Caro gasolio e scioperi: la sofferenza dei pescatori

Il "caro gasolio" sta mettendo in ginocchio i pescatori italiani: quando, il Governo, si deciderà a dare delle risposte concrete?

L’aumento del costo delle materie prime ha colpito qualsiasi settore e, quello della pesca, non è da meno. Il “caro gasolio” coinvolge tutte le marinerie italiane ed ora, per un peschereccio, uscire in mare per svolgere il proprio lavoro, diventa un massacro economico.

Nelle settimane precedenti, si sono manifestate tutta una serie di scioperi che hanno coinvolto l’intero stivale.

I pescatori chiedono al Governo di fare qualcosa perché, in questo modo, diventa davvero insostenibile continuare a portare avanti l’attività: i costi sono maggiori del guadagno effettivo.

Chi l’avrà, dunque, vinta? Il sordo Governo o i pescatori italiani?

“Caro gasolio”: costi alle stelle

Cerchiamo quindi di fare il punto della situazione e di capire cosa stia attualmente succedendo in Italia.

L’attuale guerra che si sta svolgendo in Ucraina su volere di Putin, non ha portato con sè solo morte e distruzione a pochi chilometri dall’Italia, ha bensì provocato anche una disastrosa guerra economica in tutta Europa. Difatti, l’inflazione italiana è a dir poco, oramai, fuori controllo.

E, le materie prime, senza ombra di dubbio, sono quelle che maggiormente hanno accusato il colpo. Di conseguenza, quando il costo di una o più materie prime aumenta a dismisura, il prezzo finale di un determinato bene o servizio aumenta esponenzialmente. Tutto questo però, “non si limita” solo all’oggetto che noi acquistiamo al supermercato: un epilogo di questo tipo diventa ingestibile da parte di ogni qualsiasi azienda.

In questo articolo ci soffermeremo sul gasolio, ma in realtà questo discorso è applicabile su più fronti: grano, gas, beni di prima necessità ecc…

Il gasolio, nel caso specifico che stiamo ora sviluppando, è più che raddoppiato nel giro di pochissime settimane, arrivando quindi ad avere un prezzo ormai non più sostenibile per i pescherecci. Costi di questo tipo portano ogni qualsiasi imbarcazione a lavorare senza però riuscire a guadagnare nulla.

Ma a quanto ammonta il costo del gasolio?

E’ importante ragionare sui dati in nostro possesso. Fino a pochissimo tempo fa, un litro di gasolio si aggirava tra i 70 ed gli 80 centesimi. Oggi invece, un litro è letteralmente quasi raddoppiato arrivando a costare 1.20 – 1.30 euro, sempre chiaramente al litro .

Se facciamo un salto temporale ancora più ampio, un anno fa, o poco più, il costo al litro del gasolio era di circa 40 centesimi

Dunque, come ben comprenderete, nell’arco di un anno, le cifre sono drasticamente cambiate arrivando ad una soglia insostenibile per tutte le imbarcazioni italiane.

Prendiamo un altro dato: per un pieno sono necessari almeno 4.000 euro! Ve ne rendete conto quanto pesce sia necessario vendere per riuscire almeno a coprire questa prima spesa? Esattamente “prima spesa” perché poi bisogna pensare anche a tutte le tasse e agli stipendi dei propri dipendenti.

E alla fine? Quanto si porta a casa il proprietario dell’attività? Ve lo diciamo noi: poco e niente!

E se poi a tutto questo aggiungiamo anche la concorrenza relativa all’import del pesce estero come quello che arriva ad esempio dalla Spagna o dalla Grecia, tanto vale chiudere baracca e burattini.

Le proteste dei pescatori: tutti i porti si fanno sentire!

Questa è una lotta coesa. E’ una battaglia che coinvolge tutto il territorio nazionale al fine di riuscire ad ottenere delle risposte serie e concrete da parte del Governo italiano che, purtroppo, troppo spesso negli anni, non ha dato la giusta importanza al comparto della pesca.

In diversi porti italiani infatti, molti proprietari di pescherecci, nelle scorse settimane, hanno giustamente deciso di non uscire in mare e non solo come forte forma di protesta. Ma, anche perché, con questi prezzi del gasolio, non ne varrebbe quasi la pena. In alcuni porti, addirittura, per farsi maggiormente sentire, hanno deciso di bloccare l’ingresso e l’uscita di altre imbarcazioni coinvolgendo sempre più persone.

Impossibile non citare il porto di Manfredonia – uno dei più importanti di tutta Italia – dove, ben 200 imbarcazioni hanno formato una sorta di “barriera” proprio davanti al porto. Nessuno poteva né entrare né tantomeno uscire. Ci sono voluti giorni e giorni di trattative per far passare una nave con destinazione le Isole Tremiti: quest’ultima doveva trasportare l’acqua potabile agli abitanti dell’isola. In caso contrario, sarebbero rimasti senz’acqua.

Una decisione decisamente forte, ma se si vuole ottenere qualcosa è giusto, e sacrosanto, scioperare.

Tuttavia, Manfredonia è solo un esempio perché potremmo citare tante altre marinerie italiane, quali: Chioggia, Vasto, Cesenatico, Napoli, Santa Margherita Ligure ecc…

I pescatori sono rimasti fermi per più di dieci giorni anche nelle Marche, nel Lazio, in Sicilia.

Le proteste hanno coinvolto tutti e questo è un bene. Essere compatti e combattivi, se si vuole ottenere qualcosa, è fondamentale.

Che fare se il pesce scarseggia?

Fin dai primi anni di scuola, ci insegnano che l’economia è una grande ruota e, coloro che pensano di concepire quest’ultima “intesa come settori isolati tra di loro”, sbaglia di grosso. L’economia è come una catena che, se perde un anello, anche tutti i restanti si ritrovano tremendamente in difficoltà.

Per cui, il problema non riguarda solamente il pescatore titolare di una attività ed i suoi dipendenti. Il compartimento della pesca, se si ferma, significa che non lavorano nemmeno i ristoranti, i supermercati, i trasportatori, le fabbriche, l’export si blocca. Dunque, come comprenderete, l’economia legata alla pesca coinvolge tutta una serie di settori che, di conseguenza, si ritrovano poi in affanno.

Non per altro, in questi giorni, anche nelle corsie dei supermercati, il pesce era quasi inesistente e, se c’era, sicuramente non lo si può concepire come pesce fresco.

Il settore della pesca è fortemente legato anche al turismo: ma avete idea di quante centinaia di ristoranti di pesce ci siano in Italia e a quanto ammonta il loro business legato al periodo estivo? Qui si sta davvero giocando, e pesantemente, col fuoco!

Quindi, tutto questo per farvi riflettere su cosa sia davvero il mondo della pesca e la sua potenza economica: se quest’ultimo si blocca, altrettante realtà commerciali si ritroverebbero senza lavoro. E, di conseguenza, tantissimi dipendenti si rimarrebbero senza più un impiego.

Il costo del pesce oggi

Quando una materia prima inizia a scarseggiare, è normale che, quest’ultima, sia soggetta ad un aumento esponenziale del suo prezzo: è la domanda che ne decreta il costo. Ed è proprio quello che stiamo osservando in questo periodo anche per quanto concerne il pesce.

Nelle pescherie il costo di quest’ultimo ha subito una forte impennata obbligando di conseguenza i clienti ad optare per altre pietanze meno costose.

Seguendo questo andazzo, anche i commercianti di pesce stanno attraversando delle serie difficoltà: l’intero indotto della pesca sta subendo degli arresti importanti e di grandi entità.

Cosa chiedono i pescatori al Governo

In queste settimane e in questi giorni, si sono svolti svariati incontri importanti con il Ministero dell’Agricoltura.

Durante il corso di queste riunioni i pescatori hanno espressamente richiesto che il gasolio ritorni a 70 centesimi al litro mediante degli sgravi fiscali e attraverso degli incentivi economici. A gran voce è stata richiesta anche la cassa integrazione per i pescatori che ne hanno bisogno. Ovvero, la stessa cassa integrazione salariale “utilizzata” dagli agricoltori.

Già a partire dallo scorso gennaio, il Governo si è detto favorevole alla cassa integrazione salariale anche per i pescatori. Ma il punto qual è? Il punto è che il settore della pesca è tecnicamente differente rispetto a quello dell’agricoltura e quindi, servirebbe una sorta di “proposta” dedicata a questo compartimento nonché specifica per questa tipologia di lavoro. Un mestiere che, oltre ad essere particolarmente pesante, presenta delle peculiarità particolari, quali:

  • divieto di pesca il sabato e la domenica;
  • il “fermo biologico” dalla durata di 45 giorni;

Vanno tenute poi presenti anche le condizioni meteo: soprattutto durante i mesi più freddi dell’anno, se quest’ultime sono avverse, il peschereccio rimane fermo e, di conseguenza, non guadagna nulla. Per cui, grossolanamente, potremmo affermare che, una imbarcazione lavora all’incirca 160 giorni all’anno.

Quindi, come ben potrete notare, siamo difronte ad una economia che lavora e funziona in modo differente rispetto ad altre, dunque si ha urgentemente la necessità di ottenere qualcosa di studiato e di pensato per questo specifico settore. 

Le parole di Apollinare Lazzari, presidente dell’Associazione Produttori Pesca di Ancona, fanno molto riflettere. Rispecchiano al 100% lo stato d’animo di tutti i pescatori italiani.

Siamo arrabbiati e delusi, una categoria ridotta al fallimento a causa del prezzo elevato del gasolio e ancora nessuna risposta da parte del Governo!

E’ un settore questo che, attualmente, si ritrova da solo ed in ginocchio ad affrontare una situazione complessa dove, il “caro gasolio” deve per forza diminuire se non si vuole condurre un intero comparto economico e produttivo sul lastrico.

Il “caro gasolio” non è solo un problema del titolare

A differenza di quanto si potrebbe pensare, il mondo della pesca ha una gestione dei costi differenti rispetti ad altre realtà produttive.

Se il gasolio è eccessivamente caro, non sarà un problema solo del proprietario dell’imbarcazione, bensì anche di tutti i suoi dipendenti. Questo perché l’organizzazione dei profitti si sviluppa nel seguente modo: dal guadagno si tolgono prima tutte le spese e poi, quello che rimane, viene suddiviso mediante delle “parti” tra i lavoratori ed il capo. Ovviamente in quantità differenti tra le due figure.

Perciò, come ben comprenderete, è un danno che si riflette su tutti

L’importanza degli scioperi e delle proteste

La storia ci insegna che lo sciopero è un diritto del lavoratore. Se quest’ultimo non viene correttamente rispettato è giusto che faccia sentire la propria voce e la propria ragione.

Il mondo della pesca è un settore ampio e coinvolge tutta l’Italia. Un settore produttivo, ricordiamolo, che fattura tantissimo e che funge da traino per tantissime altre attività.

Lo Stato probabilmente non si rende conto che, continuando di questo passo, non sta facendo altro che condurre alla deriva il nobile settore della pesca. Un comparto che dà da mangiare a tantissime famiglie italiane.

Il Governo dovrebbe comprendere che questi continui rincari sulle materie prime stanno distruggendo l’economia e la sofferenza delle famiglie italiane sta aumentando sempre di più.

La domanda – legittima – che ci poniamo è: ma il Governo, e coloro che ne sono a capo, non dovrebbero tutelare i propri cittadini anziché accompagnarli a quella che si prospetta essere una povertà di massa?

Staremo a vedere i prossimi sviluppi, sperando possano essere meno disastrosi di quelli già in atto.

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