPCM in maniera generale, poi ci soffermeremo soprattutto sull’obbligo vaccinale previsto per gli over 50 e sull’obbligo di possedere il super green pass per accedere in determinati luoghi.

Successivamente, andremo a parlare dell’obbligo di possedere il green pass base ed in quali luoghi questa certificazione sarà richiesta.

Infine, per concludere, andremo a vedere tutto quello che riguarda le quarantene e le capienze stabilite.

Il nuovo decreto del 5 gennaio 2022!

Il 5 gennaio 2022, il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto n. 1 del 2022, il quale è stato poi promulgato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il giorno 7 gennaio 2022.

Questo nuovo decreto ha lo scopo di contrastare l’emergenza epidemiologica generata dall’aumento dei casi di Covid-19, i quali si sono manifestati soprattutto nei luoghi di lavoro e nelle scuole.

Questo DPCM prevede delle nuove misure per prevenire l’aumento del numero dei contagi e per rallentare la curva in costante aumento.

Queste nuove misure entreranno in vigore in maniera scaglionata: alcune inizieranno a partire dal 10 gennaio 2022, altre dal 20 gennaio, altre ancora dal 1° febbraio e dal 15 febbraio.

Molte di queste misure, previste dal nuovo decreto, termineranno il loro corso nel momento in cui finirà anche lo stato di emergenza nel nostro Paese, la cui scadenza è stata fissata per il 31 marzo 2022.

Nello specifico, il nuovo decreto, emanato dal Governo Draghi, prevede una serie di nuove misure, tra cui:

  • L’obbligo vaccinale per gli over 50, per gli universitari e per le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam), a partire dal 1° febbraio e fino al 15 giugno;
  • L’obbligo di possedere il super green pass per i lavoratori over 50, a partire dal 15 febbraio, e la possibilità per le aziende di sostituire i lavoratori che sono stati sospesi;
  • Estensione dell’obbligo di possedere il super green pass per poter accedere a numerose altre attività, a partire dal 10 gennaio;
  • Obbligo di possedere il green pass base per accedere nei servizi alla persona, a partire dal 20 gennaio, e per accedere nei negozi e nei servizi pubblici, a partire dal 1° febbraio;
  • Nuovo regole per le quarantene;
  • Nuove regole per lo smart working;
  • Nuove regole per la scuola;
  • Nuove regole per le capienze massime di cui si può disporre negli impianti all’aperto e negli impianti al chiuso;
  • L’obbligo di indossare le mascherine anche all’aperto;
  • L’obbligo di indossare le mascherine FFP2 in determinate situazioni ed in determinati luoghi.

Nuovo decreto: obbligo vaccinale per gli over 50 e per gli universitari!

Il primo argomento che tratteremo, nel corso di questo articolo sul nuovo decreto emanato dal Governo Draghi, è quello relativo all‘introduzione dell’obbligo vaccinale.

Questo obbligo sarà previsto, a partire dal 1° febbraio 2022 e fino al 15 giugno, e riguarda le seguenti categorie:

  • I soggetti con età anagrafica maggiore di 50 anni;
  • Tutto il personale che lavora nelle università;
  • Tutti il personale che lavora nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam).

L’obbligo è previsto per tutti i cittadini che sono residenti all’interno del territorio italiano, quindi sia per gli italiani che per gli stranieri.

Sono esclusi tutti coloro che hanno il diritto di beneficiare dell’esenzione dalla somministrazione del vaccino contro il Covid-19.

L’esenzione si può ottenere per motivi legati alla salute della persona e attestati con il certificato medico, del proprio medico di base oppure del medico che effettua il vaccino, in base a determinate condizioni cliniche documentate.

Inoltre, sono previste delle sanzioni pecuniarie per chi trasgredisce tale regola, di ammontare pari a 100 euro, inviata dall’Agenzia delle Entrate.

Super green pass lavoratori over 50 e possibilità di sostituire i lavoratori sospesi

Oltre all’obbligo di vaccinazione, dal 15 febbraio scatta anche l’obbligo per gli over 50 di possedere il super green pass per accedere nei luoghi di lavoro.

Il super green pass si può ottenere effettuando le dosi di vaccino oppure con la guarigione dal Covid-19 entro i 6 mesi, terminati i quali diventerà obbligatoria la somministrazione del vaccino per avere la certificazione.

Le verifiche e i controlli sul possesso del super green pass dei lavoratori dovranno essere effettuati dai datori di lavoro stessi.

Coloro che non si presentano a lavoro perché sprovvisti di super green pass saranno considerati come assenti ingiustificati, ma senza alcuna conseguenza disciplinare e con la conservazione del posto di lavoro, finché non produrranno il green pass rafforzato.

Oltre a questo, scatta anche la sospensione dello stipendio e la possibilità per le aziende di sostituire e di rimpiazzare quei lavoratori che sono stati sospesi, per 10 giorni, rinnovabili.

Inoltre, sono previste anche delle sanzioni pecuniarie per colpire coloro che trasgrediscono questa regola. La sanzione è la stessa di quelle che sono già previste per le altre categorie di lavoratori ed è di un ammontare compreso tra i 600 euro e 1.500 euro.

La sanzione, in caso di violazione della norma, viene fatta valere sia sul lavoratore sprovvisto di super green pass che sul suo datore di lavoro.

Nuovo decreto: super green pass!

Dopo aver parlato dell’obbligo vaccinale per gli over 50 e del l’obbligo di green pass rafforzato sul posto di lavoro, passiamo adesso a vedere per quali attività è stato esteso quest’obbligo di possedere il super green pass.

L’obbligo di avere il green pass rafforzato era previsto, finora, per accedere a:

  • Bar e ristoranti al chiuso;
  • Palestre e piscine al chiuso;
  • Cinema, Teatri, Concerti, ecc…

Nello specifico, ecco per quali attività è stato esteso l’obbligo di super green pass, a partire dal 10 gennaio 2022 e fino al 31 marzo:

  • Trasporti pubblici;
  • Bar e ristoranti;
  • Palestre e piscine;
  • Alberghi e strutture ricettive;
  • Terme e centri benessere;
  • Impianti sciistici;
  • Attività ed eventi culturali e ricreativi.

Restano esclusi i servizi di prima necessità, come supermercati, generi alimentari, ospedali, farmacie e edicole, e, per ora, anche i negozi, i uffici pubblici e i servizi alla persona.

Nuovo decreto: green pass base!

Dopo aver parlato del super green pass, passiamo adesso a vedere le novità previste nel nuovo decreto riguardanti il green pass base.

Il green pass base si può ottenere con la somministrazione del vaccino, la guarigione dal Covid-19 e anche il test negativo di un tampone.

Per le attività che vedremo nel corso di questo paragrafo si sono accese delle tensioni e si è alimentato un forte dibattito, anche all’interno del governo stesso.

Alla fine, queste sono le attività per cui è previsto l’obbligo di possedere il green pass base per accedervi:

  • Servizi alla persona, come parrucchieri, barbieri e centri estetici, a partire dal 20 gennaio 2022;
  • Attività commerciali, come negozi e centri commerciali, uffici pubblici, servizi postali, bancari e finanziari, a partire dal 1° febbraio 2022.

Non ci sarà bisogno di green pass, invece, per accedere a:

  • Supermercati;
  • Negozi di generi alimentari;
  • Ospedali;
  • Farmacie;
  • Edicole;
  • Altre attività che saranno individuate in seguito dal governo per assicurare il soddisfacimento dei bisogni essenziali delle persone.

Nuovo decreto: quarantene e obbligo di mascherina

Andando subito al sodo, ecco quali sono le nuove regole sulla quarantena.

Niente quarantena, ma solo autosorveglianza per coloro che si sono vaccinati e che sono entrati a stretto contratto con un caso covid (Obbligo di indossare la mascherina FFP2 per 10 giorni).

Al termine della quarantena o dell’autosorveglianza occorre effettuare il tampone per uscire da questo periodo.

Nuovo decreto: capienze

Il nuovo decreto prevede che le capienze per gli stadi e i palazzetti siano modificate in questo modo:

  • Capienza massima del 50% per gli impianti all’aperto;
  • Capienza massima del 35% per gli impianti al chiuso.

Bonus casalinghe 2022 al via! Come richiederlo e requisiti

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Con la Legge di Bilancio 2022 e l’ingresso del nuovo anno, la situazione dei bonus concessi dal Governo italiano alle famiglie italiane è radicalmente cambiata.

Tante sono infatti state le agevolazioni alle quali abbiamo dovuto dire addio, prime fra tutti il bonus mamma domani ed il bonus bebè, che per anni avevano fornito un sostegno economico considerevole alle neomamme con figli nati o adottati da poco.

Ma, oltre ai bonus cancellati nel 2022, ne abbiamo altri in partenza. Ed è proprio di una di queste agevolazioni che ci occuperemo in questo articolo, agevolazione che prende il nome di bonus casalinghe.

Ma non lasciamoci ingannare dal nome del bonus stesso: la misura sarà rivolta anche agli uomini!

Analizziamo insieme caratteristiche e requisiti.

Bonus casalinghe 2022: i retroscena

La nuova misura nota come bonus casalinghe 2022, in realtà, nasce ormai poco meno di due anni fa, nel 2022, con la legge n. 126 del 13 ottobre 2020.

Tale legge ha predisposto un fondo, definito “fondo formazione casalinghe”, che ammonta a ben tre milioni di euro per ogni anno di attivazione del bonus, e fino al 2022.

Purtroppo, il bonus casalinghe sarà attivato soltanto quest’anno, e non sappiamo ancora, dunque, se i fondi restanti che avrebbero dovuto essere utilizzati lo scorso anno verranno reimpiegati per estendere la misura oltre il 2022.

Al momento, comunque, una cosa è certa: il bonus casalinghe 2022 è ormai in partenza e, almeno per questo 2022, sarà fruibile.

La nuova agevolazione è stata fortemente promossa dal Ministro Bonetti, che insieme al Ministero per le Pari Opportunità gestirà la misura stessa.

Questa tenterà di garantire un reinserimento lavorativo non solo delle donne, ma anche degli uomini che, attualmente, non hanno occupazione lavorativa e sono impegnati nei cosiddetti “lavori di cura”, che ovviamente non vengono retribuiti.

Bonus casalinghe 2022: in cosa consiste

La nuova agevolazione è abbastanza particolare: il reinserimento lavorativo previsto dal bonus casalinghe 2022 passerà infatti per dei corsi di formazione.

Spieghiamoci meglio: l’agevolazione consentirà in altre parole l’accesso a dei corsi di formazione, a titolo gratuito per gli aventi diritto, che permettano alla casalinga (o al casalingo) di ampliare le proprie conoscenze e di reinserirsi nel mondo del lavoro.

Il tutto continuando a svolgere le proprie mansioni di cura: i corsi che verranno proposti, nella maggior parte dei casi, mirano a formare nuove figure che opereranno in modalità agile, ossia in smart working.

Secondo un recente articolo a cura di informazionefiscale.it, il bonus casalinghe 2022 permetterà agli aventi diritto di partecipare a dei corsi, con frequenza telematica a distanza, volti ad ampliare le conoscenze digitali.

Non solo, ma saranno anche organizzati corsi per le casalinghe che le aiutino a gestire gli strumenti digitali, quali social, e-mail, ma anche identità SPID e motori di ricerca.

I corsi si svolgeranno per un periodo totale non superiore ai dodici mesi.

Bonus casalinghe 2022: a quanto ammonta e come viene erogato

Cerchiamo adesso di definire cifre e modalità di erogazione del curioso bonus casalinghe 2022. 

Innanzitutto, la cifra che il bonus garantirà ad ogni interessato è pari a 517 euro, che andranno tutti investiti in formazione, secondo le modalità discusse al paragrafo precedente.

Ma gli interessati che contano in un bonifico grazie al bonus casalinghe resteranno molto delusi: i 517 euro promessi, come detto, serviranno a pagare i corsi di formazione destinati agli interessati.

Non verranno quindi erogati ai cittadini aventi diritto, ma agli enti, privati e pubblici, che si occuperanno di organizzare i corsi di formazione per casalinghe e casalinghi.

Ai cittadini beneficiari del bonus casalinghe 2022, insomma, non spetta alcuna cifra in denaro, ma solo la possibilità di accedere a titolo totalmente gratuito ai corsi di formazione.

Un’opportunità che comunque non va sottovalutata, dato che potrebbe permettere all’interessato di trovare un nuovo lavoro in smart working, cosa che gli consentirebbe tra l’altro di continuare con le sue mansioni di cura in casa.

Bonus casalinghe 2022: niente assegno mensile!

Siamo dunque purtroppo costretti a deludere le aspettative di molte donne che si aspettavano un’agevolazione totalmente differente.

Purtroppo, nelle scorse settimane, si sono diffuse tantissime notizie confuse sul bonus casalinghe 2022, che si sono poi rivelate poco veritiere.

In particolare, si parlava dell’agevolazione come di un bonus che avrebbe garantito una sorta di stipendio mensile per il lavoro di cura, quello per l’appunto svolto dalle casalinghe.

Secondo tali notizie non aderenti alla realtà, le casalinghe avrebbero potuto contare su un assegno mensile da 517 euro, di pertinenza dell’INAIL.

Purtroppo, però, come abbiamo già detto, questo assegno non verrà erogato, dato che il bonus casalinghe 2022 serve soltanto per garantire l’accesso gratuito ai corsi di formazione.

Si parlava anche di una misura aggiuntiva, sempre pensata per casalinghe senza lavoro, che avrebbe concesso un ulteriore agevolazione da 280 euro da destinare agli affitti mensili, o anche per pagare le rate di un eventuale mutuo.

Almeno per il momento, comunque, non è previsto alcun assegno mensile per le donne e gli uomini che svolgano lavori di cura domestici; viene soltanto data la possibilità di ottenere una formazione digitale gratuita.

In ogni caso, se un ulteriore bonus casalinghe che comprende un assegno dovesse essere attivato nelle prossime settimane, non tarderemo certamente a darvene comunicazione su queste pagine.

Bonus casalinghe 2022: non solo donne! Platea dei beneficiari

Analizziamo adesso i destinatari potenziali del bonus casalinghe 2022.

L’abbiamo già accennato, ma occorre ribadirlo: il bonus casalinghe non è aperto solamente alle donne (anche se alle richiedenti di sesso femminile verrà comunque accordata la preferenza).

Potranno in altre parole accedere alla misura anche i casalinghi, nel rispetto dei requisiti.

Per poter richiedere l’accesso alla formazione per casalinghe, occorrerà non essere occupati in posizioni lavorative subordinate, ma limitarsi a svolgere lavori prettamente domestici e di cura.

Anche se non sono stati, almeno per il momento, stabiliti dei limiti a livello reddituale e anche se l’ISEE non è richiesto per accedervi, il bonus casalinghe 2022 è prettamente pensato per persone inoccupate.

Bonus casalinghe 2022: come si presenta la domanda

Analizziamo adesso le modalità di presentazione della domanda per il bonus casalinghe 2022.

Al momento, il Ministero per le Pari Opportunità ha pubblicato solamente un bando, quello relativo agli enti di formazione, con l’Avviso pubblico per il finanziamento dei progetti volti alla formazione personale delle casalinghe e dei casalinghi.

Al bando potranno prendere parte tutti quegli enti che offrono attività formative, sia di carattere pubblico che privato.

Gli enti di formazione selezionati otterranno un finanziamento, che andrà dai 100.000 ai 300.000 euro totali, i quali dovranno servire per organizzare i corsi di formazione previsti dal bonus casalinghe 2022.

C’è ancora tempo per partecipare alla selezione, la quale si chiude ufficialmente giovedì 31 marzo 2022.

In questo momento, dunque, gli interessati a partecipare ai corsi di formazione non dovranno compiere alcuna operazione, ma dovranno solamente attendere ulteriori disposizioni dal Ministero.

Non ci resta che aspettare la chiusura del bando e la successiva attivazione dei corsi annuali, che il bonus casalinghe 2022 garantirà a coloro che rispettano i requisiti.

Mutuo al 100%: come comprare casa senza soldi!

Comprare casa senza avere soldi è possibile? È ancora possibile ottenere un mutuo pari al 100% dell’importo dell’immobile dei nostri sogni? Uno degli ostacoli che le giovani coppie – e molto spesso anche quelle un po’ più grandicelle – hanno è quello di riuscire a reperire una somma sufficiente, che possa servire per coprire quanto non finanziato dalla banca. Pagare l’anticipo per acquistare casa può diventare un vero e proprio ostacolo, che potrebbe portare a non riuscire ad ottenere nemmeno il mutuo.

Spesso e volentieri cercare il mutuo che meglio possa soddisfare le esigenze di un futuro acquirente non è solo un capriccio o una sfida. È una vera e propria esigenza. Si vorrebbe comprare casa, ma i fondi presenti sul conto corrente sono troppo pochi: il lavoro è precario. O ci sono le spese per i bambini, le bollette che arrivano sempre puntuali da pagare. C’è da fare la spesa e da pagare i trasporti. Passano i giorni, i mesi e gli anni: si lavora, ma vuoi per colpa dell’elettrodomestico che si rompe, vuoi perché c’è un’altra spesa imprevista che arriva e la casa aspetta. L’esigenza di comprare un immobile resta parcheggiata in un angolo, un sogno. Una speranza.

La domanda che molte persone si pongono è se abbia senso continuare a pagare un affitto: quella stessa cifra potrebbe essere destinata a pagare un mutuo per acquistare una casa. Mal che vada, dopo un certo periodo, si diventa proprietari dell’immobile: una spesa mensile, può diventare un vero e proprio investimento. Proviamo a rispondere a questa domanda: è possibile acquistare casa senza soldi? La banca ci può rilasciare un mutuo per una cifra pari al 100% del valore dell’immobile? Questa via non è semplice da percorrere, anche se esiste la possibilità di fare un affitto con riscatto, un leasing immobiliare residenziale o un prestito vitalizio ipotecario. Proviamo a scoprire quali alternative possiamo scegliere per comprare casa!

Un mutuo al 100%: come comprare casa!

Una delle prime strade che i diretti interessati potrebbero percorrere è quella di richiedere un mutuo pari al 100% del valore dell’immobile, che vogliono comprare. Purtroppo questo tipo di finanziamento viene concesso molto raramente. Il motivo per il quale la banca tende a non concederlo è perché vuole tutelarsi, nel caso in cui il cliente non sia in grado di pagare le rate. Generalmente gli istituti di credito non vanno mai oltre l’80% del valore dell’immobile, in questo modo se il cliente non riesce a pagare il mutuo ha un margine del 20% nel momento in cui si prenderà l’immobile e lo venderà all’asta.

Sostanzialmente questo significa che se la casa vale 100mila euro, la banca concede un mutuo per 80mila euro. Il cliente dovrà rimborsare 80mila euro più gli interessi. Nel caso in cui il cliente non riuscisse a pagare le rate, l’istituto di credito recupererà un bene che vale 100mila euro, più di quanto aveva erogato con il mutuo, escludendo gli interessi.

Nel caso in cui la banca decidesse di concedere l’opportunità di erogare un mutuo pari al 100% del valore dell’immobile, sarà necessario presentare alcune garanzie integrative:

  • polizza assicurativa fideiussoria che vada a coprire l’eccedenza del 20% del valore della casa, rispetto all’80% massimo che generalmente viene erogato;
  • ipoteca sull’immobile. Questa, come molti ben sapranno, è una regola che interessa ogni tipo di mutuo. A maggior ragione viene imposta quando si richiede un importo pari al 100% del valore dell’immobile a garanzia della banca;
  • terzo garante. Stiamo parlando di una persona che si prenda la responsabilità di garantire il rimborso della somma, nel caso in cui chi ha sottoscritto il mutuo non sia in grado di pagare.

L’alternativa al mutuo: l’affitto con riscatto!

Ci sono delle alternative al mutuo? Sì, certo. Una delle possibilità che ci vengono offerte per acquistare una casa senza soldi ci arriva dal cosiddetto rent to buy, ossia l’affitto con riscatto. In questo caso abbiamo la possibilità di diventare un proprietario immobiliare dopo un periodo di locazione, che deve durare generalmente almeno sette anni. Quello che andremo a comprare è generalmente un alloggio sociale, che deve essere destinato ad abitazione principale. Il futuro acquirente ed i suoi familiari non devono essere proprietari di altri immobili nella regione di riferimento.

Per questo tipo di operazione, che ricordiamo è una valida alternativa al mutuo, esistono due tipi di contratti:

  • un contratto di affitto vero e proprio, nel quale verrà specificato che l’inquilino ha intenzione di acquistare l’immobile dopo un determinato periodo;
  • il successivo contratto di vendita, che sarà subordinato al fatto che l’inquilino eserciti il diritto di riscatto manifestato nel precedente contratto.

Grazie a questa soluzione, sarà possibile comprare casa attraverso l’affitto. Chi ha intenzione di acquistare avrà la possibilità di:

  • acquistare l’immobile pagandolo a rate e potendolo già occupare;
  • decidere se comprare la casa o no dopo averci abitato in locazione;
  • posticipare l’atto notarile, le relative spese ed il pagamento delle imposte sull’acquisto.

Comprare casa senza il mutuo: le altre soluzioni!

Nel caso in cui non si abbiano a disposizioni i fondi per comprare casa è possibile ricorrere al leasing immobiliare residenziale. Questa formula è molto simile all’affitto con riscatto di cui abbiamo appena parlato. Il meccanismo è molto simile a quello dell’leasing dell’automobile: in questo caso è necessario rivolgersi ad una banca o ad una società di leasing, che provvederanno ad acquistare la casa. Queste società la metteranno a disposizione del cliente ed in cambio incasseranno un canone mensile. Come avviene per l’affitto. Nel momento in cui il contratto scade, il cliente avrà la possibilità di riscattare la casa, pagando la differenza tra il suo valore e quanto versato fino a quel momento. In alternativa potrà prorogare il contratto.

La soluzione che abbiamo appena visto si adatta ai più giovani. Quanti, invece, siano un po’ più avanti con gli anni avranno la possibilità di richiedere il prestito vitalizio ipotecario: una soluzione per quanti abbiano compiuto almeno 60 anni e siano già in possesso di un immobile. Occorre in questo caso chiedere alla banca un prestito pari a una percentuale del valore dell’immobile da acquistare, dietro concessione di ipoteca sullo stesso immobile. In questo modo, si diventerà proprietari dell’abitazione. Alla morte, gli eredi decideranno se rimborsare il prestito alla banca, estinguere l’ipoteca e tenersi la casa oppure metterla in vendita ed estinguere il debito con il ricavato dell’operazione.

USA, Google sotto inchiesta! Inganna siti e inserzionisti

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Google e Facebook ancora insieme e questa volta complici di una manipolazione volontaria del prezzo delle inserzioni pubblicitarie, sia per i grandi inserzionisti che per chi usa Google Ads, che ha il carattere di una vera e propria truffa e su cui c’è una causa in atto in USA, intentata dai procuratori di più d’una dozzina di Stati.

Le rivelazione e le prove sono venute a galla qualche giorno fa e riportate dalle principali testate internazionali, nell’ambito di una serie di documenti desecretati che riguardano un’azione legale iniziata più di un anno fa e di cui sono stati finalmente rivelati, per ordine federale, i documenti almeno in parte.

L’articolo che ha portato alla luce questa notizia, insieme al contenuto dei documenti desecretati, è il The Wall Street Journal, in un pezzo il cui contenuto viene ripreso anche dal The Guardian e altre testate molto note.

Stando a quanto si apprende dal WSJ, sia Sundar Pichai, CEO di Google, che Mark Zuckerberg, il CEO di Facebook, avrebbero volontariamente manipolato le vendite pubblicitarie e stretto tra loro un accordo, con alcune parti oscure e non rese pubbliche, ovviamente il tutto fatto allo scopo di aumentare i profitti e assicurarsi il monopolio nel mondo della pubblicità digitale, usando sistemi non legali, compresi software che influenzano le aste.

Di cosa è accusata Google USA rispetto alle inserzioni pubblicitarie?

L’azione legale che vede Google protagonista di questa che, a quanto si apprende dagli ultimi documenti rivelati, è una vera e propria manipolazione delle vendite, risale a dicembre 2020, con l’azienda accusata di aver gonfiato i prezzi delle inserzioni. L’accusa è stata presentata al tribunale di New York e sottoscritta da più di una dozzina di procuratori generali dei vari Stati USA.

Il contenuto dei documenti presentati nell’ambito della causa giunge a noi solo in questi giorni perché è stato ordinato da poco che essi fossero desecretati.

Google, secondo l’accusa, avrebbe volontariamente influito sui processi delle aste gonfiando il prezzo è usando software in segreto che diminuivano i costi per alcuni marchi, ma aumentavano il prezzo agli editori, cioè gli acquirenti degli annunci.

Apriamo una piccola parentesi e spieghiamo che, ovviamente, nel mondo digitale una determinata azienda paga per avere la propria pubblicità che gira su internet, mentre i siti su cui la pubblicità appare sono anche loro ricompensati.

Cioè, esiste un soggetto che mette a disposizione uno spazio pubblicitario e un altro soggetto che lo acquista, per gli Ads questo rapporto di compravendita viene regolato da piattaforme esterne. 

Ora, l’accusa mossa a Google, in accordo con Facebook, è che gestendo lo scambio la prima avrebbe comunicato alle parti chiamate in causa prezzi diversi, manipolando le aste, al fine di espandersi e dominare il mercato pubblicitario.

Tra i documenti venuti alla luce appaiono anche messaggi interni dei dipendenti di Google secondo cui la società stava usando “insider information” per imporre il suo monopolio digitale.

Ovviamente, Google sostiene che la causa abbia inesattezze e ovunque e che non sono mai state commesse manipolazioni e che il tutto è perfettamente legale, in ogni suo aspetto.

La notizia viene riportata anche dal video YouTube di Business Insight:

  

Come ha fatto Google secondo l’accusa a manipolare i prezzi degli Ads?

Scendiamo nei dettagli tecnici di come si sarebbe consumato l’inganno di Google, cioè spieghiamo come avrebbe fatto praticamente l’azienda a manipolare le vendite delle inserzioni pubblicitarie.

Google per gestire i prezzi delle aste pubblicitarie usa una serie di programmi chiamati: Project Bernanke, Reserve Price Optimization e Dynamic Revenue Share. 

Attraverso tali software, secondo l’accusa, venivano manipolati in segreto i prezzi delle aste, ad esempio, Google avrebbe indotto molti inserzionisti a credere che stessero partecipando all’asta per il secondo prezzo più alto, per la piattaforma AdX, ma Project Bernanke avrebbe in automatico cancellato la seconda offerta più alta e fatto vincere al suo posto la terza, cioè un’offerta minore, privando così l’editore del guadagno.

Agli inserzionisti però sarebbe comunque stato addebitato il costo della seconda offerta più alta, così che questi pagassero in eccesso e Google potesse tenere per sé questo extra.

Dello stesso programma fu creata una seconda versione Global Bernanke, che invece è stata accusata di aver gonfiato i prezzi dello strumento per i piccoli inserzionisti, cioè il ben noto Google Ads, allora chiamato AdWords.

Inutile dire che i portavoce di Google si difendono sostenendo anche in questo caso sostenendo che non esiste nessuna manipolazione segreta dei programmi, che anzi vengono costantemente ottimizzati.

Che cosa c’entra Facebook in tutto questo? Perché è coinvolta nell’azione legale contro Google?

A questo punto molti si chiederanno, che c’entra Facebook in tutto questo?

Facebook c’entra perché dai documenti appaiono le prove di un accordo pubblico solo in parte, ma fatto di clausole segrete, tra l’azienda e Google, per cui alla prima sarebbe stato garantita una determinata percentuali di annunci a discapito dei concorrenti.

E sembra anche che alcune e-mail in merito alla parte riservata e illecita di questo accordo siano state inviate direttamente da Zuckerberg, mentre non è chiaro se anche il CEO di Google, come sostiene chi accusa, sia personalmente coinvolto. Questo perché a quanto sostengono i portavoce dell’azienda nel corso dell’anno vengono approvati molto documenti relativi ad accordi senza che sia necessaria la firma del CEO, I portavoce di Google sostengono anche che per quanto Pichai sapesse dell’accordo che non è segreto, non avrebbe ami approvato tali pratiche scorrette di cui è accusata l’azienda.

Ad ogni modo, questo aspetto sarà determinante per chiarire le responsabilità personali del CEO dal punto di vista legale, ma non sottrae Google dalle sue responsabilità aziendali.

Il Senato USA prepara la Legge contro Google: internet come le ferrovie!

La causa è partita dallo Stato del Texas, ma comprende più di una dozzina di Stati anche perché più Google aumenta i prezzi delle pubblicità, più questo ha ripercussioni sul prezzo finale dei prodotti stesso per i consumatori.

In queste pagine abbiamo cercato di riassumere e schematizzare, ma il funzionamento delle inserzioni pubblicitarie digitali è complesso e il problema principale che le società lamentano è che Google lo gestisce da ogni punto di vista, detenendo di fatto il monopolio sul mercato.

Intanto, sempre a quanto riporta il WSJ, in America il Senato prepara un disegno di legge che imporrebbe a Google le stesse regole che nel paese vengono applicate per gli operatori ferroviari, cioè con il divieto di trarre vantaggio dal fatto che si posseggono le piattaforme, rispetto ad altre società che operano sulle stesse.

Anche il rapporto Google-Apple al centro di questioni legali negli USA

Se in questa questione legale che coinvolge Google e Facebook (ora Metà) il grande assente sembra Apple non è così.

Poiché i rapporti Google-Apple sono al centro dell’accusa in California e al centro della questione un accordo tra le due società, per cui Apple rinuncia ad ogni tipo di competizione con Google, nell’ambito dei motori di ricerca web, lasciandole il predominio e in cambio riceve però una parte dei sui profitti su questo. Ovviamente, il tutto corredato da un impegno comune a schiacciare i concorrenti e anche da un trattamento preferenziale che Google ha sui dispositivi Apple.

Anche in questo caso la denuncia e la causa chiamano in causa le tariffe delle inserzioni pubblicitarie influenzate da Google al fine di detenere l’assoluto monopolio.

Bonus Tv 2022: la novità! Decoder gratis a casa! Ecco a chi

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Il grande cambiamento nel mondo della televisione è in corso. Dal 2023 cambia la modalità della trasmissione televisiva nel nostro paese. Occorre arrivare preparati con mezzi televisivi adeguati per ricevere il nuovo segnale digitale terrestre.

Per aiutare le persone, i governi che si sono succeduti in questi anni  hanno attivato due Bonus: il Bonus Rottamazione Tv e il Bonus Tv. La Legge di Bilancio approvata il 30 dicembre 2021 ha rifinanziato le misure. Ed ora c’è una nuova possibilità. Quella di ricevere il decoder direttamente a casa gratis. Vediamo per chi.

Bonus Rottamazione Tv: il rifinanziamento della misura nella Legge di Bilancio 2022

Bonus Rottamazione Tv: la misura volta a a dare un contributo agli italiani al momento di effettuare l’acquisto di una nuova televisione è stata rifinanziata nella Legge di Bilancio per il 2022. La Legge 234 del 30 dicembre 2021 contiene anche una parte dedicata al Bonus Rottamazione Tv con un nuovo finanziamento per 68 milioni di euro.

Fino al 31 dicembre 2022 saranno infatti in vigore due diversi Bonus: il primo un Bonus Tv e Decoder che era stato avviato dal Governo Conte e che prevede un contributo massimo di 30 euro per l’acquisto di una tv o di un decoder compatibile con la nuova trasmissione televisiva definita  DVB-T2 – HEVC MAIN 10. Questo Bonus ha una limitazione legata all’ISEE e la quota massima per accedervi è di 20.000 euro.

C’è poi il Bonus Rottamazione Tv.

Misura che è stata attivata dal Governo Draghi e consente ai cittadini di ricevere un contributo pari a 100 euro come cifra massima sempre per l’acquisto di una tv. In estrema sintesi e poi entreremo nel dettaglio questo bonus non ha una limitazione ISEE ed è accessibile a tutti.

Ma unica limitazione che viene posta è quella contestualmente all’acquisto di una nuova televisione occorre rottamare una televisione di vecchia generazione.

I due Bonus sono cumulabili tra di loro: chi ha quindi il diritto a usufruire di entrambe le agevolazioni può avere un totale di 130 euro di contributo e di sconto al momento di acquistare una nuova televisione. 

Bonus Rottamazione Tv: ecco come accedere al Bonus TV da 100 euro

Per non ingenerare confusione parliamo nel dettaglio di ognuna delle misure previste. Iniziamo in questo paragrafo dal Bonus Rottamazione tv. Per capirci quello che dà un contributo massimo da 100 euro.

Questo Bonus è attivo fino al 31 dicembre 2022. Dall’anno prossimo – con uno scadenziario che può sempre cambiare in ogni momento ma il discorso andrà in quella direzione – arriverà in Italia in maniera esclusiva la trasmissione con il nuovo segnale digitale terrestre.

Dai primi mesi del 2023 quindi  tutte le televisioni prodotte e acquistate prima del dicembre 2018 non funzioneranno più.

Non riusciranno più a captare il segnale del digitale terrestre di ultima generazione. Per questo occorre effettuare prima di quella data il cambiamento della propria televisione o se si è affezionati al proprio apparecchio comunque collegarlo ad un decoder di ultima generazione che possa ricevere il nuovo segnale televisivo.

Quindi per aiutare tante famiglie di italiani che si trovano a dovere fronteggiare anche questa spesa imprevista per di più in un periodo economico e storico non dei migliori, il Governo guidato da Mario Draghi ha deciso di avviare una procedura di aiuto agli italiani che devono fronteggiare una spesa extra per acquistare una nuova televisione.

Quindi per tutto quest’anno è in vigore un aiuto che prevede la possibilità di avere un incentivo pari ad uno sconto massimo del 20% sull’acquisto di una televisione nuova con la condizione che comunque la cifra massima del contributo è fissata in 100 euro e oltre questa cifra non si può andare. 

Bonus TV 100 euro: ecco i requisiti per averlo

Questo Bonus Rottamazione Tv non ha particolari requisiti da rispettare: per accedervi in una famiglia occorre effettuare l’acquisto di una nuova televisione e contestualmente rendere indietro la propria vecchia televisione di casa, un prodotto acquistato prima del 22 dicembre 2018.

Da quella data tutte le tv prodotte sono in grado di ricevere i segnali del nuovo digitale terrestre.

Non ci sono limitazioni ISEE, abbiamo detto. Uniche condizioni da rispettare sono quelle legate alla rottamazione di una vecchia televisione e al fatto di essere residenti in Italia, di essere maggiorenni e di essere in regola con il pagamento del Canone della Rai.

Se si soddisfano queste richieste si può accedere senza problemi al Bonus TV.

Ovviamente la misura rientra anche per le persone che hanno una regolare esenzione dal pagamento del canone della televisione di Stato. 

Bonus Tv 100 euro: quali sono le procedure per avere lo sconto

Non ci sono detrazioni. Non ci sono altri sistemi se non lo sconto diretto direttamente al negozio o  al centro commerciale. Per il Bonus Rottamazione Tv il Governo Draghi ha scelto la strada più semplice e più diretta. Non un bonifico a risarcimento dopo la spesa. Direttamente nel negozio al momento dell’acquisto si ha la decurtazione del prezzo. 

La rottamazione della vecchia televisione può essere fatta in due maniere in modo assolutamente equivalente per il cittadino al fine di usufruire del Bonus. La televisione vecchia può essere portata al negozio e sarà il negoziante ad occuparsi del suo corretto smaltimento.

Ma la televisione può anche essere portata in data antecedente all’acquisto di una televisione nuova in un’area ecologica attrezzata. Nella discarica sostanzialmente si consegna il vecchio apparecchio televisivo.

I responsabili danno un certificato di avvenuta consegna della televisione, certificato che poi andrà presentato al negozio o al centro commerciale nel momento nel quale si effettua l’acquisto della nuova televisione. 

Bonus TV o decoder: 30 euro di sconto ma con limitazione ISEE

Passiamo ora ad occuparci della seconda misura. Il Bonus Tv concede la possibilità di effettuare l’acquisto di una televisione o di un decoder con uno sconto di 30 euro. Questa misura è accessibile solo per i nuclei familiari che hanno un ISEE annuo che non supera i 20.000 euro.

Questo Bonus non presuppone la rottamazione contestuale di un mezzo televisivo. Se si sceglie sostanzialmente un decoder visto che il costo di molti modelli è esattamente intorno a quella cifra lo si può avere anche in maniera gratuita.

Si presenta in questo caso un modulo autocertificato che si dà al responsabile del negozio che pratica lo sconto da 30 euro. 

Come detto in precedenza le due misure non sono incompatibili tra di loro: chi ha i requisiti per soddisfare questa misura può incassare un contributo totale di 130 euro. 

Bonus TV, la grande novità è l’arrivo del decoder a casa. Ecco per chi

C’è poi una novità. Il decoder è gratis e arriva anche a casa. Ovviamente non è una possibilità che viene data a tutti altrimenti la misura sarebbe di difficile applicazione. 

Nella Legge di Bilancio per il 2022 è stabilito che, grazie ad un accordo con Poste Italiane, il decoder arriva direttamente a casa e gratis alle persone che hanno più di 70 anni.

E queste persone devono anche avere una pensione che non va oltre i 20.000 euro annui.

Se si hanno queste due caratteristiche, come prevede la Legge di Bilancio per il 2022, si ha il diritto di potere ricevere direttamente il decoder a casa propria. 

Per questa misura decisa dalla Legge di Bilancio occorre ancora pazientare un po’ per le modalità applicative visto che è in corso di preparazione e invio una lettera dal parte del Ministero dello Sviluppo Economico a tutti gli aventi diritto. 

Sondaggi politici: sfida in testa tra Pd e Fratelli d’Italia

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Tradizionale appuntamento del fine settimana con i sondaggi politici elettorali della settimana.

I dati dei partiti ovviamente non possono mancare ma questa settimana anche profonde e diffuse analisi sui provvedimenti adottati dal Governo per contrastare i dati legati alla pandemia.

Vaccino, obbligo di vaccinazione, green pass e misure adottate dal Governo Draghi nelle analisi degli istituti di ricerca. Ecco i dati.

Sondaggio Emg Different per Rai

Emg per Rai ha sondato il parere degli italiani sulle ultime misure che sono state messe in atto per cercare di contrastare la diffusione dei contagi.

Ecco le opinioni degli italiani: il 19% ritiene le misure messe in atto eccessive, il 36% le ritiene adeguate, il 36% le ritiene insufficienti mentre c’è un nove per cento che non dà risposta. 

E poi il sondaggio entra nel merito delle misure, ovvero interroga sull’obbligo vaccinale che è stato attivato per gli over 50: per il 65% degli italiani l’obbligo di vaccino dovrebbe riguardare tutti, l’8% è d’accordo con l’obbligo per gli over 50. Il 20% degli italiani dice che non è d’accordo con nessun obbligo vaccinale. E un 7% non dà risposta.

Sulla sanzione da 100 euro per le persone che non rispettano l’obbligo vaccinale il 10% pensa che sia una sanzione adeguata, il 62% la ritiene una sanzione insufficiente. Per il 22% non dovrebbe esserci nessuna sanzione e il 6% non sa o non risponde.

Italia spaccata anche sulla riapertura delle scuole: per il 42% degli interpellati è stato giusto fare ripartire le scuole in presenza. Il 40% invece non è d’accordo. Il 18% non risponde. 

Sondaggio infine più politico sul presidente della Repubblica e su chi vorrebbero gli italiani. Ecco la classifica:

  • Secondo mandato di Sergio Mattarella 27
  • Mario Draghi 21
  • Silvio Berlusconi 16
  • Marta Cartabia 8
  • Letizia Moratti 3
  • Pier Ferdinando Casini 3
  • Giuliano Amato 2
  • Altra personalità 16
  • Non sa/non risponde 4

Sondaggio Euromedia Research

Euromedia Research ha effettuato un sondaggio nel quale ha sentito le opinioni degli italiani su diversi aspetti. Il primo è il dato relativo al consenso che hanno le diverse forze politiche. Ecco i dati: 

  • Partito Democratico-PSE 21,5
  • Lega-Salvini 18,9
  • Fratelli d’Italia-Meloni 18,5
  • Movimento 5 stelle 14,8
  • Forza Italia-Berlusconi 8,8
  • Azione 4,3
  • MDP-Articolo 1 2,3
  • Italia Viva 2,2
  • +Europa 2,0
  • Federazione dei Verdi-Europa verde 1,7
  • Sinistra Italiana 1,5
  • Altri di centrodestra 0,9
  • Altri 2,6

Dato molto importante al 34,5% delle persone che si proclamano indecise oppure propense all’astensione.

Sulle priorità che dovrebbe avere il Governo in questa fase gli italiani hanno le idee chiare: salute e impegno contro il Covid 31,6%, poi problema disoccupazione e lavoro al 19,3%, concentrarsi sulla ripresa economica per il 16,9%.

Poi ancora ridurre le tasse per l’11%, concentrarsi sul carovita al 6,8%, sulla giustizia al 2,7%, sulla scuola al 2,4%. 6,7% la percentuale di tutte le alte voci radunate in altro. 2,6% la quota di persone che non sa e non risponde. 

Per Euromedia Research gli italiani non hanno molto chiare le ultime disposizioni del Governo legate alle nuove regole: per il 60,7% delle persone le indicazioni non sono state troppo chiare. Per il 39,3% invece si tratta di indicazioni chiare.

Più definita l’opinione degli italiani sull’obbligo vaccinale per chi ha più di 50 anni: è una misura condivisa dal 69,9% delle persone. Mentre non è condivisa dal 23,2%. Poco sotto al 7% chi non sa o non risponde. 

Le disposizioni del Governo Draghi nel suo complesso vengono condivise molto dal 13,4% delle persone, abbastanza dal 40,4%. Poco per il 19,2%, per nulla dal 19,5%. Chi non sa e non risponde è quotato al 7,5%. 

Sondaggio Emg Different per Rai

Analizziamo ora un sondaggio di EMG Different realizzato per conto della Rai. EMG ha interpellato gli italiani sulla fiducia che hanno nel Governo guidato da Mario Draghi.

Ecco i dati. Positivi 51%, negativi 38%, la quota di chi non risponde è pari all’11%. Tra i positivi il 5% ha molta fiducia, il 46% ha abbastanza fiducia. Tra i negativi il 20% ha poca fiducia e il 18% non ne ha proprio. 

Anche qui indagine sulle preferenze degli italiani per la Presidenza della Repubblica. Ecco tutti i dati: 

Chi vorrebbe tra questi come Presidente della Repubblica? 

  • Mario Draghi 21
  • Silvio Berlusconi 17
  • Marta Cartabia 6
  • Pierferdinando Casini 5
  • Rosi Bindi 3
  • Giuliano Amato 1
  • Altra personalità 18
  • Preferisce non rispondere 29 

Sondaggio Swg per LA7

Analizziamo ora il sondaggio realizzato dall’istituto Swg per il TG LA7. Consueta analisi settimale dei dati da parte del telegiornale diretto e condotto da Enrico Mentana.

In questa rilevazione al primo posto c’è il Partito Democratico. La forza guidata da Enrico Letta  sarebbe davanti a tutti con il 22,2% dei consensi. A seguire Fratelli d’Italia poco sotto al 20%, per la precisione al 19,9%.  Poi c’è la Lega col 19%. 

Staccato al quarto posto c’è il Movimento 5 Stelle con il 14%, poi Forza Italia al 7,8%. Segue poi Azione di Carlo Calenda al 4,1%, poi i Verdi al 2,4%, Mdp-Articolo 1 al 2,4%, Sinistra Italiana al 2,3% e Italia Viva di Matteo Renzi al 2,1%. E ancora più Europa all’1,6%, Italexit con Paragone all’1,1%. Altre liste quotate insieme all’1,1%.

Il sondaggio Swg ha anche fatto altre due domande agli italiani. La prima se sono in accordo o disaccordo con l’obbligo di vaccino a chi ha più di 50 anni. 66% le persone d’accordo, 25% chi non è d’accordo, 9% non si esprime.

Sul green pass rafforzato per i lavoratori oltre i 50 voto a favore dal 71% degli interpellati, 21% non è d’accordo, 8% non sa. 

Sondaggio Euromedia Research per LA7, L’Aria che Tira

Euromedia Research ha interpellato gli italiani su che cosa Mario Draghi dovrebbe fare nel suo futuro. Ecco le opinioni: dovrebbe continuare a guidare il Governo per il  54,6% delle persone, diventare il nuovo Presidente della Repubblica per il 13,7. Non sa/Non risponde 31,7.

Aumento dei contagi e cause: ecco le opinioni degli italiani raccolte da Euromedia Research sulle responsabilità:

  • La colpa è dei no vax e dì quanti rifiutano il vaccino 29,0;
  • Variante omicron troppo contagiosa 24,1;
  • I vaccini non proteggono abbastanza 19,7;
  • Non è stato fatto abbastanza per il tracciamento 12,3;
  • Il ritardo nelle terze dosi 5,2;
  • Altro 6,5
  • Non sa/Non risponde 3,2.

Sondaggio Analisi Politica per Libero

Analisi Politica ha concentrato invece la sua attenzione su un altro aspetto. Del quale si è parlato in questi mesi ma ovviamente non in maniera massiccia come per la pandemia e sulle misure per il contenimento dei contagi.

Si parla di nucleare. Ha chiesto, questa indagine, agli italiani se accetterebbero senza problemi la costruzione di una centrale nucleare nel comune in cui vivono.

Ecco le risposte: molto d’accordo per il 12%, abbastanza d’accordo per il 20%, poco d’accordo per il 21%, per nulla d’accordo per il 41%, non so per il 6%.

Sondaggio Noto Sondaggi per Porta a Porta

Infine analizziamo un recentissimo sondagio di Noto Sondaggi realizzato per la trasmissione Porta a Porta. In questo sondaggio non c’è il Partito Democratico in testa ma c’è Fratelli d’Italia.

Le due forze politiche sarebbero molto vicine ma non si può non notare la differenza di questo sondaggio con gli altri della settimana che vedono in prima posizione il partito di Enrico Letta.

Per Noto Fratelli d’Italia avrebbe il 20% dei voti, il Partito Democratico sarebbe al 19,5%, la Lega sarebbe terza al 18%. Poi Movimento 5 Stelle al 14%, Forza Italia intorno all’8,5%, poi Azione al 3%. Italia Viva di Matteo Renzi sarebbe al 2,5% poi Coraggio Italia al 2%.

Seguono poi le altre formazioni politiche.

Mal di schiena in Smart working? Chiedi i danni al datore!

A dicembre dello scorso anno le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori hanno firmato il primo protocollo di intesa per la gestione dello smart working nel settore privato. Le regole fissate saranno quelle da seguire in seguito per la contrattazione collettiva, che potrebbe arrivare a contratti leggermente diversi per settore, ma che comunque sarà ispirata alla stessa filosofia,

I punti messi nero su bianco sono quelli che riguardano le modalità di adesione al lavoro agile, i tipi di contratto che si potranno concludere, la formazione che dovrà essere fornita al lavoratore, a chi spetterà l’onere di pagare gli strumenti di lavoro. Inoltre il diritto alla disconnessione e quello altrettanto importante del datore di lavoro di controllare il puntuale svolgimento delle mansioni assegnate.

Non ultimo tra gli argomenti trattati è quello della tutela della salute dal lavoratore, sia in termini di prevenzione di eventuali infortuni che in quello del diritto al risarcimento in caso di danni permanenti o nel caso si sviluppi una malattia professionale. 

Tutto questo sarà coperto con un’assicurazione obbligatoria versata all’INAIL, come per i lavoratori che hanno modalità di lavoro classico.

Non avere un posto di lavoro fisso e che il capo può tenere sotto controllo però impone da un lato l’onere di formare il lavoratore sui rischi che potrebbe correre e dall’altro quello di essere puntuale e diligente nel seguire le istruzioni ricevute e nel tenere comportamenti che non lo sottopongano a pericoli evitabili.

Smart working: le regole

Lo smart working è normato nel nostro ordinamento dalla legge numero 81 del 2007 che all’articolo 18 lo definisce come

un’attività che viene svolta in parte nei locali dell’azienda e in parte all’esterno, senza che ci sia una postazione fissa.

Si tratta quindi di contratti del tutto assimilabili a quelli di lavoro subordinato, con degli orari spesso flessibili, ma comunque sempre fissati nel massimo di ore giornaliere o settimanali, salva la particolarità di svolgersi anche in luoghi diversi dalla sede dell’azienda: spesso in casa del lavoratore, ma anche in altri luoghi, purché in grado di garantire la sicurezza fisica di chi lavoro e quella dei dati eventualmente trattati.

Il protocollo di intesa del 2021 stabilisce che

la trasformazione di un contratto da classico ad agile può avvenire solo con un accordo tra le parti interessate e può essere sia tempo determinato che indeterminato. Nel documento dovranno essere indicati in modo espresso luoghi dove non potrà mai svolgersi il lavoro e i comportamenti che daranno luogo a sanzioni. Inoltre l’orario di lavoro gli strumenti da utilizzare e le modalità di controllo.

Altro punto è quello del diritto alla disconnessione: pur essendo un lavoro che non è strutturato su un orario preciso, ma su obiettivi da raggiungere il lavoratore agile ha diritto a delle fasce orarie di libertà e quando si trovi in ferie malattie o permesso può spegnare smartphone e computer.

In genere gli strumenti tecnologici per lavorare sono forniti dall’azienda, ma è possibile anche un accordo diverso, se sono previste modalità di rimborso delle spese sostenute, per l’acquisto di computer, e per i contratti telefonici o per la corrente elettrica.

Come è garantita la sicurezza in smart working

Il protocollo di intesa ha messo nero su bianco che anche chi si trovi in smart working deve essere tutelato nello stesso modo previsto per gli altri lavoratori dalla legge numero 81 del 2008. Si tratta della norma che ha regolamentato la sicurezza sui luoghi di lavoro stabilendo quali sono le precauzioni che debbano essere prese per evitare rischi inutili, tra l’altro ponendo l’accento anche sulla formazione e sulla responsabilizzazione dei collaboratori.

L’articolo 22 della legge numero 81 del 2007 dice che

il lavoro agile deve essere svolto solo in luoghi idonei ai sensi della normativa vigente. Al datore di lavoro spetta l’onere di assicurare questa idoneità,

e a questo scopo ogni anno consegna al lavoratore un’informativa scritta dove sono sottolineati i rischi in cui incorre il lavoratore, quest’ultimo ha l’obbligo di cooperare per evitare infortuni o malattie professionali.

Quando l’INAIL ci paga in smart working

Al datore di lavoro spetta l’onere di sottoscrivere presso l’INAIL un’assicurazione che copra chi si trova in smart working per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali.

Il protocollo di intesa specifica che tra queste malattie ci sono anche quelle che derivano dall’uso di videoterminali. Infine garantita la copertura anche per gli infortuni in itinere, per quelli cioè che si verificano nel percorso fatto da casa fino al posto di lavoro.

Questo tipo di copertura è estesa al lavoro agile perché non deve essere necessariamente svolto a casa propria. Possibile che il lavoratore abbia la propria postazione anche in un luogo più o meno lontano. Attenzione però perché l’articolo 12 del decreto legislativo numero 38 del 2000 parla di

infortunio che si verifica nel normale percorso per recarsi al lavoro, per spostarsi da uno all’altra postazione di lavoro o a quello per recarsi nel posto dove si consumano i pasti.

Non ogni infortunio che si verifica quando ci stiamo spostando ci verrà pagato ma solo quelli che avvengono sul tragitto normale e stando all’interpretazione dell’INAIL su quello più breve e se possibile fatto privilegiando i mezzi pubblici invece dell’auto.

Non sarà pagato il mal di schiena dovuto a una caduta sul marciapiede, avvenuta perché abbiamo deciso quel giorno di lavorare al parco, invece che in casa come concordato. Parimenti se abbiamo deciso di deviare dal percorso normale per fermarci a fare la spesa, un tamponamento con colpo della strega non andrà a carico dell’INAIL. 

Per quanto riguarda gli infortuni sul posto di lavoro le regole sono anche quelle da seguire in azienda. Il lavoratore è pagato solo se ha rispettato le norme di sicurezza che gli sono state fornite, non se è stato palesemente incauto o si è sottoposto volontariamente al rischio. Una cosa è se la sedia che ci ha fornito il nostro capo all’improvviso si sfonda e noi franiamo sul pavimento, altra se ci stavamo dondolando su due gambe e perdiamo l’equilibrio.

Come dimostrare di avere una malattia professionale

Altra questione è quella della malattia professionale perché non è di immediata evidenza come un infortunio e a volte è difficile collegarla alle mansioni che si svolgono sul posto di lavoro. Si tratta comunque di qualcosa contro cui è assicurato anche chi si trova in smart working.

L’INAIL definisce come malattia professionale come una patologia la cui causa si riscontra nel tipo di lavoro svolto, eventualmente aggravata da altri fattori, e che agisce in modo lento e progressivo sull’organismo. Può essere determinata sia dal tipo di mansioni svolte che dal luogo dove si svolgono.

Ci sono malattie cosiddette tabellate, che sono inserite in due tabelle: una per l’industria e una per l’agricoltura per le quali serve dimostrare solo di avere svolto quel tipo di lavoro e di avere contratto la malattia. Non si dovrà invece provare anche il rapporto di causa effetto tra i due eventi.

Chi svolga lavori diversi o contragga malattie non inserite in una tabella ha comunque il diritto a vedersi risarcire i danni, e ad avere in modo gratuito assistenza sanitaria e riabilitative, però deve dimostrare di avere una malattia e che questa è stata causata dalle mansioni svolte o dal luogo in cui ha lavorato.

Come fare la domanda per malattie professionali da smart working

Chi ritenga di avere una malattia professionale e si trovi in smart working deve seguire le stesse regole dettate per tutti i lavoratori. Il primo passo è quello di rivolgersi al proprio medico curante, oppure al medico del lavoro e sottoporsi a una visita. Sarà uno di questi medici a diagnosticarla e a consegnarli un certificato.

Deve di seguito denunciare la malattia al proprio datore di lavoro entro 15 giorni dal giorno in cui si è palesata. Il mancato rispetto di questo termine comporta la perdita del diritto di essere risarcito per i giorni antecedenti alla domanda.

Alla denuncia dovrà allegare anche il certificato medico che attesta la malattia. Nel caso avesse la necessità di essere ricoverato i referti saranno inviati direttamente dalla struttura sanitaria sia all’azienda che all’INAIL.  

Entro cinque giorni dal giorno in cui ha ricevuto la denuncia il datore di lavoro ha l’obbligo di informare l’INAIL. Nel caso non lo facesse sarà sottoposto a una sanzione e il lavoratore potrà fare la segnalazione in autonomia.

Chi avesse i primi sintomi della malattia dopo aver smesso di lavorare, ha comunque diritto al pagamento dei danni, ma dovrà attivarsi in autonomia per presentare la denuncia utilizzando i moduli predisposti dall’INAIL, dove andranno indicati propri dati, quelli del datore di lavoro, la retribuzione, l’orario di lavoro e il settore dell’attività e le mansioni svolte.

Se la domanda è stata presentata in modo regolare al lavoratore sarà fissato un appuntamento con un medico dell’INAIL che lo sottoporrà a una visita preliminare e se necessario ad altri accertamenti. Alla conclusione di tutti gli accertamenti sarà avvisato dall’accoglimento o meno della domanda che non è sempre scontato.

Se la risposta sarà positiva sarà anche informato dell’indennizzo a cui ha diritto e potrà iniziare a usufruire anche dei servizi di cura e di riabilitazione necessari.

L’indennità sarà riconosciuta a partire dal quarto giorno da quello dell’inizio della malattia in proporzione alla paga degli ultimi 15 giorni. In caso di danno biologica sarà previsto un ulteriore indennizzo basato sulla percentuale dalla menomazione.

Chi si vedesse respingere la domanda, avrà tempo tre anni per presentare ricorso presso l’istituto. Le spese per il riesame saranno completamente a carico del richiedente, il cui stato di salute sarà nuovamente esaminato nel corso di una visita collegiale alla quale parteciperanno in contraddittorio il medico dell’INAIL e il medico del ricorrente che ha redatto il primo certificato.