Quali sono le nuove proposte per andare in pensione?

Riforma pensioni 2023, Ultima ora! Draghi ci ripensa e smonta tutto, ecco come si va in pensione nel 2023! Ecco la proposta che fa abolire la Fornero!

Non è stato raggiunto un vero accordo sulla Riforma pensioni, ormai slittata sicuramente al 2023. Novità importanti dovrebbero essere introdotte nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza. Infatti, entro il 27 settembre 2022 il NADEF deve essere presentato alle Camere, ed è possibile che in esso vengano inseriti gli interventi per cambiare l’intero asse previdenziale.

Non si tratterà dell’introduzione di una misura flessibile agevolata. Secondo non poche indiscrezioni dal 2023 viene modificato l’intero quadro pensionistico italiano. 

Occorre, considerare, che il Paese sta attraversando un periodo complesso strettamente legate alla crisi energetica prodotta dalla guerra Russo – Ucraina. Su questo fronte le incertezze sono tante ed è altrettante evidente la pressante difficoltà economica rilevata quotidianamente da migliaia di cittadini. Ecco, perché, il tema delle pensioni è una questione centralissima che coinvolge il destino di milioni lavoratori.

Dopo gli ultimi interventi che hanno portato all’uscita anticipata a 64 anni, in molti si attendono il ritorno di una maggiore flessibilità con una pensione a 62 anni.  Una proiezione confermata da diversi esponenti politici, ma che non trova il suggello definitivo nel Governo Draghi. 

Ci sarà la riforma pensioni nel 2023? Si, le previsioni puntano all’introduzione di importanti interventi previdenziale con decorrenza dal 2023. Il problema è come e quali misure verranno introdotte nella vita dei lavoratori. 

Le discussioni potrebbero portata a tirare qualche beneficio sulle spalle dei lavoratori o, ancora, è possibile che non pochi lavoratori potrebbero ritrovarsi un assegno pensione doppiamente penalizzato. Altri invece, potrebbero dover rifiutare il calcolo dell’assegno con il sistema retributivo per poter abbracciare un’uscita flessibile forse solo di qualche anno rispetto all’età pensionabile. 

Insomma, le previsioni non sono buone non emerge la volontà del Governo Draghi di far prevalere gli interessi dei lavoratori, più orientato a mantenere stabili quelle misure capaci di rafforzare gli equilibri finanziari del Paese. La direzione intraversa dall’Esecutivo sembra orientata più verso una conferma della Fornero.

 Non si intravede un’abolizione di quei provvedimenti inadatti che hanno ulteriormente aggravato le problematiche dei cittadini sul piano sociale, economico e culturale. Impedendo, ostacolando l’accesso a una pensione che rispecchi i canoni di un assegno sostanzioso, necessario per permettersi una vita almeno da benestante.  

Quali sono le nuove proposte per andare in pensione?

Al momento, appare difficile sciogliere il rebus pensioni, tutto sembra drasticamente intrecciato, strettamente legato tra chi vorrebbe mantenere la scelta per i lavoratori di poter decidere l’approccio a un’uscita flessibile agevolata a 62 – 64 anni, non penalizzante.

Altri, tirano per la corda Quota 41 senza distinzioni. Poi, c’è la questione irrisolta dei contributivi puri da spalmare per tutti i lavoratori. Nel mezzo, posizionati su un piedistallo gli interessi finanziari.  

Intanto, la voce dei sindacati permane, gli interventi sono continui le premesse ruotano sulla difficoltà dei lavoratori di restare fino e in alcuni casi oltre i 67 anni. È viva la coscienza di chi comprendere che in una vita lavorativa dopo i 60 anni intervengono altre dinamiche che pregiudicano la buona qualità dell’esistenza dei cittadini.

Per questo motivo, parlare dell’ingresso di un’uscita flessibile agevolata a 62 anni, sembra una strategia interessante per molti lavoratori. 

D’altra parte, il recente tavolo di discussione è saltato dall’agenda nazionale per questioni più importanti legate all’invasione Russia – Ucraina. 

Sotto questo aspetto, va sottolineata, l’assenza di un piano riforma pensioni anticipato negli ultimi decreti legge che hanno tracciato un prospetto economico nel NADEF 2022. 

In altre parole, lasciando le cose così come stanno al 31 dicembre 2022 si chiude anche il capitolo di Quota 102, non viene più permesso l’accesso a un’uscita flessibile anticipata a 64 anni, né tantomeno, ad altra forma di anticipo in assenza di condizioni strettamente legate alla disabilità grave o non autosufficienza.

I lavoratori dovranno per forza maggiore andare in pensione con le regole della Fornero.

Riforma pensione 2023: con o senza rinnovo Ape sociale e Opzione donna, cosa succede?

Il discorso cade sul quadro previdenziale dei rinnovi che potrebbero non arrivare.

Se la misura Ape sociale non viene rinnova o rafforzata i lavoratori perdono anche la possibilità di agganciarsi ai profili di tutela per anticipare l’uscita a 63 anni in cambio non di una pensione. Ma, di un’indennità che funge da accompagno a una prestazione economica pensionistica ordinaria fissata a 67 anni (pensione di vecchiaia) o con 41 anni di versamenti (Quota 41).

Se non viene rinnovata la pensione donna per il 2023, salta anche la possibilità per le lavoratrici di collocarsi in quiescenza con la misura Opzione donna. Al momento, possono utilizzare la pensione donna solo coloro che hanno maturato i criteri fissati dalla legge entro il 31 dicembre 2021. Per cui, in assenza di 58 – 59 anni (dipendenti o autonome) e in mancanza di un montante contributivo pari a un numero di 35 anni di versamenti. Venendo meno la proroga per il 2022, alle lavoratrici non resta che la pensione di vecchiaia o la pensione anticipata entrambe le misure fissate in un contesto ordinario. Nulla che si accosti alle forme agevolate. 

Resta o viene falciata Quota 102 nel 2023?

Le proposte che si fanno spazio sono quelle indirizzate dall’INPS e vertono sulla possibilità per i lavoratori di agganciarsi a un doppio binario o di un contributivo puro per tutti i lavoratori. Misure che piacciono tanto all’Istituto che la promuove con forza, quanto al Governo Draghi per il poco impatto o quasi zero sui conti pubblici. 

In tutto questo, l’uscita flessibile rimasta a 64 anni (Quota 102) contro i 62 anni (Quota 100) del 2021, in presenza di un’anzianità contributiva pari a 38 anni dovrebbe terminare il 31 dicembre 2022. 

Salta anche l’unica possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro a 64 anni sia per gli uomini che per le donne senza distinzione, se non la presenza dei requisiti previsti dalla normativa. 

Su questo punto ritornano a controbattere le parti sociali che vorrebbero il ritorno di un’uscita flessibile agevolata a 62 – 64 anni. Una misura che non bruci i lavoratori (in termini di penalizzazioni), ma che rappresenti una scelta da utilizzare o meno nella carriera lavorativa. 

Riforma pensioni 2022: perché l’INPS vuole tanto i due tempi sull’assegno pensionistico?

La misura promossa dall’INPS sembra raccogliere le aspettative dei lavorati?

I sindacati marciano in ritardo? L’aspetto previdenziale assomiglia sempre di più a un rebus dalla portata abnorme?

Questo è l’aspetto delle pensioni mostrato ai cittadini? La verità è sempre molto più semplice. 

La riforma pensioni improntata su due tempi dovrebbe permettere di superare le criticità della Fornero. 

In buona sostanza, verrebbe inserito nel sistema previdenziale italiano la possibilità per i lavoratori di uscire in anticipo dal lavoro, le previsioni portano anche a cinque anni prima dei 67 anni. 

I due tempi collocano il rilascio di una quota contributiva prima del raggiungimento dei 67 anni, mentre la restante parte, ovvero la quota retributiva andrebbe a integrare la pensione dopo i 67 anni. 

Ciò significa che l’assegno pensione verrebbe liquidato in due modi, la prima parte con un calcolo strettamente legato alla presenza dei contributi versati e accreditati.

Mentre, la seconda parte, ovvero la quota retributiva giungerebbe nelle tasche dei lavoratori in un tempo successivo collocato non prima dei 67 anni. In altre parole, i lavoratori che scelgono questa opzione ricevono l’assegno pieno non prima dei 67 anni di età. 

L’altra possibilità potrebbe riguardare l’introduzione del contributivo puro senza distinzione. Ciò significa che i lavoratori potrebbero andare in pensione a 64 anni con l’applicazione di diverse condizioni, di cui un assegno pensione non inferiore a 2/8 dell’assegno sociale.

L’aspetto interessate riguarda i 20 anni di versamenti necessari per l’ingresso alla misura. Oltre tutto va detto che, tutti i contributi devono essere girati nella Gestione Speciale INPS. 

Pertanto, prima di girare tutti i versamenti contributi nel sistema contributivo, si consiglia di richiedere all’INPS delle informazioni mirate sulla propria pensione, anche avviando una simulazione di quella che potrebbe essere la pensione futura.

Una riproduzione necessaria anche per capire quanto si perde sull’assegno ancorandosi alla pensione anticipata contributiva. Oltre a valutare tutti gli aspetti legati ai requisiti e alle condizioni disposte dall’ordinamento previdenziale. 

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