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Assegno Unico marzo 2022: ecco la data del pagamento!

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Tutti sappiamo che possiamo avanzare la nostra richiesta per accedere alla prestazione dell’Assegno Unico Universale a partire dal mese in corso. 

Tuttavia, come abbiamo ribadito già più volte nei nostri precedenti articoli, il pagamento della prestazione inizierà arrivare alle famiglie a partire dal mese di marzo 2022

Ebbene, quando arriveranno i pagamenti dell’Assegno Unico Universale? 

A comunicare le prime date, non ancora ufficiali al 100% è l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ente che, come sappiamo, si occupa di tali erogazioni. 

Tuttavia, prima di scoprire quando verrà pagato l’Assegno Unico Universale è bene precisare che per averlo sarà indispensabile il nuovo ISEE 2022. Infatti, come vedremo anche nel dettaglio più avanti, coloro che non presenteranno l’ISEE avranno diritto a beneficiare dell’importo minimo anche se, forse, potrebbero ottenere una cifra maggiore. 

In questo articolo andiamo a scoprire quando arriveranno le prime erogazioni dell’Assegno Unico Universale in modo da poterlo segnare in anticipo sul nostro calendario. 

Assegno Unico Universale: la data del pagamento di marzo!

Ad oggi, come sappiamo, sono aperte le domande per fare richiesta dell’Assegno Unico Universale, una misura a sostegno del reddito delle famiglie con figli a carico al di sotto dei 21 anni di età.

Tuttavia, sappiamo anche che, nonostante le domande siano già state aperte, le erogazioni non partiranno a gennaio, bensì a marzo 2022. 

Infatti, fino a tale data sono ancora in vigore le altre misure, come il Bonus Bebè ed il Bonus Mamma Domani

Quindi, come abbiamo capito, l’erogazione del pagamento per la misura dell’Assegno Unico Universale avverrà a marzo per la prima volta. 

Attenzione: anche per coloro che effettueranno la domanda entro giugno 2022 riceveranno l’Assegno Unico Universale da marzo, anche se in questo caso lo riceveranno successivamente. 

Ma quindi, in base a quanto scopriamo dalle FAQ dell’istituto Nazionale di Previdenza Sociale, quando arriveranno i pagamenti dell’Assegno Unico Universale?

Abbiamo capito che il mese di riferimento è marzo, ma ora dobbiamo andare a capire quali saranno le date effettive. 

In base alle risposte date dall’INPS i pagamenti di tale prestazione partiranno il giorno 15 marzo fino alla loro conclusione il 21 marzo. 

Questo significa che la verifica effettuata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale atta a comprendere se i contribuenti possono fruire dell’agevolazione sarà molto rapida, almeno nella teoria. 

Sappiamo che non sempre l’INPS è puntuale con i pagamenti, lo sanno bene i beneficiari del Reddito di Emergenza

Tuttavia, in base a quanto è stato affermato per il momento, la prima mensilità dell’Assegno Unico Universale dovrà essere erogata tra i giorni 15 e 21 del mese di marzo 2022. 

Assegno Unico Universale: come si procederà con il pagamento?

Ebbene, abbiamo compreso quando arriverà la prima mensilità dell’Assegno Unico Universale nel mese di marzo. 

Tuttavia, una domanda che sorge spontanea, ossia, ci sarà una data fissa per i pagamenti?

Infatti, come sappiamo, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha l’abitudine di fissare delle date per gli appuntamenti con i pagamenti ricorrenti. 

Prendiamo ad esempio il Reddito di Cittadinanza (che ricordiamo essere completamente compatibile con l’Assegno Unico Universale). In questo caso ci sono due date per i pagamenti ogni mese: il 15 per coloro che ricevono il sussidio per la prima volta ed il 27 per coloro che lo ricevono già da tempo. 

Ebbene, queste date fisse saranno previste anche per l’Assegno Unico Universale?

L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale sembra confermare questo trend. Infatti, sempre all’interno delle FAQ presenti sul sito ufficiale viene scritto che tutti coloro che invieranno la domanda dopo il 28 febbraio riceveranno il pagamento alla fine del mese successivo. 

Quindi, ad esempio, tutti coloro che invieranno le domande a partire dal 1° marzo riceveranno il primo pagamento ad aprile. Non abbiamo ancora alcuna indicazione circa la data esatta per tale pagamento ma l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale è molto chiaro nel dire “alla fine del mese successivo” quindi si prospetta un pagamento nell’ultima settimana di aprile. 

Assegno Unico Universale: il calendario dei pagamenti 

Quindi, andiamo a fare un breve recap in modo da capire meglio la situazione dei pagamenti dell’Assegno Unico Universale che avverranno, ricordiamo, a partire dal 15 marzo. 

Ebbene, il calendario è molto semplice:

  • Coloro che effettueranno la domanda entro il 28 febbraio riceveranno il pagamento della prima mensilità dell’Assegno Unico Universale in una data compresa tra il 15 ed il 21 marzo. 
  • Invece, coloro che invieranno la domanda a partire dal 1° di marzo riceveranno il pagamento alla fine del mese successivo a quello dell’invio, quindi in questo caso, a fine aprile. 

Attenzione: altro importante fattore da ricordare è che coloro che faranno domanda per ricevere l’Assegno Unico Universale entro e non oltre il mese di giugno potranno beneficiare anche delle mensilità arretrate. 

Questo significa che, coloro che richiedono a giugno il sussidio godranno anche dei mesi di marzo, aprile e maggio. 

Assegno Unico Universale: come viene erogato?

Ora che abbiamo capito quando saranno effettuati i pagamenti dell’Assegno Unico Universale andiamo a scoprire come verranno ricevuti dai cittadini. 

Ebbene, il pagamento sarà erogato direttamente sull’IBAN del beneficiario indicato in fase di domanda. Dunque, si potrà ricevere l’Assegno Unico Universale sia sul conto corrente bancario che sul conto postale oppure per mezzo di un bonifico domiciliato. 

Per i genitori vi è anche un’altra possibilità, ossia quella del pagamento del 50% su un conto corrente e 50% sull’altro conto. 

Ricorda: coloro che percepiscono il Reddito di Cittadinanza non dovranno procedere con la compilazione della domanda in quanto il sussidio verrà direttamente accreditato sulla loro card di Poste Italiane

Anche in questo caso la data del pagamento di marzo rimane la stessa, quindi un giorno compreso tra il 15 ed il 21 marzo. 

Come fare la richiesta per l’Assegno Unico Universale!

In questi ultimi giorni c’è un’enorme affluenza di domande per ottenere l’Assegno Unico Universale. 

Ebbene, devi sapere che, ad oggi, non è stata fissata alcuna scadenza per quanto riguarda la richiesta di accesso alla misura. 

Tuttavia, come abbiamo affermato anche in precedenza, se la domanda viene effettuata entro e non oltre il mese di giugno 2022 si avrà diritto a godere anche delle mensilità arretrate. 

Questo significa che coloro che effettuano la richiesta dell’Assegno Unico Universale a giugno, riceveranno anche marzo, aprile e maggio. 

Invece, a partire da luglio questa possibilità non ci sarà più e nessuno avrà più diritto a ricevere gli arretrati. 

Ma come posso fare per inviare la domanda relativa all’Assegno Unico Universale?

Per procedere in tal senso ci sono tre possibili vie. 

La prima strada è quella di consultare direttamente il sito dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Ricorda: in questo caso sarà necessario accedere attraverso le proprie credenziali SPID, CIE o CNS. 

Il secondo metodo per richiedere l’Assegno Unico Universale è quello di mettersi in contatto con il numero verde 803164 gratuito da fisso oppure il numero 06 164 164. Questo secondo numero risulta essere a pagamento, anche da rete mobile. 

Ultima strada per poter ottenere il sussidio è quella di rivolgersi ai servizi offerti in modo totalmente gratuito dal Patronato. 

Ricorda: coloro che percepiscono il Reddito di Cittadinanza non dovranno procedere con la compilazione della domanda in quanto il sussidio verrà direttamente accreditato sulla loro card di Poste Italiane. 

Ritocco al rialzo agli stipendi pa: a chi spetta l’aumento?

Nelle ultime due settimane si sono lette sempre più spesso le parole “stipendi pa” nei titoli dei telegiornali o nei giornali di attualità.

Anche noi di trend-online.com vogliamo occuparci di capire a cosa si riferiscono le recenti modifiche sugli stipendi pa e soprattutto quali figure saranno prese in causa.

Quando si parla di stipendi pa ci si riferisce in generale agli stipendi pubblici, infatti con stipendi pa si intendono gli stipendi della pubblica amministrazione.

La Manovra di Bilancio appena approvata, tra le previsioni di costi, di spesa e di entrate per tutto l’anno 2022 (fino a quando non si inizierà a lavorare alla Legge di Bilancio del prossimo anno) ha toccato anche l’argomento degli stipendi della pubblica amministrazione.

Ricordiamo che con stipendi pa non ci si riferisce solo agli stipendi dei politici, ma questo è un termine molto generale che comprende tutti i dipendenti pubblici che ricevono lo stipendio dalle casse pubbliche.

Prima di andare ad analizzare gli aspetti più importanti degli stipendi pa, vogliamo segnalarvi un interessante video del canale youtube ufficiale del Dipartimento della Funzione Pubblica che ha pubblicato la conferenza stampa che si è svolta lunedì 10 gennaio di presentazione di “Ri-formare la PA”.

La conferenza stampa si è concentrata proprio sulle novità e riforme che sono in attesa di essere sviluppate nella pubblica amministrazione per migliorarne gli aspetti più deboli.

A chi spettano gli stipendi pa?

Come abbiamo accennato brevemente qualche riga sopra, gli stipendi pa spettano a tutti i dipendenti pubblici dai politici e dirigenti, fino all’impiegato di un ufficio che offre servizio pubblico.

Quindi quando il Governo e il Parlamento fanno riferimento agli stipendi pa e alla riforma della pubblica amministrazione non si riferiscono solamente alle cariche pubbliche più facili da individuare (come anche i sindaci e i consiglieri).

Le figure di lavoro pubbliche possono essere le più disparate e non è possibile menzionarle tutte, ma alcuni esempi di lavoratori che percepiscono uno stipendio pa potrebbe rendere più chiaro a chi spettano.

Oltre ai parlamentari e alle cariche pubbliche a livello provinciale e regionale, percepiscono stipendi pa per esempio anche i dipendenti degli uffici comunali oppure gli operatori sanitari che lavorano negli ospedali o nelle asl.

Un esempio, che durante questi due anni di pandemia, che permette di rendere più chiara le figure dei lavoratori dipendenti pubblici che percepiscono gli stipendi pa sono proprio i medici, gli infermieri e i dipendenti che si occupano del settore amministrativo degli ospedali, delle ausl o degli uffici a cui è affidata la gestione degli appuntamenti per i tamponi o per i vaccini per il coronavirus.

Non è necessario che i dipendenti pubblici che percepiscono gli stipendi pa siano persone con lavori dirigenziali, qualsiasi dipendente assunto da una pubblica amministrazione rientra in quel gruppo di persone che riceve uno stipendio pa.

Come consultare gli stipendi pa?

I dipendenti pubblici ricevono una busta paga standard o hanno una busta paga particolare? E soprattutto, come si possono consultare lo storico dei propri stipendi pa?

A differenza dei dipendenti di aziende private che hanno la possibilità di contattare il proprio titolare o il manager di riferimento, accedere allo storico dei proprio stipendi pa sembra davvero impossibile visto che il proprio titolare è lo Stato Italiano.

Ma in realtà proprio per via della complessità degli organi pubblici, il Dipartimento dell’Amministrazione Generale del personale e dei servizi (DAG), il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) hanno commissionato un portale apposito che permetta a tutti i dipendenti pubblici di accedere alle proprie informazioni riguardanti la propria posizione lavorativa (cedolini delle buste paga compresi).

Il portale si chiama NoiPa ed è stato creato per gestire tutta la rete di stipendi del personale sia centrale che periferico della pubblica amministrazione.

Il sito NoiPa dedicato ai dipendenti pubblici permette in pochi click, attraverso una registrazione, di accedere alle proprie informazioni e ai cedolini dei propri stipendi pa correnti o passati.

Dento al portale NoiPa non sono solo caricati i cedolini delle buste paga degli stipendi pa, ma anche tutte le componenti accessorie del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione come ad esempio i contratti di lavoro nazionali straordinari, eventuali compenso incentivante e anche le informazioni relative al Fondo Unico Amministrazione.

Come accedere al portale dedicato agli stipendi pa?

Per avere accesso a tutte queste informazioni, saranno i lavoratori a doversi autenticare sul sito con le proprie credenziali definite in fase di registrazione al sito (codice fiscale del dipendente pubblico e password).

Per registrarsi e ricevere la password, il lavoratore pubblico deve aver comunicato un indirizzo email valido e accessibile.

In quanto portale che raccoglie in un unico sistema di gestione tutti gli aspetti che riguardano il personale (come quelli di natura giuridica, economica e di rilevazione presenze), se l’indirizzo email del lavoratore è già stato comunicato all’amministrazione per cui si lavora, allora questo indirizzo email sarà già stato automaticamente comunicato e registrato sul portale NoiPa in fase di assunzione.

Se invece, al contrario, l’indirizzo email non è ancora stato comunicato, per accedere alle informazioni sulla propria situazione lavorativa e a tutti i documenti relativi agli stipendi pa, sarà necessario rivolgersi al Responsabile dell’Identificazione del Dipendente del proprio ufficio per l’identificazione dal vivo, comunicare l’indirizzo email ed eventualmente il numero di cellulare.

In questo modo il Responsabile sarà in grado di confermare (con l’identificazione dal vivo) che quel determinato indirizzo email e quel numero di telefono corrispondono ad un lavoratore specifico che poi successivamente avrà a disposizione la situazione aggiornata sui suoi stipendi pa.

Una volta che l’indirizzo email è inserito nel registro del sito di NoiPa, per ricevere la password occorrerà seguire alcuni passaggi automatici per completare la propria registrazione.

Infatti una volta comunicato l’indirizzo email, si riceverà una mail di conferma dell’indirizzo email che contiene un link su cui bisogna cliccare per andare a convalidare la registrazione scrivendo il proprio codice fiscale (in modo che il sistema faccia un controllo incrociato per sicurezza).

Quando il lavoratore avrà inserito il codice fiscale riceverà una seconda mail con una password provvisoria e un link su cui bisogna cliccare per accedere al sito in cui si deve modificare la password provvisoria con una password definitiva scelta dal lavoratore.

Se si è comunicato anche il numero di cellulare, contemporaneamente alla ricezione della prima mail si riceve anche un messaggio con un codice temporaneo (codice OTP) da digitare dentro al sito per confermare anche il numero di telefono (a cui seguirà un nuovo sms di conferma dell’avvenuta registrazione del numero di cellulare).

Alla fine della fase di registrazione e autenticazione, si riceverà una mail con uno specifico link su cui cliccare per accedere a tutti i dati sui propri stipendi pa inserendo il codice fiscale e la password scelta.

A questo punto è possibile accedere a tutto lo storico del rapporto di lavoro, compresi i cedolini degli stipendi pa, il contratto di lavoro ed eventuali condizioni straordinarie.

Ecco quindi tutti i passaggi:

  • comunicazione indirizzo email valido con identificazione del lavoratore pubblico di riferimento,
  • ricezione di una mail di conferma della validità dell’indirizzo email comunicato in cui è presente un link su cui cliccare, contestualmente si riceve anche un sms con un codice provvisorio al numero comunicato,
  • inserire il codice fiscale e il codice provvisorio ricevuto per sms sul sito,
  • si riceve una seconda mail con una password provvisoria e un altro link su cui cliccare e contemporaneamente si riceve un sms di conferma dell’avvenuta comunicazione del numero di telefono,
  • inserire la password provvisoria e sceglierne una definitiva.

Come accedere ai cedolini dei propri stipendi pa?

Una volta completata la prodecura di registrazione e finalizzato il primo accesso si potranno visualizzare i dati del contratto di lavoro del dipendente pubblico e i cedolini degli stipendi pa ricevuti.

Per accedere a questa sezione è sufficiente entrare sul sito NoiPa e cliccare in alto a destra nel pulsante “entra”, a questo punto si inseriscono le proprie credenziali (codice fiscale e password definitiva scelta in fase di registrazione).

I cedolini degli stipendi pa si trovano nella sezione “documenti personali”, ogni cedolino rimane a disposizione per la consultazione in formato elettronico per 15 mesi.

Gli altri documenti personali che si trovano in questa sezione del sito sono per esempio la certificazione unica, il modello 730, i contratti scuola etutte le informazioni che riguardano le retribuzioni, i dati previdenziali, fiscali e contabili e infine anche una panoramica che mostra la situazione delle presenze lavorative.

Legge di Bilancio: rialzo del tetto degli stipendi pa nel 2022

Con la Manovra di Governo approvata alla fine di dicembre 2021, sono state fatte alcune modifiche e ritoccati alcuni stipendi pa per l’anno 2022, ma non per tutti i lavoratori.

La norma introdotta in extremis dal Governo nella Manovra di Bilancio prevede un ritocco al rialzo al tetto massimo di spesa solo per le categorie dei dirigenti della pubblica amministrazione.

Il Governo Draghi ha giustificato questa sua scelta comunicando che la decisione è stata presa in seguito ad alcune osservazioni giunte in Governo sulle assunzioni di cariche manageriali e dirigenziali di un certo calibro.

Con un tetto massimo di spesa definito a 240 mila euro lordi (stabilito nel 2014), secondo alcuni, avrebbe impedito nel tempo di assumere professionisti più capaci e abili rispetto a quelli attuali.

Togliendo il limite di spesa per gli stipendi pa dei dirigenti e le cariche più alte sarebbe possibile assumere il personale migliore.

La norma del 2014 che prevedeva il tetto massimo di spesa per gli stipendi pa però era stata approvata (e confermata da una sentenza della Corte Costituzionale nel 2017) per limitare i super compensi ingiustificati della Pubblica Amministrazione.

Ma con questa Legge di Bilancio, cambiano le carte in tavola, Governo e Parlamento hanno approvato la rimozione del tetto massimo per le cariche dirigenziali in vigore e hanno imposto un nuova modalità di calcolo degli stipendi pa per queste cariche.

La nuova regola infatti prevede che il limite di 240 mila euro lordi possa essere superato già da quest’anno e che sarà l’Istat a definire di anno in anno il tetto massimo (utilizzando il calcolo di adeguamento annuale degli stipendi dei docenti universitari).

Secondo le prime indiscrezioni, il nuovo tetto massimo per il 2022 sarà aumentato del 3,78% corrispondente al valore di circa 249 mila euro lordi.

I beneficiari di questa norma sono principalmente le cariche che già percepiscono gli stipendi pa massimi come i dirigenti dei ministeri, gli alti magistrati o alcuni manager delle aziende partecipate dalla Pubblica Amministrazione.

Niente ritocchi agli stipendi pa dei lavoratori comuni quindi.

Questa norma sarà sicuramente destinata ad essere oggetto di polemiche perchè il ritocco al rialzo è stato preso in considerazione solo per chi percepisci stipendi pa ai massimi livelli, ma sicuramente almeno fino alla fine del 2022 (quando sarà approvata la prossima Legge di Bilancio) non sono previste modifiche.

Nel 2022 la TV cambia! Richiedi il Bonus TV! Scopri come!

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Il Bonus Tv e Decoder torna anche nel 2022 in base a quanto previsto dalla Manovra del Governo Draghi

Infatti, proprio per quest’anno assisteremo al tanto atteso switch-off, ossia l’effettivo passaggio al digitale terrestre DVB-T2. 

Questo significa che è stato reso necessario rifinanziare questo bonus per supportare tutte le famiglie nell’acquisto di un nuovo televisore o di un decoder abilitato a ricevere tale segnale. 

Infatti, come sappiamo, questo passaggio sta avvenendo in un momento che economicamente non è dei migliori. Infatti, sembra inutile dirlo, ma la crisi economica causata dal Covid-19 non accenna a fermarsi, sebbene siano presenti dei segnali di miglioramento. 

Proprio per questo motivo è intervenuto il Governo Draghi che, per mezzo della Legge di Bilancio per il 2022 ha dato il via al rifinanziamento del Bonus Tv e Decoder anche per l’anno in corso. 

Si tratta di un bonus previsto fino ad esaurimento fondi, di conseguenza è importante essere veloci per non dover rinunciare alla possibilità di usufruirne. 

In questo articolo andiamo a ricordare come funziona il Bonus Tv e Decoder e capiamo anche in cosa consiste lo switch-off che sta per avvenire nel nostro Paese. 

Bonus Tv e Decoder: perché è necessario?

Come sappiamo, fin dai primi giorni del mese di gennaio 2022 è partita la risintoniziazione dei canali TV. 

Infatti, per continuare a guardare i nostri programmi televisivi preferiti è indispensabile avere un televisore o un decoder abilitati a ricevere la nuova tecnologia di trasmissioni. 

Ebbene, questo processo riguarderà nel corso del 2022 tutta l’Italia a cominciare dalle regioni del Nord che, a partire dalla data del 3 gennaio, stanno assistendo a questa risintonizzaizione. 

La televisione è stata una vera e propria compagna durante il periodo di pandemia che stiamo vivendo, in particolare durante i mesi di lockdown. 

Forse è stato proprio in quel momento che ci siamo davvero resi conto di quanto non potremmo farne a meno. 

Ma quindi, quando avverrà questo passaggio alla tecnologia di trasmissione DVB-T2? Andiamo a scoprirlo meglio nel prossimo paragrafo. 

Bonus Tv e Decoder: quando avverrà lo switch-off?

Le prime regioni italiane interessate allo switch-off alla nuova tecnologia di trasmissione saranno la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Lombardia, eccetto la provincia di Mantova. 

Infatti, queste regioni passeranno alla nuova tecnologia in un periodo compreso tra il 3 gennaio ed il 9 marzo. 

Assieme alle tre regioni precedentemente citate passeranno alla tecnologia DVB-T2 anche le province di Piacenza, Trento e Bolzano. 

A ruota seguiranno altre città e regioni, andiamo a vederle più nel dettaglio:

  • Dal 9 febbraio al 14 marzo sarà la volta della provincia di Mantova, del Veneto, dell’Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia;
  • Dal 1 marzo al 15 maggio toccherà a Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Molise e Marche;
  • Toccherà poi a Liguria, Toscana, Umbria, Lazio e Campania dal 1° maggio fino al 20 giugno 2022. 

E la Sardegna? Ebbene, per questa Regione il processo è stato differente. Infatti, in base a quanto si legge in una nota del Ministero dello Sviluppo Economico, la Sardegna ha iniziato il processo di switch-off il 15 novembre e l’ha terminato il 4 gennaio con il passaggio degli ultimi canali. 

Bonus Tv e Decoder: l’8 marzo parte la nuova TV

Oltre alla questione legata al nuovo digitale terrestre DVB-T2, il Ministro dello Sviluppo Economico ha annunciato anche l’avvento della nuova codifica di trasmissione. 

Infatti, a partire dalla data dell’8 marzo le TV inizieranno a dismettere la codifica Mpeg-2 a favore di quella ad Mpeg-4. 

In questo modo si potranno vedere programmi in alta qualità. 

Attenzione però: la possibilità di questo miglioramento è usufruibile solo nelle TV abilitate a questa tecnologia. 

Tuttavia, è importante ricordare che fino alla data del 31 dicembre 2022 le televisioni continueranno a trasmettere in entrambe le codifiche, in modo da rendere meno repentino il passaggio. 

Ebbene, hai capito che forse dovresti acquistare una nuova televisione? ecco che il Bonus Tv e Decoder viene in aiuto. 

Infatti, tale agevolazione economica è stata rifinanziata proprio per aiutare i cittadini italiani nell’acquisto di un nuovo apparecchio. Ma andiamo a scoprire il Bonus Tv e Decoder più nel dettaglio. 

Bonus Tv e Decoder: come funziona e chi può averlo?

Abbiamo compreso che il Governo Draghi ha rifinanziato il Bonus Tv e Decoder attraverso la Legge di Bilancio per il 2022. 

In questo modo, il premier Mario Draghi ha deciso di intervenire fornendo un aiuto concreto a tutte quelle persone che decidono di acquistare un nuovo apparecchio televisivo. 

Ma in cosa consiste il Bonus Tv e Decoder? Andiamo a scoprirlo nel dettaglio. 

Innanzitutto è importante sottolineare che il Bonus Tv e Decoder consiste in uno sconto del 20% sul prezzo del nuovo televisore fino ad ottenere uno sconto massimo di 100 euro. 

Per ottenerlo però è necessario compiere un’azione importante. Infatti, il Bonus Tv e Decoder non verrà corrisposto indistintamente a tutti i cittadini italiani. 

Dunque, per ottenere il Bonus Tv e Decoder sarà necessario rottamare il vecchio televisore acquistato prima del 22 dicembre 2018. Infatti, tutte le TV che sono state comprate prima di tale data non risultano essere idonee per ricevere i nuovi canali del digitale terrestre. 

Ma sono finiti qui i requisiti per accedere al Bonus in questione? Ovviamente la risposta è no.

Infatti, sarà necessario essere cittadini italiani ed essere in regola con il pagamento del Canone Rai. Ovviamente, sono esentati dal rispettare questo secondo requisito tutti coloro che risultano essere esentati da tale pagamento, come i cittadini con un reddito basso oppure coloro che hanno un’età anagrafica superiore ai 75 anni. 

Ricorda: il Bonus Tv e Decoder sarà concesso una sola volta per famiglia e sarà erogato fino al 31 dicembre 2022, salvo esaurimento fondi anticipato. 

Bonus Tv e Decoder: come posso richiederlo?

Hai capito che hai bisogno di acquistare una nuova televisione e vuoi usufruire del Bonus Tv e Decoder? Bene, allora andiamo a scoprire nel dettaglio come bisogna fare per richiedere tale agevolazione. 

Come abbiamo capito nel paragrafo precedente, per avere accesso al Bonus Tv e Decoder è necessario aver rottamato il vecchio televisore acquistato prima del 22 dicembre 2018.

Per effettuare ciò sarà necessario recarsi presso un rivenditore oppure in un’isola ecologica autorizzata. 

Cosa dovrai portare con te? Beh, logicamente il televisore da rottamare, ma non solo. Infatti, sarà fondamentale essere in possesso anche del modulo di dichiarazione sostitutiva che potrai trovare senza problemi sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico. 

Cosa succederà poi? Ebbene, nel caso in cui tu abbia deciso di recarti in un’isola ecologica ti verrà rilasciato un documento che attesta la consegna dell’apparecchio. Tale documentazione dovrà essere poi consegnata al venditore della nuova TV. 

Invece, nel caso in cui tu abbia deciso di recarti direttamente dal rivenditore, sarà lui stesso ad occuparsi dello smaltimento. 

Bonus Tv e Decoder: come funziona sopra i 70 anni?

La Legge di Bilancio per il 2022 ha introdotto anche un’importante novità del Bonus Tv e Decoder che va a rivolgersi alle persone con età superiore ai 70 anni.

Infatti, tutti coloro che hanno diritto al Bonus Tv e Decoder ed hanno più di 70 ed una pensione non superiore a 20.000 euro annui, hanno la possibilità di ottenere un’agevolazione. 

Di cosa si tratta? Ebbene, queste persone potranno ricevere un nuovo decoder direttamente a casa loro. 

Pensioni, pagamenti di febbraio in super anticipo: le date!

Pensioni: anche a febbraio 2022 l’anticipo dei pagamenti ci sarà!

Come ormai consueto da quando l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha colpito anche il nostro Paese, i pagamenti delle pensioni arriveranno nuovamente prima di quanto previsto di solito.

Per contrastare il dilagare della pandemia, infatti, il Governo ha preso delle decisioni che sono volte ad evitare condizioni di assembramento, contingentando gli ingressi da effettuare in Poste Italiane per ritirare i pagamenti dei cedolini pensioni che, di norma, dovrebbero avvenire ad inizio mese.

In questo articolo scopriremo insieme quando arriveranno le pensioni di febbraio, per le quali è previsto dunque, come preannunciato, un pagamento anticipato di qualche giorno.

Ci occuperemo inoltre del previsto aumento delle pensioni 2022.

Ma andiamo per ordine, e iniziamo occupandoci delle date dei pagamenti delle pensioni di febbraio 2022.

Pensioni: anticipo confermato anche per febbraio 2022?

Che anche le pensioni di febbraio 2022 sarebbero state erogate in anticipo, in fondo, c’era da aspettarselo.

Da quando è stato proclamato lo Stato di Emergenza, in effetti, la Protezione Civile è stata incaricata di allertare tutti i titolari di trattamenti pensionistici in merito alle date di erogazione dei trattamenti stessi.

La Protezione Civile, dunque, ha di volta in volta comunicato le mensilità interessate dagli anticipi delle erogazioni, attraverso dei comunicati ufficiali.

L’ultima ordinanza della Protezione Civile (la n. 816 del 17 dicembre 2021) si è però limitata a fornire le indicazioni sulle date di erogazione anticipata delle pensioni relative al mese corrente, quello di gennaio.

In altre parole, al momento, attendiamo una nuova ordinanza che si riferisca al mese di febbraio 2022 e che comunichi le date ufficiali dei pagamenti delle pensioni per il prossimo mese.

Ordinanza che non dovrebbe comunque tardare e che arriverà quasi certamente: dato che lo Stato di Emergenza è stato prorogato al 31 marzo 2022, è improbabile che le erogazioni delle pensioni riprendano normalmente, come in epoca pre-pandemia.

Sarà necessario, anche per il mese di febbraio 2022, contingentare gli accessi agli uffici postali, consentendo il ritiro delle pensioni in ordine alfabetico, come già accaduto nei mesi scorsi.

Pensioni, calendario febbraio 2022: ecco quando arriveranno

Nel caso in cui l’erogazione anticipata venisse confermata, la Protezione Civile emetterà ordinanza ufficiale, come già accaduto per i mesi precedenti durante i quali i pagamenti delle pensioni sono avvenuti anticipatamente.

Al momento, in ogni caso, stiamo ancora aspettando tale ordinanza ufficiale, anche se possiamo già fare qualche ipotesi, basandoci su quanto già avvenuto i mesi scorsi.

Del calendario di febbraio 2022 relativo alle erogazioni delle pensioni, tra l’altro, si è occupato anche gds.it in un recente articolo sull’argomento.

Secondo il quotidiano, i pagamenti delle pensioni del prossimo mese “partiranno il 25 o il 26 gennaio del 2022, per poi concludersi, con la turnazione alfabetica, l’1 febbraio.

Qualora i pagamenti dovessero iniziare il 25 gennaio, in quella giornata potranno ritirare il proprio trattamento pensionistico soltanto i percettori di pensione il cui cognome inizia con le lettere A o B.

Seguiranno, il 26 gennaio 2022, i pensionati con cognomi inizianti con lettere C o D. Il giorno successivo, ossia il 27 gennaio, sarà invece la volta dei pensionati con cognomi dalla E alla K.

Il 28 gennaio potranno recarsi agli sportelli coloro il cui cognome inizia con lettere dalla L alla O, mentre il successivo 29 gennaio sarà il turno delle lettere dalla P alla R.

Attenzione a questa data, dato che cade di sabato: in questo caso, il ritiro pomeridiano non sarà ammesso, e bisognerà recarsi presso lo sportello postale esclusivamente in mattinata.

Gli accrediti anticipati si concluderanno il 31 gennaio 2022, quando i restanti pensionati (con iniziali dalla S alla Z) potranno ritirare le proprie pensioni.

Chiariamo che queste date non valgono purtroppo per tutti, ma per coloro che ritirano abitualmente i propri trattamenti pensionistici presso gli sportelli postali.

Chi ha scelto altri metodi di pagamento, quali quelli automatici, riceverà probabilmente la propria pensione tra il 31 gennaio ed il 1° febbraio 2022.

Inoltre, qualora le erogazioni delle pensioni di febbraio 2022 dovessero iniziare il 26 gennaio, ovviamente, occorrerà slittare il calendario fino ad ora analizzato di un giorno.

In ogni caso, attendiamo comunicazioni ufficiali sia dall’INPS che dalla Protezione Civile, che presto daranno conferma del definitivo calendario pensioni di febbraio.

Pagamenti pensioni febbraio 2022: come riceverli direttamente a casa

Oltra misura di prevenzione dei contagi, attiva da quando il Covid-19 ha iniziato a far vittime, è rappresentata dalla possibilità di ricevere la propria pensione di febbraio direttamente a casa propria.

Si tratta di un’iniziativa, denominata Pensioni a domicilio, che nasce grazie alla collaborazione dei Carabinieri con Poste italiane S.p.A, e che consente di delegare i carabinieri al ritiro delle pensioni presso gli sportelli postali.

Sfortunatamente, non tutti i pensionati possono partecipare a “Pensioni a domicilio”: per poter accedere all’iniziativa e ricevere le pensioni di febbraio (ma anche le successive) direttamente a domicilio vanno infatti rispettati dei requisiti.

Innanzitutto, quello legato all’età: possono fruire di questo servizio solo i pensionati over 75. In secondo luogo, il pensionato non può aver precedentemente fornito una delega di ritiro ad altro soggetto, pena l’esclusione da “Pensioni a domicilio”.

Infine, il percettore di trattamento pensioni non deve abitare vicino ad altri parenti, né deve convivere con loro.

Pensioni febbraio 2022, oltre i pagamenti: parliamo dell’aumento!

Prima di avviarci alla conclusione, ci occuperemo degli aumenti alle pensioni previsti per questo primo trimestre 2022.

A gennaio 2022 è stata in effetti introdotta una prima maggiorazione ai cedolini pensioni, maggiorazione legata strettamente all’aumento dell’inflazione. Tale maggiorazione, come vedremo a breve, è legata all’importo percepito dai pensionati, ed è variabile.

Nello specifico, verrà garantito un aumento pari all’1,7% a chi percepisce pensione minima o una pensione fino a tre volte maggiore tale pensione minima. L’aumento previsto è dell’1,53% per chi, invece, percepisce un importo pari ad un massimo quantificabile come cinque volte superiore alla pensione minima.

Infine, riceveranno un aumento pari all’1,275% i restanti percettori di trattamento pensioni.

Ma la maggiorazione legata all’inflazione non è l’unica fonte di aumenti per le pensioni di febbraio e dei successivi mesi del 2022.

Come in molto sapranno già, il Governo Draghi si è di recente impegnato in una nuova riforma IRPEF, che ha modificato gli scaglioni precedentemente previsti.

La conseguenza diretta di tale riforma è un taglio netto all’IRPEF stessa che, per i pensionati, coinciderà con degli aumenti alle pensioni.

Aumenti che, in base al reddito dichiarato, possono variare fino ad arrivare, per i redditi più elevati, fino a 700 euro l’anno.

Non si tratterà, ovviamente, di aumenti diretti sulle pensioni, ma di un risparmio sulle tasse da pagare, che coinciderà quindi con più soldi a disposizione dei pensionati.

Dell’aumento delle pensioni di febbraio 2022 (e, in generale, dei primi mesi di questo nuovo anno) grazie alla riforma IRPEF se n’è occupato anche il canale YouTube Mondo Pensioni in un recente video, di cui si consiglia la visione per eventuali approfondimenti.

NASPI, RdC, Assegno Unico: i primi pagamenti INPS 2022!

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Le difficoltà economiche per molti italiani non si fermano, con nuovi mesi di emergenza sanitaria. Nel frattempo vengono applicate anche una serie di misure per la tutela della salute dalla diffusione del virus Covid-19. Per gli italiani comunque anche nel 2022 sono riconfermate alcune forme di aiuto economico garantite dall’ente previdenziale INPS.

Si tratta di aiuti per contrastare la disoccupazione, oppure di sostegni alle famiglie con figli, e per garantire un supporto aggiuntivo anche in questi mesi.

Gennaio è un mese piuttosto importante, anche perché in questo mese è stabilita la scadenza di una operazione indispensabile, volta a conseguire i diversi bonus e sostegni introdotti dallo stato. Si tratta del calcolo dell’ISEE, come riporta Patronato.com:

“L’ISEE 2021 è scaduto il 31 dicembre scorso e per poter continuare a beneficiare di alcune prestazioni sociali (es. Reddito di Cittadinanza e Carta Acquisti).”

Importantissimo quindi risulta per molti italiani provvedere al rinnovo di questo particolare valore, che riporta tutte le informazioni relative alla condizione reddituale della famiglia, entro il 31 gennaio 2022. L’ISEE va rinnovato entro la fine di gennaio 2022, presentando agli enti preposti tutta la documentazione relativa alle entrate economiche e alla composizione del nucleo famigliare.

L’ISEE è importantissimo per poter richiedere diversi tipi di sostegni all’ente previdenziale, in quanto inquadra nel dettaglio la situazione specifica della famiglia richiedente. Questo dato va aggiornato anche in base a situazioni lavorative che sono venute a cambiare, come ad esempio la perdita del posto di lavoro, la diminuzione degli introiti economici durante l’anno. 

In questo articolo presentiamo tutte le misure previste per il mese di gennaio e i pagamenti che arriveranno ai cittadini, in base a diversi sostegni presenti: la NASPI, l’RdC, l’Assegno Unico, ma non solo.

Pagamenti INPS 2022: la NASPI

La NASPI continua ad essere presente per molti cittadini italiani. La misura, per chi non la conoscesse, va a sostenere economicamente chi ha perso il proprio posto di lavoro per cause involontarie. Si tratta di una erogazione che viene corrisposta dall’INPS ogni mese a chi ha perso il lavoro.

Di fatto questo sostegno garantisce una entrata economica nel momento in cui questa è assente, a causa della disoccupazione involontaria. La NASPI era già attiva negli scorsi anni, e ha aiutato diversi cittadini ad attraversare alcuni momenti delicati di crisi durante l’emergenza sanitaria.

Questa indennità viene garantita anche per il 2022 secondo l’ultima manovra, che va a confermare molte delle misure di sostegno rivolte agli italiani, imprese e famiglie. I pagamenti della NASPI sono previsti per il 2022 in modo allargato: secondo le ultime decisioni infatti questa mensilità viene corrisposta da quest’anno anche ai lavoratori del settore agricolo, inizialmente esclusi.

Si tratta di una novità che riguarda da vicino gli operai agricoli assunti a tempo indeterminato, che da quest’anno potranno procedere alla richiesta di accesso a questa forma di aiuto. Dal primo giorno di gennaio sono cambiate alcune caratteristiche di questa importante misura erogata dall’ente previdenziale.

Principalmente, oltre all’allargamento dei destinatari, sono stati semplificati i criteri per cui un cittadino può domandare l’accesso alla misura. Non è più obbligatorio infatti aver lavorato 30 giorni nell’anno precedente a quando si presenta la domanda, per poter accedervi.

Indubbiamente questa è una modifica che va a beneficio dei cittadini, specialmente quelli che hanno lavorato in modo discontinuo. Tuttavia rimane importante un requisito: aver versato almeno 13 settimane di contributi per scopi previdenziali in un periodo di quattro anni precedenti. Inoltre rimane importante essere disoccupati in modo involontario.

Per gennaio 2022 iniziano oggi le erogazioni, fino al giorno 21. Si tratta quindi di una settimana in cui verranno corrisposti i pagamenti a tutti coloro che possono ricevere la NASPI.

Pagamenti INPS 2022: RdC

Un altro sostegno non meno importante della NASPI è il reddito di cittadinanza (RdC). Si questa erogazione si è discusso a lungo nel 2021, soprattutto per le modifiche da applicare alle diverse caratteristiche della misura. Questo sostegno viene indirizzato a chi si trova senza lavoro, come indennità a tutela della povertà e contro la disoccupazione.

Le recenti modifiche della misura vanno in una direzione di distribuzione di questi sostegni più controllata, e lìobiettivo è quello di evitare che i cittadini vengano disincentivati nella ricerca di un lavoro. Quello che si è registrato negli scorsi anni infatti è un fenomeno che portava i cittadini a rimanere fermi ricevendo gli importi mensili di questo aiuto, e a rinunciare a trovare un lavoro.

Da quest’anno i modi per mantenere attiva questa forma di pagamento saranno più difficili: oltre ad un maggiore controllo sulle richieste per questi pagamenti, l’RdC si rischierà di perdere se non si accettano le offerte di lavoro proposte dalle agenzie impiegate per questo scopo.

Al secondo rifiuto di un’offerta di lavoro derivata da queste realtà, il cittadino può perdere definitivamente l’accesso all’RdC. Si tratta di cambiamenti che rendono più stringente il reddito di cittadinanza, per garantire che venga erogato solamente a chi effettivamente si impegna nella ricerca e nell’accettazione di un lavoro.

A questo proposito, lo stato introduce nuove iniziative di formazione e accompagnamento al lavoro impiegando le agenzie interinali e le agenzie per il lavoro, mentre i navigator che vi lavoravano in precedenza vengono accantonati (non senza qualche protesta).

Per quanto riguarda i pagamenti di gennaio 2022 dell’RdC, la settimana dal 15 al 27 è da tenere d’occhio: il 15 gennaio partono le erogazioni per i nuovi cittadini che hanno richiesto l’RdC, mentre dal 27 gennaio 2022 verranno effettuati i pagamenti relativi alle mensilità già richieste in precedenza, per chi sta ricevendo il reddito di cittadinanza.

Pagamenti INPS 2022: l’Assegno Unico

Una novità importante per quest’anno riguarda il nuovo sostegno che viene corrisposto alle famiglie italiane, purché siano presenti figli all’interno del nucleo famigliare. Per questi genitori, con figli a carico fino a 21 anni, è possibile attingere ad un aiuto economico diretto e specifico, assegnato ogni mese.

L’attesa per questa misura è tanta, dato che per poterne beneficiare appieno è necessario ancora attendere almeno fino a marzo 2022. Tuttavia è già possibile, per chi ne è interessato e rientra nei requisiti, proporre la propria domanda di accesso a questo aiuto economico.

L’Assegno Unico andrà erogato in cifre diverse in base alla condizione specifica economica dei genitori e della famiglia, e può essere più o meno elevato in base alla situazione.

Fondamentale anche in questo caso è avere con sé, al momento della domanda, un indicatore ISEE accurato e aggiornato che rispecchi la situazione attuale della famiglia. In mancanza di questa informazione, l’Assegno Unico verrà comunque pagato, ma in misura minore.

In base alle tempistiche al momento dichiarate, i cittadini hanno ancora tutto il mese di gennaio e di febbraio 2022 per procedere al calcolo del proprio ISEE e presentare domanda di accesso all’Assegno Unico. La misura sarà effettivamente attiva solamente da marzo, per cui bisogna ancora attendere per ricevere la copertura economica a favore dei figli.

Pagamenti REM: torneranno?

Una delle misure per cui al momento esiste una grande incognita è il REM, ovvero il reddito di emergenza. Moltissimi italiani hanno richiesto un ritorno di questo sostegno, che tuttavia sembra essere passato in sordina. Come riporta un articolo di Ticonsiglio.it, questo tipo di pagamento INPS è fermo da diversi mesi:

“Pur essendo una delle misure di sostegno più diffuse e apprezzate nel corso della pandemia da Covid 19, il Reddito di Emergenza si è fermato all’ultima erogazione di settembre 2021.”

Nella teoria, questo tipo di aiuto è stato collegato in modo diretto al periodo di emergenza sanitaria, garantendo alcune erogazioni sotto forma di pagamenti mensili per un periodo in cui la situazione economica era fortemente penalizzata per tutti i cittadini.

Nella pratica, l’ultima mensilità, riferita al mese di settembre 2021, è arrivata in molti casi con tempi più lunghi del previsto, e nonostante le diverse richieste, il REM non è tornato per gli ultimi mesi del 2021. Questo fa pensare che non tornerà neanche per il 2022.

Nonostante il REM non sia stato prorogato al momento, c’è chi pensa in una sua reintroduzione a causa del perpetuarsi delle difficoltà sanitarie, a cui questa misura è sempre stata direttamente collegata. La domanda che si fanno molti italiani è come mai questo particolare sostegno non si vede in questi mesi, nonostante fino a marzo vi è la sicurezza assoluta dello stato di emergenza.

Per eventuali proroghe bisognerà ancora aspettare, anche se al momento sembrano improbabili, dato il silenzio generale su questa misura, che in passato ha sostenuto molti italiani.

Pagamenti INPS gennaio: altri sostegni

Oltre alla NASPI, l’RdC e l’Assegno Unico, per il 2022 si prospettano nuove misure di sostegno al reddito, e aiuti diretti non solamente alle famiglie e ai cittadini, ma anche alle imprese. Si parla in questi giorni di un nuovo Decreto Sostegni riferito al 2022, che dovrebbe arrivare per tutelare soprattutto alcuni settori lavorativi ancora una volta penalizzati dall’emergenza sanitaria: il turismo e lo spettacolo.

Anche la cassa integrazione è una forma di sostegno ai lavoratori che viene prorogata nel 2022. Si tratta di un aiuto che ancora una volta viene introdotto per le imprese in difficoltà a causa della pandemia.

Allo stesso modo vengono garantiti sostegni e incentivi a tutte le imprese che assumono persone particolarmente svantaggiate: ex lavoratori di aziende che sono in crisi economica, lavoratrici donne, giovani.

Altri tipi di aiuti arrivano anche sotto forma di carta acquisti, per i cittadini con reddito basso. Si tratta di un aiuto che torna anche questo mese per molte famiglie, sempre con la cifra di 80 euro ogni due mesi. Nel frattempo si discute su ulteriori misure da introdurre per questo periodo, almeno per la copertura dei primi mesi di 2022 in cui è ancora presente l’emergenza sanitaria.

Modello ISEE: tutti i documenti necessari per la DSU!

Sempre con maggiore frequenza oggi, per poter accedere a bonus, incentivi, agevolazioni ed aiuti di diversa natura, si fa riferimento al cosiddetto Indicatore della Situazione Economica Equivalente, meglio conosciuto con l’acronimo ISEE.

In effetti, il valore di questo indice è molto spesso il parametro discriminante per stabilire l’accesso o meno a tutte queste agevolazioni, e ad oggi, proprio a seguito della riforma che ha riguardato la materia, si è stabilito che al fine di poter procedere a richiedere e a calcolare questo indicatore, è necessario un altro documento indicato con l’acronimo DSU.

La DSU, o Dichiarazione Sostitutiva Unica, è dunque proprio il nuovo documento necessario per richiedere l’ISEE ed è di fatto, un’autocertificazione in cui si attestano le caratteristiche del nucleo familiare del richiedente, del reddito e della sua situazione patrimoniale, sia mobiliare che immobiliare.

ISEE 2022 e DSU: come sono collegate

Pertanto sulla base di quanto sopra scritto, la DSU altro non è che un documento che racchiude in sé tutte le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale necessarie a descrivere la situazione economica del nucleo familiare.

Essere in grado di compilare correttamente la DSU è fondamentale perché, abbiamo detto, da essa discende la possibilità di richiedere e di calcolare poi materialmente l’ISEE, indicatore quest’ultimo che oggi è il parametro fondamentale per accedere ad alcune agevolazioni fondamentali previste per l’anno in corso.

Tra queste si pensi ad esempio all’assegno unico per i figli, ma anche agli assegni per la maternità, oppure al bonus famiglia, o al bonus bebè, oppure ancora a tutte le agevolazioni connesse alla carta acquisti, alle tasse universitarie, alle borse di studio, e così via.

Quindi la compilazione esatta della DSU non è che il primo passo necessario per poter usufruire di tutta una serie possibile di vantaggi di cui l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, diventa l’effettivo strumento di valutazione.

ISEE 2022 e DSU: le relative scadenze

Per quanto riguarda i tempi per la compilazione delle DSU e quindi la richiesta e il calcolo dell’ISEE, bisogna specificare che, mentre la Dichiarazione Sostitutiva Unica si può presentare in qualunque periodo dell’anno, non la stessa cosa accade per la dichiarazione ISEE, che normalmente ha validità solo per l’anno solare nel quale di fatto, risulta essere stato calcolato.

Ecco perché normalmente per poter essere ammessi a godere di determinate agevolazioni lo Stato o chi per esso, richiede sempre la situazione ISEE aggiornata all’anno solare in corso.

Questo vuol dire che ad esempio, con riferimento a tutti gli ISEE che saranno elaborati nel corso di quest’anno saranno validi solo fino alla fine di questo anno.

Per il successivo si dovrà procedere ad un nuovo calcolo dell’Indicatore proprio perché nel frattempo la condizione familiare, economica o patrimoniale del richiedente o dei suoi familiari potrebbe essersi nel frattempo modificata.

Per chi fosse interessato un video tratto dal canale Francesco Consulente – YouTube, offre spunti interessanti sul tema.

ISEE 2022 e DSU

Quindi abbiamo visto che affinché si possa calcolare correttamente l’ISEE, altrettanto fondamentale è che la Dichiarazione Sostitutiva Unica, sia quanto più veritiera possibile.

Questo vuol dire che questa autocertificazione, questo documento, deve riprodurre in modo più fedele possibile un’immagine reale di quella che è la situazione demografica, reddituale e patrimoniale del richiedente e dell’intero nucleo familiare.

Ecco perché ai fini della corretta compilazione della DSU, saranno necessari tutta una serie di documenti che non possono mai mancare al fine di evitare inutili errori. Quindi ora vediamo quali sono tutti i documenti che sono necessari al fine di una corretta pubblicazione della DSU.

ISEE 2022 e DSU: istruzioni per la compilazione e dove presentarla

È direttamente il ministero del Lavoro che fornisce tutte le indicazioni precise per poter compilare la DSU, indicazioni che tra l’altro sono state oggetto proprio di una recente modifica lo scorso mese di luglio.

Ad ogni modo bisogna dire che in linea generale, prima di procedere alla compilazione materiale della DSU sulla base delle istruzioni opportunamente fornite, i documenti che si devono avere a disposizione e che davvero sono necessari alla composizione dell’autocertificazione, devono riguardare queste informazioni basilari.

Innanzitutto si devono avere a disposizione documenti con l’anagrafica tanto del dichiarante che del nucleo familiare, in secondo luogo si devono avere documenti dai quale emergano tutti i redditi del nucleo familiare e il patrimonio da questo posseduto sia esso materiale che immateriale, ed infine se è presente una condizione di disabilità in famiglia, anche tutta la documentazione a corredo di questa situazione.

Una volta in possesso di tutta questa documentazione, ovviamente dettagliata, questa deve essere presentata all’Inps oppure ai Caf che sono abilitati, ai fini di poter ottenere il calcolo dell’indicatore ISEE sulla base del quale poter accedere alle agevolazioni.

In aggiunta a questa prima procedura però, i contribuenti hanno una seconda possibilità e cioè quella di fare riferimento alla Dichiarazione che è già precompilata direttamente dall’Inps o dall’Agenzia delle Entrate ed eventualmente integrarla con altre informazioni aggiuntive fornite autonomamente dal contribuente.

ISEE 2022 DSU e valutazione comparativa

Abbiamo per ora dato una descrizione per grandi linee di quelli che sono i documenti che sono necessari alla compilazione della certificazione DSU limitandoci a definire i macro argomenti che queste informazioni devono andare a coprire.

Ad ogni modo bisogna dire che tutta questa documentazione che verrà presentata all’ente competente, comunque deve risultare esaustiva al fine di delineare in modo più veritiero possibile il profilo economico della famiglia che sta appunto richiedendo questa certificazione.

Ovviamente questo profilo economico poi sarà definito sempre dopo una valutazione comparativa con la situazione reddituale anche degli altri nuclei familiari, e comunque deve essere idoneo a descrivere sempre la condizione economica più aggiornata della famiglia stessa.

Andiamo ora a dettagliare i tipi di documenti che prima abbiamo solo accennato per macro-aree.

ISEE 2022, DSU e documenti anagrafici

Tutti i documenti anagrafici devono chiaramente servire ad identificare in modo veritiero e corretto sia il dichiarante che i componenti del nucleo familiare, come tale questi sono indubbiamente il documento di identità ed il codice fiscale, e se il nucleo familiare è in affitto, serve anche una copia del contratto di locazione e la quietanza di tutti i pagamenti effettuati.

ISEE 2022, DSU e documenti per il reddito

Quando invece parliamo di tutti i documenti dai quali sia desumibile la situazione reddituale del nucleo familiare, bisogna in questo caso fare un ulteriore specifica, perché chiaramente dipendono sempre dall’anno di riferimento per il quale questa DSU verrà impiegata per il calcolo dell’ISEE.

Nello specifico e con riferimento all’ISEE per il 2022, tutti i documenti che fotografano la situazione reddituale della famiglia devono essere relativi ai due anni antecedenti, ovvero al 2020.

Quindi bisogna produrre la dichiarazione dei redditi del 2021 ma relativa al periodo d’imposta del 2020, ovviamente si intende ognuna con il relativo modello attinente all’attività professionale svolta o allo stato di pensionato, gli eventuali assegni per il nucleo familiare sempre relativi al 2020,.

Bisogna inoltre presentare la dichiarazione degli eventuali redditi prodotti come lavoratori dipendenti all’estero o che siano tassati solo all’estero, nonché qualunque altra documentazione dalla quale risulti di aver percepito sussidi, indennità, trattamenti previdenziali o assistenziale sempre con riferimento a quell’anno.

ISEE 2022, DSU: ISEE corrente

Abbiamo detto come tutte le informazioni che fotografano la situazione reddituale della famiglia per il 2022 deve far riferimento a tutti i redditi di competenza dell’anno 2020.

Tuttavia può accadere che ci siano particolari situazione che siano nel frattempo accadute e cha abbiano profondamente modificato la condizione reddituale nel nucleo familiare stesso.

Si pensi a tutte quelle situazioni in cui ad esempio, ci sia stata la perdita di lavoro da parte di uno dei componenti della famiglia, ovvero alle situazioni in cui uno di loro si sia trovato in una condizione tale per cui si sia modificato il reddito inizialmente percepito, oppure o al fatto che la famiglia abbia avuto la perdita di un trattamento previdenziale relativo a qualche componente.

In questa fattispecie è evidente che la DSU costituita sulla base di documenti che fotografano la situazione reddituale di due anni prima non possa considerarsi pienamente attinente alla realtà.

Ricorrendo questa situazione ed essendo preminente il fatto che a qualunque agevolazione la famiglia abbia accesso, questo deve avvenire sempre sulla base dell’indice ISEE corrente all’anno 2022, in virtù del DM dello scorso 5 luglio si dà la possibilità comunque di poter sempre accedere ai dati più aggiornati che si trovano sul portale del Ministero del Lavoro.

ISEE 2022, DSU e documenti sul patrimonio

Ai fini di una corretta compilazione della DSU, sono poi necessari tutti i documenti dai quali si possa dedurre il patrimonio mobiliare e immobiliare del nucleo familiare, sempre al 2020.

Tra questi rientrano tutti i saldi e le giacenze di conti correnti postali e bancari, eventuali quote di partecipazioni all’interno di società.

In relazione al patrimonio immobiliale da presentare la visura catastale di tutto il patrimonio immobiliare posseduto, tutti gli atti catastali e notarili dai quali risultino compravendite, successioni o donazioni di patrimonio immobiliare, anche se avvenute all’estero, i certificati nel quale risulti la quota capitale residua di eventuali mutui contratti per l’acquisto o costruzione di immobili di proprietà.

Infine anno altresì presentati targa ed estremi di registrazione al PRA o al R.I.D. di autoveicoli o motoveicoli con cilindrata superiore a 500 cc, ovvero navi e imbarcazioni da diporto.

ISEE 2022, DSU e disabilità

Se poi all’interno del nucleo familiare è presente un componente che si trova in una condizione di disabilità, con riferimento a questo soggetto si devono presentare oltre a quelli già elencati anche un’altra serie di documenti.

Tra questi la certificazione dell’ente che ha riconosciuto la disabilità completa di numero e data di rilascio e anche tutta la documentazione di eventuali spese che si siano sostenute a seguito di ricoveri all’interno di strutture assistenziali o di spese che invece si siano sostenute per cure domiciliari.

Partita IVA: tasse più alte e nuovi regole! Cosa cambia ora?

A seguito della pubblicazione della recente Legge di Bilancio 2022 e della relativa entrata in vigore attraverso la legge numero 234 del 30 dicembre 2021, la squadra dell’esecutivo italiano guidata attualmente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, ha intrapreso importanti decisioni non soltanto nei confronti delle famiglie con figli e dei lavoratori dipendenti, ma anche verso quei liberi professionisti che sono in possesso di una regolare partita IVA

A questo proposito, con l’arrivo del nuovo anno, ed in particolare con lo scattare del primo gennaio 2022, si sono susseguite una serie di importanti novità che andranno a modificare radicalmente la modalità di fatturazione delle partite IVA ma anche di tutti gli obblighi finora regolamentati. 

In particolare, le ultime notizie inserite all’interno della recente Manovra finanziaria 2022, fortemente volute da parte del Governo italiano, riguarderanno sopratutto quei lavoratori autonomi e liberi professionisti che sono in possesso di una regolare partita IVA e che si trovano in regime forfettario.

Tra i principali protagonisti delle novità che andranno ad interessare soprattutto le partite IVA con un regime forfettario vi è sicuramente la modalità di fatturazione elettronica, la quale è diventata da quest’anno obbligatoria per poter continuare a fatturare le proprie attività di lavoro.

All’interno del seguente articolo, quindi, saranno approfonditi nel dettaglio tutti i dettagli in relazione alle ultime notizie che riguardano il regime forfettario nonché i titolari di partita IVA. In questo senso, nei prossimi paragrafi, sarà possibile evidenziare anche quali saranno i nuovi requisiti che dovranno essere rispettati da parte delle partite IVA che hanno optato per il regime forfettario almeno per l’anno 2022 e come cambiano le tasse che dovranno essere pagate.

Partita IVA: i nuovi requisiti di accesso al regime forfettario nel 2022

A seguito della pubblicazione della nuova Legge di Bilancio 2022, non sono stati messi in atto e predisposti dei cambiamenti o delle modifiche rilevanti per quanto riguarda gli effettivi requisiti che devono essere necessariamente rispettati da parte dei titolari di partita IVA che hanno intenzione di accedere al regime agevolato.

In questo senso, anche nell’anno in corso, dunque per l’intero 2022 dovrebbero continuare ad essere valide le regole e le condizioni richieste per l’anno scorso.

A questo proposito, per quanto riguarda uno dei requisiti di accesso ritenuti fondamentali per poter ottenere il regime forfettario riguarda l’ammontare complessivo dei ricavi e dei compensi. 

In tale contesto, infatti, i soggetti con partita IVA che risultano essere titolari di un’attività di professione, di arte oppure di impresa, dovranno aver registrato durante l’anno dei compensi e dei ricavi, il cui ammontare complessivo non dovrà essere superiore ai 65 mila euro all’anno.

Inoltre, occorre anche evidenziare che, nel caso in cui si tratti di professionisti con partita IVA che svolgono più lavori autonomi che corrispondono quindi all’applicazione di differenti codici ATECO, sarà opportuno prendere in considerazione l’intera somma di tutti i compensi che fanno riferimento alle attività differenti esercitate dallo stesso soggetto.

Le altre condizioni per poter avere una partita IVA con regime forfettario 2022

Oltre al primo requisito fondamentale riferito all’importo dei ricavi e dei compensi annuale, per poter accedere al nuovo regime forfettario agevolato i cittadini titolari di una partita IVA dovranno essere in possesso anche di altre condizioni essenziali.

Nello specifico, un ulteriore requisito richiesto riguarda l’ammontare lordo delle spese sostenute durante l’anno per quanto riguarda lavoro accessorio o anche lavoro dipendente o compensi corrisposti nei confronti di eventuali collaboratori, anche nei casi in cui si tratta di specifico progetti aziendali. In questo contesto, la soglia massima di spese è stata fissata ad un importo pari a 20.000 euro.

Infine, occorre anche evidenziare che i cittadini che intendono avere la partita IVA con un regime forfettario agevolato devono anche accertarsi di rispettare un terzo requisito molto importante, quello legato agli importi percepiti.

In effetti, secondo quanto previsto dalla legge, occorre che le partite IVA che intendono continuare a beneficiare dei vantaggi del regime agevolato, non percepiscano un importo superiore ai 30 mila euro di reddito derivante da trattamenti previdenziali oppure da lavoro dipendente.

Tuttavia, questo limite non viene riconosciuto nei confronti di quei lavoratori che sono stati coinvolti da un licenziamento, in quanto tale categoria risulta avere libero accesso al forfettario. 

Partita IVA: le nuove tasse del 2022 per chi è in regime forfettario 

Tra i principali vantaggi offerti dal regime forfettario nei confronti dei cittadini che svolgono un’attività di lavoro autonomo e che quindi sono dotati di una partita IVA, una delle motivazioni principali per chi le persone preferiscono tale regime riguarda la peculiarità della tassazione a cui sono soggetti.

A questo proposito, in effetti, la legge stabilisce che chi aderisce al regime forfettario potrà godere dell’applicazione di una aliquota fissa relativa alla tassazione sui compensi e sui ricavi, i quali, come sottolineato in precedenza, non potranno superare l’importo massimo fissato a 65 mila euro.

In questo senso, per quanto riguarda la tassa che dovrà essere applicata al reddito delle partite IVA con un regime forfettario agevolato, questa si baserà su una percentuale del 5% nei casi in cui si tratti di start up, mentre aumenta al 15% per tutte le altre partite IVA. 

Per tutti coloro che hanno intenzione di comprendere effettivamente come viene effettuato il calcolo delle tasse che dovranno essere pagate durante l’anno da parte dei cittadini con partita IVA che hanno aderito al regime fiscale del forfettario, è necessario ricordare un metodo di calcolo fondamentale.

In tal senso, dovrà essere moltiplicato l’importo relativo al fatturato registrato dal soggetto durante l’anno per l’aliquota fiscale del 5% oppure del 15%, sulla base della categoria a cui appartiene la partita IVA, per poi successivamente moltiplicare il risultato per il cosiddetto coefficiente di redditività.

Tuttavia, è necessario anche precisare che, tale coefficiente di redditività potrebbe variare da un cittadino contribuente ad un altro, sulla base del codice ATECO a cui si riferisce l’attività del proprio lavoro.

Le partite IVA che non possono accedere al regime forfettario nel 2022

Purtroppo anche con la nuova Legge di Bilancio 2022, il Governo italiano ha approvato una serie di situazioni e di condizioni che renderebbero impossibile per i lavoratori con partita IVA o cittadini intenzionati ad aprire un’attività propria, di poter accedere al regime forfettario nel 2022.

Effettivamente, non potranno purtroppo godere dei vantaggi del regime agevolato con la flat tax al 15% quei cittadini che hanno avuto una partita IVA durante gli ultimi due anni precedenti al momento della richiesta, per la medesima categoria di attività. 

Allo stesso tempo, si intendono esclusi dalla possibilità di accedere al regime forfettario nel 2022 anche quei titolari di quote in società di persone a prescindere dalla percentuale della titolarità; così come anche i titolari di quote srl oppure di associazioni che ne consentirebbero il controllo. 

Infine, ci sono anche tantissimi altri casi e situazioni che non possono essere considerati idonei per far i modo che il cittadino possa effettivamente ottenere l’agevolazione del regime forfettario nel 2022. 

In questo senso, infatti sono esclusi anche quei cittadini e soggetti fisici che non sono residenti in Italia oppure che effettuano prevalentemente delle operazioni di cessione di fabbricati, così come anche coloro che hanno percepito dei redditi da lavoro dipendente o assimilato superiore a 30 mila euro durante l’anno precedente.

I nuovi obblighi delle partite IVA con regime forfettario nel 2022

Tra le ultime notizie che sono state introdotte con la nuova Manovra finanziaria 2022 che interessano in particolare modo i cittadini con partita IVA e con un regime forfettario, vi è anche quella legata all’adempimento dell’obbligo di emissione del cosiddetto scontrino elettronico.

A questo proposito, si tratta di consentire, attraverso lo scontrino elettronico obbligatorio, l’invio e la memorizzazione di tutti i corrispettivi trasmessi presso l’Agenzia delle Entrate in maniera telematica e con una cadenza giornaliera.

Questo può essere possibile attraverso tre principali strumenti messi a disposizione per queste categorie di soggetti che dovranno rapidamente adeguarsi agli obblighi predisposti dal Governo. 

Tra questi, vi sono la possibilità di acquistare un nuovo registrazione telematico che consente di inviare in maniera automatica i corrispettivi giornalieri direttamente alla banca dati dell’Agenzia delle Entrate, usufruendo anche del nuovo bonus predisposto.

In alternativa, potrebbe essere possibile, in alcuni casi, provvedere all’adeguamento del proprio registratore di cassa vecchio attraverso la possibilità di usufruire un credito d’imposta di 50 euro; oppure, mediante i servizi online messi a disposizione gratuitamente da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Bonus IRPEF per chi ha la partita IVA con forfettario: come funziona?

Quando si parla di partita IVA e di regime forfettario è necessario fare un’ulteriore precisazione in merito alla possibilità o meno di accedere al famoso bonus IRPEF.

A questo proposito, come molti sanno, il requisito essenziale riguarda il percepire un reddito da lavoro subordinato oppure assimilato. Per questo motivo, nei casi in cui si tratti di un soggetto con partita IVA che svolge esclusivamente un lavoro autonomo, questo non potrà accedere al bonus da 100 euro al mese.

Ciononostante, a seguito dell’introduzione della nuova riforma fiscale che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane, il bonus IRPEF potrebbe essere verosimilmente riassorbito dalle detrazioni, così da applicare una nuova agevolazione che potrebbe essere corrisposto anche nei confronti dei titolari di partita IVA. 

Poste italiane: applicazioni da scaricare e perché

Di app in app…per stare al passo con i tempi! Ma a cosa servono le app di Poste italiane? Serve davvero scaricarle?

Certo, non è obbligatorio ma se si vogliono fare alcune operazioni in modo semplice e veloce queste applicazioni, da scaricare nel proprio smartphone, potrebbero essere davvero utili e far risparmiare tanto tempo!

Infatti, ovunque ci troviamo, basta ormai lo smartphone e ovviamente la connessione a internet per fare un sacco di cose, tra cui consultare documenti, fare acquisti su siti di e-commerce e accedere a servizi online.

Le app di poste italiane sono 4, chiaro che non serve averle tutte, dipende dalle proprie necessità e dal possesso o meno di un c/c in posta o di una carta Postepay.  

Per chi non ha tempo o non può fare la fila allo sportello delle poste, ormai tutto, o quasi tutto, si può fare comodamente dal sito. Ma non solo! Le app permettono di sfruttare numerose funzionalità, tra cui pagare velocemente un bollettino, inquadrando il Qr code dopo essere entrati nell’app e aver avviato la fotocamera cliccando su “Inquadra Qrcode”, prenotare il ticket all’ufficio postale, fare pagamenti, ricaricare la propria carta Postepay e tanto altro. 

Prima di entrare nello specifico di ogni singola app, ecco come e dove scaricarle e cosa servono. 

Come e dove scaricare le app di poste italiane

Tutte le app di poste italiane si possono scaricare gratuitamente sul proprio smartphone, sia con sistema operativo Android sia con iOS. Non si possono mettere invece sul computer. 

La procedura d’installazione nel telefonino è molto semplice e richiede pochi minuti, basta non avere la memoria piena! e avere la versione Android o iOS supportata dall’app. Occorre una versione:

  • iOS 11 o superiore, per tutte le app tranne la ID che funziona anche con una versione più vecchia
  • Android 4.4 per PT e BP
  • Android 4.1 per ID
  • Android 5 per PP

Una volta appurate queste due condizioni basta cercare sullo schermo del proprio smartphone l’icona dello Store (Play Store per chi ha il sistema operativo Android o App Store per chi ha iOS), cliccarvi sopra e digitare nella barra di ricerca affiancata dalla lente d’ingrandimento il nome dell’app che si vuole scaricare (BP, PP, PT o ID), fatto questo si clicca sul pulsante installa e si attende qualche minuto affinché venga completata l’operazione. 

A questo punto, basterà scorrere le icone presenti nello schermo del cellulare per trovare la classica icona gialla corrispondente all’app di poste italiane scaricata. 

In caso di problemi, probabilmente si tratterà di una versione non aggiornata dell’app o non supportata, basta quindi fare l’aggiornamento o provare a disinstallare l’app e rimetterla. Altrimenti potrebbe essere che l’app occupa uno spazio superiore a quello rimasto a disposizione nel proprio telefonino ma basta fare un po di spazio cancellando qualcosa che non serve più per risolvere il problema. 

E se questo ancora non basta si può sempre chiamare il numero dedicato dell’assistenza 800.003.322

gratuito e attivo dal lunedì al sabato, esclusi i festivi, dalle ore 8:00 alle ore 20:00. 

Come accedere alle app di poste italiane

Accedere alle app è molto semplice! 

Alle app ID e BP si accede con codice poste ID o impronta digitale, all’app PP con username e password create  in fase di registrazione al sito delle poste, infine l’app PT non richiede nulla e può essere usata da tutti. 

Per usare l’app Postepay bisogna essere registrati al sito delle poste.

Ecco come registrarsi:

Sul sito di poste, in alto a destra si clicca su area personale, che porta alla pagina tramite cui è possibile accedere con le proprie credenziali o registrarsi cliccando sulla scritta blu Registrati.

La procedura consiste in 5 facili passaggi:

  • l’inserimento dei propri dati anagrafici (nome, cognome, codice fiscale, cellulare, mail, città e data di nascita e residenza)
  • l’invio di un codice di sicurezza, tramite messaggio sul cellulare, che va poi inserito nel secondo step
  • l’inserimento di una nostra mail e di una password che verranno poi usate per accedere ai servizi online del sito e l’accettazione delle condizioni di servizio
  • la verifica dei dati inseriti
  • la conferma della registrazione con clic sull’apposito pulsante

Poste italiane: perché scaricare PT e ID

E ora ecco cosa si può fare nel dettaglio. 

L’app PT serve per:

  • pagare il bollo auto
  • prenotare il ritiro a domicilio di un pacco da spedire o controllare lo stato di una spedizione
  • comporre lettere, telegrammi o raccomandate che vengono inviate al destinatario senza bisogno di stampare nulla (a questo ci pensano le poste)

I pagamenti Qr code sono sempre più popolari. Secondo i risultati di uno studio condotto da Juniper Research sulle analisi e le prospettive del mercato dei pagamenti via Qr code, entro il 2025 ci saranno oltre 2,2 miliardi di utenti che pagheranno in questo modo. 

  • accedere alla sezione Filatelia dove è possibile vedere tutti i tipi di francobolli emessi 

L’app posteID serve per:

  • richiedere l’identità digitale Spid, per fare l’identificazione online senza andare in ufficio postale 
  • accedere ai servizi online della Pubblica amministrazione e a quelli che richiedono l’accesso tramite Spid
  • per autorizzare le richieste di accesso ad alcuni siti tramite Qr code o impronta digitale
  • creare nuovi codici posteID in caso di smarrimento o dimenticanza. Il codice posteID è quel codice che occorre per autorizzare operazioni sulle app di poste italiane

Si può accedere all’app anche tramite lettura dell’impronta digitale dopo averla impostata e se il telefonino è compatibile. Serve infatti uno smartphone con Android versione 6.0 in poi o iOS 5S in poi, si va poi nelle impostazioni dell’app e si attiva la relativa funzione.

Poste italiane: perché scaricare BP e PP

Queste due app sono riservate ai correntisti di Bancoposta e ai titolari di Postepay. 

L’app BP permette di:

  • controllare la lista movimenti e il saldo per chi ha un conto corrente in posta
  • fare bonifici o trasferimenti di soldi
  • prenotare un appuntamento col consulente di poste per servizi finanziari quali per esempio investimenti o polizze assicurative
  • prenotare un ticket per servizi allo sportello, cosi come con l’app PT 
  • cercare un ufficio postale
  • ricaricare una carta Postepay
  • fare una ricarica telefonica
  • fare un bonifico o un postagiro
  • pagare bollette e avvisi di pagamento pagoPA 
  • usare la funzione “inquadra con Qrcode” per autorizzare con l’app l’accesso al sito delle poste, pagare le bollette, fare prelievi Postamat senza carta
  • controllare i movimenti del proprio conto corrente e le spese mensili
  • controllare gli sconti accumulati con ScontiPoste o cercare negozi che aderiscono all’iniziativa 
  • gestire i propri libretti postali: questa opzione permette di trasferire denaro dal proprio conto corrente al libretto postale e viceversa in tempo reale. In questo modo, ad esempio, è possibile trasferire denaro sul libretto in modo che il saldo sul conto corrente rimanga sotto i 5000 e si evita cosi di pagare la tassa di bollo
  • sottoscrivere buoni postali di vario tipo
  • visualizzare le proprie polizze assicurative sottoscritte 

La prima volta che si usa l’app bisogna però associare il c/c, abilitare i propri prodotti e creare un codice posteid. 

L’app PP consente invece di:

  • controllare i movimenti e il saldo della propria carta prepagata Postepay
  • ricaricare la propria carta Postepay tramite c/c (per chi lo ha in posta) o con altre carte di pagamento di altre banche
  • acquistare biglietti del treno o della metro
  • pagare la sosta sulle strisce blu
  • pagare i bollettini
  • gestire la sim del telefonino (per chi ha la sim delle poste) verificando il credito residuo, il piano tariffario, le offerte disponibili ed eventuali bonus maturati sulla sim
  • per fare pagamenti con le carte o contactless 
  • trovare gli uffici postali e i postamat più vicini
  • vedere gli sconti accumulati con scontiposte e trovare i negozi che aderiscono. A questo proposito, ecco il link per saperne di più

La novità delle Poste

Inoltre da nemmeno un paio di mesi, si possono anche ritirare i soldi al Postamat senza la carta!

Per chi è correntista di poste infatti basta lo smartphone e l’app Postepay o Bancoposta installata, da cui si seleziona la voce “Prelievo senza carta”. L’importo da prelevare viene scelto col telefonino e il tocco del tastierino del Postamat è ridotto al minimo. 

Come riporta ANSA

l’obiettivo del servizio è rispondere alle esigenze digitali di clienti sempre più evoluti e soddisfare il crescente bisogno di sicurezza.

Per utilizzare il servizio si dovrà: 

  • selezionare la voce ‘Prelievo senza carta’ in App Postepay o BancoPosta
  • selezionare il tasto 9 sull’Atm
  • inquadrare il QrCode che compare sullo schermo
  • scegliere l’importo da prelevare e la carta dal quale prelevarlo e confermare l’operazione con il codice Poste ID

Utilità o troppa tecnologia? 

Modello F24: tutte le versioni! Utilizzo e compilazione

È ormai all’ordine del giorno parlare di pagamento tasse, Iva, Imu o contributi vari nominando la sigla F24, ma forse non tutti sanno effettivamente di cosa si tratta. 

Cos’è quindi il modello F24?

Se siamo in possesso di una partita iva è il commercialista che ad ogni scadenza invia tramite mail il modello compilato in ogni sua parte già predisposto e pronto all’uso.

Se non siamo in possesso di partita iva allora abbiamo meno occasioni di aver a che fare con l’F24, forse solo in coincidenza della dichiarazione redditi o della scadenza dell’Imu.

Sono passati diversi anni dall’introduzione di questo modello ma c’è ancora qualcuno che ha poca conoscenza in merito.

Il modello F24 è stato introdotto dalla legge 326 del 2003 e permette al contribuente di effettuare i pagamenti di diversi tributi e contributi in un’unica operazione.

Si tratta di un semplice modulo che viene compilato in occasione del pagamento di quasi tutte le tasse, imposte, tributi e contributi, sia in occasione della dichiarazione dei redditi annuale sia per altri pagamenti che durante l’anno abbiamo l’obbligo di pagare. 

Contestualmente al pagamento, è possibile effettuare anche eventuali compensazioni nel caso si sia in possesso di crediti d’imposta utilizzabili.

Come si compila e come si utilizza il modello F24

In un primo momento la compilazione risultava molto più semplice. Infatti, scaricando un semplice modulo F24 editabile era possibile compilarlo al computer e stamparlo, oppure semplicemente compilarlo manualmente a penna e poi consegnarlo allo sportello in banca. 

Successivamente, con la circolare numero 30 del 29 settembre 2006 viene introdotta l’obbligatorietà di invio telematico del modello F24 per le persone fisiche titolari di partita iva e per le società.

Per invio telematico si intende la compilazione del modello tramite banking online o direttamente tramite il sito dell’Agenzia delle entrate.

L’utilizzo del F24 cartaceo con presentazione “manuale” presso lo sportello in banca rimane utilizzabile ancora oggi solo per le persone fisiche non titolari di partita iva.

È invece possibile a tutti effettuare in completa autonomia il pagamento telematico solo nel caso ci siano presenti tributi solo a debito.

Nel caso di importi a credito per compensazioni parziali o totali, e quindi con importo pari a zero, non è possibile utilizzare il sistema ordinario del banking online ma si dovrà effettuare l’invio telematico attraverso il software messo a disposizione sul sito dall’Agenzia delle entrate

Non tutti i contribuenti però si considerano abbastanza “telematici” e proprio per questo motivo l’errore è sempre dietro l’angolo!

Infatti, nel caso in cui venga pagato un importo errato non sarà poi così semplice porre rimedio, soprattutto quando la cifra è superiore rispetto al dovuto.

Per questo motivo si potrà delegare preventivamente il commercialista ad effettuare l’invio telematico a nome nostro comunicando semplicemente l’iban sul quale appoggiare l’importo e la data in cui si vuole effettuare il pagamento.

Una volta arrivato il giorno della scadenza si potrà comodamente controllare in banca che tutto sia andato a buon fine nel modo migliore.

Per affrontare l’abuso inconsapevole, ma a volte anche consapevole, di crediti inesistenti, l’Agenzia delle entrate ha fissato il limite di credito per tributo a 5000 euro.

Oltre a questa soglia, i crediti dovranno essere certificati con “visto di conformità” da parte del professionista che sarà responsabile di eventuali errori o compensazioni non regolari.

Ora che abbiamo un’idea più chiara su cos’è un F24 e a cosa serve, vediamo quanti modelli F24 esistono e come vanno utilizzati.

Il modello F24 UNIFICATO

il modello F24 unificato è il più comune e più utilizzato.

Questo tipo di modello dà la possibilità di pagare diversi tributi, contributi, premi Inail e tasse locali attraverso un’unica operazione e quindi con la stessa scadenza.

Deve essere compilato nella parte anagrafica con i dati di chi effettua il pagamento o eventualmente se lo stesso viene fatto con funzione di erede, tutore curatore, ecc…

Si passa poi alla compilazione della parte specifica inerente al pagamento.

Prima di tutto si dovrà capire che tipo di versamento dobbiamo effettuare per individuare la sezione da compilare.

Il modello F24 unificato è diviso in 5 sezioni:

  • Sezione erario 
  • Sezione INPS
  • Sezione regioni
  • Sezione Imu e altri contributi locali
  • Sezione altri enti previdenziali e assicurativi 

Nella sezione erario si indicano tasse, imposte, tributi statali e Agenzia delle entrate. Per esempio possiamo indicare pagamenti Iva, Irpef, ritenute d’acconto, imposta di bollo, ecc…

Nella sezione Inps vanno indicati tutti i contributi previdenziali personali o per i dipendenti.

La sezione regioni è utilizzabile per il pagamento delle addizionali regionali o per eventuali altri pagamenti destinati alla regione di residenza.

Nella sezione Imu e altri tributi locali possiamo pagare ovviamente l’Imu per immobili non di residenza e terreni, o altri importi destinati ad enti locali, per esempio il diritto annuale per le aziende iscritte alla Camera di Commercio.

Nella sezione riguardante altri enti previdenziali e assicurativi principalmente possiamo pagare i premi riferiti all’autoliquidazione Inail.

Per ogni sezione andrà indicato il codice tributo corrispondente all’imposta o adempimento che si intende pagare.

I codici tributo sono messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate e devono essere indicati secondo le istruzioni date dall’ente.

A seguire va indicato il numero della rata solo nel caso in cui il tributo preveda un pagamento a rate, poi va indicato l’anno di riferimento e l’importo a debito della tassa.

Nel caso si avessero a disposizione crediti utilizzabili si potranno indicare nell’ultima colonna della sezione come importo a credito.

Per ogni sezione viene poi indicato il totale nell’ultima colonna a destra, che sarà dato dalla differenza tra debiti e crediti.

La somma di tutti i totali delle 5 sezioni sarà riportata nell’ultimo rigo infondo a destra: questo sarà l’importo finale che verrà addebitato su conto corrente.

Nel caso in cui i crediti disponibili possano coprire l’intero importo a debito, avremo un F24 a totale zero, il quale dovrà essere comunque tramesso all’Agenzia delle entrate per la registrazione delle compensazioni ma che non comporterà alcun addebito sul nostro conto corrente.

Come effettuare l’invio telematico del modello F24 per pagare in tempo senza incorrere in sanzioni e tardività?

Per compilare un modello F24 con i dati necessari al pagamento delle nostre tasse ci dovremo collegare al sito del bankig online del nostro istituto bancario e, dopo aver selezionato l’ambiente dei pagamenti, si dovrà cliccare sull’indicazione F24.

Si aprirà così il modello vero e proprio con tutte le varie sezioni da completare con le indicazioni che abbiamo già visto precedentemente.

È un’operazione molto semplice e con pochissime probabilità di rischio di errore.

Seguendo tutti i vari passaggi si arriverà velocemente al totale da pagare. Per di più, ogni errore viene segnalato in rosso dal programma della banca fino a quando non sarà compilato in modo corretto.

Dobbiamo però porre attenzione su alcuni punti che NON potranno essere corretti dal sistema e che saranno registrati con le indicazioni date da chi sta compilando. Per questo motivo prima di procedere a dare l’ok definitivo è consigliabile ricontrollare ciò che si è scritto in ogni sua parte.

Il primo punto e sicuramente il più importante è il campo della cifra indicata: il sistema non può ovviamente sapere a quanto ammonta il debito che dobbiamo pagare; quindi, uno zero in più non verrà segnalato come errore ma per chi paga può essere un vero danno.

Ma non temete! Pagare un importo errato è grave ma rimediabile. 

Infatti, nel caso in cui ci si accorga subito dell’errore, si potrà annullare l’operazione entro le 24 ore successive. 

Altrimenti si potrà utilizzare la cifra in eccesso come credito per compensare altri pagamenti, anche se questa opzione non risulta sempre possibile. 

Come ultima alternativa, si dovrà effettuare una richiesta di rimborso. Questa è però la strada meno consigliabile soprattutto per una questione di tempi, che risultano molto lunghi.

Il modello F24 SEMPLIFICATO 

Con il provvedimento del 25 maggio 2012, l’Agenzia delle entrate ha introdotto il modello F24 semplificato.

Sostanzialmente il modello F24 semplificato non cambia come utilizzo rispetto al modello precedente, ne sostituisce il modello unificato ordinario che abbiamo già visto. Semplicemente viene introdotto per “semplificare” il pagamento ai contribuenti che hanno facili e non frequenti tributi da versare.

La differenza è data dal fatto che è composto da una sola pagina e non da tre copie come il precedente.

Si tratta di un modello più semplice nella compilazione e viene utilizzato per esempio nel pagamento delle due rate Imu, ma è possibile utilizzarlo per pagare diversi altri codici tributo.

Il modello F24 ACCISE 

Iniziamo con lo specificare cosa si intende con la parola “accise”.

Le accise sono le imposte indirette destinate all’Agenzia delle dogane e dei Monopoli (ADM) pagate da produttori o commercianti per alcuni prodotti, per esempio tabacchi, alcolici, energia elettrica, benzina, ecc 

La maggior parte di queste merci subisce le accise nel momento della produzione o dell’importazione nella UE.

Il modello F24 Accise deve essere utilizzato compilando la sezione “accise” per i versamenti relativi a tributi e altre somme di pertinenza dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Può però essere utilizzato anche per i versamenti dei contributi INPGI.

È molto simile al modello F24 unificato, ma contiene anche altre sezioni nelle quali si potranno pagare altri tributi oppure compensare importi a credito.

Il modello F24 ELIDE 

L’ultimo modello F24 di cui approfondiamo il significato è il modello “Elide”, costituito dall’Agenzia delle entrate per il pagamento di imposte con particolari informazioni da segnalare al momento del versamento.

Questo modello deve essere utilizzato per le imposte di registro di atti e contratti, per le imposte e tasse ipotecarie e catastali.

Viene usato anche per il versamento dell’Iva in alcuni casi particolari, per esempio l’Iva per l’immatricolazione dei veicoli acquistati nel mercato intracomunitario (Iva immatricolazione auto UE), o anche per diritti su brevetti e tasse marchi.

Questo tipo di F24 NON potrà però essere utilizzato per compensazioni di altri tributi a credito.

In confronto agli altri modelli illustrati precedentemente, probabilmente questo è il modello di uso meno frequente e risulta anche un po’ più difficile nella compilazione, a causa dei diversi dati e codici da dover inserire. Solitamente, infatti, chi lo utilizza è preparato e sa già come muoversi.

Con l’avvento della compilazione online tramite il sistema bancario si è molto facilitati e tutto viene indicato nel modo più semplice possibile. Come abbiamo già detto, per ogni passaggio viene segnalato subito l’eventuale errore.

Nonostante questo, ricordiamo che è fondamentale ricontrollare più volte l’importo digitato perché solo noi possiamo sapere esattamente qual è la cifra da pagare e quindi il sistema non segnalerà alcuna anomalia! 

La soluzione migliore rimane quella di affidarsi a persone fidate ed esperte come consulenti e commercialisti anche solo per chiarire i molti dubbi che giustamente sorgono prima dell’invio telematico o del pagamento in banca di qualsiasi importo di tasse, imposte, tributi e contributi. 

È vero che per ogni errore c’è sempre una soluzione, ma, come si usa dire, è sempre meglio prevenire che curare!

Nuovo decreto? Ecco tutte le novità da sapere assolutamente!

Sembra ormai che ogni settimana esca una novità.

Per stare al passo con tutte queste nuove norme dovremmo leggere la Gazzetta ufficiale ad ogni uscita.

Ma in periodo di pandemia e di emergenza sanitaria, non è possibile non rimanere informati sulle nuove norme disposte dai decreti anti-Covid!

Certo, la prudenza non è mai troppa, il distanziamento e l’igienizzazione delle mani è sempre buona norma, ma per evitare un nuovo lockdown, questo non può bastare nei mesi invernali.

Dall’obbligo vaccinale per gli over 50, alle mascherine, ai Green Pass richiesti, le novità sono tante ed è meglio saperle tutte per non incorrere in incresciose situazioni e spiacevoli sanzioni!

Nuovi decreti in arrivo, tutto quello che è successo a gennaio!

Si è parlato di lockdown “light” per  non vaccinati, già dal 10 gennaio abbiamo visto come siano arrivate le prime strette, che anche con l’arrivo nel nuovo decreto verranno ovviamente mantenute.

Per fare dunque un ripasso generale prima di parlare del prossimo decreto si ritiene necessario.

A causa dell’impennata di casi Covid dopo le vacanze di Natale e sicuramente ci porteremo gli strascichi delle festività ancora per qualche settimana, è stato necessario introdurre l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno più di 50 anni, considerati non sono la fascia più debole della popolazione, ma anche, a quanto i dati dicono, quella che presenta più dubbi e opposizioni in merito alla vaccinazione anti-Covid 19, per una platea di cittadini di 2,5 milioni.

Con l’inizio delle scuole, inoltre, altro luogo sicuramente ad alto rischio, si è reso necessario l’obbligo dell’utilizzo delle mascherine FFP2 già dalla scuola dell’infanzia per i docenti, così come per gli studenti di scuole primarie e secondarie a meno di esenzione per motivi specifici.

Anche la gestione della quarantena è cambiata:

alla materna con un positivo in classe scatta la sospensione delle attività per 10 giorni, stessa cosa non si può dire per le scuole elementari dove invece si applicherà la sorveglianza con tampone al primo e quinto giorno dalla scoperta del caso per non riportare la DAD ad essere una realtà.

Per scuole medie e superiori ci sono tre diversi step da seguire:

  • un caso positivo: si attiva l’autosorveglianza e l’obbligo di FFP2
  • due casi positivi: chi è vaccinato col terza dose o guarito da meno di 4 mesi resta in classe, gli altri in DAD
  • tre casi positivi: tutta la classe in DAD per dieci giorni.

Insomma, un gran caos sul fronte scuola.

Non che la questione Green Pass sia stata meno contestata.

Infatti, a conti fatti, a parte sul luogo di lavoro, il Certificato verde rinforzato, dato solo a chi è vaccinato con tre dosi o con due dosi e una guarigione, sarà praticamente obbligatorio ovunque tranne che in negozi e servizi essenziali.

Niente più treni, bus, metro, locali neanche all’aperto, alberghi, fiere, impianti di sci o altri luoghi che favoriscono la socialità e lo svago. Un vero e proprio lockdown per chi ha scelto di non vaccinarsi. Questa mossa estremamente contestata è stata vista non come una cautela vista l’impennata di casi, quanto piuttosto una “punizione” da parte del Governo.

Tra le novità importanti anche la terza dose cambierà, infatti sarà possibile farla prima, anche solo dopo i 4 mesi dalla seconda dose, così da garantire una copertura vaccinale migliore.

Dal 20 gennaio via anche a Green Pass Base per parrucchieri, barbieri ed estetiste, luoghi in cui finora non era richiesto, adesso almeno sarà necessario avere un tampone per poter accedere ai servizi utili alla persona.

Nuovi decreti in arrivo: nuove norme in atto da febbraio!

Ovviamente, le norme sono state scaglionate anche per dare il tempo a tutti di potersi adattare e attrezzare. I prossimi mesi, infatti, risulteranno cruciali per dare uno stop vigoroso alla circolazione del virus.

Dal 1° febbraio si accorcia a sei mesi la durata del Super Green Pass, ciò porterà alla necessità sicuramente di una quarta dose prima dell’estate per la maggior parte degli italiani, cosa che potrebbe non di poco rallentare il Servizio Sanitario Nazionale.

Dal 1° febbraio il Green Pass base sarà richiesto anche per accedere ad altri servizi fin ora non menzionati dalle norme, come filiali di banche, uffici di Poste Italiane e negozi. Da questo momento in poi, per accedere ad un qualsiasi ufficio pubblico. Sarà possibile accedere senza a questi servizi, a quanto si legge dalla bozza in attesa di approvazione, solo ai servizi considerati di “esigenza essenziale e primaria per la persona”. Il DPCM segnalerà quali sono le attività che sono state, dunque, interessate dall’esenzione dall’obbligo.

Forse uno dei punti più discussi è proprio l’obbligo per gli over 50 di andare a lavoro solo con il Super Green Pass. Fino ad oggi l’attività lavorativa era stata garantita col Green Pass base, con buona pace delle farmacie che sono risultate totalmente intasate da chi ogni 2 giorni ha dovuto rifarsi il tampone. Dal 15 febbraio invece, gli over 50 dovranno vaccinarsi per poter lavorare e la prima dose dovrà essere effettuata obbligatoriamente entro il 31 gennaio per poter garantire la partenza del Super Green Pass dal 15 febbraio.

Il ministro Speranza, infine, fa sapere che sarà cura del ministero della Salute predisporre gli elenchi dei soggetti over 50 inadempienti all’obbligo vaccinale, tramite il sistema di anagrafe vaccinale nazionale, a cui sarà inviata una comunicazione che potrà essere trasmessa a sua volta all’ASL di competenza per l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo vaccinale.

Per contrastare gli effetti delle vacanze sulla circolazione del virus, è stato anche deciso che fino al 28 febbraio è possibile per gli studenti sottoporsi gratuitamente ai tamponi, per garantire l’autosorveglianza in caso di contatto con un compagno di classe positivo.

Nuovo decreto: ma quando scade lo stato di emergenza?

Ad oggi, quel che si sa è che il 31 marzo scadrà lo stato di emergenza. La qual cosa però non ci assicura assolutamente che in caso di non miglioramento dei dati sui contagi, lo stato di emergenza non possa essere in realtà prolungato. Allo stato di emergenza sono legate tutte una serie di agevolazioni, come il lavoro agile, lo smartworking e la sorveglianza sanitaria eccezionale che venendo meno potrebbero in poco tempo riportarci agli inizi della primavera ad una situazione disastrosa.

Fino al 31 marzo, inoltre, è stato trovato l’accordo tra il Generale e commissario per l’emergenza, Francesco Figliuolo, d’intesa con il ministro della salute, e le farmacie, per calmierare i prezzi delle mascherine FFP2 a 75 centesimi, visto l’obbligo imposto di utilizzo praticamente in ogni attività al chiuso.

“Alla luce delle nuove restrizioni messe in atto dal Governo per contrastare la pandemia – dice il deputato M5S Giuseppe L’Abbate  – c’è la necessità di utilizzare le mascherine di tipo FFP2 nei luoghi chiusi obbligatoriamente o anche all’aperto. Introdurre un tetto al costo di questi dispositivi di protezione per tutelare le fasce più deboli della popolazione, dinanzi all’inevitabile aumento della richiesta, non eviterà distorsioni di mercato. Basterebbe, piuttosto, che lo Stato si prendesse carico di distribuire attraverso la rete di farmacie e parafarmacie le mascherine FFP2 alle famiglie più deboli individuandole attraverso il codice fiscale e acquistandole attraverso la centrale di acquisto Consip”.

 “Quello in cui ci troviamo, infatti, è uno shock dal lato della domanda e cioè un aumento, concentrato in un breve periodo, della domanda di un prodotto: nel nostro caso le mascherine di tipo FFP2 – dice poi  – L’introduzione di un prezzo calmierato, però, non rappresenta una soluzione praticabile in quanto provocherebbe la rarità del bene, spostando più avanti il punto di equilibrio del mercato, generando così il panico tra i cittadini che non riuscirebbero a trovare sul mercato le mascherine”.

La stessa intesa che si trovò ad inizio pandemia per il prezzo calmierato per le mascherine chirurgiche a 50 centesimi si è resa necessaria negli ultimi giorni vista la crescita esponenziale della domanda.

Ad oggi ricordiamo infatti che lo strumento di maggiore sicurezza è la mascherina FFP2 sia per noi che per chi ci sta intorno.

Il commissario Figliuolo però non è l’unico ad aver preso una posizione in queste nuove norme. Anche il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta ha firmato insieme al collega del Lavoro Andrea Orlando una circolare per sensibilizzare amministrazioni pubbliche e datori di lavoro privati a favorire il lavoro agile per cercare di contenere i contagi. 

Si legge infatti che 

“Facciamo partire tutti gli schemi di lavoro agile già presenti nelle norme, il privato utilizzerà il massimo della flessibilità per garantire sicurezza e servizi, stessa cosa farà il pubblico – ha spiegato il ministro Brunetta – Massima flessibilità per arginare i contagi”

Aziende ed uffici pubblici dovranno quindi coniugare, in base alle effettive necessità, la piena operatività dei servizi e la massima sicurezza dei lavoratori e degli utenti.

Nuovo Decreto anti-Covid: le novità non finiscono qui

Un’altra novità che presto farà molto discutere è l’obbligo di Green Pass per chi attualmente percepisce il reddito di cittadinanza.

La misura economica di emergenza, infatti, trova un gap burocratico tra la legge di Bilancio e il decreto del 7 gennaio poichè chi percepisce il sussidio deve obbligatoriamente frequentare i centri per l’impiego.

Questo obbligo si traduce nella presentazione di almeno il Green Pass base, quindi quello ottenibile con un tampone rapido negativo.

Stando ai dati forniti dal governo su chi percepisce il Reddito di Cittadinanza e l’andamento della campagna vaccinale, risulta che molti beneficiari sono a rischio, in quanto tra non vaccinati e non guariti si parla di circa 100 mila persone.

Ovviamente, questo inasprimento della norma è un altro tentativo di portare questi soggetti ad iniziare il ciclo vaccinale il prima possibile, in modo da raggiungere una percentuale di copertura ottimale entro la fine dell’inverno.

Infine, per le persone che accedono senza Green Pass ai servizi o alle attività in cui è obbligatorio averlo, è prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro; la stessa è prevista al soggetto tenuto a controllare il possesso della certificazione se omette il controllo.