Pensione a 65 anni, quando si può rimandare e quando invece si è obbligati

Se hai 65 anni e non vuoi ancora andare in pensione, ci sono dei casi in cui puoi rimandare e altri per cui si è obbligati.

Tutti desiderano andare prima in pensione, ma ci sono casi in cui si vuole ritardare l’uscita pensionistica per avere più anni contributivi utili ai fini del calcolo della rata mensile.

In effetti il sistema contributivo premia chi si ritira dal lavoro ad un’età superiore a quella prefissata a livello normativo, soprattutto se questo significa versare più anni contributivi.

Ma ci sono casi in cui l’uscita pensionistica non può essere rimandata di qualche anno, anzi deve essere anticipata proprio per favorire una politica aziendale di “rinnovo dell’organico”.

Pensione a 65 anni, quando si può rimandare

In linea generale, si può rimandare la pensione oltre i 65 anni nel caso in cui l’azienda sia indisposta ad attuare uno “scivolo aziendale” (es. Isopensione), o se si preferisca accorpare più anni contributivi per avere una pensione più ricca, una volta ritiratisi.

Il sistema contributivo favorisce infatti chi versa quanti più contributi possibile, anche a dispetto del requisito anagrafico previsto per la sola pensione di vecchiaia. Ovviamente uscire più tardi significa rischiare di godersi la pensione per qualche anno di meno, a seconda dell’andamento della speranza di vita nei prossimi anni.

Altro motivo per cui si potrebbe rimandare la pensione è anche per l’esatto opposto, ovvero non aver maturato la quota contributiva sufficiente per accedere alla pensione di vecchiaia, disposta a 20 anni.

L’INPS prevede una riduzione del requisito contributivo, ma a danno di quello anagrafico: si potrà uscire anche con meno di 20 anni di contributi versati (purché siano più di 5 anni), ma solo dopo aver compiuto 71 anni d’età.

Se possibile, conviene richiedere il riscatto contributivo, possibilmente del periodo universitario o della leva obbligatoria, così da aumentare la quota contributiva di diversi anni.

Leggi anche: Riscatto della laurea agevolato: come funziona e a quanto ammonta

Pensione a 65 anni, quando invece si è obbligati

Ci sono però dei casi per cui “sfortunatamente” scatta l’obbligo di uscita a 65 anni. È l’esempio del personale scolastico, che può richiedere il pensionamento d’ufficio dopo aver compiuto 65 anni.

I pensionamenti dalla scuola avvengono solo il 1 settembre di ogni anno e non si tiene conto del semplice raggiungimento dei 65 anni. Pertanto, l’amministrazione colloca a riposo d’ufficio solo i dipendenti che entro il 1 settembre di ogni anno hanno compiuto i 65 anni. Ma a patto di aver raggiunto i requisiti per il pensionamento anticipato, pari a 41 anni di contributi versati.

Sempre per il settore dell’istruzione, se si raggiungerà i 65 anni a settembre 2024, si potrà presentare domanda di cessazione dal servizio entro la fine del 2023 (le date le stabilirà il MIUR entro l’autunno) e domanda di pensione all’INPS.

Addirittura può scattare il licenziamento per sopraggiunti limiti di età, come è tipico nel settore privato. Se il datore di lavoro ha davanti un lavoratore perfettamente in linea coi requisiti della pensione di vecchiaia, può disporne il licenziamento, come stabilito anche da una recente sentenza della Cassazione.

Ma nel settore privato, la soglia massima per far scattare questo provvedimento è fissato a 71 anni d’età, fatte salve altre uscite pensionistiche.

Come cambierà la situazione per chi va in pensione a 65 anni

Non sono molte le uscite pensionistiche che permettono di andare in pensione a 65 anni, e avere un assegno mensile corposo.

Le Opzioni e le Quote oggi disponibili, come Opzione Donna, Quota 103, Ape Sociale e Isopensione, garantiscono un’uscita anticipata notevole, che va dai 58 anni d’età per le donne lavoratrici con figli fino a 63 anni nel caso di Ape Sociale (le altre sono in mezzo a questo intervallo d’età), ma non necessariamente un assegno congruo a quanto versato.

Un esempio lampante è l’Ape Sociale, limitato a 1.500 euro mensili per tutti coloro che escono con questa uscita pensionistica, senza differenze tra l’aver versato 30 anni o 36 anni contributivi (nel caso di lavoratori da mansioni usuranti).

Oppure nel caso di Opzione Donna, che si stima una riduzione dell’assegno pari al 30 % rispetto alle altre modalità di pensionamento anticipate o di vecchiaia. Perché, come ripetuto sopra, più si esce tardi, più si viene premiati. E viceversa l’uscita anticipata significa una rata più contenuta.

Leggi anche: Ecco chi potrebbe andare in pensione a 61 anni nel 2024

Seguici
161,688FansLike
5,188FollowersFollow
780FollowersFollow
10,800FollowersFollow

Mailing list

Registrati alla nostra newsletter

Leggi anche
News Correlate