Mario Draghi ha definitivamente cancellato il cashback. Con la Legge di Bilancio 2022 il Governo ha dato l’addio alla misura. A mettere nero su bianco la morte di questa iniziativa ci hanno pensato i commi da 637 a 644 dell’articolo unico della legge n. 234/2021, che contengono l’abrogazione di tutte le iniziative connesse con il cashback, ma anche tutte le disposizioni necessarie a riconoscere i rimborsi in denaro per quanti abbiano effettuato dei pagamenti attraverso bancomat, carte di credito e gli altri strumenti elettronici di pagamento.
Il Mef ha presentato una relazione tecnica nella quale viene precisato che sono stati decurtati 3 milioni di euro dallo stanziamento che originariamente era stato previsto per coprire questa norma. La somma sarà trattenuta sul fondo previsto dall’articolo 1, comma 290 della legge n. 160/2019, che dovrebbe essere utilizzato per coprire gli oneri e le spese di gestione, che saranno a carico di PagoPa e della Consap. Stando alla relazione, grazie a questa decisione si sarebbe determinato un risparmio di spesa pari 1.499,25 milioni di euro per l’anno in corso.
Cashback, i motivi di un addio!
Come molti ben ricorderanno, il cosiddetto progetto cashback aveva lo scopo di incentivare i pagamenti tramite il bancomat, la carta di credito e gli altri strumenti di pagamento digitale. In una relazione del 20 dicembre 2021, il Mef ha predisposto un’analisi completa e dettagliata dell’impatto del cashback sulla tax compliance. Lo scopo era quello di capire se quest’ultima fosse migliorata: l’analisi serviva, inoltre, ad orientare le mosse future del Governo nel tentativo di arginare l’evasione fiscale.
Il progetto cashback ha contribuito ad incentivare l’uso del bancomat, della carta di credito e degli altri strumenti di pagamento elettronici ed è riuscito a stimolare la digitalizzazione dell’Italia. Il problema, però, è che non sembra sia riuscito a conseguire dei risultati significativamente differenti in alcuni settori, che sono considerati a più alta propensione all’evasione fiscale. Proviamo a spiegare meglio: l’effetto del cashback si è sentito ed è stato positivo, perché ha fatto aumentare significativamente la digitalizzazione. Ma è anche vero che a seguito dello stop del cashback questa spinta ha continuato, nonostante il fatto che i consumatori non fossero più incentivati nell’uso del bancomat. Sostanzialmente gli interventi introdotti tramite il cashback sono sì, interamente orientati ad incoraggiare le transazioni tramite bancomat ed altri pagamenti elettronici, ma non hanno un’entità sufficiente a contrastare altri tipi di interessi, che potrebbero sorgere tra l’acquirente ed il venditore e quindi a ridurre l’evasione fiscale.
Cashback, un progetto troppo costoso!
Sostanzialmente incentivare i consumatori ad utilizzare il bancomat costa troppo. Il cashback ha avuto, senza dubbio, un impatto molto positivo, ma considerando i settori a maggiore intensità di evasione, il progetto risulta essere troppo costoso, ma soprattutto poco mirato alle transazioni nei settori dove maggiormente si rischia l’evasione fiscale. Volendo effettuare un’analisi approfondita dei costi e dei benefici, sembra possibile affermare che il progetto cashback non abbia fornito dei risultati che ne giustifichino la prosecuzione, nemmeno se lo si volesse considerare come strumento indiretto per ridurre l’evasione fiscale e stanare l’economia sommersa.
Sono due le ragioni che hanno portato a questa conclusione. La prima è che non è possibile stabilire una relazione chiara tra gli incentivi messi in campo per promuovere l’uso del bancomat e degli strumenti digitali di pagamento e la riduzione dell’evasione fiscale. La seconda è che il progetto cashback ha un costo pari a 4,75 miliardi di euro, che risulta essere superiore a quello che potenzialmente potrebbe essere recuperato con il gettito evaso. La conclusione, a questo punto, sembra abbastanza ovvia: il progetto cashback non costituisce lo strumento idoneo per riuscire a contrastare l’evasione fiscale da omessa fatturazione.
Già pronto il tappabuchi: il bonus bancomat!
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 giugno 2021 è quello che nel corso degli ultimi sei mesi è stato battezzato come bonus bancomat: la nuova strategia del Governo che punta a portare il pos in ogni punto vendita e a ridurne i costi di gestione. Questo decreto ha, infatti, introdotto un’importante novità: viene portata dal 30 al 100% il credito di imposta che viene riconosciuto agli esercenti per le commissioni che devono pagare nel caso in cui i clienti utilizzino bancomat, carta di credito è qualsiasi altro strumento digitale di pagamento.
Stiamo parlando di un vero e proprio bonus bancomat, ma questa volta rivolto a quanti siano titolari di una partita Iva e che effettuino la cessione di beni o servizi ai consumatori finali. Un bonus che arriva nel momento in cui si utilizzi un sistema di pagamento elettronico. Ma non basta: attraverso il decreto viene introdotto un ulteriore credito d’imposta per chi acquisti, noleggi od utilizzi degli strumenti che permettano di accettare il pagamento con il bancomat e tutti gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione. Il bonus per l’acquisto di Pos sarà disponibile purché tali strumenti si colleghino ai registratori di cassa. L’importo sarà parametrato in base ai ricavi e compensi del richiedente.