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Pensioni, pagamenti di febbraio in super anticipo: le date!

Pensioni: anche a febbraio 2022 l’anticipo dei pagamenti ci sarà!

Come ormai consueto da quando l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha colpito anche il nostro Paese, i pagamenti delle pensioni arriveranno nuovamente prima di quanto previsto di solito.

Per contrastare il dilagare della pandemia, infatti, il Governo ha preso delle decisioni che sono volte ad evitare condizioni di assembramento, contingentando gli ingressi da effettuare in Poste Italiane per ritirare i pagamenti dei cedolini pensioni che, di norma, dovrebbero avvenire ad inizio mese.

In questo articolo scopriremo insieme quando arriveranno le pensioni di febbraio, per le quali è previsto dunque, come preannunciato, un pagamento anticipato di qualche giorno.

Ci occuperemo inoltre del previsto aumento delle pensioni 2022.

Ma andiamo per ordine, e iniziamo occupandoci delle date dei pagamenti delle pensioni di febbraio 2022.

Pensioni: anticipo confermato anche per febbraio 2022?

Che anche le pensioni di febbraio 2022 sarebbero state erogate in anticipo, in fondo, c’era da aspettarselo.

Da quando è stato proclamato lo Stato di Emergenza, in effetti, la Protezione Civile è stata incaricata di allertare tutti i titolari di trattamenti pensionistici in merito alle date di erogazione dei trattamenti stessi.

La Protezione Civile, dunque, ha di volta in volta comunicato le mensilità interessate dagli anticipi delle erogazioni, attraverso dei comunicati ufficiali.

L’ultima ordinanza della Protezione Civile (la n. 816 del 17 dicembre 2021) si è però limitata a fornire le indicazioni sulle date di erogazione anticipata delle pensioni relative al mese corrente, quello di gennaio.

In altre parole, al momento, attendiamo una nuova ordinanza che si riferisca al mese di febbraio 2022 e che comunichi le date ufficiali dei pagamenti delle pensioni per il prossimo mese.

Ordinanza che non dovrebbe comunque tardare e che arriverà quasi certamente: dato che lo Stato di Emergenza è stato prorogato al 31 marzo 2022, è improbabile che le erogazioni delle pensioni riprendano normalmente, come in epoca pre-pandemia.

Sarà necessario, anche per il mese di febbraio 2022, contingentare gli accessi agli uffici postali, consentendo il ritiro delle pensioni in ordine alfabetico, come già accaduto nei mesi scorsi.

Pensioni, calendario febbraio 2022: ecco quando arriveranno

Nel caso in cui l’erogazione anticipata venisse confermata, la Protezione Civile emetterà ordinanza ufficiale, come già accaduto per i mesi precedenti durante i quali i pagamenti delle pensioni sono avvenuti anticipatamente.

Al momento, in ogni caso, stiamo ancora aspettando tale ordinanza ufficiale, anche se possiamo già fare qualche ipotesi, basandoci su quanto già avvenuto i mesi scorsi.

Del calendario di febbraio 2022 relativo alle erogazioni delle pensioni, tra l’altro, si è occupato anche gds.it in un recente articolo sull’argomento.

Secondo il quotidiano, i pagamenti delle pensioni del prossimo mese “partiranno il 25 o il 26 gennaio del 2022, per poi concludersi, con la turnazione alfabetica, l’1 febbraio.

Qualora i pagamenti dovessero iniziare il 25 gennaio, in quella giornata potranno ritirare il proprio trattamento pensionistico soltanto i percettori di pensione il cui cognome inizia con le lettere A o B.

Seguiranno, il 26 gennaio 2022, i pensionati con cognomi inizianti con lettere C o D. Il giorno successivo, ossia il 27 gennaio, sarà invece la volta dei pensionati con cognomi dalla E alla K.

Il 28 gennaio potranno recarsi agli sportelli coloro il cui cognome inizia con lettere dalla L alla O, mentre il successivo 29 gennaio sarà il turno delle lettere dalla P alla R.

Attenzione a questa data, dato che cade di sabato: in questo caso, il ritiro pomeridiano non sarà ammesso, e bisognerà recarsi presso lo sportello postale esclusivamente in mattinata.

Gli accrediti anticipati si concluderanno il 31 gennaio 2022, quando i restanti pensionati (con iniziali dalla S alla Z) potranno ritirare le proprie pensioni.

Chiariamo che queste date non valgono purtroppo per tutti, ma per coloro che ritirano abitualmente i propri trattamenti pensionistici presso gli sportelli postali.

Chi ha scelto altri metodi di pagamento, quali quelli automatici, riceverà probabilmente la propria pensione tra il 31 gennaio ed il 1° febbraio 2022.

Inoltre, qualora le erogazioni delle pensioni di febbraio 2022 dovessero iniziare il 26 gennaio, ovviamente, occorrerà slittare il calendario fino ad ora analizzato di un giorno.

In ogni caso, attendiamo comunicazioni ufficiali sia dall’INPS che dalla Protezione Civile, che presto daranno conferma del definitivo calendario pensioni di febbraio.

Pagamenti pensioni febbraio 2022: come riceverli direttamente a casa

Oltra misura di prevenzione dei contagi, attiva da quando il Covid-19 ha iniziato a far vittime, è rappresentata dalla possibilità di ricevere la propria pensione di febbraio direttamente a casa propria.

Si tratta di un’iniziativa, denominata Pensioni a domicilio, che nasce grazie alla collaborazione dei Carabinieri con Poste italiane S.p.A, e che consente di delegare i carabinieri al ritiro delle pensioni presso gli sportelli postali.

Sfortunatamente, non tutti i pensionati possono partecipare a “Pensioni a domicilio”: per poter accedere all’iniziativa e ricevere le pensioni di febbraio (ma anche le successive) direttamente a domicilio vanno infatti rispettati dei requisiti.

Innanzitutto, quello legato all’età: possono fruire di questo servizio solo i pensionati over 75. In secondo luogo, il pensionato non può aver precedentemente fornito una delega di ritiro ad altro soggetto, pena l’esclusione da “Pensioni a domicilio”.

Infine, il percettore di trattamento pensioni non deve abitare vicino ad altri parenti, né deve convivere con loro.

Pensioni febbraio 2022, oltre i pagamenti: parliamo dell’aumento!

Prima di avviarci alla conclusione, ci occuperemo degli aumenti alle pensioni previsti per questo primo trimestre 2022.

A gennaio 2022 è stata in effetti introdotta una prima maggiorazione ai cedolini pensioni, maggiorazione legata strettamente all’aumento dell’inflazione. Tale maggiorazione, come vedremo a breve, è legata all’importo percepito dai pensionati, ed è variabile.

Nello specifico, verrà garantito un aumento pari all’1,7% a chi percepisce pensione minima o una pensione fino a tre volte maggiore tale pensione minima. L’aumento previsto è dell’1,53% per chi, invece, percepisce un importo pari ad un massimo quantificabile come cinque volte superiore alla pensione minima.

Infine, riceveranno un aumento pari all’1,275% i restanti percettori di trattamento pensioni.

Ma la maggiorazione legata all’inflazione non è l’unica fonte di aumenti per le pensioni di febbraio e dei successivi mesi del 2022.

Come in molto sapranno già, il Governo Draghi si è di recente impegnato in una nuova riforma IRPEF, che ha modificato gli scaglioni precedentemente previsti.

La conseguenza diretta di tale riforma è un taglio netto all’IRPEF stessa che, per i pensionati, coinciderà con degli aumenti alle pensioni.

Aumenti che, in base al reddito dichiarato, possono variare fino ad arrivare, per i redditi più elevati, fino a 700 euro l’anno.

Non si tratterà, ovviamente, di aumenti diretti sulle pensioni, ma di un risparmio sulle tasse da pagare, che coinciderà quindi con più soldi a disposizione dei pensionati.

Dell’aumento delle pensioni di febbraio 2022 (e, in generale, dei primi mesi di questo nuovo anno) grazie alla riforma IRPEF se n’è occupato anche il canale YouTube Mondo Pensioni in un recente video, di cui si consiglia la visione per eventuali approfondimenti.

NASPI, RdC, Assegno Unico: i primi pagamenti INPS 2022!

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Le difficoltà economiche per molti italiani non si fermano, con nuovi mesi di emergenza sanitaria. Nel frattempo vengono applicate anche una serie di misure per la tutela della salute dalla diffusione del virus Covid-19. Per gli italiani comunque anche nel 2022 sono riconfermate alcune forme di aiuto economico garantite dall’ente previdenziale INPS.

Si tratta di aiuti per contrastare la disoccupazione, oppure di sostegni alle famiglie con figli, e per garantire un supporto aggiuntivo anche in questi mesi.

Gennaio è un mese piuttosto importante, anche perché in questo mese è stabilita la scadenza di una operazione indispensabile, volta a conseguire i diversi bonus e sostegni introdotti dallo stato. Si tratta del calcolo dell’ISEE, come riporta Patronato.com:

“L’ISEE 2021 è scaduto il 31 dicembre scorso e per poter continuare a beneficiare di alcune prestazioni sociali (es. Reddito di Cittadinanza e Carta Acquisti).”

Importantissimo quindi risulta per molti italiani provvedere al rinnovo di questo particolare valore, che riporta tutte le informazioni relative alla condizione reddituale della famiglia, entro il 31 gennaio 2022. L’ISEE va rinnovato entro la fine di gennaio 2022, presentando agli enti preposti tutta la documentazione relativa alle entrate economiche e alla composizione del nucleo famigliare.

L’ISEE è importantissimo per poter richiedere diversi tipi di sostegni all’ente previdenziale, in quanto inquadra nel dettaglio la situazione specifica della famiglia richiedente. Questo dato va aggiornato anche in base a situazioni lavorative che sono venute a cambiare, come ad esempio la perdita del posto di lavoro, la diminuzione degli introiti economici durante l’anno. 

In questo articolo presentiamo tutte le misure previste per il mese di gennaio e i pagamenti che arriveranno ai cittadini, in base a diversi sostegni presenti: la NASPI, l’RdC, l’Assegno Unico, ma non solo.

Pagamenti INPS 2022: la NASPI

La NASPI continua ad essere presente per molti cittadini italiani. La misura, per chi non la conoscesse, va a sostenere economicamente chi ha perso il proprio posto di lavoro per cause involontarie. Si tratta di una erogazione che viene corrisposta dall’INPS ogni mese a chi ha perso il lavoro.

Di fatto questo sostegno garantisce una entrata economica nel momento in cui questa è assente, a causa della disoccupazione involontaria. La NASPI era già attiva negli scorsi anni, e ha aiutato diversi cittadini ad attraversare alcuni momenti delicati di crisi durante l’emergenza sanitaria.

Questa indennità viene garantita anche per il 2022 secondo l’ultima manovra, che va a confermare molte delle misure di sostegno rivolte agli italiani, imprese e famiglie. I pagamenti della NASPI sono previsti per il 2022 in modo allargato: secondo le ultime decisioni infatti questa mensilità viene corrisposta da quest’anno anche ai lavoratori del settore agricolo, inizialmente esclusi.

Si tratta di una novità che riguarda da vicino gli operai agricoli assunti a tempo indeterminato, che da quest’anno potranno procedere alla richiesta di accesso a questa forma di aiuto. Dal primo giorno di gennaio sono cambiate alcune caratteristiche di questa importante misura erogata dall’ente previdenziale.

Principalmente, oltre all’allargamento dei destinatari, sono stati semplificati i criteri per cui un cittadino può domandare l’accesso alla misura. Non è più obbligatorio infatti aver lavorato 30 giorni nell’anno precedente a quando si presenta la domanda, per poter accedervi.

Indubbiamente questa è una modifica che va a beneficio dei cittadini, specialmente quelli che hanno lavorato in modo discontinuo. Tuttavia rimane importante un requisito: aver versato almeno 13 settimane di contributi per scopi previdenziali in un periodo di quattro anni precedenti. Inoltre rimane importante essere disoccupati in modo involontario.

Per gennaio 2022 iniziano oggi le erogazioni, fino al giorno 21. Si tratta quindi di una settimana in cui verranno corrisposti i pagamenti a tutti coloro che possono ricevere la NASPI.

Pagamenti INPS 2022: RdC

Un altro sostegno non meno importante della NASPI è il reddito di cittadinanza (RdC). Si questa erogazione si è discusso a lungo nel 2021, soprattutto per le modifiche da applicare alle diverse caratteristiche della misura. Questo sostegno viene indirizzato a chi si trova senza lavoro, come indennità a tutela della povertà e contro la disoccupazione.

Le recenti modifiche della misura vanno in una direzione di distribuzione di questi sostegni più controllata, e lìobiettivo è quello di evitare che i cittadini vengano disincentivati nella ricerca di un lavoro. Quello che si è registrato negli scorsi anni infatti è un fenomeno che portava i cittadini a rimanere fermi ricevendo gli importi mensili di questo aiuto, e a rinunciare a trovare un lavoro.

Da quest’anno i modi per mantenere attiva questa forma di pagamento saranno più difficili: oltre ad un maggiore controllo sulle richieste per questi pagamenti, l’RdC si rischierà di perdere se non si accettano le offerte di lavoro proposte dalle agenzie impiegate per questo scopo.

Al secondo rifiuto di un’offerta di lavoro derivata da queste realtà, il cittadino può perdere definitivamente l’accesso all’RdC. Si tratta di cambiamenti che rendono più stringente il reddito di cittadinanza, per garantire che venga erogato solamente a chi effettivamente si impegna nella ricerca e nell’accettazione di un lavoro.

A questo proposito, lo stato introduce nuove iniziative di formazione e accompagnamento al lavoro impiegando le agenzie interinali e le agenzie per il lavoro, mentre i navigator che vi lavoravano in precedenza vengono accantonati (non senza qualche protesta).

Per quanto riguarda i pagamenti di gennaio 2022 dell’RdC, la settimana dal 15 al 27 è da tenere d’occhio: il 15 gennaio partono le erogazioni per i nuovi cittadini che hanno richiesto l’RdC, mentre dal 27 gennaio 2022 verranno effettuati i pagamenti relativi alle mensilità già richieste in precedenza, per chi sta ricevendo il reddito di cittadinanza.

Pagamenti INPS 2022: l’Assegno Unico

Una novità importante per quest’anno riguarda il nuovo sostegno che viene corrisposto alle famiglie italiane, purché siano presenti figli all’interno del nucleo famigliare. Per questi genitori, con figli a carico fino a 21 anni, è possibile attingere ad un aiuto economico diretto e specifico, assegnato ogni mese.

L’attesa per questa misura è tanta, dato che per poterne beneficiare appieno è necessario ancora attendere almeno fino a marzo 2022. Tuttavia è già possibile, per chi ne è interessato e rientra nei requisiti, proporre la propria domanda di accesso a questo aiuto economico.

L’Assegno Unico andrà erogato in cifre diverse in base alla condizione specifica economica dei genitori e della famiglia, e può essere più o meno elevato in base alla situazione.

Fondamentale anche in questo caso è avere con sé, al momento della domanda, un indicatore ISEE accurato e aggiornato che rispecchi la situazione attuale della famiglia. In mancanza di questa informazione, l’Assegno Unico verrà comunque pagato, ma in misura minore.

In base alle tempistiche al momento dichiarate, i cittadini hanno ancora tutto il mese di gennaio e di febbraio 2022 per procedere al calcolo del proprio ISEE e presentare domanda di accesso all’Assegno Unico. La misura sarà effettivamente attiva solamente da marzo, per cui bisogna ancora attendere per ricevere la copertura economica a favore dei figli.

Pagamenti REM: torneranno?

Una delle misure per cui al momento esiste una grande incognita è il REM, ovvero il reddito di emergenza. Moltissimi italiani hanno richiesto un ritorno di questo sostegno, che tuttavia sembra essere passato in sordina. Come riporta un articolo di Ticonsiglio.it, questo tipo di pagamento INPS è fermo da diversi mesi:

“Pur essendo una delle misure di sostegno più diffuse e apprezzate nel corso della pandemia da Covid 19, il Reddito di Emergenza si è fermato all’ultima erogazione di settembre 2021.”

Nella teoria, questo tipo di aiuto è stato collegato in modo diretto al periodo di emergenza sanitaria, garantendo alcune erogazioni sotto forma di pagamenti mensili per un periodo in cui la situazione economica era fortemente penalizzata per tutti i cittadini.

Nella pratica, l’ultima mensilità, riferita al mese di settembre 2021, è arrivata in molti casi con tempi più lunghi del previsto, e nonostante le diverse richieste, il REM non è tornato per gli ultimi mesi del 2021. Questo fa pensare che non tornerà neanche per il 2022.

Nonostante il REM non sia stato prorogato al momento, c’è chi pensa in una sua reintroduzione a causa del perpetuarsi delle difficoltà sanitarie, a cui questa misura è sempre stata direttamente collegata. La domanda che si fanno molti italiani è come mai questo particolare sostegno non si vede in questi mesi, nonostante fino a marzo vi è la sicurezza assoluta dello stato di emergenza.

Per eventuali proroghe bisognerà ancora aspettare, anche se al momento sembrano improbabili, dato il silenzio generale su questa misura, che in passato ha sostenuto molti italiani.

Pagamenti INPS gennaio: altri sostegni

Oltre alla NASPI, l’RdC e l’Assegno Unico, per il 2022 si prospettano nuove misure di sostegno al reddito, e aiuti diretti non solamente alle famiglie e ai cittadini, ma anche alle imprese. Si parla in questi giorni di un nuovo Decreto Sostegni riferito al 2022, che dovrebbe arrivare per tutelare soprattutto alcuni settori lavorativi ancora una volta penalizzati dall’emergenza sanitaria: il turismo e lo spettacolo.

Anche la cassa integrazione è una forma di sostegno ai lavoratori che viene prorogata nel 2022. Si tratta di un aiuto che ancora una volta viene introdotto per le imprese in difficoltà a causa della pandemia.

Allo stesso modo vengono garantiti sostegni e incentivi a tutte le imprese che assumono persone particolarmente svantaggiate: ex lavoratori di aziende che sono in crisi economica, lavoratrici donne, giovani.

Altri tipi di aiuti arrivano anche sotto forma di carta acquisti, per i cittadini con reddito basso. Si tratta di un aiuto che torna anche questo mese per molte famiglie, sempre con la cifra di 80 euro ogni due mesi. Nel frattempo si discute su ulteriori misure da introdurre per questo periodo, almeno per la copertura dei primi mesi di 2022 in cui è ancora presente l’emergenza sanitaria.

Modello ISEE: tutti i documenti necessari per la DSU!

Sempre con maggiore frequenza oggi, per poter accedere a bonus, incentivi, agevolazioni ed aiuti di diversa natura, si fa riferimento al cosiddetto Indicatore della Situazione Economica Equivalente, meglio conosciuto con l’acronimo ISEE.

In effetti, il valore di questo indice è molto spesso il parametro discriminante per stabilire l’accesso o meno a tutte queste agevolazioni, e ad oggi, proprio a seguito della riforma che ha riguardato la materia, si è stabilito che al fine di poter procedere a richiedere e a calcolare questo indicatore, è necessario un altro documento indicato con l’acronimo DSU.

La DSU, o Dichiarazione Sostitutiva Unica, è dunque proprio il nuovo documento necessario per richiedere l’ISEE ed è di fatto, un’autocertificazione in cui si attestano le caratteristiche del nucleo familiare del richiedente, del reddito e della sua situazione patrimoniale, sia mobiliare che immobiliare.

ISEE 2022 e DSU: come sono collegate

Pertanto sulla base di quanto sopra scritto, la DSU altro non è che un documento che racchiude in sé tutte le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale necessarie a descrivere la situazione economica del nucleo familiare.

Essere in grado di compilare correttamente la DSU è fondamentale perché, abbiamo detto, da essa discende la possibilità di richiedere e di calcolare poi materialmente l’ISEE, indicatore quest’ultimo che oggi è il parametro fondamentale per accedere ad alcune agevolazioni fondamentali previste per l’anno in corso.

Tra queste si pensi ad esempio all’assegno unico per i figli, ma anche agli assegni per la maternità, oppure al bonus famiglia, o al bonus bebè, oppure ancora a tutte le agevolazioni connesse alla carta acquisti, alle tasse universitarie, alle borse di studio, e così via.

Quindi la compilazione esatta della DSU non è che il primo passo necessario per poter usufruire di tutta una serie possibile di vantaggi di cui l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, diventa l’effettivo strumento di valutazione.

ISEE 2022 e DSU: le relative scadenze

Per quanto riguarda i tempi per la compilazione delle DSU e quindi la richiesta e il calcolo dell’ISEE, bisogna specificare che, mentre la Dichiarazione Sostitutiva Unica si può presentare in qualunque periodo dell’anno, non la stessa cosa accade per la dichiarazione ISEE, che normalmente ha validità solo per l’anno solare nel quale di fatto, risulta essere stato calcolato.

Ecco perché normalmente per poter essere ammessi a godere di determinate agevolazioni lo Stato o chi per esso, richiede sempre la situazione ISEE aggiornata all’anno solare in corso.

Questo vuol dire che ad esempio, con riferimento a tutti gli ISEE che saranno elaborati nel corso di quest’anno saranno validi solo fino alla fine di questo anno.

Per il successivo si dovrà procedere ad un nuovo calcolo dell’Indicatore proprio perché nel frattempo la condizione familiare, economica o patrimoniale del richiedente o dei suoi familiari potrebbe essersi nel frattempo modificata.

Per chi fosse interessato un video tratto dal canale Francesco Consulente – YouTube, offre spunti interessanti sul tema.

ISEE 2022 e DSU

Quindi abbiamo visto che affinché si possa calcolare correttamente l’ISEE, altrettanto fondamentale è che la Dichiarazione Sostitutiva Unica, sia quanto più veritiera possibile.

Questo vuol dire che questa autocertificazione, questo documento, deve riprodurre in modo più fedele possibile un’immagine reale di quella che è la situazione demografica, reddituale e patrimoniale del richiedente e dell’intero nucleo familiare.

Ecco perché ai fini della corretta compilazione della DSU, saranno necessari tutta una serie di documenti che non possono mai mancare al fine di evitare inutili errori. Quindi ora vediamo quali sono tutti i documenti che sono necessari al fine di una corretta pubblicazione della DSU.

ISEE 2022 e DSU: istruzioni per la compilazione e dove presentarla

È direttamente il ministero del Lavoro che fornisce tutte le indicazioni precise per poter compilare la DSU, indicazioni che tra l’altro sono state oggetto proprio di una recente modifica lo scorso mese di luglio.

Ad ogni modo bisogna dire che in linea generale, prima di procedere alla compilazione materiale della DSU sulla base delle istruzioni opportunamente fornite, i documenti che si devono avere a disposizione e che davvero sono necessari alla composizione dell’autocertificazione, devono riguardare queste informazioni basilari.

Innanzitutto si devono avere a disposizione documenti con l’anagrafica tanto del dichiarante che del nucleo familiare, in secondo luogo si devono avere documenti dai quale emergano tutti i redditi del nucleo familiare e il patrimonio da questo posseduto sia esso materiale che immateriale, ed infine se è presente una condizione di disabilità in famiglia, anche tutta la documentazione a corredo di questa situazione.

Una volta in possesso di tutta questa documentazione, ovviamente dettagliata, questa deve essere presentata all’Inps oppure ai Caf che sono abilitati, ai fini di poter ottenere il calcolo dell’indicatore ISEE sulla base del quale poter accedere alle agevolazioni.

In aggiunta a questa prima procedura però, i contribuenti hanno una seconda possibilità e cioè quella di fare riferimento alla Dichiarazione che è già precompilata direttamente dall’Inps o dall’Agenzia delle Entrate ed eventualmente integrarla con altre informazioni aggiuntive fornite autonomamente dal contribuente.

ISEE 2022 DSU e valutazione comparativa

Abbiamo per ora dato una descrizione per grandi linee di quelli che sono i documenti che sono necessari alla compilazione della certificazione DSU limitandoci a definire i macro argomenti che queste informazioni devono andare a coprire.

Ad ogni modo bisogna dire che tutta questa documentazione che verrà presentata all’ente competente, comunque deve risultare esaustiva al fine di delineare in modo più veritiero possibile il profilo economico della famiglia che sta appunto richiedendo questa certificazione.

Ovviamente questo profilo economico poi sarà definito sempre dopo una valutazione comparativa con la situazione reddituale anche degli altri nuclei familiari, e comunque deve essere idoneo a descrivere sempre la condizione economica più aggiornata della famiglia stessa.

Andiamo ora a dettagliare i tipi di documenti che prima abbiamo solo accennato per macro-aree.

ISEE 2022, DSU e documenti anagrafici

Tutti i documenti anagrafici devono chiaramente servire ad identificare in modo veritiero e corretto sia il dichiarante che i componenti del nucleo familiare, come tale questi sono indubbiamente il documento di identità ed il codice fiscale, e se il nucleo familiare è in affitto, serve anche una copia del contratto di locazione e la quietanza di tutti i pagamenti effettuati.

ISEE 2022, DSU e documenti per il reddito

Quando invece parliamo di tutti i documenti dai quali sia desumibile la situazione reddituale del nucleo familiare, bisogna in questo caso fare un ulteriore specifica, perché chiaramente dipendono sempre dall’anno di riferimento per il quale questa DSU verrà impiegata per il calcolo dell’ISEE.

Nello specifico e con riferimento all’ISEE per il 2022, tutti i documenti che fotografano la situazione reddituale della famiglia devono essere relativi ai due anni antecedenti, ovvero al 2020.

Quindi bisogna produrre la dichiarazione dei redditi del 2021 ma relativa al periodo d’imposta del 2020, ovviamente si intende ognuna con il relativo modello attinente all’attività professionale svolta o allo stato di pensionato, gli eventuali assegni per il nucleo familiare sempre relativi al 2020,.

Bisogna inoltre presentare la dichiarazione degli eventuali redditi prodotti come lavoratori dipendenti all’estero o che siano tassati solo all’estero, nonché qualunque altra documentazione dalla quale risulti di aver percepito sussidi, indennità, trattamenti previdenziali o assistenziale sempre con riferimento a quell’anno.

ISEE 2022, DSU: ISEE corrente

Abbiamo detto come tutte le informazioni che fotografano la situazione reddituale della famiglia per il 2022 deve far riferimento a tutti i redditi di competenza dell’anno 2020.

Tuttavia può accadere che ci siano particolari situazione che siano nel frattempo accadute e cha abbiano profondamente modificato la condizione reddituale nel nucleo familiare stesso.

Si pensi a tutte quelle situazioni in cui ad esempio, ci sia stata la perdita di lavoro da parte di uno dei componenti della famiglia, ovvero alle situazioni in cui uno di loro si sia trovato in una condizione tale per cui si sia modificato il reddito inizialmente percepito, oppure o al fatto che la famiglia abbia avuto la perdita di un trattamento previdenziale relativo a qualche componente.

In questa fattispecie è evidente che la DSU costituita sulla base di documenti che fotografano la situazione reddituale di due anni prima non possa considerarsi pienamente attinente alla realtà.

Ricorrendo questa situazione ed essendo preminente il fatto che a qualunque agevolazione la famiglia abbia accesso, questo deve avvenire sempre sulla base dell’indice ISEE corrente all’anno 2022, in virtù del DM dello scorso 5 luglio si dà la possibilità comunque di poter sempre accedere ai dati più aggiornati che si trovano sul portale del Ministero del Lavoro.

ISEE 2022, DSU e documenti sul patrimonio

Ai fini di una corretta compilazione della DSU, sono poi necessari tutti i documenti dai quali si possa dedurre il patrimonio mobiliare e immobiliare del nucleo familiare, sempre al 2020.

Tra questi rientrano tutti i saldi e le giacenze di conti correnti postali e bancari, eventuali quote di partecipazioni all’interno di società.

In relazione al patrimonio immobiliale da presentare la visura catastale di tutto il patrimonio immobiliare posseduto, tutti gli atti catastali e notarili dai quali risultino compravendite, successioni o donazioni di patrimonio immobiliare, anche se avvenute all’estero, i certificati nel quale risulti la quota capitale residua di eventuali mutui contratti per l’acquisto o costruzione di immobili di proprietà.

Infine anno altresì presentati targa ed estremi di registrazione al PRA o al R.I.D. di autoveicoli o motoveicoli con cilindrata superiore a 500 cc, ovvero navi e imbarcazioni da diporto.

ISEE 2022, DSU e disabilità

Se poi all’interno del nucleo familiare è presente un componente che si trova in una condizione di disabilità, con riferimento a questo soggetto si devono presentare oltre a quelli già elencati anche un’altra serie di documenti.

Tra questi la certificazione dell’ente che ha riconosciuto la disabilità completa di numero e data di rilascio e anche tutta la documentazione di eventuali spese che si siano sostenute a seguito di ricoveri all’interno di strutture assistenziali o di spese che invece si siano sostenute per cure domiciliari.

Partita IVA: tasse più alte e nuovi regole! Cosa cambia ora?

A seguito della pubblicazione della recente Legge di Bilancio 2022 e della relativa entrata in vigore attraverso la legge numero 234 del 30 dicembre 2021, la squadra dell’esecutivo italiano guidata attualmente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, ha intrapreso importanti decisioni non soltanto nei confronti delle famiglie con figli e dei lavoratori dipendenti, ma anche verso quei liberi professionisti che sono in possesso di una regolare partita IVA

A questo proposito, con l’arrivo del nuovo anno, ed in particolare con lo scattare del primo gennaio 2022, si sono susseguite una serie di importanti novità che andranno a modificare radicalmente la modalità di fatturazione delle partite IVA ma anche di tutti gli obblighi finora regolamentati. 

In particolare, le ultime notizie inserite all’interno della recente Manovra finanziaria 2022, fortemente volute da parte del Governo italiano, riguarderanno sopratutto quei lavoratori autonomi e liberi professionisti che sono in possesso di una regolare partita IVA e che si trovano in regime forfettario.

Tra i principali protagonisti delle novità che andranno ad interessare soprattutto le partite IVA con un regime forfettario vi è sicuramente la modalità di fatturazione elettronica, la quale è diventata da quest’anno obbligatoria per poter continuare a fatturare le proprie attività di lavoro.

All’interno del seguente articolo, quindi, saranno approfonditi nel dettaglio tutti i dettagli in relazione alle ultime notizie che riguardano il regime forfettario nonché i titolari di partita IVA. In questo senso, nei prossimi paragrafi, sarà possibile evidenziare anche quali saranno i nuovi requisiti che dovranno essere rispettati da parte delle partite IVA che hanno optato per il regime forfettario almeno per l’anno 2022 e come cambiano le tasse che dovranno essere pagate.

Partita IVA: i nuovi requisiti di accesso al regime forfettario nel 2022

A seguito della pubblicazione della nuova Legge di Bilancio 2022, non sono stati messi in atto e predisposti dei cambiamenti o delle modifiche rilevanti per quanto riguarda gli effettivi requisiti che devono essere necessariamente rispettati da parte dei titolari di partita IVA che hanno intenzione di accedere al regime agevolato.

In questo senso, anche nell’anno in corso, dunque per l’intero 2022 dovrebbero continuare ad essere valide le regole e le condizioni richieste per l’anno scorso.

A questo proposito, per quanto riguarda uno dei requisiti di accesso ritenuti fondamentali per poter ottenere il regime forfettario riguarda l’ammontare complessivo dei ricavi e dei compensi. 

In tale contesto, infatti, i soggetti con partita IVA che risultano essere titolari di un’attività di professione, di arte oppure di impresa, dovranno aver registrato durante l’anno dei compensi e dei ricavi, il cui ammontare complessivo non dovrà essere superiore ai 65 mila euro all’anno.

Inoltre, occorre anche evidenziare che, nel caso in cui si tratti di professionisti con partita IVA che svolgono più lavori autonomi che corrispondono quindi all’applicazione di differenti codici ATECO, sarà opportuno prendere in considerazione l’intera somma di tutti i compensi che fanno riferimento alle attività differenti esercitate dallo stesso soggetto.

Le altre condizioni per poter avere una partita IVA con regime forfettario 2022

Oltre al primo requisito fondamentale riferito all’importo dei ricavi e dei compensi annuale, per poter accedere al nuovo regime forfettario agevolato i cittadini titolari di una partita IVA dovranno essere in possesso anche di altre condizioni essenziali.

Nello specifico, un ulteriore requisito richiesto riguarda l’ammontare lordo delle spese sostenute durante l’anno per quanto riguarda lavoro accessorio o anche lavoro dipendente o compensi corrisposti nei confronti di eventuali collaboratori, anche nei casi in cui si tratta di specifico progetti aziendali. In questo contesto, la soglia massima di spese è stata fissata ad un importo pari a 20.000 euro.

Infine, occorre anche evidenziare che i cittadini che intendono avere la partita IVA con un regime forfettario agevolato devono anche accertarsi di rispettare un terzo requisito molto importante, quello legato agli importi percepiti.

In effetti, secondo quanto previsto dalla legge, occorre che le partite IVA che intendono continuare a beneficiare dei vantaggi del regime agevolato, non percepiscano un importo superiore ai 30 mila euro di reddito derivante da trattamenti previdenziali oppure da lavoro dipendente.

Tuttavia, questo limite non viene riconosciuto nei confronti di quei lavoratori che sono stati coinvolti da un licenziamento, in quanto tale categoria risulta avere libero accesso al forfettario. 

Partita IVA: le nuove tasse del 2022 per chi è in regime forfettario 

Tra i principali vantaggi offerti dal regime forfettario nei confronti dei cittadini che svolgono un’attività di lavoro autonomo e che quindi sono dotati di una partita IVA, una delle motivazioni principali per chi le persone preferiscono tale regime riguarda la peculiarità della tassazione a cui sono soggetti.

A questo proposito, in effetti, la legge stabilisce che chi aderisce al regime forfettario potrà godere dell’applicazione di una aliquota fissa relativa alla tassazione sui compensi e sui ricavi, i quali, come sottolineato in precedenza, non potranno superare l’importo massimo fissato a 65 mila euro.

In questo senso, per quanto riguarda la tassa che dovrà essere applicata al reddito delle partite IVA con un regime forfettario agevolato, questa si baserà su una percentuale del 5% nei casi in cui si tratti di start up, mentre aumenta al 15% per tutte le altre partite IVA. 

Per tutti coloro che hanno intenzione di comprendere effettivamente come viene effettuato il calcolo delle tasse che dovranno essere pagate durante l’anno da parte dei cittadini con partita IVA che hanno aderito al regime fiscale del forfettario, è necessario ricordare un metodo di calcolo fondamentale.

In tal senso, dovrà essere moltiplicato l’importo relativo al fatturato registrato dal soggetto durante l’anno per l’aliquota fiscale del 5% oppure del 15%, sulla base della categoria a cui appartiene la partita IVA, per poi successivamente moltiplicare il risultato per il cosiddetto coefficiente di redditività.

Tuttavia, è necessario anche precisare che, tale coefficiente di redditività potrebbe variare da un cittadino contribuente ad un altro, sulla base del codice ATECO a cui si riferisce l’attività del proprio lavoro.

Le partite IVA che non possono accedere al regime forfettario nel 2022

Purtroppo anche con la nuova Legge di Bilancio 2022, il Governo italiano ha approvato una serie di situazioni e di condizioni che renderebbero impossibile per i lavoratori con partita IVA o cittadini intenzionati ad aprire un’attività propria, di poter accedere al regime forfettario nel 2022.

Effettivamente, non potranno purtroppo godere dei vantaggi del regime agevolato con la flat tax al 15% quei cittadini che hanno avuto una partita IVA durante gli ultimi due anni precedenti al momento della richiesta, per la medesima categoria di attività. 

Allo stesso tempo, si intendono esclusi dalla possibilità di accedere al regime forfettario nel 2022 anche quei titolari di quote in società di persone a prescindere dalla percentuale della titolarità; così come anche i titolari di quote srl oppure di associazioni che ne consentirebbero il controllo. 

Infine, ci sono anche tantissimi altri casi e situazioni che non possono essere considerati idonei per far i modo che il cittadino possa effettivamente ottenere l’agevolazione del regime forfettario nel 2022. 

In questo senso, infatti sono esclusi anche quei cittadini e soggetti fisici che non sono residenti in Italia oppure che effettuano prevalentemente delle operazioni di cessione di fabbricati, così come anche coloro che hanno percepito dei redditi da lavoro dipendente o assimilato superiore a 30 mila euro durante l’anno precedente.

I nuovi obblighi delle partite IVA con regime forfettario nel 2022

Tra le ultime notizie che sono state introdotte con la nuova Manovra finanziaria 2022 che interessano in particolare modo i cittadini con partita IVA e con un regime forfettario, vi è anche quella legata all’adempimento dell’obbligo di emissione del cosiddetto scontrino elettronico.

A questo proposito, si tratta di consentire, attraverso lo scontrino elettronico obbligatorio, l’invio e la memorizzazione di tutti i corrispettivi trasmessi presso l’Agenzia delle Entrate in maniera telematica e con una cadenza giornaliera.

Questo può essere possibile attraverso tre principali strumenti messi a disposizione per queste categorie di soggetti che dovranno rapidamente adeguarsi agli obblighi predisposti dal Governo. 

Tra questi, vi sono la possibilità di acquistare un nuovo registrazione telematico che consente di inviare in maniera automatica i corrispettivi giornalieri direttamente alla banca dati dell’Agenzia delle Entrate, usufruendo anche del nuovo bonus predisposto.

In alternativa, potrebbe essere possibile, in alcuni casi, provvedere all’adeguamento del proprio registratore di cassa vecchio attraverso la possibilità di usufruire un credito d’imposta di 50 euro; oppure, mediante i servizi online messi a disposizione gratuitamente da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Bonus IRPEF per chi ha la partita IVA con forfettario: come funziona?

Quando si parla di partita IVA e di regime forfettario è necessario fare un’ulteriore precisazione in merito alla possibilità o meno di accedere al famoso bonus IRPEF.

A questo proposito, come molti sanno, il requisito essenziale riguarda il percepire un reddito da lavoro subordinato oppure assimilato. Per questo motivo, nei casi in cui si tratti di un soggetto con partita IVA che svolge esclusivamente un lavoro autonomo, questo non potrà accedere al bonus da 100 euro al mese.

Ciononostante, a seguito dell’introduzione della nuova riforma fiscale che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane, il bonus IRPEF potrebbe essere verosimilmente riassorbito dalle detrazioni, così da applicare una nuova agevolazione che potrebbe essere corrisposto anche nei confronti dei titolari di partita IVA. 

Poste italiane: applicazioni da scaricare e perché

Di app in app…per stare al passo con i tempi! Ma a cosa servono le app di Poste italiane? Serve davvero scaricarle?

Certo, non è obbligatorio ma se si vogliono fare alcune operazioni in modo semplice e veloce queste applicazioni, da scaricare nel proprio smartphone, potrebbero essere davvero utili e far risparmiare tanto tempo!

Infatti, ovunque ci troviamo, basta ormai lo smartphone e ovviamente la connessione a internet per fare un sacco di cose, tra cui consultare documenti, fare acquisti su siti di e-commerce e accedere a servizi online.

Le app di poste italiane sono 4, chiaro che non serve averle tutte, dipende dalle proprie necessità e dal possesso o meno di un c/c in posta o di una carta Postepay.  

Per chi non ha tempo o non può fare la fila allo sportello delle poste, ormai tutto, o quasi tutto, si può fare comodamente dal sito. Ma non solo! Le app permettono di sfruttare numerose funzionalità, tra cui pagare velocemente un bollettino, inquadrando il Qr code dopo essere entrati nell’app e aver avviato la fotocamera cliccando su “Inquadra Qrcode”, prenotare il ticket all’ufficio postale, fare pagamenti, ricaricare la propria carta Postepay e tanto altro. 

Prima di entrare nello specifico di ogni singola app, ecco come e dove scaricarle e cosa servono. 

Come e dove scaricare le app di poste italiane

Tutte le app di poste italiane si possono scaricare gratuitamente sul proprio smartphone, sia con sistema operativo Android sia con iOS. Non si possono mettere invece sul computer. 

La procedura d’installazione nel telefonino è molto semplice e richiede pochi minuti, basta non avere la memoria piena! e avere la versione Android o iOS supportata dall’app. Occorre una versione:

  • iOS 11 o superiore, per tutte le app tranne la ID che funziona anche con una versione più vecchia
  • Android 4.4 per PT e BP
  • Android 4.1 per ID
  • Android 5 per PP

Una volta appurate queste due condizioni basta cercare sullo schermo del proprio smartphone l’icona dello Store (Play Store per chi ha il sistema operativo Android o App Store per chi ha iOS), cliccarvi sopra e digitare nella barra di ricerca affiancata dalla lente d’ingrandimento il nome dell’app che si vuole scaricare (BP, PP, PT o ID), fatto questo si clicca sul pulsante installa e si attende qualche minuto affinché venga completata l’operazione. 

A questo punto, basterà scorrere le icone presenti nello schermo del cellulare per trovare la classica icona gialla corrispondente all’app di poste italiane scaricata. 

In caso di problemi, probabilmente si tratterà di una versione non aggiornata dell’app o non supportata, basta quindi fare l’aggiornamento o provare a disinstallare l’app e rimetterla. Altrimenti potrebbe essere che l’app occupa uno spazio superiore a quello rimasto a disposizione nel proprio telefonino ma basta fare un po di spazio cancellando qualcosa che non serve più per risolvere il problema. 

E se questo ancora non basta si può sempre chiamare il numero dedicato dell’assistenza 800.003.322

gratuito e attivo dal lunedì al sabato, esclusi i festivi, dalle ore 8:00 alle ore 20:00. 

Come accedere alle app di poste italiane

Accedere alle app è molto semplice! 

Alle app ID e BP si accede con codice poste ID o impronta digitale, all’app PP con username e password create  in fase di registrazione al sito delle poste, infine l’app PT non richiede nulla e può essere usata da tutti. 

Per usare l’app Postepay bisogna essere registrati al sito delle poste.

Ecco come registrarsi:

Sul sito di poste, in alto a destra si clicca su area personale, che porta alla pagina tramite cui è possibile accedere con le proprie credenziali o registrarsi cliccando sulla scritta blu Registrati.

La procedura consiste in 5 facili passaggi:

  • l’inserimento dei propri dati anagrafici (nome, cognome, codice fiscale, cellulare, mail, città e data di nascita e residenza)
  • l’invio di un codice di sicurezza, tramite messaggio sul cellulare, che va poi inserito nel secondo step
  • l’inserimento di una nostra mail e di una password che verranno poi usate per accedere ai servizi online del sito e l’accettazione delle condizioni di servizio
  • la verifica dei dati inseriti
  • la conferma della registrazione con clic sull’apposito pulsante

Poste italiane: perché scaricare PT e ID

E ora ecco cosa si può fare nel dettaglio. 

L’app PT serve per:

  • pagare il bollo auto
  • prenotare il ritiro a domicilio di un pacco da spedire o controllare lo stato di una spedizione
  • comporre lettere, telegrammi o raccomandate che vengono inviate al destinatario senza bisogno di stampare nulla (a questo ci pensano le poste)

I pagamenti Qr code sono sempre più popolari. Secondo i risultati di uno studio condotto da Juniper Research sulle analisi e le prospettive del mercato dei pagamenti via Qr code, entro il 2025 ci saranno oltre 2,2 miliardi di utenti che pagheranno in questo modo. 

  • accedere alla sezione Filatelia dove è possibile vedere tutti i tipi di francobolli emessi 

L’app posteID serve per:

  • richiedere l’identità digitale Spid, per fare l’identificazione online senza andare in ufficio postale 
  • accedere ai servizi online della Pubblica amministrazione e a quelli che richiedono l’accesso tramite Spid
  • per autorizzare le richieste di accesso ad alcuni siti tramite Qr code o impronta digitale
  • creare nuovi codici posteID in caso di smarrimento o dimenticanza. Il codice posteID è quel codice che occorre per autorizzare operazioni sulle app di poste italiane

Si può accedere all’app anche tramite lettura dell’impronta digitale dopo averla impostata e se il telefonino è compatibile. Serve infatti uno smartphone con Android versione 6.0 in poi o iOS 5S in poi, si va poi nelle impostazioni dell’app e si attiva la relativa funzione.

Poste italiane: perché scaricare BP e PP

Queste due app sono riservate ai correntisti di Bancoposta e ai titolari di Postepay. 

L’app BP permette di:

  • controllare la lista movimenti e il saldo per chi ha un conto corrente in posta
  • fare bonifici o trasferimenti di soldi
  • prenotare un appuntamento col consulente di poste per servizi finanziari quali per esempio investimenti o polizze assicurative
  • prenotare un ticket per servizi allo sportello, cosi come con l’app PT 
  • cercare un ufficio postale
  • ricaricare una carta Postepay
  • fare una ricarica telefonica
  • fare un bonifico o un postagiro
  • pagare bollette e avvisi di pagamento pagoPA 
  • usare la funzione “inquadra con Qrcode” per autorizzare con l’app l’accesso al sito delle poste, pagare le bollette, fare prelievi Postamat senza carta
  • controllare i movimenti del proprio conto corrente e le spese mensili
  • controllare gli sconti accumulati con ScontiPoste o cercare negozi che aderiscono all’iniziativa 
  • gestire i propri libretti postali: questa opzione permette di trasferire denaro dal proprio conto corrente al libretto postale e viceversa in tempo reale. In questo modo, ad esempio, è possibile trasferire denaro sul libretto in modo che il saldo sul conto corrente rimanga sotto i 5000 e si evita cosi di pagare la tassa di bollo
  • sottoscrivere buoni postali di vario tipo
  • visualizzare le proprie polizze assicurative sottoscritte 

La prima volta che si usa l’app bisogna però associare il c/c, abilitare i propri prodotti e creare un codice posteid. 

L’app PP consente invece di:

  • controllare i movimenti e il saldo della propria carta prepagata Postepay
  • ricaricare la propria carta Postepay tramite c/c (per chi lo ha in posta) o con altre carte di pagamento di altre banche
  • acquistare biglietti del treno o della metro
  • pagare la sosta sulle strisce blu
  • pagare i bollettini
  • gestire la sim del telefonino (per chi ha la sim delle poste) verificando il credito residuo, il piano tariffario, le offerte disponibili ed eventuali bonus maturati sulla sim
  • per fare pagamenti con le carte o contactless 
  • trovare gli uffici postali e i postamat più vicini
  • vedere gli sconti accumulati con scontiposte e trovare i negozi che aderiscono. A questo proposito, ecco il link per saperne di più

La novità delle Poste

Inoltre da nemmeno un paio di mesi, si possono anche ritirare i soldi al Postamat senza la carta!

Per chi è correntista di poste infatti basta lo smartphone e l’app Postepay o Bancoposta installata, da cui si seleziona la voce “Prelievo senza carta”. L’importo da prelevare viene scelto col telefonino e il tocco del tastierino del Postamat è ridotto al minimo. 

Come riporta ANSA

l’obiettivo del servizio è rispondere alle esigenze digitali di clienti sempre più evoluti e soddisfare il crescente bisogno di sicurezza.

Per utilizzare il servizio si dovrà: 

  • selezionare la voce ‘Prelievo senza carta’ in App Postepay o BancoPosta
  • selezionare il tasto 9 sull’Atm
  • inquadrare il QrCode che compare sullo schermo
  • scegliere l’importo da prelevare e la carta dal quale prelevarlo e confermare l’operazione con il codice Poste ID

Utilità o troppa tecnologia? 

Modello F24: tutte le versioni! Utilizzo e compilazione

È ormai all’ordine del giorno parlare di pagamento tasse, Iva, Imu o contributi vari nominando la sigla F24, ma forse non tutti sanno effettivamente di cosa si tratta. 

Cos’è quindi il modello F24?

Se siamo in possesso di una partita iva è il commercialista che ad ogni scadenza invia tramite mail il modello compilato in ogni sua parte già predisposto e pronto all’uso.

Se non siamo in possesso di partita iva allora abbiamo meno occasioni di aver a che fare con l’F24, forse solo in coincidenza della dichiarazione redditi o della scadenza dell’Imu.

Sono passati diversi anni dall’introduzione di questo modello ma c’è ancora qualcuno che ha poca conoscenza in merito.

Il modello F24 è stato introdotto dalla legge 326 del 2003 e permette al contribuente di effettuare i pagamenti di diversi tributi e contributi in un’unica operazione.

Si tratta di un semplice modulo che viene compilato in occasione del pagamento di quasi tutte le tasse, imposte, tributi e contributi, sia in occasione della dichiarazione dei redditi annuale sia per altri pagamenti che durante l’anno abbiamo l’obbligo di pagare. 

Contestualmente al pagamento, è possibile effettuare anche eventuali compensazioni nel caso si sia in possesso di crediti d’imposta utilizzabili.

Come si compila e come si utilizza il modello F24

In un primo momento la compilazione risultava molto più semplice. Infatti, scaricando un semplice modulo F24 editabile era possibile compilarlo al computer e stamparlo, oppure semplicemente compilarlo manualmente a penna e poi consegnarlo allo sportello in banca. 

Successivamente, con la circolare numero 30 del 29 settembre 2006 viene introdotta l’obbligatorietà di invio telematico del modello F24 per le persone fisiche titolari di partita iva e per le società.

Per invio telematico si intende la compilazione del modello tramite banking online o direttamente tramite il sito dell’Agenzia delle entrate.

L’utilizzo del F24 cartaceo con presentazione “manuale” presso lo sportello in banca rimane utilizzabile ancora oggi solo per le persone fisiche non titolari di partita iva.

È invece possibile a tutti effettuare in completa autonomia il pagamento telematico solo nel caso ci siano presenti tributi solo a debito.

Nel caso di importi a credito per compensazioni parziali o totali, e quindi con importo pari a zero, non è possibile utilizzare il sistema ordinario del banking online ma si dovrà effettuare l’invio telematico attraverso il software messo a disposizione sul sito dall’Agenzia delle entrate

Non tutti i contribuenti però si considerano abbastanza “telematici” e proprio per questo motivo l’errore è sempre dietro l’angolo!

Infatti, nel caso in cui venga pagato un importo errato non sarà poi così semplice porre rimedio, soprattutto quando la cifra è superiore rispetto al dovuto.

Per questo motivo si potrà delegare preventivamente il commercialista ad effettuare l’invio telematico a nome nostro comunicando semplicemente l’iban sul quale appoggiare l’importo e la data in cui si vuole effettuare il pagamento.

Una volta arrivato il giorno della scadenza si potrà comodamente controllare in banca che tutto sia andato a buon fine nel modo migliore.

Per affrontare l’abuso inconsapevole, ma a volte anche consapevole, di crediti inesistenti, l’Agenzia delle entrate ha fissato il limite di credito per tributo a 5000 euro.

Oltre a questa soglia, i crediti dovranno essere certificati con “visto di conformità” da parte del professionista che sarà responsabile di eventuali errori o compensazioni non regolari.

Ora che abbiamo un’idea più chiara su cos’è un F24 e a cosa serve, vediamo quanti modelli F24 esistono e come vanno utilizzati.

Il modello F24 UNIFICATO

il modello F24 unificato è il più comune e più utilizzato.

Questo tipo di modello dà la possibilità di pagare diversi tributi, contributi, premi Inail e tasse locali attraverso un’unica operazione e quindi con la stessa scadenza.

Deve essere compilato nella parte anagrafica con i dati di chi effettua il pagamento o eventualmente se lo stesso viene fatto con funzione di erede, tutore curatore, ecc…

Si passa poi alla compilazione della parte specifica inerente al pagamento.

Prima di tutto si dovrà capire che tipo di versamento dobbiamo effettuare per individuare la sezione da compilare.

Il modello F24 unificato è diviso in 5 sezioni:

  • Sezione erario 
  • Sezione INPS
  • Sezione regioni
  • Sezione Imu e altri contributi locali
  • Sezione altri enti previdenziali e assicurativi 

Nella sezione erario si indicano tasse, imposte, tributi statali e Agenzia delle entrate. Per esempio possiamo indicare pagamenti Iva, Irpef, ritenute d’acconto, imposta di bollo, ecc…

Nella sezione Inps vanno indicati tutti i contributi previdenziali personali o per i dipendenti.

La sezione regioni è utilizzabile per il pagamento delle addizionali regionali o per eventuali altri pagamenti destinati alla regione di residenza.

Nella sezione Imu e altri tributi locali possiamo pagare ovviamente l’Imu per immobili non di residenza e terreni, o altri importi destinati ad enti locali, per esempio il diritto annuale per le aziende iscritte alla Camera di Commercio.

Nella sezione riguardante altri enti previdenziali e assicurativi principalmente possiamo pagare i premi riferiti all’autoliquidazione Inail.

Per ogni sezione andrà indicato il codice tributo corrispondente all’imposta o adempimento che si intende pagare.

I codici tributo sono messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate e devono essere indicati secondo le istruzioni date dall’ente.

A seguire va indicato il numero della rata solo nel caso in cui il tributo preveda un pagamento a rate, poi va indicato l’anno di riferimento e l’importo a debito della tassa.

Nel caso si avessero a disposizione crediti utilizzabili si potranno indicare nell’ultima colonna della sezione come importo a credito.

Per ogni sezione viene poi indicato il totale nell’ultima colonna a destra, che sarà dato dalla differenza tra debiti e crediti.

La somma di tutti i totali delle 5 sezioni sarà riportata nell’ultimo rigo infondo a destra: questo sarà l’importo finale che verrà addebitato su conto corrente.

Nel caso in cui i crediti disponibili possano coprire l’intero importo a debito, avremo un F24 a totale zero, il quale dovrà essere comunque tramesso all’Agenzia delle entrate per la registrazione delle compensazioni ma che non comporterà alcun addebito sul nostro conto corrente.

Come effettuare l’invio telematico del modello F24 per pagare in tempo senza incorrere in sanzioni e tardività?

Per compilare un modello F24 con i dati necessari al pagamento delle nostre tasse ci dovremo collegare al sito del bankig online del nostro istituto bancario e, dopo aver selezionato l’ambiente dei pagamenti, si dovrà cliccare sull’indicazione F24.

Si aprirà così il modello vero e proprio con tutte le varie sezioni da completare con le indicazioni che abbiamo già visto precedentemente.

È un’operazione molto semplice e con pochissime probabilità di rischio di errore.

Seguendo tutti i vari passaggi si arriverà velocemente al totale da pagare. Per di più, ogni errore viene segnalato in rosso dal programma della banca fino a quando non sarà compilato in modo corretto.

Dobbiamo però porre attenzione su alcuni punti che NON potranno essere corretti dal sistema e che saranno registrati con le indicazioni date da chi sta compilando. Per questo motivo prima di procedere a dare l’ok definitivo è consigliabile ricontrollare ciò che si è scritto in ogni sua parte.

Il primo punto e sicuramente il più importante è il campo della cifra indicata: il sistema non può ovviamente sapere a quanto ammonta il debito che dobbiamo pagare; quindi, uno zero in più non verrà segnalato come errore ma per chi paga può essere un vero danno.

Ma non temete! Pagare un importo errato è grave ma rimediabile. 

Infatti, nel caso in cui ci si accorga subito dell’errore, si potrà annullare l’operazione entro le 24 ore successive. 

Altrimenti si potrà utilizzare la cifra in eccesso come credito per compensare altri pagamenti, anche se questa opzione non risulta sempre possibile. 

Come ultima alternativa, si dovrà effettuare una richiesta di rimborso. Questa è però la strada meno consigliabile soprattutto per una questione di tempi, che risultano molto lunghi.

Il modello F24 SEMPLIFICATO 

Con il provvedimento del 25 maggio 2012, l’Agenzia delle entrate ha introdotto il modello F24 semplificato.

Sostanzialmente il modello F24 semplificato non cambia come utilizzo rispetto al modello precedente, ne sostituisce il modello unificato ordinario che abbiamo già visto. Semplicemente viene introdotto per “semplificare” il pagamento ai contribuenti che hanno facili e non frequenti tributi da versare.

La differenza è data dal fatto che è composto da una sola pagina e non da tre copie come il precedente.

Si tratta di un modello più semplice nella compilazione e viene utilizzato per esempio nel pagamento delle due rate Imu, ma è possibile utilizzarlo per pagare diversi altri codici tributo.

Il modello F24 ACCISE 

Iniziamo con lo specificare cosa si intende con la parola “accise”.

Le accise sono le imposte indirette destinate all’Agenzia delle dogane e dei Monopoli (ADM) pagate da produttori o commercianti per alcuni prodotti, per esempio tabacchi, alcolici, energia elettrica, benzina, ecc 

La maggior parte di queste merci subisce le accise nel momento della produzione o dell’importazione nella UE.

Il modello F24 Accise deve essere utilizzato compilando la sezione “accise” per i versamenti relativi a tributi e altre somme di pertinenza dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Può però essere utilizzato anche per i versamenti dei contributi INPGI.

È molto simile al modello F24 unificato, ma contiene anche altre sezioni nelle quali si potranno pagare altri tributi oppure compensare importi a credito.

Il modello F24 ELIDE 

L’ultimo modello F24 di cui approfondiamo il significato è il modello “Elide”, costituito dall’Agenzia delle entrate per il pagamento di imposte con particolari informazioni da segnalare al momento del versamento.

Questo modello deve essere utilizzato per le imposte di registro di atti e contratti, per le imposte e tasse ipotecarie e catastali.

Viene usato anche per il versamento dell’Iva in alcuni casi particolari, per esempio l’Iva per l’immatricolazione dei veicoli acquistati nel mercato intracomunitario (Iva immatricolazione auto UE), o anche per diritti su brevetti e tasse marchi.

Questo tipo di F24 NON potrà però essere utilizzato per compensazioni di altri tributi a credito.

In confronto agli altri modelli illustrati precedentemente, probabilmente questo è il modello di uso meno frequente e risulta anche un po’ più difficile nella compilazione, a causa dei diversi dati e codici da dover inserire. Solitamente, infatti, chi lo utilizza è preparato e sa già come muoversi.

Con l’avvento della compilazione online tramite il sistema bancario si è molto facilitati e tutto viene indicato nel modo più semplice possibile. Come abbiamo già detto, per ogni passaggio viene segnalato subito l’eventuale errore.

Nonostante questo, ricordiamo che è fondamentale ricontrollare più volte l’importo digitato perché solo noi possiamo sapere esattamente qual è la cifra da pagare e quindi il sistema non segnalerà alcuna anomalia! 

La soluzione migliore rimane quella di affidarsi a persone fidate ed esperte come consulenti e commercialisti anche solo per chiarire i molti dubbi che giustamente sorgono prima dell’invio telematico o del pagamento in banca di qualsiasi importo di tasse, imposte, tributi e contributi. 

È vero che per ogni errore c’è sempre una soluzione, ma, come si usa dire, è sempre meglio prevenire che curare!

Nuovo decreto? Ecco tutte le novità da sapere assolutamente!

Sembra ormai che ogni settimana esca una novità.

Per stare al passo con tutte queste nuove norme dovremmo leggere la Gazzetta ufficiale ad ogni uscita.

Ma in periodo di pandemia e di emergenza sanitaria, non è possibile non rimanere informati sulle nuove norme disposte dai decreti anti-Covid!

Certo, la prudenza non è mai troppa, il distanziamento e l’igienizzazione delle mani è sempre buona norma, ma per evitare un nuovo lockdown, questo non può bastare nei mesi invernali.

Dall’obbligo vaccinale per gli over 50, alle mascherine, ai Green Pass richiesti, le novità sono tante ed è meglio saperle tutte per non incorrere in incresciose situazioni e spiacevoli sanzioni!

Nuovi decreti in arrivo, tutto quello che è successo a gennaio!

Si è parlato di lockdown “light” per  non vaccinati, già dal 10 gennaio abbiamo visto come siano arrivate le prime strette, che anche con l’arrivo nel nuovo decreto verranno ovviamente mantenute.

Per fare dunque un ripasso generale prima di parlare del prossimo decreto si ritiene necessario.

A causa dell’impennata di casi Covid dopo le vacanze di Natale e sicuramente ci porteremo gli strascichi delle festività ancora per qualche settimana, è stato necessario introdurre l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno più di 50 anni, considerati non sono la fascia più debole della popolazione, ma anche, a quanto i dati dicono, quella che presenta più dubbi e opposizioni in merito alla vaccinazione anti-Covid 19, per una platea di cittadini di 2,5 milioni.

Con l’inizio delle scuole, inoltre, altro luogo sicuramente ad alto rischio, si è reso necessario l’obbligo dell’utilizzo delle mascherine FFP2 già dalla scuola dell’infanzia per i docenti, così come per gli studenti di scuole primarie e secondarie a meno di esenzione per motivi specifici.

Anche la gestione della quarantena è cambiata:

alla materna con un positivo in classe scatta la sospensione delle attività per 10 giorni, stessa cosa non si può dire per le scuole elementari dove invece si applicherà la sorveglianza con tampone al primo e quinto giorno dalla scoperta del caso per non riportare la DAD ad essere una realtà.

Per scuole medie e superiori ci sono tre diversi step da seguire:

  • un caso positivo: si attiva l’autosorveglianza e l’obbligo di FFP2
  • due casi positivi: chi è vaccinato col terza dose o guarito da meno di 4 mesi resta in classe, gli altri in DAD
  • tre casi positivi: tutta la classe in DAD per dieci giorni.

Insomma, un gran caos sul fronte scuola.

Non che la questione Green Pass sia stata meno contestata.

Infatti, a conti fatti, a parte sul luogo di lavoro, il Certificato verde rinforzato, dato solo a chi è vaccinato con tre dosi o con due dosi e una guarigione, sarà praticamente obbligatorio ovunque tranne che in negozi e servizi essenziali.

Niente più treni, bus, metro, locali neanche all’aperto, alberghi, fiere, impianti di sci o altri luoghi che favoriscono la socialità e lo svago. Un vero e proprio lockdown per chi ha scelto di non vaccinarsi. Questa mossa estremamente contestata è stata vista non come una cautela vista l’impennata di casi, quanto piuttosto una “punizione” da parte del Governo.

Tra le novità importanti anche la terza dose cambierà, infatti sarà possibile farla prima, anche solo dopo i 4 mesi dalla seconda dose, così da garantire una copertura vaccinale migliore.

Dal 20 gennaio via anche a Green Pass Base per parrucchieri, barbieri ed estetiste, luoghi in cui finora non era richiesto, adesso almeno sarà necessario avere un tampone per poter accedere ai servizi utili alla persona.

Nuovi decreti in arrivo: nuove norme in atto da febbraio!

Ovviamente, le norme sono state scaglionate anche per dare il tempo a tutti di potersi adattare e attrezzare. I prossimi mesi, infatti, risulteranno cruciali per dare uno stop vigoroso alla circolazione del virus.

Dal 1° febbraio si accorcia a sei mesi la durata del Super Green Pass, ciò porterà alla necessità sicuramente di una quarta dose prima dell’estate per la maggior parte degli italiani, cosa che potrebbe non di poco rallentare il Servizio Sanitario Nazionale.

Dal 1° febbraio il Green Pass base sarà richiesto anche per accedere ad altri servizi fin ora non menzionati dalle norme, come filiali di banche, uffici di Poste Italiane e negozi. Da questo momento in poi, per accedere ad un qualsiasi ufficio pubblico. Sarà possibile accedere senza a questi servizi, a quanto si legge dalla bozza in attesa di approvazione, solo ai servizi considerati di “esigenza essenziale e primaria per la persona”. Il DPCM segnalerà quali sono le attività che sono state, dunque, interessate dall’esenzione dall’obbligo.

Forse uno dei punti più discussi è proprio l’obbligo per gli over 50 di andare a lavoro solo con il Super Green Pass. Fino ad oggi l’attività lavorativa era stata garantita col Green Pass base, con buona pace delle farmacie che sono risultate totalmente intasate da chi ogni 2 giorni ha dovuto rifarsi il tampone. Dal 15 febbraio invece, gli over 50 dovranno vaccinarsi per poter lavorare e la prima dose dovrà essere effettuata obbligatoriamente entro il 31 gennaio per poter garantire la partenza del Super Green Pass dal 15 febbraio.

Il ministro Speranza, infine, fa sapere che sarà cura del ministero della Salute predisporre gli elenchi dei soggetti over 50 inadempienti all’obbligo vaccinale, tramite il sistema di anagrafe vaccinale nazionale, a cui sarà inviata una comunicazione che potrà essere trasmessa a sua volta all’ASL di competenza per l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo vaccinale.

Per contrastare gli effetti delle vacanze sulla circolazione del virus, è stato anche deciso che fino al 28 febbraio è possibile per gli studenti sottoporsi gratuitamente ai tamponi, per garantire l’autosorveglianza in caso di contatto con un compagno di classe positivo.

Nuovo decreto: ma quando scade lo stato di emergenza?

Ad oggi, quel che si sa è che il 31 marzo scadrà lo stato di emergenza. La qual cosa però non ci assicura assolutamente che in caso di non miglioramento dei dati sui contagi, lo stato di emergenza non possa essere in realtà prolungato. Allo stato di emergenza sono legate tutte una serie di agevolazioni, come il lavoro agile, lo smartworking e la sorveglianza sanitaria eccezionale che venendo meno potrebbero in poco tempo riportarci agli inizi della primavera ad una situazione disastrosa.

Fino al 31 marzo, inoltre, è stato trovato l’accordo tra il Generale e commissario per l’emergenza, Francesco Figliuolo, d’intesa con il ministro della salute, e le farmacie, per calmierare i prezzi delle mascherine FFP2 a 75 centesimi, visto l’obbligo imposto di utilizzo praticamente in ogni attività al chiuso.

“Alla luce delle nuove restrizioni messe in atto dal Governo per contrastare la pandemia – dice il deputato M5S Giuseppe L’Abbate  – c’è la necessità di utilizzare le mascherine di tipo FFP2 nei luoghi chiusi obbligatoriamente o anche all’aperto. Introdurre un tetto al costo di questi dispositivi di protezione per tutelare le fasce più deboli della popolazione, dinanzi all’inevitabile aumento della richiesta, non eviterà distorsioni di mercato. Basterebbe, piuttosto, che lo Stato si prendesse carico di distribuire attraverso la rete di farmacie e parafarmacie le mascherine FFP2 alle famiglie più deboli individuandole attraverso il codice fiscale e acquistandole attraverso la centrale di acquisto Consip”.

 “Quello in cui ci troviamo, infatti, è uno shock dal lato della domanda e cioè un aumento, concentrato in un breve periodo, della domanda di un prodotto: nel nostro caso le mascherine di tipo FFP2 – dice poi  – L’introduzione di un prezzo calmierato, però, non rappresenta una soluzione praticabile in quanto provocherebbe la rarità del bene, spostando più avanti il punto di equilibrio del mercato, generando così il panico tra i cittadini che non riuscirebbero a trovare sul mercato le mascherine”.

La stessa intesa che si trovò ad inizio pandemia per il prezzo calmierato per le mascherine chirurgiche a 50 centesimi si è resa necessaria negli ultimi giorni vista la crescita esponenziale della domanda.

Ad oggi ricordiamo infatti che lo strumento di maggiore sicurezza è la mascherina FFP2 sia per noi che per chi ci sta intorno.

Il commissario Figliuolo però non è l’unico ad aver preso una posizione in queste nuove norme. Anche il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta ha firmato insieme al collega del Lavoro Andrea Orlando una circolare per sensibilizzare amministrazioni pubbliche e datori di lavoro privati a favorire il lavoro agile per cercare di contenere i contagi. 

Si legge infatti che 

“Facciamo partire tutti gli schemi di lavoro agile già presenti nelle norme, il privato utilizzerà il massimo della flessibilità per garantire sicurezza e servizi, stessa cosa farà il pubblico – ha spiegato il ministro Brunetta – Massima flessibilità per arginare i contagi”

Aziende ed uffici pubblici dovranno quindi coniugare, in base alle effettive necessità, la piena operatività dei servizi e la massima sicurezza dei lavoratori e degli utenti.

Nuovo Decreto anti-Covid: le novità non finiscono qui

Un’altra novità che presto farà molto discutere è l’obbligo di Green Pass per chi attualmente percepisce il reddito di cittadinanza.

La misura economica di emergenza, infatti, trova un gap burocratico tra la legge di Bilancio e il decreto del 7 gennaio poichè chi percepisce il sussidio deve obbligatoriamente frequentare i centri per l’impiego.

Questo obbligo si traduce nella presentazione di almeno il Green Pass base, quindi quello ottenibile con un tampone rapido negativo.

Stando ai dati forniti dal governo su chi percepisce il Reddito di Cittadinanza e l’andamento della campagna vaccinale, risulta che molti beneficiari sono a rischio, in quanto tra non vaccinati e non guariti si parla di circa 100 mila persone.

Ovviamente, questo inasprimento della norma è un altro tentativo di portare questi soggetti ad iniziare il ciclo vaccinale il prima possibile, in modo da raggiungere una percentuale di copertura ottimale entro la fine dell’inverno.

Infine, per le persone che accedono senza Green Pass ai servizi o alle attività in cui è obbligatorio averlo, è prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro; la stessa è prevista al soggetto tenuto a controllare il possesso della certificazione se omette il controllo.

Berlusconi al Quirinale…e fa ridere già così!

Berlusconi al Quirinale. Tutto potevamo aspettarci meno che associare queste due parole, Berlusconi e Quirinale. Ebbene, si! Il centrodestra ha deciso di candidare in maniera del tutto unanime Silvio Berlusconi come nuovo Presidente della Repubblica.

Sono lontani i tempi in cui potevamo contare su figure come Sandro Pertini, un uomo del popolo e un uomo con una storia alle spalle. Lontani sono i tempi in cui potevamo vantarci di avere un “partigiano come Presidente”, come dice Toto Cutugno nell’italiano.

Adesso al Quirinale candidano chiunque. Anche Silvio Berlusconi. Certo, potremmo non criticarlo per la carriera da imprenditore e come uomo della politica, forse, ma è altrettanto vero che quando pensiamo al suo nome associamo subito lo scandalo del “bunga bunga”!

Come possiamo anche solo immaginare di poter associare la figura del Presidente della Repubblica, simbolo di moralità, di onestà con Berlusconi ed il “bunga bunga”? Ma Berlusconi non è certamente conosciuto solo per questo.

Berlusconi: tra scandali e conflitti di interessi

Facciamo un passo indietro. Chi è Silvio Berlusconi? Ricordiamo Berlusconi con il nome di cavaliere, un soprannome che gli è stato affibbiato dal giornalista sportivo Gianni Brera a seguito dell’onorificenza a cavaliere del lavoro conferitagli dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone.

Tuttavia, lo stesso Berlusconi rinunciò a tale carica nel 2014 a seguito di una condanna giudiziaria in via definitiva. Ma Berlusconi è anche un imprenditore: ha fondato la società finanziaria Fininvest nel 1975 e la società Mediaset nel 1993, che ancora tutt’oggi registra miliardi di fatturato.

A Mediaset convergono altre due società: Mondadori e Silvio Berlusconi Communication. Questa, attualmente viene gestita dal figlio, Pier Silvio Berlusconi. Nello stesso anno, ovvero nel 1993, Berlusconi fa il suo primo esordio in politica con il partito Forza Italia che successivamente confluirà nel gruppo Il Popolo delle libertà.

La coalizione del centro destra ci accompagnerà per fino alla XVI legislatura, segnando gran parte della storia politica del paese, tanto che proprio in quegli anni nascono delle fazioni pro e contro Berlusconi, un movimento che potremmo definire antiberlusconismo.

Gli oppositori denunciano molte volte i conflitti di interessi e le leggi ad personam emanate per tutelare le spalle dell’imprenditore, leggi emanate appositamente per difenderlo dai processi che lo coinvolgevano in prima persona. Ma lui va avanti e non si ferma. 

Fino a quando dopo aver ricevuto la carica di deputato nel 1994, nel 2013 riesce ancora una volta a solcare le porte del Parlamento e ad essere eletto senatore, per poi riuscire a ricoprire addirittura la carica di Europarlamentare nel 2019.

Ma già allora Berlusconi dovette confrontarsi con soggetti del calibro di Angela Merkel. Anche in quel periodo il cavaliere Silvio Berlusconi era conosciuto per gli scandali giudiziari e per lo scandalo del Rubygate: proprio per questo venne deriso e sbeffeggiato da tanti politici europei.

Nel corso della sua carriera politica è stato imputato per oltre venti procedimenti giudiziari, condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale con sentenza passata in giudicato e gli è stata irrogata una pena accessoria di interdizione ai pubblici uffici per due anni.

Per non parlare, poi, dell’accusa di collaborazione con la mafia. A questa accusa, Berlusconi ha risposto in questo modo:

“Scrivono che io sono mafioso? Un’accusa di questo genere è un’infamia. Io sono al contrario una vittima della mafia, lo siamo stati io, i miei figli e le mie aziende”

Ma diciamolo: le vittime di mafia non possono concedersi il lusso di sfuggire ai magistrati attraverso delle leggi create ad hoc, né tantomeno possiedono ville e miliardi. Le vittime di mafia sono altre.

Quindi, Berlusconi non è solamente un imprenditore, ma è anche, secondo il Fatto Quotidiano, un pregiudicato. Davvero dovremmo vedere un uomo come Silvio Berlusconi al Quirinale ad assumere il ruolo del Presidente della Repubblica?

Berlusconi al Quirinale: è davvero la scelta giusta?

Abbiamo appena descritto in poche righe la vita politica di Silvio Berlusconi, caratterizzata da scandali giudiziari e condanne. Non possiamo non ricordarlo per questo. Ma proprio poche ore fa la coalizione di centrodestra si è vista convinta nella presentazione della candidatura del presidente di Forza Italia come nuovo Presidente della Repubblica.

Sempre secondo il Fatto Quotidiano, Silvio Berlusconi, oltre che essere un politico condannato per evasione fiscale, è anche un mafioso. Proprio negli anni delle sue elezioni Marco Travaglio scrive anche un libro sulla vicenda che ha coinvolto il Cavaliere nello scandalo di associazione mafiosa.

E Berlusconi durante uno dei suoi comizi in piazza commenta dicendo:

“Il Falso quotidiano, o il Fatto, come si chiama, mi accusa in questi giorni di aver pagato per tanti anni la mafia. Vi rendete conto che infamia buttarmi addosso un’accusa di questo genere? Io sono stato al contrario una vittima della mafia”

E poi continua,

“Mi fa star male il Falso quotidiano. Adesso che ci sono le elezioni tira fuori questa storia e Travaglio ci fa anche un libro”.

Bisogna anche ricordare però che nel corso di quegli anni Berlusconi ha sempre trovato una scappatoia per difendersi dalle accuse e per scampare a condanne attraverso proprio le leggi ad personam, ovvero leggi create appositamente per agevolarlo e per garantirgli una via d’uscita.

Ma quante leggi ad personam sono state emanate nel corso del decennio 2000 – 2010? In circa 10 anni sono state emanate ben 21 leggi o riforme ad personam. Vediamo insieme quali sono.

Berlusconi e la vita da mediano: le leggi ad personam

Nel corso della sua lunga carriera politica, come abbiamo appena visto, Berlusconi si è sempre circondato di scandali. Imprenditore e politico, è stato spesso accusato dai suoi oppositori e dai media per conflitto di interessi, tanto che nel corso di quegli anni sono state emanate ben 21 leggi ad personam.

Ogni anno venivano emanate più di due leggi ad personam e questo durò per 9 anni consecutivi. Ma vediamo insieme quali sono state e quali benefici gli avrebbero garantito. 

Partiamo dall’ormai lontano 2001. In quegli anni sono state emanate due leggi ad personam. La legge sulle rogatorie internazionali, o legge 367/2001, limiterebbe l’utilizzo delle prove acquisite. Con questa legge sono stati coperti i movimenti illeciti sui conti svizzeri effettuati da Cesare Previti e Renato Squillante.

Sempre nello stesso anno è stata emanata la legge 383/2001, o legge Tremonti bis, con la quale è stata abolita l’imposta sulle successioni e donazioni per tutti i gradi patrimoni. Nell’anno 2002 sono state emanate altre tre leggi: 

  • la legge 289/2002, o legge finanziaria, con la quale venne introdotto il condono fiscale;
  • la Riforma del diritto societario, con la quale venne introdotta una soglia di punibilità per il crimine di falso in bilancio. Con questa legge Berlusconi è stato assolto nei processi Sme-Ariosto 2 e nel processo All Iberian 2; 
  • la legge Cirami, o legge 248/2002, con la quale venne introdotto il “legittimo sospetto” in merito all’imparzialità del giudice. Questa legge permette la ricusazione e il trasferimento del processo ad un altro giudice.

Ma non finisce qui. Nel corso del 2003 è stato emanato il cosiddetto Lodo Schifani, con l’introduzione del divieto di sottomissione a processo delle cinque più alte cariche dello stato, poi dichiarata incostituzionale nel 2004, ed il Lodo Rete quattro.

Poi la Legge finanziaria 2004 e 2005, la Legge Gasparri, la legge sull’estensione del condono edilizio alle zone protette, l’opposizione del segreto di stato sulla “Villa La Certosa” attraverso il decreto del ministero dell’interno 1004/2004, fino ad arrivare al 2009 con lo scudo fiscale, il lodo Alfano, posto in sostituzione al lodo Schifani e dichiarato incostituzionale, e la legge sul legittimo impedimento.

Ci si potrebbe scrivere un libro e molti lo hanno fatto, ma noi ci siamo limitati a pochi stralci della sua biografia, concentrandoci sulle leggi ad personam che hanno suscitato clamore e certamente scandalo all’interno del palazzo. Ma davvero dovremmo assistere all’elezione di Berlusconi al Quirinale dopo tutto ciò?

Se tutto ciò si verificherà, potremmo dire che la politica italiana ha toccato il fondo.

Bonus casalinghe 2022: come avere 500 euro per sempre!

Cosa c’è di vero in merito al bonus casalinghe di cui si parla tanto in questi giorni? La nuova legge di bilancio ha disatteso qualsiasi aspettativa in merito a tante riforme e sostegni economici che potevano essere approvati, ma che invece sono stati solamente lasciati dentro un cassetto a prendere polvere. Questo è quello che accaduto al bonus casalinghe.

Se ne era parlato parecchio prima dell’approvazione definitiva della legge di bilancio del 2022, ma è stato, come tante altre misure, un nulla di fatto. In realtà, non esiste alcun bonus casalinghe da 570 euro da richiedere all’INPS.

Ma allora perché si parlava tanto della misura? Esiste davvero una misura a favore tutte le casalinghe e non solo? In questo articolo cercheremo di smentire tutte le fake news in merito alla misura assistenziale e cercheremo anche di capire come riuscire a aderire al Fondo per la formazione delle casalinghe.

 Partiamo col dire che non esiste nessun bonus riservato alle casalinghe, ma dal 2022 esiste un bonus che consente a tutte le donne di accedere a corsi di formazione per favorire ed accrescere le loro conoscenze in diversi ambiti.

Il bonus casalinghe non consiste, quindi, nel rilascio effettivo di un bonus e nell’erogazione di una somma di denaro da parte dell’INPS, ma consiste in realtà di una possibilità offerta dallo stato per colmare un gap lavorativo esistente tra uomini e donne.

Ma vediamo insieme cosa serve e quali devono essere i requisiti per accedere al bonus casalinghe.

Bonus casalinghe 2022: a chi spetta e requisiti

La legge finanziaria ha potuto riconfermare solamente gli aiuti finanziari INPS riservati alle donne e agli uomini che per diversi motivi si trovano a dover svolgere l’attività di casalinga/hi. Attraverso il bonus casalinga si potrà accedere a nuovi corsi professionali ed in più sarà possibile godere della protezione dagli infortuni da parte dell’INAIL.

Ovviamente, la misura non prevede l’erogazione di un assegno mensile, ma permette solamente l’accesso ai suddetti corsi di formazione e professionalizzanti. A chi sarà destinato il Fondo casalinghe e casalinghi? Ma, soprattutto, cos’è il fondo per le casalinghe?

Il fondo casalinghe è, appunto, un fondo e un sussidio rivolto alle casalinghe e ai casalinghi per la copertura dei costi di corsi di formazione che li aiutino ad accedere nel mondo del lavoro e che fino a quel momento per problemi economici non avevano ancora avuto la possibilità di fare.

È stato proprio il Ministero delle Pari Opportunità a pubblicare il bando del bonus casalinghe nella Gazzetta ufficiale il 15 dicembre del 2021, ma fino ad ora non è stato molto pubblicizzato, oppure è stato descritto in maniera errata. Ed è un peccato.

Questo bonus aprirebbe la strada al mondo del lavoro a tantissime donne e uomini in difficoltà. Ma vediamo come funziona, 

Bonus casalinghe 2022: di cosa stiamo parlando e come funziona

Ma come funziona il bonus casalinghe del 2022? Per l’approvazione del suddetto sostegno il governo ha deciso di stanziare ben 100 mila e 300 mila euro l’anno in tre parti. Vediamo insieme come.

Il bonus, attraverso il rilascio del fondo, servirà a coprire le spese relativi all’iscrizione di corsi di formazione. Ma non è rivolto solo alle donne, perché anche gli uomini avranno la possibilità di accedervi. L’unico requisito consiste nell’avere la cura della casa.

Come abbiamo già detto, il bonus casalinghe consentirebbe l’accesso al mondo del lavoro a molti soggetti, donne e uomini, che non hanno fino a questo momento avuto la possibilità di accedere a corsi di formazione professionalizzanti.

Bonus casalinghe 2022 e assicurazione INAIL

Ma il bonus casalinghe non prevede solo quanto detto nei paragrafi precedenti. Il bonus casalinghe prevede anche una copertura assicurativa dagli infortuni domestici rilasciata direttamente dall’INAIL. 

Le statistiche dimostrano che sono tantissime le donne o gli uomini vittime di incidenti domestici perché proprio all’interno delle mura di casa si possono utilizzare degli strumenti e dei macchinari pericolosi senza un’adeguata protezione.

Il bonus casalinghe 2022, quindi, prevede il rilascio di un assegno da 517 euro, al quale verrà corrisposto un premio assicurativo di 24 euro all’anno da parte dell’INAIL. Ma bisogna ricordare, però, che l’unico requisito da possedere sarà proprio la comprovata attività da casalinga.

Bisognerà effettivamente provare di svolgere l’attività di casalinga o casalingo a tempo pieno e di non svolgere, quindi, nessun’altra attività. Ma questa quota potrà essere gratuita? Secondo l’articolo scritto da Laura Pellegrini, effettivamente, esistono delle soglie ISEE di reddito da rispettare:

“Per quanto riguarda l’assicurazione domestica associata al bonus casalinghe, è prevista la gratuità per tutti quei nuclei familiari il cui reddito risulti inferiore a 4.648 euro all’anno, oppure qualora il nucleo familiare sia composto da più persone la soglia viene innalzata a 9.296 euro annui.”

Bonus casalinghe 2022: i corsi di formazione

Tutti i soggetti che possiederanno i suddetti requisiti potranno accedere ai corsi di formazione. Ma quali saranno effettivamente i corsi di formazione e professionali a cui si può partecipare? 

Il Governo ha messo a disposizione una serie di corsi di formazione specializzanti in diversi settori, ma i settori più gettonati sono senza alcun dubbio i percorsi di formazione digitale. Questi, sono accessibili a tutti e permettono di accedere a qualsiasi servizio digitale.

Ormai, proprio a causa o grazie alla pandemia, molti servizi sono stati digitalizzati così come molti altri in futuro. Perciò è chiaro che sarà necessaria un ulteriore formazione in merito. Anche molti lavori in smart working necessitano la conoscenza base o avanzata dei servizi digitali anche solo per inviare una mail, fare video conferenze (avere a che fare con la condivisione dello schermo), saper lavorare con un foglio excell e così via.

In questi corsi saranno rese note tutte le funzionalità della Pubblica Amministrazione e dei servizi dello SPID, dell’applicazione IO, che da adesso potremmo utilizzare anche per ricevere la pensione, per non parlare dei servizi dell’Agenzia delle entrate.

Attraverso una formazione del genere, nessuno potrà essere colto impreparato e tutti potranno accedere facilmente alla maggior parte dei lavori online. Ogni soggetto avrà la possibilità di partecipare a corsi della durata massima di 12 mesi da svolgersi comodamente a distanza.

Questa modalità di partecipazione, introdotta a seguito della pandemia da Covid 19, è comoda soprattutto per chi ha a che fare con la cura di bambini piccoli e minori di 14 anni perché non dovranno uscire di casa, ma allo stesso tempo potranno usufruire di una formazione altamente professionale.

Bonus casalinghe 2022: come fare per richiederlo?

Il bonus casalinghe del 2022 potrà essere richiesto da tutti, donne e uomini, casalinghe e casalinghe. La domanda potrà essere inoltrata direttamente attraverso il sito dell’INPS a partire dal 15 dicembre 2021 fino al 31 marzo 2022, con il termine dello stato d’emergenza.

In questa prima fase, però, non sarà consentito l’invio delle domande alle sole casalinghe e ai casalinghi, ma in seguito si potrà inviare domanda per aderire al fondo e partecipare ai corsi di formazione messi a disposizione dal Ministero per le Pari opportunità.

Scaglioni e aliquote IRPEF 2022: le novità per quest’anno

L’IRPEF – ovvero l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche – ha subito un rinnovamento radicale in merito a scaglioni ed aliquote a partire dal 1 Gennaio 2022. Le novità sono state definite a seguito dell’approvazione della Legge di Bilancio 2022, approvata definitivamente alla Camera a fine dicembre.

Tra sostenitori ed oppositori, le riforme per la riduzione della pressione fiscale sono già entrate in vigore, andando – secondo il Governo – ad alleggerire il carico fiscale su lavoratori dipendenti e pensionati, ma anche sui lavoratori autonomi.

Il numero di aliquote passa da cinque a quattro, e conseguentemente, anche gli scaglioni hanno subito significative modifiche.

Tutte le modifiche sono disponibili sul testo della Legge di Bilancio 2022, ma in questo articolo semplificheremo il razionale dietro al nuovo calcolo e parleremo delle novità in maniera più semplice e concisa.

IRPEF 2022: cosa cambierà?

L’aliquota IRPEF rimarrà al 23% per quanto riguarda i contribuenti che presenteranno un reddito fino ai 15.000€, ma a partire dal secondo scaglione – ovvero redditi fino ai 28.000€ – verrà abbassata dal 27 al 25%.

Per i redditi superiori ai 28.000€ fino ai 50.000 l’aliquota si abbasserà al 35%, diversamente per i redditi superiori, per il quale sarà del 43%.

Le modifiche alle aliquote utili per il calcolo sono state introdotte anche grazie all’utilizzo degli 8 miliardi di euro previsti dalla Legge di Bilancio in materia di alleviamento della pressione fiscale.

Si riservano solo 1,2 miliardi di euro che andranno invece a tagliare l’IRAP per lavoratori autonomi e ditte individuali.  

IRPEF 2022: novità sulle aliquote

Sebbene confermate le aliquote imposte sui redditi – che vanno dal 23% al 43% – a partire da Gennaio 2022 il numero degli scaglioni viene ridotto a quattro.

Rimane comunque la regola definita dalla no tax area, ovvero l’esenzione al pagamento dell’IRPEF da parte di coloro che percepiscono meno di 8174 euro all’anno.

La riduzione del numero degli scaglioni è un passo avanti verso l’obiettivo della riforma fiscale, che lo abbasserebbe addirittura a tre, in dettaglio:

  • Imposta del 23% sui redditi fino a 25.000 euro
  • Imposta del 33% fino ai 55.000 euro
  • Imposta del 43% per redditi oltre i 55.000 euro

Cancellato inoltre il bonus dei 100€ in busta paga per i redditi superiori ai 15.000 euro, salvo per eccezioni definite dalle clausole di salvaguardia per i redditi fino ai 28.000.

Sarà infatti possibile per questa fascia di reddito continuare a percepire il bonus se la somma di tutte le detrazioni superi l’imposta lorda. Non si potranno comunque superare i 1.200 euro in questo caso.

In questo interessante video di Redazione The Wam è possibile approfondire tutti gli aspetti della riforma fiscale: 

IRPEF 2022: come si calcola

Da molto tempo è attesa una riforma fiscale che tenga in considerazione la struttura dell’IRPEF e le sue incongruenze, che hanno causato non poche polemiche negli scorsi anni.

Il dibattito al centro è sulla componente progressiva dell’imposta: troppo spesso si assiste infatti a scatti eccessivi di aliquote tra una fascia di reddito ed un’altra, e per questo motivo sono attese ulteriori novità entro il 2023.

Per calcolare l’ammontare del reddito, bisogna prima di tutto tenere in considerazione tutte le entrate:

  • Redditi da lavoro (autonomo o dipendente). Questa categoria comprende tutti i tipi di reddito da lavoro.
  • Redditi d’impresa. Questi tipi di reddito provengono dai guadagni di un’impresa commerciale o società. Le aliquote sono significativamente meno gravose per coloro che rientrano nel regime dei minimi.
  • Redditi da capitale. Questi tipi di reddito provengono dagli investimenti di capitale, come ad esempio depositi, azioni o polizze assicurative. L’aliquota è del 27% per le somme detenute in banca, l’11% per la previdenza ed il 12,5% per il resto.  
  • Redditi fondiari. Questi tipi di reddito provengono da rendite su terreni e fabbricati appartenenti alla persona e registrati al catasto.
  • Redditi diversi dai sopracitati, che comprendono tutte le categorie escluse dalle precedenti.

Al calcolo complessivo di tutti gli elementi sopracitati vanno sottratti gli oneri deducibili, come ad esempio eventuali alimenti, una parte degli importi sostenuti per eventuali adozioni internazionali e donazioni.

La somma finale rappresenta quindi il reddito imponibile, che andrà moltiplicato per l’aliquota IRPEF di competenza, a cui si dovranno a loro volta sottrarre eventuali detrazioni per tipo di reddito, per carichi familiari, spese mediche o d’istruzione, trasporto, interessi sul mutuo della prima casa o assicurazioni sulla vita.

IRPEF: quando si paga?

Il contributo IRPEF va versato – a seconda dell’importo – in una o due rate annuali e un saldo. In pratica, ogni anno viene saldato l’anno precedente e versato un acconto per l’anno in corso:

  • Se la cifra è minore di 257,52 euro, è possibile effettuare un versamento in unica soluzione entro il 30 Novembre di ogni anno
  • Se la cifra supera i 257,52 euro, sarà invece spezzata in due rate, con il 40% da pagarsi entro il 30 giugno ed il resto entro il 30 Novembre.

Per chi rientra invece in regime forfettario o coloro che applicano gli ISA, sarà invece necessario versare due rate uguali che corrispondono al 50% dell’importo totale nelle stesse date.

Il versamento dell’imposta IRPEF è fatto tramite il modello F24 – definito unificato perché comprende tutte le somme dovute ai vari enti di contribuzione, e quindi ha la possibilità di compensare alcuni importi con eventuali crediti.

IRPEF: la polemica

Non si sono fatte attendere le polemiche sulla riforma dell’IRPEF, secondo le quali gli scaglioni andrebbero a favorire i redditi medio-alti – intorno ai 40.000 euro – lasciando scoperta la maggioranza dei lavoratori con redditi inferiori.

La riforma da 7 miliardi di euro andrà – secondo coloro che l’hanno criticata – ad avvantaggiare solo una parte dei lavoratori, stimata in 28 milioni su un totale di 43 milioni di contribuenti, mettendone in condizione di svantaggio circa 400.000.

Inoltre, sempre secondo l’analisi, il taglio una tantum dei contributi sui redditi da lavoro dipendente non avvantaggerà di molto la fascia di reddito tra i 28.000 ed i 30.000 euro, il cui risparmio complessivo sarà di circa 7 euro al mese.

Questo, rispetto ai redditi più alti, che grazie alla riforma andranno a risparmiarne invece quasi 1000 al mese su un reddito di 40.000 euro.

IRPEF: la lotta alla pressione fiscale

Gli 8 miliardi stanziati dalla Legge di Bilancio avranno l’obbiettivo di abbattere la pressione fiscale che grava non solo su imprese, dipendenti e pensionati, ma anche sui lavoratori autonomi.

È infatti risaputo che il settore del lavoro autonomo e professionale sta andando incontro ad una profondissima crisi. Solo nel periodo di pandemia, oltre 302.000 partite IVA hanno gettato la spugna, come evidenziato dal presidente di Confprofessioni Gaetano Stella.

“Si invoca l’equità orizzontale per garantire che a redditi uguali corrispondano debiti di imposta equivalenti”

A parità di reddito infatti – se prendiamo d’esempio la fascia dei 55.000 euro – il lavoratore dipendente è significativamente avvantaggiato rispetto al lavoratore autonomo.

Per questo motivo, la riforma dell’IRPEF non sarà l’unica ad essere implementata quest’anno: si uniranno anche l’aumento delle detrazioni, il potenziamento della no tax area e la riduzione dei contributi.

Questo tipo di manovre sono volte ad agevolare tutte le categorie di lavoratori in merito al carico fiscale, nonché i pensionati.

Tuttavia, sono già arrivate le prime delusioni per i lavoratori autonomi, che vengono spesso esclusi dagli interventi in materia fiscale, rivolti maggiormente ai lavoratori dipendenti. Ma il governo promette che le riduzioni arriveranno e si sentiranno.

I lavoratori autonomi più avvantaggiati saranno quelli nella fascia di reddito tra i 35.000 ed i 65.000 euro, che si stima risparmieranno:

  • 225 euro annui in fascia 35.000 fino a 40.000 euro
  • 692 euro annui in fascia 60.000 fino ai 65.000

Il che può non sembrare molto, ma può fare un po’ di differenza durante la stagione delle tasse.

Esclusi quindi i lavoratori autonomi nella fascia dai 20.000 ai 25.000 euro che, al netto dei conti, andranno a risparmiare solo 52 euro all’anno.

Questo dimostra che c’è ancora molta strada da fare per arrivare ad un’equità – o comunque ad un livello comparabile – di tassazione del lavoro autonomo rispetto a quello dipendente. 

IRPEF: l’Italia in ripresa nel 2022

Tutte le riforme adottate in materia di Legge di Bilancio sono complementari al PNRR – il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – che punta a ricostruire l’Italia dopo due anni di pandemia.

Comprensivo di tutta una serie di riforme a livello fiscale ma non solo, il PNRR è un fondo da 750 miliardi di euro che saranno investiti in radicali riforme per la ripresa del paese.

Dalla riforma della Pubblica Amministrazione a quella sulla Giustizia, le azioni nell’ambito del PNRR puntano a rendere l’Italia un paese di nuovo competitivo e moderno.

La previsione è di una crescita del 4,7% nel 2022, secondo un documento presentato dal Governo Italiano alla Commissione Europea.

Il documento prende anche in considerazione il rischio che una crescita troppo zelante può portare, ovvero l’inflazione, anche se la visione ottimistica è che il Recovery Plan potrà compensare.

Confrontando il disavanzo tendenziale previsto e il disavanzo pianificato, quest’ultimo è superiore di circa 23 miliardi di euro (o 1,3% del PIL). È interessante notare che il governo prevede che l’orientamento fiscale rimarrà espansivo fino a quando il PIL non raggiungerà il livello previsto prima dello scoppio della pandemia di Covid-19.

Poiché ciò non dovrebbe accadere fino al 2024, un’altra spinta fiscale è prevista nel 2023, quando le regole di bilancio europee (in qualsiasi forma) dovrebbero essere nuovamente applicate.

Il ritorno del rapporto debito/PIL su un trend decrescente si baserà quindi nel breve periodo su una maggiore crescita del PIL, derivante dall’effetto combinato degli investimenti e delle riforme previste dal Recovery Fund dell’UE e nel medio/lungo periodo anche su un’adeguata eccedenze primarie.