Un genitore può diseredare un figlio? Cosa dice la legge

Diseredare un figlio è davvero possibile? Se sì, con quali strumenti? Vediamo cosa prevede il nostro ordinamento.

La legge, in linea generale, non prevede che i genitori possano escludere un proprio figlio dal ricevere l’eredità, in quanto quest’ultimo risulta essere un erede legittimario e, dunque, potrà ricevere una quota stabilita dalla legge.

Ciò nonostante, la normativa nazionale prevede alcune circostanze eccezionali nelle quali costui può essere dichiarato indegno, attraverso una sentenza del tribunale competente, e, perciò, potrà essere escluso totalmente dall’eredità. Ma ciò potrà avvenire solamente se sia presente uno dei criteri che vengono elencati all’interno dell’art. 463 del Codice Civile. Vediamo insieme come funziona questo procedimento. 

Quando un genitore può diseredare un figlio

La legge prevede, nella generalità dei casi, che un genitore non possa diseredare un figlio, escludendolo così dal testamento, dal momento che quest’ultimo risulta essere un erede legittimario. Questa quota viene automaticamente attribuita a ciascun figlio, anche se il testamento prevede il contrario. Le regole sulla quota legittima si trovano all’interno dell’articolo 536 del Codice Civile che prevede espressamente:

“Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti.

Ai figli sono equiparati gli adottivi.

A favore dei discendenti dei figli, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli.”

Questo articolo protegge i figli dei genitori defunti solamente dal percepimento di una parte dell’eredità lasciando loro la possibilità di attribuire la restante parte a chi desiderano.

L’importo che spetterà obbligatoriamente ai figli, in qualità di eredi legittimari, viene disciplinato all’articolo 537 del Codice Civile, che divide la quota spettante in base al numero della prole. Ecco quali sono i criteri applicati:

  • se il genitore defunto lascia un solo figlio, allora a quest’ultimo dovrà essere corrisposto il 50% del patrimonio che viene lasciato in eredità;
  • se il genitore defunto lascia più figli, allora questi ultimi dovranno provvedere a dividere, in parti uguali, una somma di denaro pari ai due terzi del patrimonio che viene lasciato in eredità.

Inoltre, il suddetto articolo prevede anche che:

“I figli legittimi possono soddisfare in danaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali.”

Ne conviene che il defunto non potrà disporre di tutto il suo patrimonio al momento della  morte, ma soltanto della quota disponibile, la quale potrà essere liberamente elargita anche a persone al di fuori della famiglia.

Tuttavia esistono dei casi, seppur limitati, in cui il genitore defunto può sottrarre l’eredità e quindi escludere dal proprio testamento un figlio. Ma, costui potrà farlo solamente nel caso in cui quest’ultimo risulti essere “indegno”.

Questa condizione non può essere disposta a discrezione del genitore stesso, ovviamente, ma dovrà essere stabilita, in maniera ufficiale, attraverso una sentenza da parte del tribunale competente in materia. A tal proposito bisogna fare riferimento al dettato dall’articolo 463 del Codice Civile, dove si prevede la sussistenza di alcuni requisiti tassativi, che, qualora vengano a mancare, il genitore defunto non avrà la facoltà di poter escludere il proprio figlio dal testamento.

Quali sono i casi in cui un figlio può essere considerato “indegno”

La legge prevede in maniera esplicita e tassativa dei criteri che devono necessariamente essere presenti per poter definire un figlio come “indegno”, in modo da consentire al  genitore di estrometterlo dal ricevere la sua eredità. In particolare il figlio deve mettere in atto dei comportamenti gravi che andremo ad elencare in seguito. 

Tali criteri vengono disciplinati all’interno dell’articolo 463 del Codice Civile – intitolato “Casi di indegnità” – che elenca le circostanze seguenti:

  • qualora abbia ucciso, in maniera volontaria (omicidio colposo) oppure abbia tentato di uccidere (tentato omicidio) il genitore defunto, il suo coniuge (ossia l’altro genitore), un suo discendente o un suo discendente, a meno che non sussista una delle cause di non punibilità che sono disciplinate all’interno dell’art. 575 del Codice Penale;
  • qualora abbia inflitto un danno nei confronti di uno dei soggetti che abbiamo appena elencato nel corso del punto precedente, commettendo il reato di istigazione o aiuto al suicidio, il quale viene sanzionato penalmente ed il quale rientra all’interno delle disposizioni che sono previste nell’art. 580 del Codice Penale;
  • qualora abbia denunciato uno di quesi soggetti che abbiamo elencato nel corso del primo punto di questo articolo, per una tipologia di reato che risulta punibile con l’ergastolo oppure con la reclusione di almeno tre anni, commettendo il reato di calunnia, il quale viene disciplinato all’interno dell’art. 368 del Codice Penale, oppure commettendo il reato di falsa testimonianza, il quale viene disciplinato all’interno dell’art. 372 del Codice Penale;
  • qualora il genitore defunto non abbia più la responsabilità genitoriale nei confronti del proprio figlio, così come viene disciplinato all’interno dell’art. 330 del Codice Civile, e non sia stato ancora reintegrato nelle sue funzioni al momento dell’apertura della successione;
  • qualora abbia alterato, celato oppure soppresso il testamento che è stato redatto dal proprio genitore defunto, così come viene disciplinato all’interno dell’art. 684 del Codice Civile;
  • qualora abbia redatto oppure abbia utilizzato in maniera consapevole un falso testamento.

Qual è il procedimento per diseredare un figlio indegno

Come abbiamo accennato durante il corso del primo paragrafo, un genitore non può decidere deliberatamente di diseredare un figlio perché lo ritiene indegno, ma tale circostanza potrà avvenire solamente se sussiste uno dei requisiti che abbiamo elencato nel corso del precedente paragrafo e quando, appunto, viene stabilito dal Tribunale.

In sostanza, gli altri eredi, una volta che il soggetto sarà defunto, dovranno presentare un ricorso, tramite un avvocato, presso il tribunale competente.

L’atto sarò notificato a tutti gli eredi ed il giudice provvederà a verificare la sussistenza dei predetti criteri e deciderà, in base al risultato di tale controllo, sul da farsi.

In particolare, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito ed ha stabilito che possano presentare un ricorso presso il tribunale competente solamente quei soggetti che abbiano un interesse di tipo patrimoniale sull’eredità che è stata lasciata dal soggetto defunto. Non basterà, invece, la presenza di un interesse familiare o morale.

Ecco quali sono i soggetti che subentrano al figlio indegno, in caso di dichiarazione di indegnità da parte del giudice, la quale ha effetto retroattivo:

  • i chiamati ulteriori;
  • i chiamati per rappresentazione;
  • i coeredi con diritto di accrescimento.

Come funziona la prescrizione

Quanto tempo hanno gli altri eredi per poter presentare un ricorso presso il tribunale competente per far emettere una dichiarazione di indegnità nei confronti di un figlio del genitore defunto?

Questa risposta è molto semplice, in quanto il periodo di prescrizione di questa procedura di accertamento risulta essere pari a 10 anni, i quali decorrono:

  • dalla data di apertura della successione;
  • dalla data in cui l’erede ha commesso il fatto illecito, a seconda che quest’ultimo si sia verificato prima o dopo la morte del genitore.

Trascorso questo termine, invece, il figlio potrà ricevere la normale quota di eredità che gli spetta.

Come funziona la riabilitazione del figlio indegno

La riabilitazione dell’indegno viene disciplinata all’interno dell’art. 466 del Codice Civile, il quale prevede che il genitore defunto possa riammettere, anche da morto, il proprio figlio sul quale grava una dichiarazione di indegnità stabilita dal giudice.

La riabilitazione dell’indegno potrà essere di due differenti tipologie, ovvero:

  • la riabilitazione totale, secondo la quale l’indegno potrà ereditare come se non fosse mai stata disposta una dichiarazione di indegnità da parte del giudice;
  • la riabilitazione parziale, secondo la quale l’indegno potrà ricevere l’eredità, esclusa la quota di legittima.

La riabilitazione totale avviene qualora il soggetto defunto abbia redatto ciò in forma scritta, attraverso una dichiarazione contenuta all’interno di un atto pubblico oppure inserita all’interno del testamento. Quella parziale, invece, avviene qualora il soggetto defunto inserisca l’indegno all’interno del testamento.

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