Innanzitutto un’informazione, lunedì pubblicherò il report di JP su quello che sta accadendo, a livello politico, negli Stati Uniti, so che molti di voi lo attendevano, quindi ho voluto subito dare questa notizia.
Oggi invece torno a parlare di una altro argomento che tuttavia vede sempre gli Stati Uniti protagonisti, ossia la situazione economica mondiale, in particolare un focus sulle prossime decisioni per quanto riguarda i tassi da parte delle principali Banche Centrali.
Ma senza dimenticare anche i conti pubblici visto che siamo in un anno molto particolare.
In questo 2024 infatti ben 72 Paesi al mondo vanno al voto. Alcune elezioni si sono già svolte, cito ad esempio quelle russe, sappiamo poi che quasi tutti gli Stati europei andranno al voto a giugno.
E poi ovviamente tutti gli occhi puntati sugli Stati Uniti.
Torniamo a noi. Negli Stati Uniti, dopo la fiammata inflazionistica del 2022 quando, nel 2023, i prezzi, certo han continuato a salire, ma in maniera molto più contenuta, questo aveva alimentato speranze che la Banca Centrale avrebbe abbassato i tassi ed in maniera anche abbastanza consistente.
Ricordiamo che una politica monetaria restrittiva, ossia tassi di interessi alti, rallenta se non addirittura frena l’economia, ovviamente, per converso, una politica monetaria espansiva, ossia tassi bassi invece stimola la crescita economica.
L’ottima performance che hanno avuto i mercati finanziari nel corso dello scorso anno rifletteva proprio queste attese, ossia la fine della politica monetaria restrittiva.
Anche perché negli anni più bui, a sostenere l’economia, è stata una politica fiscale espansiva, insomma l’Amministrazione Biden aveva enormemente allargato i cordoni della borsa, facendo arrivare il debito pubblico a livelli che definire stratosferici non è esagerato.
Quindi non si poteva continuare in quel modo, le attese per un ribasso dei tassi, tuttavia, giorno dopo giorno scemavano, perché?
Ufficialmente si è cominciato a parlare di un limite, il 3/3,5% sotto il quale l’inflazione non scendeva, personalmente ritenevo questo timore, ossia il timore dell’inflazione anche esagerato, attenzione, mi sbagliavo.
Ed ora cerco di spiegarmi.
Sì sappiamo tutti che l’obiettivo della Banca Centrale è per un tasso di inflazione intorno al 2%, meglio qualcosa in meno, ma insomma il 3/3,5% certo è un po’ più alto, ma non al punto di mantenere il tasso di riferimento al 5,5%.
Ricordiamo infatti che negli Stati Uniti il tasso di riferimento è di un punto superiore rispetto a quello dell’eurozona, il 5,5% rispetto al 4,5%, quindi attendersi perlomeno una riduzione del tasso di riferimento da parte della Fed di un punto percentuale, oltretutto in tempi ragionevoli, insomma avete capito, non ne vedevo i pericoli.
Eppure ricordate cosa aveva dichiarato più volte Jerome Powell, ossia il Presidente della Banca Centrale statunitense.
Aveva detto che occorreva scongiurare una nuova fiammata inflazionistica.
E ripeto, anch’io ho ritenuto che questa posizione assunta dalla Fed fosse eccessivamente prudenziale, finché …
Finché l’altro giorno mi sono fermato a riflettere, ed allora statemi bene ad ascoltare.
Forse perché la fiammata inflazionistica del 2022 è stata subito fermata dal più repentino rialzo dei tassi che sia mai avvenuto.
Ricordiamo che i tassi, negli Stati Uniti, sono passati da 0 al 5,50% dal marzo del 2022 al luglio del 2023, ossia in soli sedici mesi, si è passati dal minimo assoluto, non dico al massimo, tuttavia il 5,50% è un livello storicamente molto elevato.
Insomma forse perché abbiamo visto scendere l’inflazione in maniera abbastanza repentina, abbiamo un po’ tutti ritenuto che l’obiettivo era stato praticamente raggiunto, ma …
Abbiamo così sottovalutato che per vedere aumenti del prezzi, che in un certo momento sono arrivati a toccare la doppia cifra, dovevamo tornare alla grande inflazione degli anni ‘70 e’80 e quella inflazione, per chi c’era in quegli anni, insomma se la ricorda ancora.
Ed invece no, probabilmente molti di noi non la ricordano perché sapete cosa è successo in quegli anni?
Mi riferisco agli Stati Uniti.
Allora, dal ’71 al ’73 c’è stata una fiammata inflazionistica che ha portato i prezzi a salire fino al 12%, successivamente però, l’inflazione si è decisamente ridotta fino al ’75 quando tornò all’incirca al 5%.
Ed ecco che quando tutti pensavano che questo trend ribassiste dell’indice del prezzi al consumo continuasse la sua discesa, ecco invece che sorprendentemente tornò a salire, e partì una nuova fiammata inflazionistica ancor peggiore della prima.
Una fiammati inflazionistica che portò i prezzi a salire del 15%!!!
E solo da quel momento la corsa dei prezzi cominciò a diminuire ed in tre o quattro anni l’inflazione tornò su livelli normali.
Ecco allora che nessuno ricorda questo fatto ovvero la doppia ondata inflattiva con la seconda ancor peggiore della prima registratasi negli anni ’70 e ’80.
Ovviamente alla Fed lo ricordavano bene questo fatto che intendono scongiurare, ma se non riuscissero nell’intento?
Insomma Powell ha una fifa boia che riducendo i tassi la situazione possa ripetersi e se partisse una fiammata inflattiva ancor peggiore rispetto a quella che abbiamo subito recentemente cosa accadrebbe?
Semplice, non solo tassi non in discesa, ma addirittura in salita ed a quel punto, tassi a livelli elevatissimi e debiti pubblici fuori controllo … risultato … una recessione da paura.
Insomma non voglio essere pessimista, ma effettivamente il rischio c’è, ed è un rischio che riscontra anche la Fed che infatti per scongiurarlo continua a mantenere i tassi a questo livello, al 5,5%, che ripeto, è un livello storicamente molto elevato.
Un’ultima cosa, obiettivamente la situazione in Europa è migliore, ma anche noi non possiamo dichiararci immuni da un simile rischio.
Magari sarà meno probabile rispetto agli Stati Uniti, ma tuttavia non impossibile.
Immaginate cosa accadrebbe se l’inflazione dovesse tornare ben oltre la doppia cifra?
Meglio non pensarci.