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Bollo auto: ecco chi non deve pagarlo!

È inutile dire che vivere per gli italiani sia diventato sempre più caro.

Il rialzo generale dei prezzi provocato dal fenomeno inflattivo, di certo proprio bene al portafoglio delle famiglie italiane non ha fatto.

Partita da un rincaro dei prezzi dei prodotti energetici, in effetti questa spirale inflazionistica non ha tardato a trasferirsi su altri prodotti, anche di largo consumo, con effetti che sono diventati sempre più percepibili a tutti i livelli a fronte invece di salari che sono rimasti costanti.

Pertanto per gli italiani barcamenarsi tra spese per il cibo, per i figli, per le bollette, per la casa, è diventato sempre più complicato.

Se a questo aggiungiamo anche i soldi che ogni anno gli italiani devono destinare anche al pagamento di tasse ed imposte varie, ecco che far quadrare i conti diventa sempre più difficile in un contesto di crisi finanziaria ulteriormente esacerbata dalla situazione pandemica.

E tra le varie tasse che gli italiani si trovano a pagare c’è anche il bollo auto. Una tassa che gli automobilisti pagano annualmente ma che sicuramente rientra tra quelle più malvolentieri digerite, perché è una tassa che si paga indipendentemente dal fatto che si sia utilizzato o meno il mezzo di trasporto.

Tuttavia non tutti gli automobilisti sanno che ci sono delle particolari situazioni in cui gli stessi posso essere esonerati da pagamento di questa tanto odiata imposta, e nel corso di questo articolo indicheremo proprio tutte le fattispecie in cui tale esonero si verifica.

Prima però cerchiamo di capire meglio che cosa è il bollo auto, perché si paga, e chi deve pagarlo.

Bollo auto: che cosa è

Il bollo auto è una tassa che viene pagata con cadenza annuale, il cui pagamento è collegato esclusivamente al possesso dell’automobile che sia stata regolarmente iscritta al Pubblico Registro Automobilistico (PRA).

È una tassa quindi, il cui pagamento trova giustificazione esclusivamente nel possesso del mezzo, come tale deve essere pagata da ogni automobilista indipendentemente dal fatto che questo usi o meno la sua vettura o la lasci semplicemente ferma all’interno del suo garage anche per lunghissimi periodi di tempo.

Questa sua particolarità non la rende particolarmente digeribile agli occhi, ma soprattutto al portafoglio, degli italiani tanto che a lungo si è discusso della possibilità o meno di volerla togliere, un dibattito sicuramente molto acceso in virtù del fatto che questa tassa risulta anche essere decisamente più cara rispetto a quella che si paga negli altri paesi europei.

Per chiunque fosse interessato un video tratto dal canale We Drive – YouTube, offre spunti interessanti sul tema.

Bollo auto 2022: quando si paga

Dopo aver detto che è una tassa che trova la sua ragion d’essere esclusivamente nel possesso dell’autoveicolo, bisogna poi specificare che si tratta di una tassa la cui competenza è meramente regionale e non nazionale.

Il bollo si paga con cadenza annuale e normalmente sempre nei 30 giorni successivi alla precedente scadenza. Normalmente la scadenza del bollo coincide con il mese in cui l’auto è stata immatricolata.

Tuttavia questo non è sempre vero perché in alcune regioni, specie per le auto che hanno avuto più recente immatricolazione, la scadenza del bollo si ha nello stesso mese dell’immatricolazione, ed è quello che ad esempio accade in regioni quali Piemonte e Lombardia.

Tuttavia bisogna dire che non tutti coloro che possiedono un’automobile devono necessariamente corrispondere questa tassa, infatti ci sono delle specifiche esenzioni che andremo meglio a delineare nel proseguo dell’articolo.

Bollo 2022: come si paga

Diverse sono le modalità attraverso le quali si può pagare questa tassa automobilistica, ma fondamentalmente, resta il fatto che questa può essere pagata di persona, oppure ricorrendo direttamente a modalità di pagamento online.

Diversi sono i punti nei quali è possibile pagare personalmente il bollo, si pensi alle poste, alle tabaccherie, ai i punti di vendita Sisal e Lottomatica, agli sportelli ATM abilitati o alle delegazioni ACI.

Ma ultimamente con l’esplosione dei mezzi di pagamento digitali, anche per il bollo esistono differenti modalità per poter pagare questa tassa restando comodamente a casa.

In effetti si può far ricorso ai servizi di Home Banking del proprio istituto di credito, si può utilizzare il sito o l’app di poste italiane, il sito dell’Aci con il servizio pagoBollo (in tal caso si avrà bisogno per poter accedere dello SPID o della CIE), oppure utilizzando l’app messa a punto dalla pubblica amministrazione che si chiama Io.

Bollo auto 2022: come si calcola

Abbiamo visto che è una tassa che si paga con cadenza annuale e che essendo di competenza regionale, sono anche le stesse regioni che incassano tutti i proventi connessi alla riscossione di questa imposta, così come sono anche le stesse che stabiliscono i criteri in base ai quali calcolare l’importo della tassa stessa.

Normalmente il costo del bollo è legato a due parametri fondamentali, potenza del veicolo e classe di inquinamento.

Per effetto di questa combinazione si avrà che le auto più datate, che normalmente sono anche le più inquinanti, vengono a pagare un bollo più elevato ma analogamente, a parità di classe energetica, un’auto più potente corrisponderà un bollo più alto rispetto ad un’auto meno potente.

Bollo auto: cosa succede se non si paga

Il mancato pagamento del bollo può portare a conseguenze molto gravi che possono addirittura arrivare al fermo amministrativo del veicolo.

Questo fermo, oltre ovviamente al pagamento di sanzioni e di interessi di mora, comporta anche delle conseguenze pratiche perché esso ha come estrema conseguenza, la cancellazione dello stesso autoveicolo dal PRA.

Bollo auto: novità per il 2022

Nonostante questo fosse stato visto da più parti come l’anno della svolta, alla fine tale svolta non c’è stata, perché sebbene ci siano state tante discussioni in proposito il Governo non ha preso nessuna decisione riguardo l’abolizione di questa tassa, ragion per cui anche per il 2022 gli italiani si troveranno a corrispondere il bollo auto.

In aggiunta, non solo non c’è stata l’abolizione del bollo auto, ma è stato completamente respinto anche l’emendamento nel quale si chiedeva la cancellazione del superbollo per tutti gli autoveicoli con potenza superiore a 185 Kw.

L’unica novità in materia di bollo auto, è stato il completo stralcio di tutte le cartelle esattoriali di importo inferiore ai 5 mila euro per il bollo non pagato negli anni che vanno dal 2000 al 2010, con conseguente cancellazione di questi debiti già partire dallo scorso novembre.

Bollo e Covid: cosa è successo

Durante la fase emergenziale prodotta dal Covid, il governo è intervenuto con misure di sostegno anche in favore degli automobilisti. Tra questi proprio in relazione al bollo auto lo Stato, durante la fase più acuta della pandemia, aveva anche deciso di posticipare il pagamento del bollo.

Relativamente al bollo auto però, bisogna aggiungere che ci sono diversi automobilisti che ad oggi sono esonerati dal pagamento di questa tassa.

A breve daremo proprio una descrizione di tutte le categorie che sono esentate dal pagare il bollo sulle auto.

Bollo auto: possibili esoneri

In effetti sebbene si sia a lungo dibattuto circa la possibilità di abolizione di questa tassa ad oggi nessuna decisione concreta è stata presa in materia, pertanto tutti gli automobilisti si troveranno a pagare per l’anno in corso questa tassa così tanto discussa proprio perché come abbiamo detto è una tassa che prescinde completamente dall’utilizzo effettivo del veicolo.

Questo vuol dire che è legata al solo possesso dell’auto, che è il fondamento che fa scaturire l’obbligo al pagamento dell’imposta anche se di fatto l’auto non sia mai stata utilizzata o sia ferma da anni nel proprio garage.

È una tassa che grava e non poco sui bilanci familiari, tanto più in un periodo di crisi economica come questo, acuito dalla presenza della pandemia che ha esacerbato determinati aspetti.

Durante la fase più acuta della crisi pandemica in aiuto delle famiglie italiane il governo ha prorogato il pagamento del bollo, e anche dopo si sono cercate misure che in qualche maniera potessero essere di sollievo alle famiglie italiane per affrontare una situazione di difficoltà che il Covid davvero sembra intenzionato a non far finire mai.

Ecco perché fallendo il tentativo principale di eliminazione complessiva della tassa, in questi ultimi mesi comunque si è cercato di mettere a punto soluzioni che venissero in qualche modo in soccorso degli italiani, come riduzioni o esenzioni.

Tra queste misure, l’abbiamo menzionata anche prima, c’è stato lo stralcio di tutte le cartelle esattoriali di importo inferiore ai 5 mila euro per i bolli non pagati nel decennio 2000-2010, ma anche quando parliamo di esenzioni, non tutti sanno che ci sono talune categorie che sono esentate dal pagamento di questa tassa.

Bollo auto, attenzione: diritto all’esonero auto elettriche

Per quanto riguarda il bollo ricordiamo che è una tassa di competenza regionale e non statale, questo in forza di una sentenza della Corte Costituzionale del 2019 che stabilì massima discrezionalità relativamente a questa tassa alle regioni, purché tale discrezionalità rimanga sempre nei di quanto sancito dalle norme dello stato.

Questa totale autonomia a livello locale, fa sì che le regioni abbiano piena facoltà di determinazione del bollo stesso.

Ecco perché può accadere che la disciplina in materia, le relative agevolazioni e/o esenzioni differiscano sostanzialmente da regione a regione.

Molte volte l’esonero dal pagamento di questa tassa dipende oltre che a livello territoriale, anche dal tipo di automobile posseduta.

È il caso ad esempio di tutta la campagna volta ad uno sviluppo economico sempre più ecocompatibile nell’ambito della quale si cerca di agevolare in qualche modo il rinnovo del parco auto nazionale, piuttosto vetusto e altamente inquinate con altri tipi di vetture che siano invece, più eco-friendly.

È il caso ad esempio del vantaggio che viene dato a chiunque acquisti un’auto elettrica di non dover pagare il bollo nei primi cinque dall’acquisto stesso.

Ma questa agevolazione è stata pensata non sono come un possibile sprone per invogliare esclusivamente all’acquisto, perché una volta che siano passati questi cinque anni, comunque le auto elettriche pagheranno una tassa automobilistica nettamente inferiore alle auto alimentate con carburanti tradizionali tipo diesel, benzina o gas.

Questo tipo agevolazione è prevista anche per le auto ibride anche se, il periodo di esenzione dal pagamento dopo aver effettuato l’acquisto, può oscillare in un periodo che va dai tre ai cinque anni a seconda proprio delle disposizioni delle singole regioni.

Bolo auto: il caso delle regioni Lombardia e Piemonte

In questo senso quanto disposto dalle regioni Lombardia e Piemonte è proprio un esempio dell’autonomia che hanno a livello territoriale le singole amministrazioni riguardo questa tassa.

Per esempio la Lombardia in merito alle auto elettriche ha scavalcato completamente qualunque limite temporale, stabilendo che si è esonerati per sempre dal pagamento del bollo auto se si acquista un’auto elettrica oppure un’auto ad idrogeno.

In aggiunta, sempre la stessa regione, ha fornito incentivi a chi contribuisce a svecchiare il parco auto, stabilendo il pagamento di un incentivo di 90 euro a chiunque demolisca vecchi veicoli inquinanti. Nella stessa direzione va l’esenzione data al pagamento del bollo per tre anni a chiunque cambi la propria auto, acquistando un’auto ibrida, oppure una vettura a benzina Euro 5 o Euro 6.

Analogo esempio arriva dal Piemonte che ha completamente tolto la tassa automobilistica per acquisti di vetture elettriche, a benzina ma di livello Euro 6 o superiore, a metano oppure a gas.

Bollo auto: esonero per le auto d’epoca

Oltre a quelli sopra menzionati, hanno diritto a non pagare il bollo dell’auto tutti coloro che possiedono un’auto d’epoca, ossia un’auto che abbia più di 30 anni. Per queste auto rimane in piedi solo la tassa di circolazione.

Discorso completamente analogo vale per chi possiede un ciclomotore anche se con alcune precisazioni. Per non pagare il bollo infatti, questo ciclomotore deve essere stato certificato come rilevante dal punto di visto storico e rientrare nel range dei 20-29 anni di anzianità.

Bollo auto: esonero per disabili

Infine, fondamentali in questo senso sono tutte le agevolazioni riconosciute ai disabili che abbiano avuto riconosciuta la Legge 104.

Ricorrendo tale evenienza lo Stato esonera completamente dal pagamento del bollo auto la vettura che è di proprietà del disabile o del familiare di cui il disabile è a carico e che viene utilizzata come mezzo esclusivo per il trasporto del disabile stesso.

Legge di Bilancio 2022: Quota 102, Ape Social, Opzione donna

La nuova Legge di Bilancio per il 2022, come era prevedibile dalla bozza della Manovra, contiene moltissime novità. Le misure introdotte in materia fiscale, del lavoro, degli ammortizzatori sociali, bonus e misure di sostegno al reddito, sono davvero tante. Si tratta di provvedimenti che, ovviamente, impattano – per così dire – sul lavoro, sulle famiglie e sulle imprese.

Infatti, si tratta di una Manovra molto consistente, da ben 36,5 miliardi di euro.

Ma un capitolo molto importante e anche molto discusso, riguarda il mondo delle pensioni. Sono stati prorogati, nel dubbio iniziale, i trattamenti pensionistici di uscita dal lavoro anticipato Opzione Donna e Ape Sociale. Oltre alla proroga, le due misure hanno subito qualche cambiamento.

Ma, soprattutto, come era auspicabile, è stata superata e non rifinanziata la tanto discussa Quota 100 e, al suo posto, è stata inserita Quota 102, ma durerà soltanto un anno.

Questo articolo ha l’obiettivo di analizzare tutte le novità sulle pensioni, come Opzione Donna e Ape Sociale e, naturalmente, Quota 102. Proprio su quest’ultima, l’Inps, nella giornata del 10 gennaio 2022, ha pubblicato le istruzioni per presentare la domanda, contenute nel messaggio numero 97.

Legge di Bilancio 2022 e pensioni: tutte le novità!

Tra le tante novità contenute nella nuova Legge di Bilancio del 2022, una parte importante e molto sostanziosa è occupata dall’argomento delle pensioni.

Innanzitutto bisogna dare il benvenuto alla nuovissima Quota 102, che prende il posto della tanto discussa Quota 100. Tuttavia, dobbiamo specificare sin da subito che Quota 102 resta in vigore soltanto per il 2022.

Sempre all’interno del capitolo delle pensioni, sono inserite anche due proroghe molto attese da tutti coloro che sperano di poter andare in pensione in anticipo: si tratta di Opzione donna e dell’Ape Sociale

Ci sono stati cambiamenti su Opzione donna e Ape Sociale? Non molti, in realtà, ma Ape Sociale è stata estesa a molti altri beneficiari – che vedremo, successivamente.

Ebbene, è arrivato il momento di passare all’analisi dei trattamenti pensionistici, partendo proprio dall’introduzione di Quota 102.

Legge di Bilancio 2022: introdotta Quota 102

Con l’addio a Quota 100, la nuova Legge di Bilancio del 2022 ha introdotto Quota 102, ma solo per il 2022. Si tratta, infatti, di una misura “ponte”, prima dell’istituzione di un nuovo sistema pensionistico.

Ma chi potrà accedere a Quota 102 per l’uscita anticipata dal lavoro? I lavoratori appartenenti al settore pubblico e privato, per poter richiedere il trattamento pensionistico di Quota 102, durante il 2022 devono avere un’età di sessantaquattro anni e devono maturare trentotto anni di contributi

Come si legge sul sito pensionioggi.it:

“A condizione che la maturazione dei requisiti avvenga nel corso dell’anno, l’accesso alla pensione è consentito anche successivamente al 31 dicembre 2022”.

Sostanzialmente, i requisiti richiesti sono questi appena elencati. Pertanto, possiamo sintetizzare dicendo che Quota 102 si riferisce ai lavoratori nati entro il 1958 e che, come abbiamo detto poc’anzi, tra il 1° gennaio del 2022 e il 31 dicembre del 2022, raggiungano i trentotto anni di contribuzione.

Quota 102: come fare domanda? Ecco le istruzioni dall’Inps!

L’Inps ha pubblicato le istruzioni per la presentazione delle domande di accesso al trattamento pensionistico di Quota 102.

Le istruzioni sono inserite nel messaggio n. 97, pubblicato il 10 gennaio del 2022. Ma quali sono le modalità di presentazione delle domande?

Innanzitutto, per tutti coloro che sono in possesso di una identità digitale tra Spid, Cie o Cns, è possibile compilare e inoltrare la domanda, direttamente sul sito dell’Inps. Dopo essersi autenticati, bisogna accedere alla sezione “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, ECOCERT, APE Sociale e Beneficio precoci”.

Una volta entrato nella sezione indicata, il cittadino non deve far altro che scegliere e cliccare sulla voce “Nuova prestazione pensionistica”; successivamente, su “Anzianità/Anticipata/Vecchiaia”, “Pensione di anzianità/anticipata” e, infine, su “Requisito quota 102”.

Completati i passaggi sopra elencati, è necessario indicare il Fondo di appartenenza e la Gestione di liquidazione

Dobbiamo fare, infine, un’ultima precisazione. Possono avvalersi della modalità sopra indicata i seguenti lavoratori:

  • Iscritti alle Gestioni Private;
  • Iscritti alla Gestione Pubblica;
  • Iscritti alla Gestione spettacolo e sport.

Come si legge nel messaggio dell’Inps, si può utilizzare questa modalità anche:

“[…] al fine di chiedere il cumulo dei periodi assicurativi per il conseguimento del diritto alla pensione “quota 102””.

Infatti, per poter arrivare ai trentotto anni di contributi previsti per accedere a Quota 102, è possibile anche cumulare i contributi versati a casse previdenziali diverse con una sola esclusione: quella presso le gestioni dei liberi professionisti.

In alternativa, alla trasmissione telematica diretta, è possibile presentare domanda anche recandosi presso Patronati o altri professionisti abilitati. Infine, è possibile anche utilizzare il servizio di Contact Center.

Legge di Bilancio 2022: come cambia l’Ape Sociale?

Passiamo adesso ad analizzare un altro trattamento pensionistico prorogato al 2022: Ape Sociale. Quella dell’Ape Sociale si tratta di una proroga molto importante e molto interessante, in quanto la platea dei beneficiari, cioè dei lavoratori gravosi, a cui si riferisce si è notevolmente ampliata.

L’Ape Sociale non è altro che un anticipo pensionistico, riservato, come ben si può comprendere da quanto appena detto, soltanto ad una categoria di lavoratori. Si tratta di lavoratori gravosi o usuranti.

Pertanto, per tutti coloro che fanno parte di questa categoria che, con la nuova Legge di Bilancio è stata ampliata, e che rispettano alcune condizioni, è possibile andare in pensione in anticipo.

Facendo qualche cenno storico, si ricorda che l’Ape Sociale è stata introdotta dalla Legge di Stabilità del 2017 (Legge n. 232 del 2016). Si tratta di un trattamento pensionistico che consente una uscita più flessibile dal lavoro. È una pensione garantita dallo Stato ed è erogata dall’Inps.

Inizialmente, l’Ape Sociale è stata istituita come forma sperimentale, ma, come abbiamo visto, è stata prorogata anche a quest’anno.

Si ricorda che l’Ape Sociale è un trattamento pensionistico che è possibile ricevere in attesa del raggiungimento dell’età per beneficiare della pensione di anzianità.

A chi si rivolge, quindi, l’Ape Sociale? Come già detto, l’elenco delle categorie di lavoratori usuranti si è ampliato. Sul sito pmi.it, si legge che:

“La categoria degli addetti ai lavori gravosi annette coloro che hanno svolto (per almeno 6 anni negli ultimi 7 oppure 7 anni negli ultimi 10) un’attività particolarmente pesante […]”.

Ma quali sono i lavori gravosi aggiunti? L’ampliamento comprende gli insegnati delle scuole elementari, i ceramisti, i magazzinieri, i portantini, gli autisti di mezzi pesanti e così via. Per leggere l’elenco completo si consiglia si visualizzare il seguente link.

Inoltre, per potervi accedere bisogna aver compiuto sessantatré anni di età e bisogna aver versato contributi per trentasei anni. Ovviamente, bisogna aver cessato l’attività lavorativa. 

In riferimento ai contributi, dobbiamo menzionare alcune eccezioni. Per esempio, per gli operai edili, i ceramisti e i lavoratori che si occupano della conduttura di impianti per formare articoli in ceramica e in terracotta, è sufficiente aver maturato trentadue anni di contributi.

Come si legge sul sito ipsoa.it:

“[…] per coloro che si trovino in stato di disoccupazione l’eliminazione, ai fini dell’accesso alla misura, della condizione che siano passati 3 mesi dalla fine del godimento dell’intera prestazione previdenziale di disoccupazione”.

Legge di Bilancio 2022: proroga Opzione Donna. Cosa cambia?

Infine, dobbiamo occuparci anche di un altro trattamento pensionistico, che consente l’uscita flessibile e anticipata dal lavoro. Si tratta di Opzione Donna, della cui proroga si era temuto fino alla fine.

Ci sono stati cambiamenti? No, e non è stata neppure innalzata l’età per accedere alla misura come, invece, era stato inizialmente previsto. 

Per poter accedere a Opzione Donna, sostanzialmente, è necessario aver maturato l’anno scorso trentacinque anni contributivi, sia per le lavoratrici autonome che per le lavoratrici dipendenti.

Tuttavia, tra le due categorie di lavoratrici vi è una differenza. Per l’uscita anticipata con Opzione Donna, le lavoratrici dipendenti devono aver un’età anagrafica di almeno cinquantotto anni; mentre, le lavoratrici autonome devono aver compiuto cinquantanove anni.

Entrambi i requisiti, contributivo e anagrafico, si devono possedere al 31 dicembre del 2021.

Naturalmente, si tratta di un’uscita flessibile dal lavoro e, quindi, presenta qualche limite che potrebbe disincentivare alcune donne lavoratrici ad accedervi. 

In primo luogo, dobbiamo menzionare il meccanismo di calcolo: viene utilizzato il calcolo contributivo e non retributivo. Il calcolo contributivo è più svantaggioso perché viene effettuato soltando sui contributi versati; in questa maniera, si va a percepire un assegno pensionistico minore.

In secondo luogo, bisogna tenere presente la decorrenza dell’assegno. Per le lavoratrici dipendenti, l’erogazione dell’assegno pensionistico avviene dopo un anno; mentre, le lavoratrici autonome dovranno attendere diciotto mesi.

Come si presenta la domanda per accedere ad Opzione Donna? La domanda, aggiornata, deve essere presentata all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, tramite i servizi telematici. In alternativa, è possibile recarsi presso Patronati o utilizzare il servizio di Contact Center.

Per quanto riguarda il personale scolastico in possesso dei requisiti, è possibile accedere a Opzione Donna dal 1° settembre 2022; mentre, per le lavoratrici degli Istituti AFAM, è possibile accedervi a partire dal 1° novembre del 2022.

L’Inps ha pubblicato, sul proprio portale, il messaggio n. 169, il 13 gennaio 2022, nel quale fornisce tutte le istruzioni sulla proroga.

Sondaggi Politici: il PD in testa sul centrodestra!

Siamo ormai due settimane all’interno del 2022, e la situazione rispetto al 2021 sembra essere cambiata davvero di poco. Se, infatti, un anno fa guardavamo al 2021 con speranza, ormai sembra che ci siamo tutti rassegnati ad un altro anno di pandemia, vaccini e crisi

La tremenda pandemia di Covid-19, che ormai fa parte delle vite di tutto il mondo da due anni, non sembra intenzionata a recedere. Anzi, nonostante i vaccini ed i paesi civilizzati arrivati ormai alla terza dosei numeri di contagi continua a rompere ogni record, ed il numero di morti, per quanto inferiore all’anno scorso, non è certo rassicurante. 

L’immunità vaccinale, comunque, sembra funzionare. Sebbene sia minata dalla nuova variante, Omicroni nuovi casi non sembrano subire la malattia in modo grave quanto i non vaccinati, i quali invece hanno ancora bisogno di serie cure sanitarie e continuano ad occupare tristemente le terapie di tutto il paese (e del mondo). 

Altro motivo per cui questo 2022 sembra terribilmente simile al 2021 è il cambiamento di colore delle regioni. Se fino a qualche mese fa ci aspettavamo che il lockdown fosse appena un vago ricordo, oggi il rischio di alcune regione di entrare in zona rossa è seriamente concreto

In zona rossa si entra sostanzialmente in un regime di lockdown completo, in cui è possibile uscire solamente per strette necessità e non si può neanche uscire dal proprio comune di residenza. 

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, ha detto questo riguardo il rischio di entrare in zona rossa:

A meno di ‘iniezioni’ di posti letto dell’ultima ora o di modifica dei criteri per classificare i pazienti Covid ospedalizzati, entro fine mese numerose regioni andranno in zona arancione e qualcuna rischia la zona rossa. Un colore che certificherebbe il fallimento nella gestione della quarta ondata, nonostante la disponibilità di vaccini molto efficaci nel prevenire la malattia grave.

Ma infine, per noi italiani in particolare, c’è una ragione precisa per cui il 2022 sembra così simile al 2021. La nostra politica, che di certo è tutto tranne che stabile è di nuovo in subbuglio

Sicuramente ne avrete sentito parlare, ma esattamente cosa sta succedendo? E perché? Vediamolo insieme.

Sondaggi politici: un nuovo Primo Ministro?

Teoricamente, la legislatura attuale finirà nel 2023, ovvero a più di un anno da qui, ma sappiamo bene che la politica italiana gioca scherzi molto divertenti, soprattutto quando il premier in carica potrebbe doversi… assentare.

Mario Draghi, attuale Primo Ministro, è infatti in lizza per diventare il nuovo Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, colui che ricopre la carica al momento, sgombrerà il Quirinale molto presto e a fine mese ci saranno le nuove elezioni. 

Fra i tanti candidati papabili, Mario Draghi è uno di quelli. Ciò significa che bisognerebbe trovare un nuovo Primo Ministro, impresa alquanto ardua con una maggioranza così frammentata. Lo stesso Draghi, d’altronde, era stato selezionato in quanto tecnico, non affiliato a nessun partito ed in grado di mettere d’accordo tutti.

L’opzione elezioni anticipate, per quanto improbabile, non è quindi da escludere completamente. Se non si trovasse un sostituto di Draghi gli italiani saranno chiamati a votare, e poi chissà cosa succederà. 

Per questo motivo, nelle ultime settimane si sono svolti moltissimi sondaggi politici per capire cosa potrebbe scegliere l’elettorato italiano in caso di chiamata alle urne. 

Vediamo insieme, dunque, alcuni di questi sondaggi e quali sono stati i loro risultati. 

Se, prima, siete curiosi di sapere come si elegge un Presidente della Repubblica, vi linkiamo un video informativo a riguardo di Why Why.

Sondaggi politici: PD sopra la Lega

Vi ricordate quando la Lega era data come primo partito d’Italia appena un anno fa? Esattamente il 13 gennaio 2020, infatti, veniva diffuso un sondaggio che percepiva il 32.4% di consensi per la Lega di Matteo Salvini

Secondo quei sondaggi politici, PD e Fratelli d’Italia (guidato da Giorgia Meloni) erano sostanzialmente partiti di secondo piano, con rispettivamente il 18.4% ed il 10.4%. 

Se Matteo Salvini avesse giocato bene le sue carte, sarebbe potuto persino diventare Primo Ministro. La crisi del governo Conte 2, infatti, aveva visto perdenti M5S e PD nei giochi di potere parlamentari. Matteo Renzi aveva infatti tolto importanti voti per supportare la maggioranza, che quindi era crollata.

La Lega svettava come primo partito, ma Salvini non colse l’occasione dando il suo supporto, così come il resto del suo partito, a Mario Draghi.

Oggi, questo scenario è solamente un pallido ricordo. Fra alleanze rischiose e scivoloni mediatici, l’immagine di Matteo Salvini non si è più ripresa ed anzi è in costante calo

Oggi, secondo i nuovi sondaggi politici, la Lega sarebbe al 19%, un calo del 13% di consensi in un anno, pari ad oltre 4.5 milioni di elettori

Lo scandalo che ha forse condannato la Lega è stato quello legato a Luca Morisi. Il membro più vicino a Matteo Salvini, nonché ideatore di buona parte della sua campagna social, era stato scoperto al centro di un giro di festini, droghe ed escort, che aveva poi portato al suo arresto. 

Matteo Salvini, colto in fallo, aveva rivelato quanto Morisi fosse importante per lui, dichiarando spesso che l’avrebbe persino riportato nelle fila del partito se fosse stato possibile. In un’intervista a La7, ad esempio, il Capitano aveva dichiarato:

Se vuole può tornare a lavorare con me anche subito. Io non amo quelli che abbandonano gli amici o i colleghi nel momento della difficoltà. Anzi è nella difficoltà che emergono non i politici, ma le persone. Morisi è una bravissima persona massacrata per un mese sul nulla per attaccare me.

Riprendersi da una mazzata mediatica simile, specialmente per un partito conservatore come la Lega, non è di certo facile ed è probabilmente parte dei motivi per cui la Lega sta costantemente perdendo consensi

Persino Giorgia Meloni, il cui partito aveva ben venti punti percentuale in meno della Lega, ha adesso sorpassato Salvini, conseguendo un incredibile 19.9% nei sondaggi politici. 

Insomma, se si dovesse andare a elezioni anticipate (ma anche in vista delle generali l’anno prossimo) difficilmente vedremo Matteo Salvini premier in quanto non sarà probabilmente più leader di maggioranza

A quale partito spetterà questo ruolo, tuttavia, è ancora un’incognita. I sondaggi politici, tuttavia, ci danno una mano ad intuirlo. 

Sondaggi politici: PD primo partito

Secondo i sondaggi di SGW per La7il primo partito in Italia al momento sarebbe il PD, che, se si dovesse votare domani, prenderebbe circa il 22.2% dei voti

Certo, non è una maggioranza tale da poter stare sicuri per le prossime elezioni. D’altronde, se la Lega è scesa di 13 punti in un anno, lo stesso potrebbe accadere anche al PD

L’ex compagno di merende del PD, il Movimento 5 Stelle, è anch’esso colato a picco nei sondaggi. Secondo Euromediail partito di Beppe Grillo avrebbe oggi il 14.8% dei consensi, neanche sufficiente per un’eventuale coalizione con il PD.

Oggettivamente, però, nessun partito sembra avere una presa sul paese tale da poter consentire una coalizione sicura. La scelta di un eventuale premier, quindi, sarebbe estremamente combattuta.

Si potrebbe nuovamente scegliere l’opzione governo tecnico, vista anche la grande popolarità di Mario Draghi. Secondo i sondaggi, l’attuale premier sarebbe popolare fra il 70% degli italiani, un numero incredibile soprattutto vista l’instabilità tipica italiana della posizione di Primo Ministro. 

A seguirlo nei sondaggi, inoltre, una grande sorpresa: Giuseppe Conte sarebbe il secondo favorito con una popolarità del 50%. Sebbene, dunque, il suo partito sia così in basso nei sondaggi, Conte non sembra aver perso un briciolo del suo appeal. 

Giorgia Meloni ed Enrico Letta vengono dopo, entrambi con circa il 40% dei consensi e, infine, all’ultimo posto siede Matteo Salvini, con una popolarità del 36%

I partiti di centro-sinistra, dunque, riconfermano la loro strategia di puntare meno sul “leader” e più sul simbolo del partito stesso, e viceversa i partiti di centro-destra.

Infine, per quanto riguarda i partiti minori, Azione di Calenda è al momento quello più apprezzato degli italiani, con una percentuale nei sondaggi politici del 4.1%.

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Sondaggi politici: le priorità per gli italiani

Ma ovviamente la politica non è (o non dovrebbe essere) tutta fatta di partiti e leader. Servono anche i fatti per governare il paese.

Ed è questo un altro elemento che i sondaggi politici in questione hanno cercato di capire: quali sono le priorità per gli italiani?

Secondo un articolo di TPI.it, che riporta proprio i risultati di questi sondaggi, le priorità si elencano in questo modo:

Per il 31,6%, in questo momento l’esecutivo dovrebbe concentrarsi sull’emergenza sanitaria e il contrasto all’infezione. Per il 19,3%, invece, è più importante il tema del lavoro e della disoccupazione, per il 16,9% del campione il governo dovrebbe concentrare i suoi sforzi sulla ripresa economica. Per l’11% la preoccupazione principale del Paese in questo momento dovrebbe essere la riduzione delle tasse, e solo per il 2,4% dovrebbe riguardare invece la scuola.

Svetta dunque, nuovamente, la pandemia di Coronavirus che, come accennavamo all’inizio non smette di soffocare l’economia e la vita del paese. Buona parte degli italiani, però, è evidentemente stufa della situazione e ciò è particolarmente evidente dal sondaggio

Se quasi il 20% dei partecipanti reputa più importante il lavoro e la disoccupazione, ed un ulteriore 16% preferirebbe concentrarsi sulla ripresa, è evidente che nella mente di molti la pandemia sia ormai diventata parte della vita quotidiana: l’ennesimo evento negativo con cui bisogna convivere. 

Ovviamente, se la pandemia sia effettivamente divenuta “endemica”, ovvero stagionale come altre comuni malattie, spetta agli scienziati deciderlo. Per il momento, sarebbe sempre bene seguire le norme igienico-sanitarie pur con un occhio al futuro per riprendere a vivere in modo più o meno normale presto. 

Forse per questo motivo il 69.9% dei partecipanti è a favore dell’obbligo vaccinale per gli over 50. La vaccinazione, d’altronde, è il modo più veloce che conosciamo per arrestare la diffusione mortale del virus. 

Busta paga 2022, detrazioni e ANF addio! Ultimissime novità

Busta paga decisamente più magra per tutti i lavoratori dipendenti, del settore pubblico e privato, a partire da marzo 2022. Scompaiono infatti le detrazioni per figli a carico e quindi si vanno a ridefinire le aliquote Irpef.

Una fase di passaggio che si concluderà alla fine del prossimo mese, considerando anche l’entrata in vigore dell’assegno unico e universale a partire dal 1° marzo. Quest’ultimo però non va in busta paga, bensì si tratta di un sostegno economico alla genitorialità erogato con bonifico distinto e separato da parte dell’Inps e calcolato in base all’Isee.

Come tutti i momenti di transizione, è bene informarsi e restare aggiornati in maniera tale da poterlo gestire con attenzione, dal momento che, prima dell’assestamento dei mesi successivi, si potrebbe incorrere in un calo temporaneo delle proprie entrate economiche, nel corso del mese di marzo.

Ecco a seguire dunque tutte le ultime novità in merito sia agli assegni al nucleo familiare che alle detrazioni per figli a carico e infine ai bonus in busta paga per il 2022.

Busta paga da gennaio 2022, novità

Diversi sono stati i cambiamenti ai quali abbiamo assistito in questi ultimi tempi. Da quando la pandemia ha stravolto le nostre vite, ogni aspetto della quotidianità ha subito delle ripercussioni negative.

Se da una parte in tanti purtroppo sono rimasti senza lavoro, dall’altro assistiamo all’introduzione di una delle più grosse novità, nel panorama del welfare alle famiglie, da parte dello Stato italiano: l’assegno unico e universale.

È universale perché per la prima volta contempla un contributo economico anche per i figli dei disoccupati e per quelli dei titolari di partite Iva. Si tratta di categorie di persone che hanno già ricevuto i primi assegni, a partire dal mese di luglio 2021.

La novità di quest’anno 2022 sta nel fatto che per l’appunto, la misura si estende anche ai lavoratori dipendenti, che a ogni modo continueranno a percepire gli assegni al nucleo familiare (ANF) fino all’entrata in vigore dell’assegno unico, a partire da marzo.

Cosa cambia in busta paga 2022 

Le novità scattano già a partire da gennaio per poi arrivare a marzo con l’introduzione dell’assegno unico.

Questo è un passaggio molto importante. Cosa significa?

La busta paga diventa più leggera, dal momento che spariscono gli assegni per il nucleo familiare e le detrazioni fiscali per i figli a carico.

Questa perdita si compensa grazie al bonifico previsto mensilmente per l’assegno unico, il cui importo è da calcolare in base a quanto riportato nell’attestazione Isee. Tale richiesta, per ottenere l’assegno erogato direttamente dall’Inps, va presentata però in autonomia. Quindi non si riceve in automatico ma è il diretto interessato che deve provvedere a presentare la domanda.

In un articolo già pubblicato sul tema, abbiamo illustrato le modalità di richiesta dell’assegno unico. Rimandiamo dunque a tale lettura, per maggiori approfondimenti sull’argomento.

Il problema che potrebbe verificarsi sta proprio nei parametri differenti da prendere in considerazione, ai fini del calcolo. Infatti, fino a ora questo avveniva in base al reddito ai fini fiscali mentre ora fa fede l’attestazione Isee. Nella maggior parte dei casi si assisterà a uno scostamento e purtroppo non sempre sarà positivo e a vantaggio del contribuente.

Perlomeno queste sono le proiezioni di Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, come riportato dalle sue affermazioni al riguardo.

Assegni al nucleo familiare e detrazioni figli a carico: differenze

Cogliamo l’occasione, per un’informazione consapevole, di illustrare quali sono le differenze che intercorrono tra assegni al nucleo familiare e detrazioni fiscali per i figli a carico.

Innanzitutto, si tratta di due benefici in favore del nucleo familiare interessato, che però nulla hanno a che vedere l’uno con l’altro.

Questo, in particolar modo, significa che, nel caso di errore di calcolo sulle detrazioni per figli a carico (per sbaglio potrebbero risultare superiori al 100%, se mal ripartite tra i genitori), si è tenuti a restituire la quota di denaro in eccesso di cui si è potuto beneficiare grazie alle detrazioni, ma che nulla ciò ha a che vedere con l’importo ricevuto invece per gli assegni familiari.

Questo perlomeno fino a quando tutte queste misure di sostegno alla genitorialità non verranno assorbite dall’assegno unico, a partire da marzo 2022, per quanto concerne le buste paga dei lavoratori dipendenti.

È l’Inps che eroga l’assegno familiare direttamente sulla busta paga di un genitore, con un calcolo in funzione sia della composizione del nucleo familiare che del reddito. L’assegno va ai figli minorenni e va richiesto in autonomia ogni anno, in quanto non si accredita in automatico in busta paga.

Per quanto concerne invece le detrazioni fiscali per i figli a carico, il funzionamento è differente. Si tratta infatti di un’agevolazione che permette di abbassare l’imponibile Irpef e quindi il calcolo delle tasse da pagare. 

Le detrazioni per figli a carico vanno oltre la maggiore età, a differenza degli assegni per il nucleo familiare. Nella fattispecie, è possibile continuare a beneficiare delle detrazioni fiscali fino al compimento dei 24 anni di età del figlio, se quest’ultimo non guadagna più di 4 mila euro all’anno. A partire dai 25 anni, il familiare è a carico fiscalmente soltanto se non percepisce più di 2841,51 euro all’anno.

L’assegno unico non va in busta paga!

Cosa succederà dunque, a partire da marzo 2022 in busta paga, quando l’assegno unico racchiuderà sotto lo stesso cappello tutti questi vantaggi fiscali ed economici?

Per quanto riguarda le detrazioni fiscali, queste spariranno dalla busta paga ma solo fino ai 21 anni (limite massimo di erogazione dell’assegno unico). In seguito, al momento in cui il figlio compie i 21 anni di età, il genitore potrà beneficiare nuovamente delle detrazioni fiscali fino al compimento del 24° anno di età, ma solamente se per l’appunto il figlio non supera la soglia annua di guadagno prevista, al di sopra della quale il genitore perde il beneficio.

Dopo i 24 anni di età non si ha più diritto alla detrazione fiscale per figlio a carico, a meno che non percepisca meno di 2841,51 euro annui.

Gli assegni familiari così come concepiti fino ad ora spariscono anch’essi dalla busta paga, pertanto il netto a partire da marzo 2022 sarà inferiore per tutti. Questo appunto per il fatto che l’assegno unico non va in busta paga.

Infatti bisogna rivolgersi direttamente all’Inps per espletare la procedura e ottenere così il bonifico sul proprio conto corrente, ogni mese. In base all’attestazione Isee aggiornata e in corso di validità da allegare obbligatoriamente, l’Inps effettua in automatico i calcoli, reperendo gli altri dati direttamente dal codice fiscale del richiedente.

Gli importi variano sia a seconda del reddito ma anche del numero di figli presenti e in casi particolari, come quelli di disabilità ad esempio.

I datori di lavoro possono dare comunicazioni in merito ai loro dipendenti. In particolare, si specifica che, per continuare a percepire l’assegno per il nucleo familiare anche nel mese di marzo 2022 (al di fuori della busta paga), è indispensabile che sia il lavoratore a inoltrare la richiesta entro e non oltre la fine di gennaio 2022.

A loro volta i lavoratori, per poter procedere con l’inoltro della domanda all’Inps e ottenere l’assegno unico, devono obbligatoriamente procurarsi un’attestazione Isee aggiornata al 2022 e in corso di validità. Abbiamo già approfondito l’argomento, in questo articolo dedicato all’Isee 2022.

ARTICOLO

Bonus busta paga 2022

Taglio Irpef, detrazioni che spariscono (fino ai 21 anni di età), assegni familiari cancellati. Le novità 2022 riservate alla busta paga dei lavoratori dipendenti non sono poche, come abbiamo avuto modo di presentare nel corso di questo articolo.

E per quanto riguarda i bonus, quali sono i cambiamenti?

Il noto bonus 100 euro altrimenti detto ex bonus Renzi è stato prorogato. Anche in questo caso però ci sono delle modifiche da attuare, visto il nuovo sistema previsto per le aliquote Irpef.

Innanzitutto, per ottenere i complessivi 1.200 euro in più all’anno, il tetto massimo del reddito è stato drasticamente abbassato. Se prima l’integrazione era prevista fino a 28 mila euro di reddito annuo, ora solo chi guadagna meno di 15 mila euro potrà beneficiare dei 100 euro in più in busta paga.

La modifica che ha interessato le aliquote Irpef, fa sì che queste ultime passino da cinque a quattro. Quindi:

Alla luce di tutte queste informazioni, appare alquanto evidente che non sono pochi i cambiamenti a cui i lavoratori assisteranno nel 2022, relativamente alla loro busta paga. Il bonus 100 euro, ricordiamo, spetta anche a chi percepisce la Naspi.

Ciò che non cambia, a proposito di bonus 100 euro in busta paga anche per tutto il 2022, è il fatto che formalmente si tratta di un credito d’imposta, che però si concretizza in 100 euro in più sul netto della busta paga. Ciò che è da sottolineare inoltre è che l’ex bonus Renzi non concorre alla formazione del reddito ed erogato direttamente dal datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta.

Vale la pena ricordare che l’accredito dei 100 euro avviene in via automatica, insieme allo stipendio. Il lavoratore può scegliere di ottenere il beneficio mese per mese oppure formulare esplicita rinuncia, così da avere la somma spettante in un’unica soluzione. Questo può avvenire sia a fine anno oppure in fase di dichiarazione dei redditi annuale.

Durc: tutto quello che c’è da sapere!

A tutti è capitato almeno una volta al giorno di sentire abbreviazioni o sigle riferite a documenti o enti a cui rivolgersi.

Riuscire a tenere a mente ognuna di queste sigle è spesso molto difficile e Internet in questo ci viene in aiuto se non ne ricordiamo una specifica.

Oggi vediamo insieme cos’è il DURC,il Documenti Unico di Regolarità Contributiva, a cosa serve, chi deve richiederlo e tutte le informazioni utili che possono servire ai cittadini.

DURC: cos’è e a cosa serve

DURC come abbiamo detto è l’acronimo del Documento Unico di Regolarità.

Questa sigla indica la documentazione che deve essere presentata dalle imprese e dai lavoratori autonomi per attestare la loro regolarità contributiva nei confronti degli enti provvidenziali, quali possono essere INAIL o INPS o altre diversi istituti e Casse previdenziali.

Importante è sapere che dal 1° luglio 2015 esiste una nuova procedura semplificata per il rilascio di questo documento, che permette alle imprese tramite un solo click online di ottenere in tempo reale questo documento.

Infatti il Ministero Del Lavoro e delle Politiche Sociali con tutti gli istituti previdenziali e le Casse Edili, hanno indirizzato tutti i loro sforzi verso l’informatizzazione della procedura di rilascio.

L’informatizzazione del servizio ha portato dunque un risparmio di tempo e denaro per le imprese italiane ma non solo. 

Prima, un’azienda qualsiasi in regola sotto il profilo contributivo, doveva attendere anche un mese per ottenere questo documento che dimostrasse la regolarità della sua posizione contributiva, tramite una procedura complessa, spesso delegata a figure intermediarie. Adesso è possibile ottenerlo subito, ha una scadenza di 120 giorni e nel caso in cui vi fossero delle carenze retributive, entro 72 ore queste ultime vengono comunicate per poter regolarizzare la posizione fiscale nel più breve tempo possibile, ottenendo subito dopo il DURC.

La richiesta del DURC consente di attestare la regolarità della propria posizione previdenziale, contributiva e assistenziale per ottenere: 

  • sovvenzioni, 
  • contributi, 
  • ausili finanziari,
  • vantaggi economici di vario genere.

Per la richiesta del DURC è possibile rivolgersi ad uno solo dei siti istituzionali di riferimento:

a seconda di quello di riferimento.

Il DURC, la cui validità massima abbiamo detto essere di 120 giorni, è un documento indispensabile per:

  • contratti pubblici;
  • appalti pubblici per opere, servizi o forniture di beni;
  • lavori di edilizia privata dove è previsto l’obbligo della DIA (la Dichiarazione di Inizio Attività) o la PAC (il Permesso A Costruire);
  • per agevolazioni contributive;
  • per agevolazioni in materia di legislazione sociale o di lavoro;
  • gestione di servizi ed attività pubbliche in convenzione o concessione;
  • fruizione di benefici nominativi e contributivi concessi da Enti nazionali o internazionali, diversi da INPS e INAIL;
  • rilascio dell’attestazione SOA (Società di Attestazione Aziendali);
  • finanziamenti e sovvenzioni per la realizzazione di investimenti previsti dalla normativa comunitaria o da altre normative specifiche;
  • iscrizione all’Albo dei fornitori.

Per poter effettuare l’accesso sui siti istituzionali e richiedere il documento è necessaria l’autenticazione tramite credenziali valide rilasciate dall’utente.

DURC: come richiederlo tramite l’INPS?

Vediamo le procedure per entrambi gli enti nominati adesso.

Le pubbliche amministrazioni e le SOA possono fare accesso al sito dell’INPS con le credenziali ricevute.

Imprese e lavoratori, o i loro delegati, possono accedere con il PIN. Le banche e gli intermediari finanziari necessitano di delega per l’accesso.

Come abbiamo detto, per richiedere il DURC tramite il sito INPS è necessario identificarsi e richiedere un PINPer poter chiedere il PIN è necessario entrare nell’area dedicata presente sul sito:

  • cliccare su “Richiedi Pin
  • inserire codice fiscale e scegliere tra la residenza italiana o estera;
  • compilare la richiesta con i propri dati anagrafici;
  • inviare la domanda.

Una volta ottenuto il PIN è possibile accedere al servizio di richiesta per il DURC online:

  • cliccare su “Accedi ai servizi” presente nella homepage del sito dell’INPS;
  • cliccare la voce “Elenco di tutti i servizi”;
  • cliccare su DURC online;
  • scegliere il proprio profilo a seconda del tipo di soggetto richiedente;
  • inserire il PIN e premere selezione;
  • inviare la richiesta.

Se nell’archivio non risulta nessuna irregolarità contributiva, il sistema rilascerà in automatico un file in PDF denominato DURC online.

Il periodo di validità a seconda dell’oggetto della richiesta, fino ad un massimo di 120 giorni.

Non è possibile richiedere un altro DURC in questo lasso di tempo ma si fa riferimento al precedente finchè non scade.

DURC: e se voglio richiederlo all’INAIL?

La procedura di richiesta dell’INAIL è molto simile alla precedente.

In questo caso è necessario autenticarsi sul portale INAIL sempre previa richiesta del PIN di riferimento.

La procedura da seguire è molto semplice:

  • accedi al sito INAIL con nome utente e password;
  • inserisci l’indirizzo di posta elettronica certificata, la PEC, dell’azienda;
  • clicca sul tasto “esegui controllo regolarità”
  • attendere l’elaborazione della procedura che può richiedere diversi minuti;
  • cliccare su “visualizza documento di regolarità”.

Anche in questo caso, ad essere rilasciato è un file in estensione PDF ed è il tuo DURC.

Ovviamente, sia se la richiesta sia fatta tramite INPS o tramite INAIL, può capitare che venga prodotto un documento riconosciuto come irregolare.

In questo caso le possibilità sono due:

  • il sistema non è stato aggiornato;
  • esiste una effettiva irregolarità di carattere assistenziale, previdenziale o contributivo.

Se si è sicuri di non avere nessun tipo di irregolarità, si consiglia di contattare gli uffici dell’ente scelto per chiedere l’aggiornamento del sistema.

Nel secondo caso invece per ottenere una documentazione valida, è necessario regolarizzare la propria posizione chiedendo indicazioni specifiche all’ente preposto scelto.

Il richiedente ha 30 giorni per regolarizzare la propria posizione rispetto all’interrogazione fatta. Allo scadere dei 30 giorni il documento rilasciato avrà esito negativo e verranno indicati gli importi a debito e le cause dell’irregolarità.

La presentazione di un DURC negativo può comportare:

  • perdita dell’aggiudicazione della gara d’appalto;
  • impossibilità a stipulare contratti di appalto o subappalto;
  • mancata ricezione del pagamento dei SAL o delle liquidazioni finali.

Risulta anche vero però che vale la regola del “silenzio assenso” per INPS e INAIL.

Il Durc deve essere necessariamente rilasciato entro 30 giorni.

Trascorso questo termine senza risposta dall’INPS o dall’INAIL scatta direttamente il silenzio assenso e non è più necessario aspettare il documento.

Ciò non vale per le Casse Edili, per cui la procedura è diversa e che dovrà comunque emettere il DURC sulla base della verifica effettuata da anche uno solo degli enti che hanno espresso il giudizio di regolarità o irregolarità, sempre che non ci sia una sospensione dell’istruttoria che comunque non può eccedere di ulteriori 10 giorni. 

DURC e DOL: sono la stessa cosa?

Come abbiamo detto, tutte queste sigle a volte possono confondere.

Nel 2015, grazie all’informatizzazione del DURC e alla possibilità di poter richiedere tutto online, si è passati a parlare spesso di DOL e cioè DURC ON LINE con l’introduzione del D.M. 30/10/2015.

Ma cosa contiene il DURC o il DOL?

Questo documento, che si presenta sottoforma di PDF, non può essere modificato e contiene:

  • dati identificativi del soggetto richiedente la verifica, come codice fiscale, denominazione o ragione sociale e sede legale;
  • iscrizione ad INPS, INAL o Casse Edili;
  • dichiarazione di regolarità;
  • numero identificativo, data della verifica e data di cessazione della validità del documento.

La delega per il DURC

Un lavoratore o un’azienda può decidere di delegare ad altri l’operazione, come ad esempio direttamente consulenti del lavoro o banche.

In questo caso i delegati possono accedere al servizio solamente tramite il portale INPS con il PIN che viene fornito loro dopo che viene fatta la domanda di delega del DOL.

Ogni persona fisica può rilasciare in ogni caso più deleghe che saranno tutte visibili al delegato al momento dell’accesso al servizio.

Ci sono siti su cui è possibile acquistare il servizio di inoltro della pratica al centro servizi più vicino al cliente.

Il costo medio di questa pratica si attesta sui 30 euro circa o se si richiede una priorità anche fino a 50 euro circa.

Molti siti propongono anche un abbonamento che consente di avere il DURC sempre aggiornato per circa un anno, con un risparmio economico, poichè ogni 4 mesi verrà prodotto un nuovo DURC a circa 20 euro a DURC.

DURC e DURF: qual è la differenza?

A volte è possibile anche che venga richiesto il DURF.

Quando si parla di DURF fiscale si intende il certificato di sussistenza dei requisiti previsti dal comma 5 dell’art. 17-bis.

Questo documento, a differenza del DURC, è rilasciato dall’Agenzia delle Entrate e consente di controllare che le imprese appaltatrici siano in possesso di specifici requisiti richiesti relativamente agli appalti superiori ai 200.000 euro.

Questo documento si presenta come una sicurezza in più rispetto alle imprese coinvolte, tra committenti, appaltatrici e subappaltatrici siano in regola con i pagamenti delle tasse.

Questo documento viene rilasciato dall’Agenzia delle Entrate in base alla sede legale dell’impresa, ha validità di 4 mesi dal rilascio ed è esente dal versamento dell’imposta di bollo.

Il DURF è possibile trovarlo disponibile anche nel proprio cassetto fiscale. Inoltre, è possibile integrare una procedura che consenta di richiederlo e ottenerlo in maniera automatica senza doverlo richiedere ogni volta che serve.

In generale, il DURC già dal Governo Renzi, porta con sè una serie di rimaneggiamenti preannunciati ed è bene quindi ogni volta che serve farne richiesta, informarsi che le norme in merito non siano cambiate.

Esiste infatti la possibilità che il DURC venga sostituito o cancellato dagli adempimenti a carico delle aziende.

Ad oggi però non è ancora chiaro quale possa essere l’indirizzo normativo in tal senso.

Covid e zona gialla: le regole in vigore dal 10 gennaio!

Dal 10 gennaio il Governo Draghi ha messo in campo numerose restrizioni e regole per fronteggiare questo instancabile aumento dei casi di Covid-19.

Questo incremento si è sviluppato a ridosso delle feste natalizie, nel mese di dicembre, e sembra non volersi più fermare.

Le misure che ha adottato il governo riguardano tutti gli ambiti e vanno ad inficiare anche su quei posti, che, finora, non erano stati mai toccati né menzionati dal governo in precedenza.

Le regole che entreranno in vigore, a partire dal 10 gennaio, quindi, riguardano l‘obbligo di possedere il super green pass se si intende:

Usufruire dei mezzi di trasporto, se si va nelle palestre, nelle piscine, negli alberghi e nelle strutture ricettive, nei bar e nei ristoranti, negli impianti sciistici e nella attività ed eventi culturali e ricreativi.

Il super green pass non si può più ottenere anche con il tampone, cosiddetto rapido, come succede per avere il green pass, ma si avrà bisogno solo ed esclusivamente della somministrazione del vaccino o della guarigione dal Covid-19, entro i 6 mesi.

Da pochi giorni, anche i bambini e i ragazzi possono ricevere la somministrazione della terza dose di vaccino, per cui è obbligatorio che questi la facciano se vogliono accedere ai servizi di cui abbiamo fatto accenno in precedenza.

Inoltre, il Governo Draghi ha deciso, a partire dal 1° febbraio, per l’obbligo di vaccinazione di quei soggetti che abbiano compiuto i 50 anni di età, pena la previsione di una sanzione in denaro di ammontare pari a 100 euro.

Un’altra regola che è stata ripristinata, con un iniziale grande stupore da parte di tutti, è stata quella dell’obbligo di indossare la mascherina, non soltanto nei luoghi chiusi, ma da adesso anche all’aperto.

In alcune circostanze, inoltre, il governo prevedere l’obbligo di indossare la mascherina FFP2 per accedere in alcuni posti.

Queste regole imposte dal Governo Draghi resteranno, fino a nuovo avviso, in vigore fino al momento in cui finirà lo stato di emergenza, la cui scadenza è prevista per il 31 marzo 2022.

In buona sostanza, queste regole dettate dall’esecutivo si possono tradurre in un lockdown per quei soggetti che non si sono fatti somministrare il vaccino.

Al di là di questi cambiamenti che sono entrati in vigore ed altri che ancora dovranno farlo, in Italia c’è ancora la divisione a zone, per individuare il tasso di rischio appartenente a ciascuna regione.

Questa divisione a zone è diventata ormai praticamente inutile, perché priva di quelle grandi differenze che esistevano fino a qualche tempo fa, prima che venissero stilate dal Governo Draghi queste nuove regole, le quali entreranno in vigore tra il 10 gennaio e il 1° febbraio.

Il cambio di colore di una regione dipende dal numero dei positivi sul numero degli abitanti, dal tasso di occupazione dei reparti ordinari e dal tasso si occupazione delle terapie intensive di quei pazienti che sono affetti da Covid-19.

Dal 10 gennaio 2022 quasi tutte le regioni italiane sono entrate in zona gialla. Poche sono le cose che cambieranno.

Continua a leggere l’articolo per conoscere tutto ciò che riguarda la zona gialla e le sue regole.

Inizialmente, potrai scoprire quali sono le soglie previste dal governo, sui dettami dell’Istituto Superiore della Sanità, per entrare in zona gialla e quali sono le differenze che intercorrono tra questa e la zona bianca.

Successivamente, andremo a vedere quando serve il super green pass in zona gialla e le regole relative a:

  • Spostamenti;
  • Scuola;
  • Bar e ristoranti;
  • Negozi e servizi alla persona;
  • Palestre e piscine;
  • Alberghi, strutture ricettive, terme e centri benessere;
  • Impianti sciistici;
  • Attività ed eventi culturali;
  • Discoteche.

Infine, per concludere, andremo a parlare delle regole che entreranno in vigore dal 10 gennaio.

Zona gialla regole Covid: quali sono le soglie per entrarci?

Il primo argomento sul quale ci soffermeremo in questa breve guida è quello relativo alle soglie previste oltre le quali una regione entra in zona gialla.

Nello specifico, ecco quali sono i parametri stabiliti, oltre i quali il governo considerata superata la soglia di sicurezza, e manda la regione in questione in zona gialla:

  • 50 casi di positività al Covid-19, ogni 100.000 abitanti;
  • Tasso di occupazione dei reparti ospedalieri, adibiti alla cura del coronavirus, del 15%;
  • Tasso di occupazione dei reparti di terapia intensiva del 10%.

Zona gialla regole Covid: differenze con la zona bianca!

Dopo aver visto quali sono le soglie oltre alle quali le regioni rischiano di entrare in zona gialla, andiamo adesso a vedere quali sono le differenze e le analogie che intercorrono tra questa e la zona bianca.

Il passaggio dalla zona bianca alla zona gialla, alle regole attuali, non implica quasi nessun cambiamento per i cittadini.

Le uniche due variazioni sono che, in zona gialla è previsto l’obbligo di mascherina anche negli spazi aperti e l’obbligo di possedere il super green pass per mangiare nei bar e nei ristoranti, anche all’aperto.

Ma gli ultimi decreti emanati dal Governo Draghi hanno annullato anche queste due variazioni, dal momento che in tutta Italia vige l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto e, dal 10 gennaio, vige anche l’obbligo del super green pass per i bar e ristoranti, anche se all’aperto.

Gli altri obblighi li vedremo più in avanti, in maniera dettagliata, lungo il corso di questo articolo.

Zona gialla regole Covid: quando serve il super green pass?

Dopo aver parlato delle differenze tra le regole previste in zona gialla e quelle previste in zona bianca, passiamo adesso a vedere quando serve il super green pass.

Il super green pass si ottiene solo con la somministrazione della terza dose di vaccino oppure con la guarigione dal Covid-19 entro i 6 mesi.

Dal 10 gennaio entra in vigore l’obbligo di possedere il super green pass per accedere a molti luoghi e servizi.

Ecco qua sotto un elenco di questi:

  • Mezzi pubblici, sia di tipo locale che a lunga percorrenza;
  • Bar e ristoranti, sia al chiuso che all’aperto;
  • Palestre, piscine e ogni sport di squadra;
  • Alberghi e strutture ricettive;
  • Terme e centri di benessere;
  • Impianti sciistici;
  • Attività ed eventi culturali e ricreativi.

Zona gialla regole Covid: spostamenti

Con le nuove regole e restrizioni, ecco quali sono gli spostamenti che si possono effettuare solo con il possesso del super green pass:

  • Mezzi pubblici di trasporto locale;
  • Mezzi pubblici a lunga percorrenza (treni, aerei, navi);
  • Traghetti;
  • Autobus privati;
  • Taxi;
  • Noleggio con conducente (NCC).

Non sono invece vietati ai non vaccinati gli spostamenti tra una regione e l’altra.

Zona gialla regole Covid: scuola

Con le nuove regole e restrizioni, ecco cosa succede nel comparto scolastico.

Le regole sono diverse in base al tipo di scuola e al numero dei contagiati che ci sono.

Ecco quali sono le nuove regole negli asili nido:

  • Dal primo contagiato in classe, tutti in quarantena per 10 giorni.

Ecco quali sono le nuove regole nelle scuole primarie:

  • Al primo contagiato in classe, autosorveglianza e test antigenico il giorno stesso e dopo 5 giorni;
  • Dal secondo contagiato in poi, tutti in dad per 10 giorni.

Ecco quali sono le nuove regole nelle scuole secondarie, sia di primo che di secondo grado:

  • Al primo contagiato in classe, autosorveglianza e obbligo di indossare la mascherina FFP2;
  • Al secondo contagiato in classe, autosorveglianza e mascherina FFP2 per i vaccinati e, invece, dad di 10 giorni per i non vaccinati e per coloro che sono guariti dal Covid da 120 giorni;
  • Dal terzo contagiato in poi, tutti in dad per 10 giorni.

Zona gialla regole Covid: bar e ristoranti

Con le nuove regole e restrizioni, ecco dove si può consumare nei bar e nei ristoranti, solo con il possesso del super green pass:

  • Ai tavoli;
  • Al bancone;
  • All’aperto.

Zona gialla regole Covid: negozi e servizi alla persona

Da giovedì 20 gennaio, scatta l’obbligo di possedere il green pass per accedere a tutti i negozi e i servizi alla persona, come, per esempio, i parrucchieri e gli estetisti.

Zona gialla regole Covid: palestre e piscine

Dal 10 gennaio, scatta l’obbligo di possedere il green pass per accedere a tutte le palestre, le piscine ed in tutti quei luoghi dove si svolgono degli sport di squadra.

Zona gialla regole Covid: alberghi, strutture ricettive, terme e centri benessere

Con le nuove regole e restrizioni, ecco quali sono le strutture in cui si può andare solo con il possesso del super green pass:

  • Hotel;
  • Alberghi;
  • B&B;
  • Affittacamere;
  • Ostelli;
  • Terme;
  • Centri benessere.

Zona gialla regole Covid: impianti sciistici

Dal 10 gennaio scatta l’obbligo di possedere il super green pass per poter accedere a tutti i tipi di impianti sciistici, anche per quelli all’aperto.

Fino ad ora, invece, non era richiesto nessun certificato per accedere agli impianti sciistici all’aperto e, solamente, il green pass base per accedere a quelli al chiuso.

Zona gialla regole Covid: attività ed eventi culturali

Fino ad ora il super green pass era previsto per accedere a:

  • Cinema;
  • Teatro;
  • Concerti.

Dal 10 gennaio, invece, il super green pass sarà richiesto anche per le mostre e per i musei.

Zona gialla regole Covid: discoteche

Ad oggi, le regole sulle discoteche sono che queste resteranno chiuse fino al 31 gennaio.

Si aspettano ulteriori notizie per sapere che cosa succederà dal prossimo mese.

Covid: le regole in vigore dal 10 gennaio!

Ecco qua riassunte tutte le regole che entreranno in vigore a partire dal 10 gennaio 2022:

  • Diminuita da 5 a 4 mesi la data in cui si può ricevere la terza dose del vaccino;
  • Obbligo di vaccino per tutti gli over 50, a partire dal 1° febbraio, con sanzioni pecuniarie di 100 euro;
  • Super green pass per tutti gli over 50 sul posto di lavoro, a partire dal 15 febbraio;
  • Super green pass per mezzi di trasporto, bar, ristoranti, palestre, piscine, alberghi, strutture ricettive, terme, centri benessere, impianti sciistici, attività ed eventi culturali e ricreativi;
  • Green pass base per i servizi alla persona, come parrucchieri ed estetisti, a partire dal 20 gennaio;
  • Green pass base per accedere agli uffici pubblici, le poste e le banche, a partire dal 1° febbraio;
  • Niente green pass per andare al supermercato, negli alimentari, in farmacia, nelle edicole e nei servizi primari definiti essenziali.

Webuild sulle montagne russe dopo i dati preliminari 2021

Furia francese e ritirata spagnola ieri per Webuild che ha avviato gli scambi in forte rialzo e ha allungato ancora il passo prima di invertire bruscamente la rotta.

Webuil prima vola e poi chiude in rosso

Nella prima parte della mattinata il titolo è arrivato a segnare un rally del 5,5%, con un top intraday a 2,148 euro. Da questo livello è partito un movimento a passo di gambero che ha portato Webuild a terminare le contrattazioni sui minimi di giornata a 2,006 euro, con un ribasso dell’1,47%.

Molto alti i volumi di scambio, visto che a fine seduta sono transitate sul mercato oltre 5,8 milioni di azioni, quasi il triplo della media degli ultimi 30 giorni pari a circa 2 milioni.

Webuild: i dati preliinari del 2021

Webuild ha vissuto una seduta sulle montagne russe dopo che la società ha annunciato il dato preliminare relativo alla posizione finanziaria netta 2021 che risulta essere significativamente migliore delle attese di Equita SIM e della guidance fornita dalla società.

Nel dettaglio la posizione finanziaria netta del 2021 è positiva per 100/200 milioni di euro, contro la guidance che indicava -500/-300 milioni di euro e contro il dato di fine 2020 pari -442 milioni di euro.

L’indebitamento lordo si attesta a 2,6-2,7 miliardi di euro, contro i 3 miliardi dlla fine del primo semestre 2021.

Webuild: Equita SIM commenta i numeri del gruppo

Gli analisti di Equita SIM ritengono che il beat a livello di free cash flow sia legato ad una migliore dinamica del capitale circolante netto per effetto principalmente degli anticipi sulle commesse Italiane legate al PNRR.

Gli esperti ricordano che a fine ottobre il governo ha stanziato altri 1,3 miliardi di euro di risorse aggiuntive a RFI da erogare alle imprese coinvolte nei progetti del PNRR entro la fine del 2021 come anticipo per accelerare i lavori.

Equita SIM evidenzia che la notizia di un potenziale upside sulla guidance di debito netto 2021 era stata anticipata dalla società a novembre.Non sono invece stati forniti aggiornamenti sui risultati operativi della società.

L’ultima guidance ufficiale, fornita ad inizio 2021, prevede un fatturato pari a 6,5-7,2 miliardi di euro  un Ebitda margin pari a circa l’8%, con EBITDA a 516 milioni di euro.

Gli analisti ricordano che Webuild a novembre ha indicato una possibile revisione al ribasso della guidance di EBITDA margin a causa di cost inflation, di cui la società si aspetta un recupero solo nel corso del 2022.

Secondo Equita SIM, l’andamento del debito conferma il miglioramento della dinamica del circolante, anche per effetto del de-risking geografico avviato negli ultimi anni dalla società e del miglioramento del contesto di mercato italiano.

Da verificare invece gli impatti a P&L da cost inflation e l’impatto sulla posizione finanziaria netta dal riassorbimento degli anticipi nel corso del 2022/2023 per comprendere quanto sia migliorabile la stima di posizione finanziaria dei prossimi anni.

Per il 2022 gli analisti stimano attualmente una crescita del fatturato dell’8% a 7,4 miliardi di euro, con margini in espansione di 40 punti base all’8% che implica un’EBITDA adjusted in area 600 milioni di euro e un debito netto di 234 milioni.

Webuild: Banca Akros ritocca il target price

Ieri gli analisti di Banca Akros hanno ribadito la raccomandazione “neutral”, con un prezzo obiettivo alzato da 2 a 2,2 euro, dopo i dati preliminari del 2021.

Gli esperti evidenziano che il debito netto ha mostrato un forte miglioramento rispetto alla fine del 2020 ed è stato decisamente migliore della guidance aggiornata a metà novembre.

NoiPA: tutte le potenzialità del Self Service 2022!

Senza dubbio la digitalizzazione ha apportato vantaggi principalmente su due fronti: l’elaborazione di qualsiasi tipologia di contenuto e comodità di fruizione da un’unica postazione, in qualunque momento semplicemente da casa propria. Il livello dell’efficienza di entrambe queste novità, però, è strettamente legato alla potenza di navigazione:

più la stessa è maggiore più è grande la velocità con cui tutte le operazioni possono essere portate a buon fine. Per via di questi vantaggi le persone, almeno in teoria, si possono gestire più autonomamente, conciliando in unico luogo sfera lavorativa, l’ambito personale, specie nel rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Velocità digitale e complessità del settore pubblico faticano a convergere: la burocrazia italiana, nello stato attuale, non può competere con il razzo della tecnologia, non solo perché sono totalmente opposti, ma anche perchè la seconda è piombata nella vita comune, senza un preavviso abbastanza sufficiente da poter evolvere soprattutto i servizi pubblici ad un cambiamento di tale portata.

Occorrerebbe un’imponente operazione di snellimento burocratico, perché tra i due poli torni ad esserci sintonia, ma l’unione tra competenza e rapidità di esecuzione, nel caso del suddetto, sono molto lontani dal raggiungimento dello stesso automatismo procedurale tipico di un computer. A peggiorare la situazione è arrivata la pandemia da Covid-19 che tutt’ora sta rischiando di paralizzare ogni sistema sociale. 

Così arriva l’intervento esterno del PNRR che, attraverso un massiccio potenziamento di risorse e offrendo grandi opportunità di investimento, grazie ai finanziamenti europei, cerca di appianare il divario tra tecnologia e Pubblica Amministrazione, attuando un ammodernamento, non solo infrastrutturale a beneficio diretto dell’economia nazionale.

Cos’è NoiPA tra trattamento economico e time management digitale

L’intermediario necessario per la realizzazione di questa varietà di progetti in programma è rappresentato dal governo Draghi che sta creando, con la collaborazione dei relativi ministeri, sempre più piattaforme online appositamente dedicate.

Una di esse è NoiPA, acronimo che significa Ente Nazionale per la Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione ed è “realizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Generale del personale e dei servizi (DAG) del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) per la gestione del personale della PA” considerando i lavoratori sia in qualità di operatore, sia come dipendente dell’amministrazione di appartenenza.

L’elaborazione digitale dell’inquadramento professionale in ambito statale permette inoltre l’estrapolazione  dati utili per il calcolo del trattamento economico indeterminato, includendo le competenze accessorie, ovvero quei compensi che vanno corrisposti al dipendente per l’avvenuta esecuzione di eventuali mansioni aggiuntive rispetto ai compiti ordinari della propria categoria professionale.

Sono anch’esse soggette a ritenute e sono visualizzabili direttamente nel cedolino. Ma un altro ruolo di NoiPA viene svolto dalla sua funzione più avanzata e consiserebbe nella gestione delle presenze o assenze del personale attraverso i servizi di Time Management, ovvero l’organizzazione efficace delle reali priorità, orari e scadenze:

Come accedere all’area riservata di NoiPA

la gestione, cioè, del lavoro, in tutti i suoi aspetti, dalla comprensione dei tempi di lavoro, alla pianificazione, fino all’esecuzione. In ogni caso il portale, ossia la homepage di NoiPA, è trovabile cliccando in alto a destra su “accedi all’area riservata”.

Ma per registrarsi la prima volta al sistema è necessario che l’Amministrazione di appartenenza abbia inserito nel sistema NoiPA i dati anagrafici, l’indirizzo e-mail e l’eventuale numero di telefono cellulare indicati dal lavoratore di riferimento. Ad operazione conclusa, il suddetto riceverà una mail con mittente “NO Reply NoiPA” che informa dell’avvenuto inserimento dell’indirizzo e-mail.

Per ricevere il PIN basta richiederlo al Responsabile dell’Identificazione del Dipendente (RID) presso la propria sede di lavoro, la ricezione del quale avverrebbe durante la procedura di primo accesso al portale, tramite e-mail, all’indirizzo di posta elettronica indicato dal lavoratore e convalidato, ossia immesso sul sistema NoiPA o autorizzato da parte dell’amministrazione.

Chi può registrarsi a NoiPA per contratti, CUD e modifica dell’Iban

Sulle orme dell’universo aziendale, la cui gestione, dopo una fase di acquisizione e trasformazione verso il prodotto finito, si fonda anche sugli scambi con l’esterno e sui rapporti con il personale, anche nella Pubblica Amministrazione, oltre ai propri dipendenti detti “amministrati”, gli altri soggetti che possono accedere a NoiPA secondo le indicazioni date dalla relativa area di Supporto sono costituiti dagli enti creditori della pubblica amministrazione e dai percettori di pensione. 

L’Agenzia per l’Italia Digitale può rappresentare l’intermediario perfetto per destreggiarsi, passo dopo passo, con il login. Per capire come meglio come consultare il cedolino personale, è infatti disponibile una guida completa di finestre grafiche sul sito https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/login-noipa-tutti-i-passaggi-per-accedere-allarea-riservata

Nell’area “documenti personali”, di noipa.mef.gov.it in particolare, è possibile trovare cedolino, ossia la propria busta paga su https://noipa.mef.gov.it/mypa/cedolino, nel menù “Persone” sulla sinistra della pagina web che si ha davanti, Certificazione Unica, la quale ha preso il posto dell’ormai sorpassato CUD o Certificato Unico dei redditi da lavoro Dipendente, già dal 2015:

con la medesima non ci si riferisce più, infatti, solamente a quest’ultimo o ai pensionati, ma inglobando in aggiunta, come effettiva dichiarazione a fini fiscali, redditi da lavoro autonomo e di altro tipo, derivanti dal possesso di beni immobiliari o finanziari. Poi, sempre nell’area suddetta, sono presenti il modello 730, il Cartellino delle presenze e gli appositi contratti dedicati al pubblico impiego scolastico.

Si può cambiare, inoltre, il proprio conto corrente modificando il relativo codice IBAN: basterebbe cliccare sulla sezione “Modalità di Riscossione”, una sottovoce dell’area “Self-Service” del medesimo menù “Persone” suddetto; oppure in pratica si potrebbe entrare ancora una volta con SPID o uno degli altri metodi di auenticazione consentiti, nell’area riservata.

L’area Self-Service, include tutte le funzionalità proprie del portale NoiPA e rese disponibili all’amministrato o lavoratore dipendente ivi registrato e ammesso dall’amministrazione presso cui presta servizio: il suo grado di autonomia dipenderà dall’esaustività della risposta effettivamente data da questa sezione, tramite l’interazione del con l’utente quando deciderà di cliccare su di essa.

Il menù a tendina di NoiPA nel rispetto dell’iter amministrativo

il menù a tendina “Persone”, con un’intestazione azzurra molto più evidente, sulla sinistra rimane il punto di riferimento su cui basarsi per riscoprirle cliccandoci sopra, in completa autonomia, tra detrazioni per famigliari a carico, informazioni riguardanti la residenza o il domicilio, richiesta di un piccolo prestito all’INPS direttamente online, previdenza complementare, presenze o assenze e così via.

Lo stesso rappresenterebbe una cornice delimitante l’immediatezza della funzionalità informatica e dei tentativi di semplificazione dell’iter amministrativo che, invece, è caratterizzato da moduli, dati testuali e numerici di codici e password derivanti da relative autorizzazioni all’accesso o al corretto svolgimento delle relative pratiche.

La necessità di rispettare, anche digitalmente, il procedimento amministrativo, mentre sembrerebbe che si trovi in sintonia con l’esigenza di sicurezza e riservatezza informatica, continuerebbe invece a non esserlo con l’immediatezza dell’elaborazione digitale:

Grazie al menù a tendina, dunque, esisterebbe il primo “baluardo” di una semplificazione che, altrimenti, resterebbe puramente grafica, di superficie, riflettendo solamente la complessità burocratica delle infinite situazioni umane più diverse. La prima è riuscita a delimitare la seconda in uno spazio virtuale sempre minore, ma non a ridurne la reale portata, sempre pronta ad “esplodere” in un qualsiasi passaggio successivo.

Cosituisce la prova di ciò, la continua richiesta, ancora presente, di scansione di determinati documenti. Tuttavia il colpo d’occhio di un’unica finestra dal colore più acceso e significativo per molteplici sottovoci permette di focalizzarsi ancora meglio sull’obiettivo, con l’apporto di strumenti o applicazioni sempre più avanzati.

NoiPA cedolino e Self-Service 2022: dove si trova e quando paga

Nell’attesa, l’arco di tempo da prendere in considerazione per l’accredito dei pagamenti dovuti comprende i giorni che vanno dal 21 al 27 Gennaio 2022 e si possono intravedere all’orizzonte decisivi aumenti di stipendio per i dipendenti pubblici che non subiranno più tassazioni addizionali regionali e IRPEF fino a marzo 2022. Essi costituiranno il perno del potenziamento dell’area “Self-Service” di NoiPA:

Alleggerimenti fiscali, quindi, coronerebbero ulteriormente l’adesione alla piattaforma di NoiPA come premio per aver provato a connettersi con una versione della Pubblica Amministrazione davvero inedita, indicante non solo gli estremi del versamento, le modalità di pagamento relative al cedolino scelto e le ultime registrate.

Ma soprattutto può essere il netto ammontare dei propri stipendi e di quello relativo all’ultima rata elaborata, in anticipo alla pubblicazione del suddetto. La fruizione ancora sperimentale di questa nuova funzionalità è possibile cliccando su “Consultazione ordini di pagamento” in fase di aggiornamento. 

Cosa fare quando NoiPA si blocca o non funziona

L’intero ammodernamento tecnologico del sistema pubblico, però, non sarebbe completo senza un’apposita applicazione di riferimento: la cosiddetta App NoiPA o NoiPA+, molto utile per consultare e scaricare gratis direttamente da Google e Apple Store su dispositivi mobili IOS e Android, il cedolino, le Certificazioni Uniche ed essere sempre aggiornati in tempo reale in merito alla piattaforma.

Il download di applicazioni e la Strategia nazionale per la Banda Ultra Larga avente lo scopo di raggiungere una potenza di navigazione internet pari ad 1 Gbit al secondo su tutto il territorio nazionale entro il 2026, diventeranno così i veri pilastri su cui si fonderà la nuova Italia contemporanea.

Il valore di tale cambiamento, però, rimane profondamente legato alla reale efficienza del “problem solving automatico” attraverso il Supporto NoiPA. Cliccate sulla pagina web https://noipa.mef.gov.it/web/guest/faq-accesso-al-sistema-e-ai-servizi, mettete il sistema alla prova e fatevi così trovare preparati, a discapito di ogni blocco ed imprevisto.

Bonus TV senza ISEE: come funziona nel 2022? Ecco le ultime!

Bonus rottamazione TV e bonus TV e decoder, due bonus diversi ma ovviamente di simile natura e con il medesimo obiettivo: permettere agli italiani di “aggiornarsi” ed avere dispositivi adeguati per poter continuare a fruire dei contenuti televisivi anche in futuro. Bonus confermati per tutto il 2022: ecco come funzionano.

Per quanto riguarda i bonus tv c’è sicuramente stata un po’ di confusione nelle ultime settimane, in particolare perché si tratta di un tema su cui continuano a cambiare le scadenze. Sono state rimandate diverse volte le deadline del cambiamento di trasmissione del segnale e questo ha generato appunto della confusione.

Proviamo dunque a fare ordine tra le notizie che si sono susseguite negli ultimi mesi, offrendo così ai lettori una panoramica sul funzionamento dei due bonus e sulle motivazioni per cui questa transizione è così importante.

Ricordiamo anche che la televisione è ritenuta un diritto da tutelare, in quanto legata al diritto all’informazione. Non è naturalmente il possesso del dispositivo ad essere d’interesse del Governo, quanto la possibilità di accedere all’informazione gratuita che proprio nella televisione trova il suo massimo esponente.

Dunque, la nuova modalità di trasmissione dei canali metterebbe in difficoltà tante famiglie italiane e ciò non può passare inosservato, motivo per cui il Governo ha già intrapreso una strategia il più possibile completa per offrire un’alternativa, o meglio un aiuto.

Ecco dunque come funzionano bonus rottamazione TV e bonus TV e decoder.

Se fossi interessato o interessata ad approfondire questo genere di tematiche, ti suggeriamo il canale YouTube “Redazione The Wam” che pubblica ogni giorno un nuovo video in cui approfondisce tutto ciò che riguarda bonus, sussidi e lavoro. In questo video in particolare si parla di misure del 2022, tra bonus confermati e bonus “dimenticati”:

Bonus TV: perché è necessario?

Al netto di quanto già spiegato nell’introduzione per quanto riguarda il diritto all’informazione gratuita, proviamo a capire perché il bonus TV sia necessario e quali sono le prospettive future.

Il bonus, o meglio i bonus, sono necessari perché a breve cambierà la modalità di trasmissione dei canali televisivi a causa di una scelta comunitaria: l’idea è quella di rendere più rapida ed efficiente la comunicazione e per fare ciò si sfrutterebbe la comunicazione 5G, ma questo richiede dei passaggi tecnici.

L’Unione Europea ha quindi stabilito che una delle conseguenze, senza addentrarci in termini tecnologici probabilmente non particolarmente rilevanti, sarebbe il cambiamento della modalità di trasmissione del segnale per i canali televisivi.

Un effetto collaterale riconosciuto da tutti come sostenibile rispetto al motivo per cui si adotta questa strategia, dunque ciò comporta un disagio per i cittadini europei, tra cui ovviamente anche quelli italiani.

Chi non avrà entro il 2023, quando la transizione sarà completata, un televisore abbastanza recente o un decoder che faccia da commutatore del segnale, non potrà più avere accesso ai contenuti televisivi come ha sempre fatto. Per questo motivo, il Governo ha messo a disposizione due bonus che aiutano i cittadini nella transizione.

Bonus TV senza ISEE: ecco come funziona

Dei due bonus messi a disposizione per questo fine, il bonus rottamazione TV è sicuramente quello più consistente e, per questo, lo affrontiamo prima. Oltre ad essere più generoso, è anche molto più rilevante per i cittadini in quanto rivolto praticamente a tutti.

Il bonus rottamazione TV non richiede infatti una Dichiarazione ISEE al di sotto di una certa soglia e può essere richiesto da tutti i cittadini italiani (con residenza attuale in Italia) che portano correttamente a termine la procedura prevista, rottamando un vecchio dispositivo.

Il bonus consiste in un aiuto per l’acquisto del nuovo dispositivo, in particolare con uno sconto del 20% fino ad un massimo di 100 euro. Sconto che viene applicato direttamente dal venditore e che quindi è facilmente ottenibile se si segue la procedura, esposta nel seguente paragrafo.

Nel complesso un bonus che sarà probabilmente molto richiesto: semplice da ottenere, prevede uno sconto diretto, non necessita della Dichiarazione ISEE (o di altri requisiti specifici) e per alcuni cittadini è necessario, in caso abbiamo dispositivi troppo vecchi per supportare la nuova modalità di trasmissione.

Ricordiamo che per usufruirne è necessario essere in regola con i pagamenti del canone Rai (tranne per gli over-75 esentati).

Bonus TV senza ISEE: come ottenerlo

Il bonus rottamazione TV è già stato attivo nella seconda parte del 2021, in particolare da agosto, e non ci sono particolari novità sulla sua modalità di funzionamento. Per questo motivo spiegarne i dettagli è piuttosto semplice e chiunque fosse a conoscenza della procedura non ha bisogno di nessun’altra informazione.

Il bonus prevede uno sconto diretto del venditore del nuovo dispositivo come visto in precedenza, ma esso scatta solo se il vecchio dispositivo è stato smaltito correttamente. Per farlo ci sono due modalità alternative:

  • riportare il vecchio dispositivo direttamente al venditore che si occuperà di smaltirlo senza ulteriori costi per il consumatore finale;
  • portare il vecchio dispositivo in un’isola ecologica e farsi rilasciare un certificato che attesta il corretto smaltimento del dispositivo, da mostrare poi al venditore per ottenere lo sconto.

Ricordiamo che lo sconto non è automaticamente di 100 euro, ma del 20% sul prezzo del nuovo dispositivo fino ad un massimo di 100 euro. Banalmente, otterrà lo sconto massimo solo chi spende 500 o più euro per il nuovo dispositivo, mentre per cifre inferiori sarà il 20%.

Bonus TV e decoder: cosa cambia e come funziona?

In introduzione si è parlato di due bonus legati all’acquisto della nuova TV, motivo per cui ora ci apprestiamo ad approfondire il secondo che, come già anticipato, non è generoso quanto il primo.

Esso infatti è cambiato e l’ultima Legge di Bilancio l’ha fatto calare dai precedenti 50 euro agli attuali 30 euro, pensati per l’acquisto di un decoder che permetta di tramutare il segnale e rendere così i canali visibili anche con la nuova modalità di trasmissione.

Un cambiamento nell’importo che però non modifica la sostanza del bonus: con tale cifra si può acquistare un decoder di discreta qualità, essendo i più economici in vendita anche a cifre intorno ai 15 euro. 

Questo bonus è però disponibile solo per chi ha una Dichiarazione ISEE inferiore a 20.000 euro, dunque non è aperto a tutti come il precedente. Chi ha tale situazione reddituale e patrimoniale, si ritiene che sia più invogliato così ad acquistare un dispositivo da 30 euro piuttosto che dover cambiare il dispositivo.

I due bonus, comunque, sono cumulabili. Il MEF ha chiarito questo aspetto e ci permette quindi di dire che il bonus totale ottenibile per chi ha ISEE inferiore a 20.000 euro arriva ad un totale potenziale di 130 euro.

Bonus TV e scadenze: ecco le prospettive

In ultimo, chiariamo in breve le scadenze che ci attendono. La disposizione sul cambio di modalità di trasmissione è ormai di diversi mesi fa, ma è slittata in avanti più di una volta a causa della pandemia.

Insomma, non si tratta di una vera e propria urgenza, dunque si è pensato di spostarla in avanti per evitare di cogliere impreparati i cittadini. Stando ai dati acquisiti, sono ancora tanti i soggetti che non hanno ad oggi possibilità di vedere i canali TV con la nuova modalità di trasmissione.

C’è però ancora tutto il 2022 e bisognerà vedere in che periodo del 2023 la novità sarà ufficiale e soprattutto irreversibile. Nel frattempo, il suggerimento è quello di usufruire dei bonus che sono ad esaurimento fondi.

Investimenti: il cobalto potrebbe essere una vera miniera

Il nuovo oro della transizione energetica è rappresentato dal cobalto, che viene estratto associato con il nichel o con il rame. Potrebbe essere una vera e propria miniera ed un asset su cui puntare per l’anno 2022: investire in cobalto potrebbe rappresentare una vera e propria opportunità di guadagno per il corrente anno. Si tratta di uno dei metalli più rari, costosi e ricercati sul mercato.

Investire in cobalto: la storia del metallo blu

Il metallo fu isolato nel 1735 dal chimico svedese Georg Brandt, anche se i composti di cobalto erano stati usati per secoli per conferire un colore blu a smalti e ceramiche. Il cobalto è stato rinvenuto nelle statuette egiziane e nelle perle di collana persiane del 3° millennio A.C. ed in Cina già durante la dinastia Tang e successivamente nelle porcellane blu della dinastia Ming (1368-1644). Il cobalto, sebbene ampiamente disperso, costituisce solo lo 0,001% della crosta terrestre. Si trova in piccole quantità nel nichel-ferronativo terrestre e meteoritico, nel Sole e nelle atmosfere stellari, nelle croste ferromanganesi profonde negli oceani, nei suoli, nelle piante nei minerali come cobaltite, linneite, skutterudite, smaltite, eterogenite ed eritrite. Il cobalto è un sottoprodotto dall’estrazione di minerali di ferro, nichel, manganese, rame, argento, zinco e arsenico, che contengono tracce di cobalto. La Repubblica Democratica del Congo (RDC), la Cina, il Canada e la Russia sono i principali produttori mondiali di cobalto estratto. Il più grande produttore di cobalto raffinato è la Cina. Il cobalto è ferromagnetico fino a 1.121 °C e può trovare applicazione dove sono necessarie proprietà magnetiche a temperature elevate.

Investire nel cobalto: quali sono gli utilizzi?

Il cobalto ha molti usi: leghe, batterie e galvanica, trattamento del cancro e altri utilizzi. Il cobalto viene utilizzato in lega come uno degli elementi di combinazione con ferro, nichel, platino, carburi di tungsteno e altri. Il cobalto viene utilizzato come catalizzatore: si tratta di una sostanza che aumenta la velocità di una reazione chimica: il cobalto viene utilizzato per accelerare la rimozione delle porzioni di zolfo dal gas naturale e dal petrolio. Il cobalto è associato al trattamento del cancro in radioterapia. Viene anche usato per rilevare alcuni tumori e metastasi. Grazie ai suoi pigmenti unici, il cobalto nel corso degli anni è stato utilizzato per decorare la ceramica e fornire al vetro il colore. Normalmente viene aggiunto al vetro per aggiungere colore. L’organismo umano ha bisogno di vitamina B12 per la produzione di globuli rossi e altri processi nel corpo. L’anemia è facilmente prevenuta dal consumo di vitamina B12, che è fornita da composti di cobalto.

Come investire in cobalto?

Una prima modalità per investire in cobalto è acquistare azioni di società che si occupano di estrazione e di raffinazione del cobalto. Vale S.A. e Wheaton Precious Metals Corporation sono le uniche società quotate alla Borsa di New York. Vale S.A., insieme alle sue controllate, produce e vende minerale di ferro e pellet di minerale di ferro da utilizzare come materie prime nella produzione di acciaio in Brasile e a livello internazionale. Wheaton Precious Metals Corp., una società mineraria, vende principalmente metalli preziosi in Canada e a livello internazionale. La società vende giacimenti di oro, argento, palladio e cobalto. Altra modalità per investire in cobalto è negoziare Futures Cobalto: Cobalt Metal (Fastmarkets) Futures è un contratto che prevede l’acquisto di una libbra di cobalto in valuta dollaro. Altra modalità per investire in cobalto è negoziare CFD, Contratti per Differenza, ovvero strumenti finanziari che replicano le performance di un asset (cobalto) e che consentono di negoziare al rialzo o al ribasso sul suo prezzo.

Investire in Cobalto: Previsioni

È importante considerare la domanda di cobalto: è difficile prevedere esattamente quanta domanda per il metallo aumenterà nei prossimi anni, ma molti esperti concordano sul fatto che la crescita sarà sostanziale. Il mercato delle batterie agli ioni di litio sarà un enorme motore di tale domanda, con la produzione di batterie in aumento a causa del previsto aumento delle auto elettriche. Le batterie agli ioni di litio sono utilizzate anche in altri dispositivi elettronici.