Sfratto esecutivo: la procedura per bloccarlo

É possibile bloccare uno sfratto esecutivo ma è fondamentale sapere quali sono le giuste procedure e le annesse scadenze da rispettare. Vediamo quali sono.

A causa delle difficoltà legate alla crisi economica, sempre più frequentemente gli inquilini non riescono a fronteggiare il pagamento dei canoni di locazione. É quindi importante sapere entro quale termine deve essere pagato l’affitto al proprietario ed evitare di incorrere nello stato di morosità.

Può accadere di pagare quanto dovuto in ritardo rispetto ai termini fissati nel contratto perchè si versa in uno stato di indigenza momentanea. Normalmente la legge ammette un ritardo di 20 giorni rispetto alla scadenza mensile. Nell’ipotesi in cui questo termine ulteriore di 20 giorni non venisse rispettato e, dunque, l’inquilino non provvedesse al pagamento del canone, il proprietario di casa può recarsi dal giudice affinché ottenga una intimazione di sfratto per morosità.

Cos’è lo sfratto esecutivo? 

Lo sfratto esecutivo è un provvedimento attraverso il quale l’inquilino viene intimato di sgomberare l’immobile occupato (abusivamente) entro un termine fissato dal giudice. In poche parole è un provvedimento che contiene l’ordine rivolto all’inquilino di rilasciare l’alloggio entro un determinato termine.

Rappresenta il titolo esecutivo che consentirà al proprietario di casa di rientrare in possesso dell’immobile anche nel caso in cui l’affittuario decida di non liberarlo spontaneamente, attraverso un’azione esecutiva forza di rilascio. La procedura non richiede tempi lunghi visto che l’udienza viene fissata dopo soli venti giorni, e il tutto potrebbe risolversi in un unica volta soprattutto se il conduttore decide di non presentarsi o se non fa alcun tipo di opposizione. 

Intimazione di sfratto, cosa si può fare

Sono diverse le situazioni che consentono ad un inquilino moroso di continuare a vivere in casa o che gli consentono in ogni caso di posticipare i termini legali. Lo sfratto è sostanzialmente un procedimento che consente al proprietario di tornare in possesso del suo d’immobile per finita locazione, per morosità del conduttore oppure per gravi inadempienze o gravi danni causati all’immobile. 

Vediamo insieme ciascuno di questi casi e cerchiamo di capire quali sono i tempi corretti secondo la legge. Partiamo subito col dire che per poter avviare una procedura è assolutamente necessario l’esistenza di un contratto di locazione regolarmente registrato in cui siano chiaramente indicati i canoni da pagare e le modalità di pagamento. E per quanto riguada i canoni omessi, per legge basta anche un solo mese per giustificare il proprietraio ad agire contro gli iaffitturari.

Come chiedere l’annullamento

Il primo atto da compiere in caso di morosità del conduttore è inviare una raccomandata in cui si sollecita il pagamento che va effettuato entro un termine ben stabilito che di solito è di 15 giorni.  Se, trascorso questo periodo, ancora non avviene il pagamento, allora si può effettivamente dare inizio alla procedura di sfratto rivolgendosi ad un avvocato. 

Alla data fissata per l’udienza potranno verificarsi 4 scenari. Il primo potrebbe essere quello che il conduttore non si presenta e non si oppone, quindi lo sfratto diventa a tutti gli effetti immediatamente esecutivo e il giudice fissa la data entro la quale l’immobile deve essere rilasciato libero.

Potrebbe anche succedere che il conduttore si presenta all’udienza e chiede al giudice la possibilità di pagare le rate non ancora saldate e a questo punto si dice che il giudice concede un periodo di grazia di solito non superiore ai 90 giorni entro i quali il conduttore deve saldare le rate del canone.

In seguito verrà fissata un’udienza dieci giorni dopo i 90 giorni concessi “di grazia”.

Per verificare il pagamento delle rate un altro scenario potrebbe essere quello che l’inquilino si presenta in udienza e chiede un periodo più lungo per poter saldare le rate di canone non pagate dimostrando delle effettive gravi difficoltà sopraggiunte dopo la stipula del contratto di locazione. 

Ovvio che queste gravi difficoltà devono essere dimostrate per iscritto e devono essere verificabili, un esempio è la sopraggiunta disoccupazione oppure una grave malattia, in pratica qualunque motivo grave dimostrabile da parte dell’inquilino da presentare al giudice che a sua volta dovrà decidere se concedere ancora un periodo per poter pagare il canone. Solitamente il periodo concesso per gravi motivi è di 120 giorni.

Per poter chiedere la proroga l’inquilino deve aver pagato al massimo due mensilità non di più. L’ultimo scenario (il più facile) potrete essere quello che l’inquilino paga tutto il dovuto comprese le spese processuali, l’avvocato e gli eventuali interessi. In questo modo la procedura di sfratto si conclude.

Un altro motivo può essere per gravi inadempienze dell’inquilino come nel caso in cui, nonostante il divieto di sublocazione espressamente previsto nel contratto, l’inquilino si comporti diversamente.

Esiste un altro motivo previsto dalla legge, che però non è causato della morosità dell’inquilino ma da una scelta del proprietario, anche se in questo caso è più corretto parlare di mancata volontà di rinnovare il contratto di locazione da parte del proprietario nel momento in cui giunge a scadenza. Ovvio che se l’inquilino non lascia l’appartamento dopo che il contratto non è stato rinnovato, bisogna per forza adire le vie legali.

Il mancato rinnovo del contratto da parte del proprietario di casa deve rientrare in casistiche ben precise, citiamo quelle più conosciute: ad esempio il caso in cui il proprietario ha necessità di vendere e la sua unica proprietà è quell’immobile, oppure nell’ipotesi in cui il proprietario vuole donare l’appartamento ad un figlio.

In tali ipotesi le procedure sono più veloci. Se il proprietario trascorsi 12 mesi dalla liberazione della casa non lo utilizza per i motivi alla base dello sfratto,  la legge prevede delle sanzioni a carico del proprietario.

Che succede se l’inquilino non lascia l’appartamento

Ma cosa succede se l’inquilino non rilascia comunque l’appartamento dopo che la procedura di sfratto è diventata esecutiva?

Il giudice consente altri 10 giorni di tempo per poter liberare l’appartamento ma se l’inquilino non lo libera, il giudice deve procedere con l’esecuzione forzata di liberazione dell’appartamento con l’ufficiale giudiziario a volte coadiuvato dalle forze dell’ordine.

Come fare opposizione

Gli scenari possibili in sede di udienza di convalida sono due:

  • se il conduttore si oppone con eccezioni non supportate da prove scritte, il Giudice, dietro richiesta del locatore, potrà pronunciare un’ordinanza di rilascio dell’immobile;
  • se invece il conduttore si oppone con eccezioni fondate su prove scritte, in tal caso verrà avviato un giudizio di cognizione ordinaria che seguirà il rito locatizio.

Quanto dura il procedimento?

La risposta a questa domanda non può essere univoca, dipende dai casi. Ci sono casi in cui l’appartamento è stata riconsegnato in pochi mesi fino a situazioni in cui ci sono voluti addirittura due anni. 

Questo accade perchè i fatti in gioco che incidono sulla variabile tempo sono tantissimi, dalle tempistiche minime che la legge prevede e che sono quasi sempre poste a tutela dell’inquilino alle numerose dinamiche , situazioni processuali che si possono presentare ma soprattutto ciò che non può essere controllato è la tempistica dei vari tribunali e dei relativi U.N.E.P. ossia degli ufficiali giudiziari. 

Va da sè che più sarà vasto il territorio di competenza di un dato tribunale, maggiori saranno le possibilità che la liberazione dell’immobile richiede più tempo. 

É bene precisare che quello che comunemente si intende per sfratto in realtà, come abbiamo visto,  è una procedura per nulla banale che risulta composta da una serie di procedimenti che possiamo individuare sommariamente in tre fasi.

La prima fase è quella della citazione per la convalida. Questa è una attività che spesso viene considerata banale, ma che in realtà nasconde delle insidie che se sottovalutate, possono allungare notevolmente i tempi del procedimento fino a vanificare in caso di errore il procedimento stesso oppure costringere il giudice a differire ulteriormente la prima udienza.

La seconda fase è rappresentata dall’udienza di convalida. Questa è l’udienza in locatore e conduttore compaiono davanti al giudice mediamente fissata a 40 giorni dalla notifica, ma può capitare che per esigenza d’ufficio possa essere spostata anche a distanza di diversi mesi.

All’udienza di convalida l’inquilino potrà spiegare le proprie difese e se ad esempio non ha pagato le mensilità arretrate potrà, potrà chiedere al giudice dietro comprovata difficoltà economica un termine che va da 90 a 120 giorni per sanare la morosità sempre che non vi sia un’opposizione fondata da parte dell’inquilino.  L’udienza terminerà con la fissazione di un termine per l’inizio dell’esecuzione vera e propria del termine che può variare molto a seconda dei casi, mediamente è necessario aspettare tra i 3 e i 5 mesi prima di poter procedere ma il termine può essere fissato in casi di particolare eccezionalità anche a 12 mesi.

Dopo l’udienza di convalida, di apre la terza fase ossia quella degli accessi veri e propri all’immobile locato questi accessi vengono effettuati dagli ufficiali giudiziari e soprattutto sono intervallati l’uno dall’altro da un periodo in genere di 20 giorni/ 1 mese, salvo che non vi sia un rilascio spontaneo del conduttore. Il primo accesso non porta quasi mai alla liberazione del bene immobile, diciamo che risulta essere più un’opportunità per l’ufficiale giudiziario di capire come muoversi nei successivi accessi. Ricordiamo che durante gli accessi possono poi presentarsi diverse problematiche che spesso richiedono l’intervento di esistenti sociali, medici legali o altre forme di assistenzialismo come nel caso di presenza di minori o di invalidi gravi. Ovviamente questo può comportare una dilazione anche notevole dei tempi di rilascio.

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