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Investire in rame: quotazione e target price

Come investire in rame? Il rame è una materia prima vissuta in subordinazione ad oro, argento e bronzo. Il rame è un metallo che ha un buon mercato: ha elevate doti di conduzione di corrente elettrica ed è molto utilizzato in vari settori. L'”oro rosso” ha triplicato il suo valore in 4 anni, ecco perché potrebbe essere interessante investire in rame.

Investire in rame: cos’è

Il rame è un minerale non ferroso marrone rossastro che è stato utilizzato per migliaia di anni. Il metallo è strettamente correlato con l’argento e l’oro. La domanda per il rame rimane elevata, specialmente nelle nazioni industrializzate. Molti consumatori interagiscono con il metallo in varie forme su base giornaliera. Il metallo è altamente duttile, il che significa che può essere facilmente lavorato. Il nome del metallo deriva da Kyprios, il nome greco antico di Cipro, un’isola che vantava miniere di rame altamente produttive nel mondo. Il suo numero atomico è 29, collocandolo tra i metalli di transizione. Il metallo è altamente conduttivo sia di elettricità che di calore e molti dei suoi usi sfruttano questa qualità. Allo stato naturale, il rame si trova raramente puro. È composto da altri elementi e il materiale deve essere trattato prima di poter essere venduto. La maggior parte del rame prodotto nel mondo è utilizzato dalle industrie elettriche; la maggior parte è combinato con altri metalli per formare leghe. Importanti serie di leghe in cui il rame è il principale costituente sono gli ottoni (rame e zinco), gli argenti di nichel (rame, zinco e nichel, senza argento) e i bronzi (rame e stagno).

Investire in rame: come investire

È possibile investire in rame come bene fisico (lingotti, monete e barre). Su Ebay è possibile acquistare una moneta di rame da 2 cent di euro al prezzo esorbitante di 2.200.000 euro. La moneta si trova a Bonn, in Germania e viene spedita in tutta l’Unione Europea. Altro interessante investimento è acquistare bacchette di rame di lunghezza e diametro differente. Le bacchette di rame si trovano in Cina e vengono spedite in tutto il mondo. Il loro prezzo è di 7,36 euro. Altro interessante acquisto sono i lingotti di Rame 5000 G Im 5er Set: la barra di rame da 5000 g in un set da 5 pezzi, che è un’opzione ideale da aggiungere a qualsiasi portafoglio di metalli preziosi! Il prezzo di acquisto è pari a 999,65 euro. I prezzi del rame sono raddoppiati dal minimo della pandemia, da meno di $ 5.000 a quasi $ 10.000 per tonnellata. Si prevede che la domanda futura supererà l’offerta. i sono diversi fondi che investono in titoli minerari di rame: GlobalX Copper Miners ETF (COPX), United States Copper Index Fund (CPER), iPath Bloomberg Copper Subindex Total Return ETN (JJC).

Investire in rame: quali sono le quotazioni e le previsioni sul suo trend?

LME copper contract è il secondo più grande contratto negoziato sul LME (London Metal Exchange). I prezzi del rame sono molto importanti per molte aziende. Si prevede che il prezzo medio annuo del rame scenderà del 6% su base annua a $ 8.800 per tonnellata. La domanda globale di rame langue con il rallentamento del settore edile e delle costruzioni in Cina. La società canadese Ivanhoe Mines ha annunciato di voler aumentare la produzione da 106K tonnellate nel 2021 a 340K tonnellate nel 2022. Il secondo più grande paese importatore di rame è la Germania che importa quattro volte meno della Cina. L’enorme industria delle costruzioni e le linee ad alta tensione della Cina necessitano di molto più rame di quanto possa produrre localmente, rendendo il paese un enorme importatore di rame a livello globale. Quali sono i fattori che influenzeranno il target price del rame? I fattori che influenzano il rame sono: la ripresa rapida in Cina, le carenze di approvvigionamento ed il dollaro USA debole. Sul fronte tecnico, i tori stanno dominando la domanda di rame. Attualmente, il rame è scambiato al livello di $ 4,13 e l’indicatore tecnico principale, il MACD (Moving average convergence divergence), sta mostrando una tendenza rialzista nel rame.

 

Investire in titanio: ecco le migliori azioni da acquistare

Oltre al cobalto, al ferro, allo stagno, al rame, tra i metalli su cui investire c’è il titanio, che possiede ottime proprietà dal punto di vista ingegneristico. Il titanio è un metallo refrattario resistente e leggero. Le leghe di titanio sono fondamentali per l’industria aerospaziale, mentre vengono utilizzate anche in hardware medico, chimico e militare e attrezzature sportive. Il titanio è in grado di sostenere temperature estreme e risulta immune all’attacco corrosivo dell’acqua salata.

Titanio: quali sono le caratteristiche?

Le leghe contenenti titanio sono note per la loro elevata resistenza, il peso ridotto e l’eccezionale resistenza alla corrosione. Nonostante sia forte come l’acciaio, il titanio è il 40% più leggero. Infatti, il titanio è un metallo strutturale essenziale per gli ingegneri aerospaziali. Il titanio ha un basso modulo di elasticità: ciò significa che è molto flessibile. Il titanio è resistente alla corrosione sia da parte dell’acqua che dei mezzi chimici. Questa resistenza è dovuta alla presenza di un sottile strato di biossido di titanio (TiO2) che si forma sulla sua superficie. Il titanio è amagnetico e biocompatibile, è non tossico ed anallergico.

Titanio: la storia

Il titanio è stato isolato come metallo dal chimico americano Matthew Hunter: di qui il famoso processo Hunter. Successivamente, William Justin Kroll ha dimostrato che il titanio poteva anche essere ridotto dal cloruro usando il magnesio nel 1930. Il processo Kroll è il metodo di produzione commerciale più utilizzato fino ad oggi. A partire dagli anni Sessanta le leghe di titanio iniziarono ad essere utilizzate dai produttori di aerei commerciali. Il medico svedese Per-Ingvar Branemark ha dimostrato che il titanio non innesca alcuna risposta immunitaria negativa negli esseri umani.

Investire in titanio: gli utilizzi

Il titanio viene utilizzato in gioielli, protesi, racchette da tennis, forbici, telai per biciclette, strumenti chirurgici, telefoni cellulari e altri prodotti ad alte prestazioni. Il titanio si combina con ferro, alluminio, vanadio, nichel, molibdeno e altri metalli per produrre leghe ad alte prestazioni. L’uso più comune del titanio è quello di agente sbiancante, illuminante e opacizzante. Le vernici bianche di alta qualità contengono quantità significative di biossido di titanio. Il titanio può essere utilizzato negli impianti di desalinizzazione. Il metallo viene utilizzato per componenti che devono essere esposti all’acqua di mare. Inoltre, l’ossido di titanio viene utilizzato in alcuni cosmetici.

Investire in titanio: 5 migliori azioni da acquistare

È possibile investire in azioni di titanio acquistando quote di società quotate in Borsa.

Allegheny Technologies Inc.

Allegheny Technologies Inc. è una società di metalli speciali con sede a Six PPG Place a Pittsburgh, Pennsylvania. L’azienda organizza la sua produzione in due segmenti:

  • Advanced Alloys & Solutions, che comprende leghe a base di zirconio, leghe di titanio e titanio, leghe a base di nichel, afnio e niobio, leghe speciali,
  • High Performance Materials & Components, che comprende leghe a base di titanio, leghe a base di nichel, zirconio e afnio.

La capitalizzazione è pari a 1,8 miliardi di $.

Arconic Corporation

Arconic Corporation è una società industriale americana specializzata nell’ingegneria e produzione di metalli leggeri. La capitalizzazione di mercato è pari a 12 miliardi di $.

Chemours Co.

Chemours Co. è una società chimica americana fondata nel luglio 2015 come spin-off di DuPont. Ha sede a Wilmington, Delaware, Stati Uniti. Chemours produce e vende prodotti chimici ad alte prestazioni che rientrano in tre segmenti: Titanium Technologies (biossido di titanio); Fluoroprodotti e soluzioni chimiche (cianuro, acido solforico, anilina). La capitalizzazione di mercato è pari a 7,4 miliardi di euro.

Huntsman Corporation

Huntsman Corporation è una multinazionale americana produttrice e distributrice di prodotti chimici per consumatori e clienti industriali. Huntsman produce poliuretani assortiti, prodotti ad alte prestazioni e adesivi per clienti come BMW, Chevron, Unilever, Procter & Gamble e Walkaroo. La capitalizzazione di mercato è pari a $5.6 miliardi.

Kronos Worldwide, Inc.

Kronos Worldwide, Inc. produce e commercializza pigmenti di biossido di titanio (TiO2) in Europa, America Settentrionale, Asia Pacifico e a livello internazionale. L’azienda produce TiO2 in due forme cristalline, rutilo e anatasi per conferire bianchezza, luminosità, opacità e durata. La società è stata fondata nel 1916 e ha sede a Dallas, in Texas.

Trend prezzo titanio

Nella prima metà del 2021, i prezzi del titanio e dei suoi derivati sono aumentati in risposta all’aumento della domanda e al calo dell’estrazione del titanio, nonché alla riduzione delle scorte di rasatura del titanio. Il potenziale utilizzo dei derivati del titanio stimolerà un’espansione del mercato. La domanda di titanio manterrà i prezzi elevati nel breve periodo.

Ancora BUY per Eni? Il 2022 potrebbe stupire gli investitori

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Eni è una grande multinazionale, leader nel settore energetico, in particolare il gas, fratello minore del petrolio e vittima di oscillazioni e volatilità a volte eccessiva e preoccupante.

Non è un segreto che l’azienda italiana abbia dovuto fronteggiare una crisi di grossa portata a cavallo tra il 2019 e il 2020, con il suo valore in Borsa che ha visto un crollo esagerato capace di far tremare le sue stesse fondamenta.

Le azioni Eni sono state quotate nel 2003 e il prezzo non è mai sceso così tanto come nel 2020, arrivando a perdere più del 50% del suo valore dal suo ingresso nel mercato finanziario.

In una vecchia notizia di Borsainside si legge come quel periodo sia stato difficile per la società e come per questi anni a venire si sia dovuta rivedere la politica dei dividendi e delle cedole a favore degli azionisti:

“La remunerazione degli azionisti nei prossimi anni è stata rivista al ribasso a causa del mutato scenario internazionale. Con un prezzo del petrolio lontano dai livelli di alcuni fa a causa della crisi di domanda a sua volta causata dal coronavirus…”

Tuttavia, anche quando sembrava arrivare la fine per il colosso del gas, il 2021 ha cominciato a sorridere e ha lanciato le azioni Eni in un rally che sembrava non avere mai fine, accompagnando l’anno con una risalita che gli ha fatto recuperare gran parte di ciò che aveva perso.

Il 2021 infatti si è chiuso in verde, con un rialzo di circa il 45%, davvero un’ottima ripresa!

Dal punto di vista soprattutto azionario, la crescita è stata conclusa e incentivata da un ingente acquisto di azioni dalla stessa Eni, che ha concluso l’anno comprando moltissime azioni proprie anche nell’ultimo quadrimestre cioè a settembre, ottobre, novembre e dicembre 2021.

Eni ha concluso un programma già cominciato nel 2017 con l’acquisto di 32.892.554 azioni proprie e come scrive Teleborsa ha finalmente concluso un vecchio programma:

“A seguito degli acquisti effettuati fino al 10 dicembre 2021, considerando le azioni proprie già in portafoglio e l’assegnazione gratuita di azioni ordinarie a dirigenti Eni, a seguito della conclusione del Periodo di Vesting come previsto dal “Piano di incentivazione di lungo termine 2017-2019″ approvato dall’Assemblea del 13 aprile 2017, Eni detiene 64.623.856 azioni proprie pari all’1,79% del capitale sociale.”

Nel 2022 ci si aspetta un forte vigore da parte delle azioni Eni, ma alcuni non sono certi di questo entusiasmo a causa della paura che la variante Omicron ha risvegliato in un mercato che ha sofferto già molto, ma che sembrava pronto a riprendersi.

Azioni Eni in pericolo per Omicron?

Non serve ricordare alla gente che la pandemia e i lockdown diffusi nel mondo hanno portato ad un crollo dei distributori di gas e petrolio, creando forti trend ribassisti per i titoli energetici in modo repentino.

La paura dilagante di nuove chiusure porta a manifestazioni in Germania e possibili proroghe del lockdown in atto nei Paesi Bassi, con restrizioni attivate in Italia e timore in Spagna, Francia e Regno Unito.

Anche in America non si scherza, con il Virginia sotto pressione, ospedali stracolmi e New York che ormai ha raggiunto il picco dei contagi da giorni.

In Asia, invece, abbiamo India e Arabia Saudita in testa, con il Giappone che impone nuove restrizioni agli ingressi.

Questo spinge gli investitori a prendere in considerazione un possibile parallelismo tra il 2022 e il passato 2020, con una preoccupazione che nessuno riesce a lasciarsi alle spalle e che pone dei limiti all’ascesa delle azioni di Eni, oltre che alla ripresa di molti altri settori.

Tuttavia sembra che Eni non sia d’accordo e cerca di farlo capire agli speculatori.

Azioni Eni inarrestabili

Durante gli ultimi giorni non ci sono stati fattori tecnici che hanno trasmesso insicurezza agli investitori, anzi.

Investorsobserver, famoso sito di analisi sui mercati finanziari, si esprime sulla valutazione delle performance del titolo italiano secondo i suoi criteri che vedono la media del settore con performance medie di 49 su 100:

“Eni Spa (E) è leader nel settore Oil & Gas Integrated con un punteggio complessivo di 81.”

Quindi uno stacco non indifferente che spinge ad un forte BUY riguardo le azioni Eni.

Il timore infatti è solo radicato nella mente della gente per via dei periodi difficili che abbiamo dovuto affrontare e che le multinazionali hanno dovuto gestire con impegno e risolutezza.

Nel grafico annuale possiamo osservare come le azioni Eni abbiano guadagnato il 44,24% mentre nell’ultimo mese il rialzo è stato del 7,14%, quindi leggermente al di sopra della crescita media mensile registrata nel 2021.

Questo fa ben sperare a tutti coloro che hanno avuto dubbi su un ulteriore possibile crollo in Borsa della leader italiana perché di sicuro il trend è sostenuto e non occasionale. Insomma si può avere fiducia.

Ultime news riguardo Eni Spa

In ambito “vecchi ordinamenti”, Eni ha ottenuto il permesso in territorio egiziano per l’acquisizione ed esplorazione di bacini capaci di generare combustibile liquido e gassoso in linea con le direttive internazionali.

La notizia riportata pochi giorni fa da Ansamed era questa:

“L’Eni si è aggiudicata dal Ministero del Petrolio egiziano cinque nuove licenze esplorative, di cui quattro in qualità di Operatore, nell’offshore e onshore egiziano, dopo la positiva partecipazione al bando “Egypt International Bid Round for Petroleum Exploration and Exploitation” 2021 precedentemente annunciato dalla Egyptian General Petroleum Corporation e dalla Egyptian Natural Gas Holding Company attraverso l’Egypt Exploration and Production Gateway.”

Inoltre anche Eni si sta impegnando molto nella transizione energetica a cui partecipano tante altre multinazionali, anche nostrane come Enel, e il suo impegno si sta palesando con l’acquisizione di alcune società già impegnate da anni nella lotta al cambiamento e che mirano a rivoluzionare il settore energia.

Sfida sposata da Eni gas e luce con l’acquisizione dell’azienda fotovoltaica greca Solar Konzept Greece e l’aumento della partecipazione con Tate, azienda tech impegnata nella vendita online di elettricità e gas, dal 20% al 36% mirando così ad un progresso più rapido.

Inoltre in ottica “innovazione e sostenibilità” Eni gas e luce, azienda di distribuzione controllata e gestita da Eni Spa, cambierà nome e logo a marzo 2022, chiamandosi Plenitude.

Sul sito Eni gas e luce possiamo leggere:

“Eni gas e luce diventa Plenitude: un nome che accoglie la nostra storia e, al tempo stesso, rappresenta la pienezza di una visione globale e della nostra energia che continua a rigenerarsi.”

Tanti cambiamenti all’orizzonte per una società in continuo mutamento che fanno balzare le azioni Eni all’ordine del giorno tra le società che potrebbero incuriosire gli investitori.

Quali sono i target delle azioni Eni?

Nel momento in cui stiamo scrivendo, il valore delle azioni Eni oscilla intorno ai 13 euro.

La volatilità del titolo è stabile, con volumi in aumento che testimoniano interesse da parte degli speculatori scesi in campo in modo sempre crescente dall’inizio dell’anno.

La curva rialzista non si piega e, dopo aver testato il supporto tra 12,81 e 12,96, ci possiamo aspettare un breve ritracciamento che potrebbe spingere il titolo oltre i 14 euro nel breve periodo.

Questa stima non è affatto improbabile, ma di sicuro, una volta raggiunta, l’asset si potrebbe scontrare con un vecchio supporto rotto tempo fa e che si potrebbe dimostrare molto difficile da superare come nuova resistenza.

Nonostante questo, su Investiresulweb si è ancora più ottimisti sul lungo periodo:

“Le azioni ENI nel 2022 potranno beneficiare del prezzo del petrolio, che secondo noi d’investiresulweb potrà mantenersi sopra della soglia dei 70 dollari al barile. Alziamo il target di conseguenza sul titolo Eni a buy, il nostro prezzo obiettivo è 15 EUR.”

Insomma un panorama positivo che dovrebbe convincere i più ostici a dare fiducia al titolo, ma forse qualcuna ha ancora da ridire.

I nuovi investimenti discutibili di Eni

La gente spesso non lo sa e non potrebbe saperlo, ma le spese militari, circa il 64%, sono dovute alla protezione dell’approvviggionamento energetico di cui ovviamente Eni è diretto responsabile.

Molti non vedono di buon occhio l’azienda proprio a causa dell’interesse governativo negli affari esteri della multinazionale che vanno a discapito della protezione dei cittadini e dell’ambiente.

In un periodo come il nostro, anche notizie apparentemente “fuori tema” possono influire negativamente sul bilancio aziendale e le azioni Eni non fanno differenza, a causa delle contraddizioni di cui molti l’accusano.

Un esempio? L’ultimo è quello rappresentato dal Mozambico dove un progetto chiamato Coral FLNG prevede l’installazione di un’enorme piattaforma per l’estrazione di gas naturale a largo delle coste del Paese.

Nonostante le rassicurazioni di Eni, però, sappiamo che lo Stato africano beneficerà poco o niente dell’iniziativa importante e con tutti i problemi che affrontando, molta gente dubita della legittimità morale di queste azioni. Greenport sottolinea in proposito:

“Mentre la popolazione del nord del Mozambico dovrà ancora vedersela con cicloni mai visti causati dal riscaldamento globale a sua volta causato dai gas serra della combustione degli idrocarburi e con la guerriglia islamista che punta a mettere le mani sulle risorse di petrolio e gas, a trarre vantaggio dal progetto Coral Sul FLNG saranno sicuramente grandi imprese straniere.”

Azioni Eni non sembrano frenare

A malincuore dobbiamo ammettere che la finanza difficilmente si preoccupa del sociale e, quando lo fa, spesso ne vuole ottenere giovamento.

Ponendoci dal punto di vista strettamente finanziario infatti, le azioni Eni non si lasceranno gelare dalle critiche o dagli scettici che ormai sono rimasti in pochi.

Oggi possiamo dire che gli analisti privati, forum di esperti, fondi gestione e vecchi azionisti sono convinti della forza del colosso italiano e che le poche diatribe in materia sociale o politica poco potranno frenarne l’ascesa.

Tutti siamo pronti ad affrontare il 2022 come un anno di ripresa e progresso, con le azioni Eni pronte a dare ciò che spetta a chi ha saputo dare fiducia alla multinazionale del Bel Paese.

Insomma: Eni è BUY.

Ultimissime su fondo perduto 100.000 euro: chi può averlo ora?

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La situazione epidemiologica conseguente all’aumento e alla diffusione dei contagi da Coronavirus ha purtroppo, come tutti ormai sanno, messo a dura prova non soltanto i lavoratori con contratti da dipendenti, ma anche numerose imprese e aziende italiane.

Per questo motivo, anche per l’anno 2022 la squadra del Governo italiano attualmente capitanata dal Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, ha deciso di proporre anche per il nuovo anno in corso dei nuovi aiuti e delle nuove risorse predisposte nei confronti di quelle imprese e quelle aziende italiane che sono state messe in difficoltà a causa della situazione epidemiologica. 

A questo proposito, stiamo parlando soprattutto dell’approvazione di nuove risorse economiche, dal valore di circa 10 milioni di euro, che sono state stanziate proprio con l’obiettivo di sostenere tali categorie di imprese. 

Si tratta, nello specifico, di contributi economici che si presenteranno sotto forma di contributi a fondo perduto, ovvero di benefici che saranno riconosciuti nei confronti di coloro che dimostreranno di essere in possesso di determinate condizioni, senza l’obbligo da parte dell’azienda di provvedere a rimborsi o restituzione della somma percepita.

In questo contesto, dunque, in attesa di comprendere effettivamente quali saranno tutte le disposizioni governative al fine di presentare la domanda per poter ottenere ed usufruire del nuovo contributo a fondo perduto dal valore massimo di 100.000 euro, è possibile attualmente riprendere già alcune indicazioni legate al Decreto Sostegni bis, attraverso cui era stato previsto lo stanziamento dei fondi per le imprese.

Per tale motivazione, all’interno del seguente articolo, saranno quindi ripresi tutti gli approfondimenti in relazione alle caratteristiche nonché gli aspetti peculiari del nuovo contributo a fondo perduto per le imprese dal valore di 100.000 euro.

In tal senso, nei prossimi paragrafi, saranno anche riproposte tutte le condizioni ed i requisiti richiesti per poter accedere a tale contributo economico.

Nuovo fondo perduto 2022: le novità sui contributi da 100.000€ per le imprese

L’approvazione e l’introduzione di nuovi contributi a fondo perduto predestinati nei confronti delle imprese e delle aziende italiane colpite dalla crisi economica, non rappresenta affatto una vera e propria novità per la popolazione nazionale. 

In effetti, già in seguito alla pubblicazione del decreto-legge numero 73 del 25 maggio 2021, successivamente convertito con modificazioni dalla legge numero 106 del 23 luglio 2021, la squadra dell’esecutivo italiano con alla guida l’ex banchiere di Banca Centrale Europea, aveva provveduto allo stanziamento di nuovi fondi destinati alle imprese italiane.

Tuttavia, nonostante la destinazione di ben 10 milioni di euro di risorse che erano state appunto approvate con il nuovo Decreto Sostegni bis dello scorso 2021, per poter effettivamente ottenere i contributi a fondo perduto da 100.000 euro, le imprese hanno dovuto comunque attendere il decreto attuativo congiunto.

È, infatti, soltanto con il nuovo decreto approvato in seguito al lavoro e alla collaborazione interministeriale tra il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che è stato firmato il nuovo provvedimento attuativo lo scorso 30 dicembre 2021, per poi procedere alla sua trasmissione per ottenere la registrazione della Corte dei Conti.

Chi può avere il fondo perduto da 100.000€ nel 2022

Dunque, occorre fare riferimento proprio ai requisiti e alle condizioni di accesso che sono stati ampiamente chiariti all’interno del decreto attuativo approvato da parte dei ministeri dell’Economia e delle Finanze e dello Sviluppo Economico, per poter comprendere quali sono effettivamente le aziende e le imprese italiane che potranno accedere ai nuovi contributi a fondo perduto di 100.000 euro.

È necessario precisare, prima di tutto, che potranno avere diritto al contributo a fondo perduto questa volta soltanto delle imprese conciarie che hanno intenzione di mettere in atto dei progetti dal valore comprensivo tra i 50 mila ed i 500 mila euro, volti a garantire una maggiore sostenibilità ambientale.

Nello specifico, gli obiettivi di tali progetti dovranno essere finalizzati a specifici scopi considerati fondamentali per il sostegno e la tutela dell’ambiente.

A titolo esemplificativo, potrebbero rientrare delle attività dell’impresa l’introduzione di un innovazione non solo dal punto di vista del prodotto ma anche del processo produttivo.

Inoltre, tra i punti essenziali di cui dovranno essere caratterizzati i progetti dell’impresa conciaria che intende ottenere il contributo a fondo perduto vi è anche la minimizzazione degli impatti sull’ambiente, cercando quindi di orientare la produzione aziendale verso i principali di economia circolare oltre che di ecosostenibilità 

Infine, potranno accedere al fondo perduto anche quelle imprese che presentano dei progetti, il cui obiettivo è quello di ottenere la creazione oppure il consolidamento effettivo degli strumenti e delle tecnologie che consentono la condivisione e l’integrazione di varie attività, competenze e conoscenze.

I nuovi requisiti per il fondo perduto 2022 fino a 100 mila euro

Nello specifico, il contributo fondo perduto 2022 è indirizzato nei confronti di specifici soggetti che rappresentano appunto la figura di beneficiari del sostegno economico, che dovranno effettivamente dimostrare di essere in possesso di alcuni requisiti essenziali, al momento in cui presenteranno l’istanza.

In particolare, le imprese dovranno essere in regola con la costituzione, iscrizione ed attivazione all’interno del Registro delle imprese, oltre che avere anche una sede legaleoperativa all’interno del contesto nazionale, e non dovranno aver beneficiato di alcuni contributo espressamente indicato dall’articolo 1, commi 157 e 158 in riferimento alla legge numero 178 del 30 dicembre 2020.

Inoltre, tali soggetti richiedenti dovranno essere anche pienamente liberi nell’esercizio dei propri diritti, dunque assolutamente non coinvolti da procedure concorsuali con finalità liquidatore oppure eventuali procedure legate alla liquidazione di tipo volontario.

Le condizioni obbligatorie per ottenere il contributo a fondo perduto nel 2022

Una volta chiarite in linea generale le caratteristiche e le peculiarità dei soggetti a cui risulta essere destinato questo nuovo contributo a fondo perduto dal valore massimo di 100 mila euro, è necessario anche identificare una serie di ulteriori condizioni, le quali rientrano anch’esse tra i requisiti obbligatori per l’accesso al sostegno.

A questo proposito, tra i punti essenziali vi è la questione legata alla difficoltà economica dell’impresa richiedente il fondo perduto. In tal senso, infatti, il decreto attuativo stabilisce che il contributo economico potrà essere erogato nei confronti delle aziende che non erano in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019. 

Tuttavia, un’eccezione a tale requisito potrebbe essere applicata nei casi delle piccole imprese oppure delle microimprese, esclusivamente nei casi in cui queste non hanno ricevuto già dei sostegni volti al loro aiuto.

Inoltre, è stato anche precisato che i beneficiari del fondo perduto non dovranno aver ricevuto e successivamente depositato oppure non rimborsato degli aiuti considerati incompatibili oppure illegali da parte della stessa Commissione Europea; oppure aver restituito delle somme a seguito di revoche del Ministero.

Infine, un ultimo ma fondamentale requisito per poter accedere al contributo a fondo perduto da 100.000 euro riguarda l’essere necessariamente in regola con tutti gli obblighi contributivi a carico dell’impresa.

Quali sono le spese ammesse per il fondo perduto da 100.000€?

Per quanto riguarda le spese che potranno essere ammesse in riferimento all’erogazione dei contributi a fondo perduto, occorre evidenziare che tali agevolazioni rappresenteranno il 50 per cento delle spese considerate ammissibili.

Per questo motivo, è essenziale accertarsi prima di procedere all’acquisto di prodotti e immobili, che questi rispettano effettivamente tutte le condizioni che sono state prestabilite all’interno del decreto attuativo recentemente approvato da parte dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze nonché dello Sviluppo Economico. 

In questo contesto, quindi, a titolo riepilogativo, occorre precisare che rientrano effettivamente all’interno della lista delle spese considerate ammissibili i seguenti prodotti o servizi: macchinari, impianti e attrezzature nuovi; licenze software e programmi di tipo informativo; beni immobili per strumenti di condivisione e integrazione (solo il 30% degli investimenti); formazione del personale; attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale (fino al 30% degli investimenti).

Mentre, un’ulteriore precisazione riguarda l’importo legato alle esigenze di capitale circolante, il quale è ammissibile all’interno del contributo a fondo perduto, ma soltanto per una percentuale minore del 20 per cento. 

Come presentare la domanda per accedere al fondo perduto 100.000€

Per tutte quelle imprese conciarie che risultano essere effettivamente intenzionate a presentare la domanda per poter accedere finalmente ai contributi a fondo perduto dal valore massimo di 100.000 euro approvati dal Decreto Sostegni bis, dovranno necessariamente seguite l’apposita procedura prevista da parte dell’Invitalia

Tuttavia, al momento bisognerà ancora attendere le indicazioni precise che dovranno essere fornite dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. 

Ciò che è sicuro, però, è che le imprese aspiranti beneficiarie dovranno sicuramente fornire un’ampia documentazione volta ad attestare non soltanto il profilo e la situazione dell’impresa conciaria richiedente, ma anche una descrizione legata all’iniziativa e al progetto proposto, unitamente agli obiettivi a lungo termine che si intendono portare avanti.

Infine, occorre anche che l’aspirante beneficiario provveda a fornire una descrizione legata alle spese del progetto, con relative funzionalità e costi per ciascun prodotto, bene o servizio, che si intende acquistare.

La TARI del 2022: tutto quello che devi sapere!

Se soltanto al sentir nominare la parola TARI vorresti fuggire via, non temere perché le imposte da pagare non piacciono a nessuno. E’ normale sentirsi un po’ persi quando entrano in gioco i consueti pagamenti ai quali dobbiamo rispondere per adempiere ai nostri doveri di contribuenti.

Le novità in corso però generano delle innovazioni importanti, le quali devono essere prese in considerazione in maniera approfondita, anche perché il Governo Draghi le sta tentando tutte per disciplinare al meglio le condizioni economiche del nostro Paese.

Ancora alle prese con la pandemia di coronavirus, ecco il vademecum aggiornato per conoscere tutte le informazioni più importanti inerenti la tassa, con l’aggiunta degli aggiornamenti delle scadenze per il 2022.

Cos’è la TARI?

Innanzitutto, bisogna evidenziare che si tratta di una tassa che fa riferimento all’attività di raccolta dei rifiuti, quindi alla base dell’imposta c’è un legame diretto tra la gestione del servizio e il pagamento stesso. La materia è in parte complicata dal fatto che sono le disposizioni locali di ogni singolo territorio che definiscono le caratteristiche più importanti inerenti la TARI.

Quindi, proprio per queste iniziali caratteristiche bisogna rivedere ed esplicare le modalità di pagamento previste per il 2022, per partire in maniera più consapevole rispetto quello che accadrà nel corso di quest’anno.

Questo però non significa che qualsiasi area regionale possa agire come meglio crede cambiando di continuo il regime che determina la disciplina. Non è affatto così, perché i criteri e i parametri da rispettare sono sempre predisposti in maniera Nazionale. Di conseguenza, c’è la normativa di riferimento pronta a soddisfare parte dei quesiti inerenti la tassa.

Come è stata introdotta? Tutto accadde nel lontano 2014, quando la Legge di stabilità ha unito le imposte inerenti l’ambito dei rifiuti. Appunto, basta ricordare: la tariffa di igiene ambientale, abbreviata TIA, oppure la tassa che indica lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la cosiddetta TARSU, ed infine il tributo sui servizi destinati alla gestione dei rifiuti, la TARES.

La ratio che disciplina l’imposta risiede nel presupposto di avere in proprietà delle aree che sono destinate all’uso o alla produzione di rifiuti solidi urbani, condizione che genera il costo sostenuto dalle amministrazioni dei singoli comuni attraverso il proprio personale, nello svolgere attività di raccolta e smaltimento. La tassa serve per pagare questi servizi fondamentali per la società in cui viviamo. 

Le disposizioni essenziali implicano che il soggetto deve dichiarare di possedere un immobile con le caratteristiche richieste dal Comune nello specifico. Soltanto in questo modo, con la raccolta dei dati, e con il loro successivo aggiornamento, è possibile tenere sotto controllo la situazione che riguarda l’attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti. Perché è così importante?

Prima di andare avanti in questa guida e analizzare punto per punto la tematica, bisogna capire che gestire una questione come quella dei rifiuti significa dare valore ad uno dei servizi più importanti. Il mondo è al collasso a causa di questa pandemia di coronavirus, ma prima del virus non dobbiamo dimenticare che c’è stato, e c’è tutt’ora, un livello di inquinamento dovuto anche ai rifiuti che danneggia il pianeta che ci ospita.

Di conseguenza, finanziare servizi così importanti, significa prendere sul serio ed agire a favore della salvaguardia de nostro ambiente.

Calcolo TARI: ecco come

Continuando sulla scia di questo discorso, se poi siamo in grado di contribuire anche noi a livello personale alla salvaguardia della natura, è tanto di guadagnato. Anche perché il calcolo della TARI dipende da quanta immondizia viene prodotta. Infatti, bisogna delineare i due metodi che servono per calcolare l’importo della tassa da pagare.

Il primo si chiama “normalizzato”, ed implica il saldo di una quota stabilita in maniera fissa, cioè è legata dal numero dei membri che vivono in casa, ma anche una quota variabile determinata dalla superficie in metri quadrati. Questa è la modalità che vige nella maggior parte dei Comuni italiani, ma non è la sola.

Infatti, la seconda viene definita “corrispettiva”, data dalla quantità concreta dei rifiuti realizzati. Ma bisogna approfondire gli elementi della questione, dato che con le nuove decisioni presto l’ordine delle cose si evolverà.

Perché la nuova regola sarà quella caratterizzata dal metodo tariffario nazionale di tipo unico, basandosi sull’effettiva immondizia prodotta, ma in relazione a calcoli e conteggi stabiliti dalle disposizioni comunali. In questo caso, entrano in gioco i due aspetti delineati nella seguente strategia.

La disciplina è studiata tenendo conto della quota fissa, data dal numero di metri quadri insieme alle pertinenze e a quanti vivono in quel nucleo familiare, e dalla cosiddetta somma variabile che appunto è definita da ogni singolo Comune in relazione a un quantitativo minimo di rifiuti oppure in base a quello residuo conferito. Tutto questo se si tratta di residenti, e chi non è residente?

Bisogna tenere conto di ogni singolo soggetto al quale corrisponde un certo e stabilito valore di metri quadrati. Se si tratta di una persona per le case fino a 45 mq, se sono 2 fino a 60 mq, ed infine se si sale a 3 o 4, i metri quadrati da considerare rispettivamente sono 75 circa 76.

TARI: calendario scadenze 2022

Già dall’inizio del 2021, oltre che al condizionamento dato dall’incubo della pandemia perenne, la materia aveva visto delle modifiche. Infatti, la definizione di rifiuto urbano si modifica, perché è eliminata l’etichetta di rifiuti speciali, in quanto vengono assimilati a quelli definiti urbani.

Così, ancora una volta i Comuni hanno dovuto stravolgere e riadattare le proprie disposizioni, e hanno agito sulle diminuzioni definite dalla Legge n. 147 del 2013 sempre sulla quota variabile.

Con la modifica accade che il soggetto non domestico deve decidere se usufruire di un servizio privato o di uno pubblico per un arco di tempo distribuito su 5 anni. Ma ancora le cose sono state cambiate dal Disegno di Legge approvato dal Governo Draghi a novembre e che attualmente in esame al Parlamento, dovrebbe far diminuire a 2 anni proprio a partire dall’anno nuovo.

Le misure implicano che si può abbandonare la gestione privata e passare a quella pubblica, ma non si potrà fare il contrario. Inoltre, c’è chi è stato esente al pagamento della TARI e si tratta delle industrie, poiché producono i cosiddetti rifiuti definiti “speciali”, ma tra poco soggetti quali ipermercati e centri commerciali non faranno più parte della suddetta categoria e torneranno a pagare il tributo.

Dopo aver analizzato in maniera approfondita i dettagli che contraddistinguono la TARI, è bene presentare la questione inerente i termini di scadenza che per il 2022 varieranno in base ai Comuni.

Quindi, bisognerebbe visionare in anticipo i regolamenti per avere un quadro più chiaro per quanto concerne le modalità e i tempi del saldo della somma. Di solito dovrebbero essere tre i periodi. Il primo ricadrebbe a fine aprile, il secondo a fine luglio, e l’ultimo entro il 2022. Sulla base della previsione del calendario, chi è pronto a pagare?

Ecco chi paga la TARI

L’imposta deve essere saldata dai contribuenti che vivono in immobili o aree che producono rifiuti, questa è la dicitura generale della normativa. E’ il Comune che invia l’avviso in ogni singola casa e fa la comunicazione tanto attesa, ovviamente in seguito a tutti i calcoli effettuati.

Si può decidere se farlo in una soluzione o in maniera rateizzata, in ogni caso arriva la notifica. Lo stesso per quanto concerne chi è in affitto, la tassa deve essere pagata, ma nel caso in cui si tratti di una struttura cointestata?

Uguale, perché decideranno i cointestatari come adempiere all’obbligo, comunque la richiesta al pagamento della tassa arriva dal Comune. E’ il caso di marito e moglie che hanno cointestata la casa, può pagare solo una persona, e l’altra niente, ma una situazione del genere può succedere anche tra fratelli. In entrambi i casi si potrebbe voler decidere di dividere la somma oppure avvalersi del pagamento dell’altro.

Se invece il duo in questione non abita nello stesso immobile, ma lo è solo uno, di conseguenza è quello che ci vive a dover pagare, perché è l’unico che produce rifiuti in quel dato contesto, è la stessa Legge di Stabilità del 2014 che disciplina la TARI che implica nella produzione di rifiuti, il presupposto al pagamento.

TARI: guida al pagamento!

Dulcis in fundo, scatta il pagamento della TARI! Anche per quanto concerne la disciplina del saldo, varia da luogo a luogo. Infatti, a tal proposito è necessario fare un sunto completo delle modalità utilizzate per chiarire al meglio i dettagli più importanti che qualificano la questione.

Non temere, ciò che conta è adeguarsi al sistema che vige nel proprio Comune, poi in ogni situazione ci sono determinate specificità da tenere in considerazione per soddisfare caso per caso. Tra i pagamenti usati maggiormente di frequente c’è: il modello F24, il bollettino postale e il MAV.

 E’ proprio il primo caso che ha subito importanti cambiamenti di cui non bisogna lasciarsi scappare i dettagli. Si deve fare attenzione al codice tributo 3944 che si riferisce all’IMU e in generale ai tributi locali. Nel corso del 2021 però l’Agenzia delle Entrate ha realizzato nuove cifre tributo da appostare nei modelli in questione per poter soddisfare anche il tributo scorporato chiamato TEFA. Perché l’anno precedente veniva saldato insieme alla tassa. 

Così, ci sono i codici in aggiunta da versare che si applicano alle diverse condizioni, sono chiamati: TEFA, cioè il tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela e igiene dell’ambiente; TEFN è lo stesso, ma in riferimento agli interessi; ed infine c’è TEFZ con le stesse funzioni, ma in relazione alle sanzioni. 

Se ti interessa sapere tutto sul pagamento, ricorda che c’è il bonus in arrivo per le famiglie con un ISEE non maggiore agli € 8.107,00, ma non solo. Perché si parla di incentivi ed agevolazioni? Perché la crisi pandemica sta innescando una catena di eventi distruttivi per il nostro sistema economico.

Potresti fare un recap della manovra economica del 2022 seguendo l’approfondimento dell’influencer Mr. LUL Lepaghediale, vedrai ti sarà tutto più chiaro e avrai un quadro completo delle misure previste nel 2022.

Il bonus sociale in questione che assume il nominativo di Bonus TARI, viene garantito anche a tutti quei nuclei che pur essendo numerosi non hanno un ISEE che va oltre gli €20.000, oppure per coloro che ottengono Reddito o Pensione di cittadinanza. Da qui il fatto che le misure in questione non sono incompatibili da tra loro.

Però pure in questo ultimo caso occorre analizzare nello specifico le informazioni inerenti il proprio Comune, per essere a conoscenza del fatto di fare le operazioni correttamente, e che queste siano in linea con le direttive del luogo in cui è e residenti.

Reindirizzamenti per la SEO: una guida semplice e completa

I reindirizzamenti sono una parte molto importante per la SEO e ogni proprietario o amministratore di un sito web prima o poi li deve affrontare.

Si tratta di uno strumento che aiuta a mantenere le pagine accessibili per gli utenti e i motori di ricerca. Sono indispensabili quando si effettua un rebranding, si uniscono più siti web o si elimina una pagina per esempio.

Come afferma SeoZoom:

Il redirect degli URL è una pratica molto utile e molto usata in ambito SEO per cambiare un URL esistente e comunicare efficacemente ai visitatori e alla Ricerca Google che quella pagina ha una nuova posizione.

Tuttavia, il mondo dei reindirizzamenti SEO potrebbe essere abbastanza complesso da comprendere, poiché esistono diversi tipi di reindirizzamenti per diversi scenari. È importante, quindi, capire le differenze tra loro.

Cosa sono i reindirizzamenti?

I reindirizzamenti sono un modo per inoltrare utenti (e bot dei motori di ricerca) verso un URL diverso da quello richiesto.

Si tratta di un’operazione eseguita dal server che reindirizza in modo automatico gli utenti verso un indirizzo web differente da quello che stanno cercando di visitare.

Per una migliore comprensione dei reindirizzamenti e di un tool utile per la loro gestione, consigliamo la visione del seguente video pubblicato sul canale YouTube Plan B Project – Lezioni di WordPress:

Perché usare i reindirizzamenti per la SEO?

Ci sono due primarie ragioni per cui dovresti usare i reindirizzamenti SEO:

  • Migliore esperienza utente, non vuoi che i visitatori vengano colpiti da un avviso del tipo “errore 404: pagina non trovata” quando stanno tentando di accedere a una pagina che è stata spostata. I reindirizzamenti risolvono questo problema inviando senza problemi i visitatori alla nuova posizione del contenuto.
  • Aiuta i motori di ricerca a comprendere il tuo sito: i reindirizzamenti indicano ai motori di ricerca dove è stato spostato il contenuto e se lo spostamento è permanente o temporaneo.

SEO: quando dovresti usare i redirects?

Dovresti utilizzare i reindirizzamenti nel momento in cui sposti il ​​contenuto da un URL all’altro e, occasionalmente, quando elimini un contenuto. Diamo una rapida occhiata ad alcuni scenari comuni in cui è necessario fare uso dei redirects:

  • Se stai effettuando un rebranding e spostando il tuo sito web da un dominio ad un altro, dovrai reindirizzare permanentemente tutte le pagine del vecchio dominio alle loro relative posizioni sul nuovo dominio.
  • Se stai unendo più siti web in uno, dovrai reindirizzare permanentemente i vecchi URL verso i nuovi URL.
  • Se stai passando da HTTP a HTTPS (azione fortemente consigliata per la SEO), dovrai reindirizzare permanentemente ogni pagina e risorsa non protetta (HTTP) alla sua posizione sicura (HTTPS).
  • Se stai eseguendo una promozione temporanea e desideri inviare visitatori, ad esempio, da miosito.it/pc a miosito.it/pc-promo-black-friday, dovrai utilizzare un reindirizzamento temporaneo.
  • Se stai rimuovendo contenuti dal tuo sito, dovresti reindirizzare permanentemente il suo URL a una pagina simile pertinente, ove possibile. Questo aiuta a garantire che tutti i backlink alla vecchia pagina continuino a dare valore ai fini della SEO. Garantisce inoltre che tutti i segnalibri o i collegamenti interni non smettano di funzionare.

Quali tipologie di reindirizzamento SEO esistono?

I reindirizzamenti sono divisi in due gruppi: reindirizzamenti lato server e reindirizzamenti lato client. Ogni gruppo contiene una serie di tipologie di redirects che i motori di ricerca considerano come temporanei o permanenti. Dovrai, quindi, utilizzare il reindirizzamento giusto per l’attività in corso per evitare potenziali problemi SEO.

Un reindirizzamento lato server è quello in cui il server decide dove reindirizzare l’utente o il motore di ricerca quando viene richiesta una pagina. Lo fa restituendo un codice di stato HTTP 3XX.

Se stai facendo SEO, utilizzerai per la maggior parte del tempo i reindirizzamenti lato server, poiché i reindirizzamenti lato client presentano alcuni inconvenienti e tendono ad essere più adatti per un uso piuttosto specifico e rari casi.

I reindirizzamenti SEO lato server sono:

  • Redirects 301
  • Redirects 302
  • Redirects 303
  • Redirects 307

Un reindirizzamento 301 inoltra gli utenti a un nuovo URL e comunica ai motori di ricerca che la risorsa è stata spostata in modo permanente. Di fronte a un reindirizzamento 301, i motori di ricerca in genere eliminano il vecchio URL reindirizzato dal loro indice a favore del nuovo URL. Trasferiscono anche PageRank (autorità) al nuovo URL.

Un reindirizzamento 302 inoltra gli utenti a un nuovo URL e comunica ai motori di ricerca che la risorsa è stata spostata temporaneamente. Di fronte a un reindirizzamento 302, i motori di ricerca mantengono il vecchio URL indicizzato anche se esso viene reindirizzato. Tuttavia, se lasci il reindirizzamento 302 in atto per molto tempo, i motori di ricerca probabilmente inizieranno a trattarlo come un reindirizzamento 301 e indicizzeranno invece il nuovo URL.

Come i 301, i 302 trasferiscono il PageRank. La differenza è che il trasferimento avviene “all’indietro”. In altre parole, il PageRank del “nuovo” URL viene trasferito all’indietro al vecchio URL (a meno che i motori di ricerca non lo trattino come un 301).

Un reindirizzamento 303 inoltra l’utente a una risorsa simile a quella richiesta ed è una forma temporanea di reindirizzamento. Viene in genere utilizzato per utilità come prevenire il reinvio dei moduli quando un utente preme il pulsante “indietro” nel proprio browser.

Un reindirizzamento 307 è uguale a un reindirizzamento 302, tranne per il fatto che mantiene il metodo HTTP (POST, GET) della richiesta originale durante l’esecuzione del reindirizzamento.

Un reindirizzamento 308 è uguale a un reindirizzamento 301, tranne per il fatto che mantiene il metodo HTTP della richiesta originale durante l’esecuzione del reindirizzamento. Google afferma di trattare i 308 come i 301, ma la maggior parte dei SEO utilizza ancora prevalentemente reindirizzamenti 301.

Un reindirizzamento lato client è quello in cui il browser decide dove reindirizzare l’utente. In genere non dovresti usarlo a meno che tu non abbia alcuna altra opzione. Essi sono:

  • Redirects 307
  • Redirects meta
  • Redirects JavaScript

Un reindirizzamento 307 si verifica comunemente sul lato client quando un sito utilizza HSTS. Questo perché HSTS dice al browser del client che il server accetta solo connessioni sicure (HTTPS) e di eseguire un reindirizzamento 307 interno se viene richiesto di richiedere risorse non sicure (HTTP) dal sito in futuro.

Un reindirizzamento del meta refresh dice al browser di reindirizzare l’utente dopo un determinato numero di secondi. Google lo comprende e in genere lo tratterà come un reindirizzamento 301.

Ad ogni modo, Google sconsiglia di utilizzarli, poiché possono creare confusione per l’utente e non sono supportati da tutti i browser. Google consiglia invece di utilizzare un reindirizzamento 301 lato server.

Un reindirizzamento JavaScript, come probabilmente hai intuito, utilizza JavaScript per indicare al browser di reindirizzare l’utente a un URL diverso. Alcune persone credono che un reindirizzamento JS causi problemi ai motori di ricerca perché devono eseguire il rendering della pagina per vedere il reindirizzamento. Anche se questo è vero, di solito non è un problema per Google perché al giorno d’oggi il rendering delle pagine è molto veloce.

Migliori pratiche SEO per i redirects

Ecco alcune situazioni in cui è indicato utilizzare reindirizzamenti per ottenere benefici a livello di SEO.

In caso di passaggio ad HTTPS è necessario utilizzare i reindirizzamenti per non perdere il posizionamento precedente. Adottare questo protocollo sicuro dà al tuo sito un ulteriore livello di sicurezza ed è un piccolo fattore di ranking di Google.

L’implementazione di HSTS (HTTP Strict Transport Security) sul tuo server impedisce alle persone di accedere a contenuti non protetti (HTTP) sul tuo sito. Questo meccanismo comunica ai browser che il tuo server accetta solo connessioni sicure e che dovrebbero eseguire un reindirizzamento 307 interno alla versione HTTPS di qualsiasi risorsa HTTP a cui viene chiesto di accedere.

Questo non sostituisce i reindirizzamenti 301 o 302 e non è strettamente necessario se sono impostati correttamente sul tuo sito.

I meta-reindirizzamenti non sono l’ideale, quindi vale la pena controllare se sono presenti all’interno del tuo sito e sostituirli con un reindirizzamento 301 o 302.

Il reindirizzamento degli URL è opportuno nel momento in cui sposti un ​​contenuto, ma spesso ha anche senso inserire un redirect quando elimini il contenuto. Questo perché vedere un errore “404 non trovato” non è l’ideale quando un utente tenta di accedere a una pagina eliminata. Spesso, in caso di eliminazione di una pagina, si inserisce un reindirizzamento verso un’altra pagina con un contenuto simile alla precedente.

Non puoi farlo ogni volta, poiché non c’è sempre un’alternativa pertinente. Se c’è, però, dovresti inserirlo perché con questa azione preservi e trasferisci il PageRank (autorità) dalla pagina reindirizzata alla risorsa alternativa.

Le catene di reindirizzamento si verificano quando sono presenti reindirizzamenti multipli tra una risorsa richiesta e la sua destinazione finale.

La documentazione ufficiale di Google dice che il crawler del motore di ricerca è in grado di seguire fino a 10 hop di reindirizzamento, quindi qualsiasi catena di reindirizzamento più breve di quella non è davvero un problema per la SEO.

Se il crawler non riceve i contenuti entro 10 hop, Search Console mostrerà un errore di reindirizzamento nel rapporto sulla copertura dell’indice del sito.

Tuttavia, le catene lunghe rallentano molto la navigazione per gli utenti, quindi è meglio evitarle quando possibile.

I loop di reindirizzamento sono loop infiniti di reindirizzamenti che si verificano quando un URL reindirizza a se stesso o quando un URL in una catena di reindirizzamento reindirizza a un URL precedente nella catena.

Sono problematici per due motivi:

  • Per gli utenti: interrompono l’accesso a una risorsa prevista e attivano un errore di “troppi reindirizzamenti” all’interno del browser.
  • Per i motori di ricerca: “intrappolano” i crawler e sprecano il crawl budget.

Il modo migliore per correggere un ciclo di reindirizzamento è rimuovere il reindirizzamento dall’URL finale. Quindi assicurati che la risorsa sia accessibile e restituisca un codice di stato 200.

In caso contrario, modifica il reindirizzamento del ciclo alla destinazione finale prevista.

In entrambi i casi, è buona norma sostituire eventuali collegamenti interni ai reindirizzamenti rimanenti con collegamenti diretti all’URL finale.

Tessera Sanitaria: ecco come utilizzarla nel modo migliore!

Alcuni documenti sono indispensabili per la vita di tutti i giorni, anche se capita di non accorgersene. Essi, infatti, ci permettono di farci riconoscere facilmente nei luoghi pubblici in cui dobbiamo svolgere un lavoro o in cui dobbiamo semplicemente dichiarare la nostra identità.

Per iscriversi a scuola, per firmare un contratto lavorativo o anche solo poter accedere a determinati atti e servizi che ci riguardano, infatti, è necessario formalizzare la nostra presenza. In  tal modo, invero, diventerà impossibile per chiunque altro appropriarsi della nostra identità.

Ecco perché è necessario un documento quale la tessera sanitaria che ci rappresenti tramite il codice fiscale e, allo stesso tempo, ci garantisca la possibilità di usufruire del sistema sanitario nazionale. Quest’ultimo aspetto, difatti, risulta essere quello basilare su cui si fonda l’importanza di tale certificato.

La Tessera Sanitaria è il documento personale che ha sostituito il tesserino plastificato del codice fiscale; viene rilasciata a tutti i cittadini italiani aventi diritto alle prestazioni fornite dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). A partire dal 2011, la Tessera Sanitaria è sostituita dalla Tessera Sanitaria-Carta Nazionale dei Servizi (TS-CNS), dotata di microchip.” 

Questa è la dicitura corretta riportata sul sito del MEF – Ragioneria Generale dello Stato che si può facilmente consultare. Un riassunto basilare in grado di far comprendere immediatamente a ogni cittadino l’entità dello strumento che ha nelle proprie mani.

Anche l’Agenzia delle Entrate, inoltre, specifica un aspetto non sottovalutabile di questa piccola scheda a disposizione di ognuno di noi:

“La tessera, che è strettamente personale, permette di ottenere servizi sanitari anche nei paesi dell’Unione europea. Viene rilasciata a tutti i cittadini che hanno diritto all’assistenza sanitaria da parte del Servizio Sanitario Nazionale”.

In ogni caso, è assolutamente giusto dare l’autorevolezza adeguata a tale strumento attraverso un’analisi approfondita dello stesso. Le operazioni effettuabili attraverso la tessera sanitaria, infatti, sono molteplici e non tutte conosciute con dovizia di particolari come meriterebbero.

Che cos’è la tessera sanitaria

La tessera sanitaria, dunque, è un documento adoperabile ogni qualvolta  si ci rechi dal medico o, comunque, si compie un’azione atta ad appoggiarsi sul sistema sanitario nazionale.

Su di essa, poi, vi è impresso il codice fiscale volto a identificare quella determinata e specifica persona. Questo elemento risulta infatti indispensabile per avere potersi rapportare in maniera adeguata con la pubblica amministrazione nelle varie occasioni che si presentano.

Proprio per questo motivo, l’unico realmente valido è quello che viene rilasciato dall’Agenzia delle Entrate coadiuvato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dall’ASL di appartenenza.

“Materialmente consiste in una tessera plastificata con dimensioni e consistenza identiche ad una tessera bancomat. Sono impressi frontalmente: i dati anagrafici dell’assistito; il codice fiscale; la data di scadenza; […] tre caratteri braille a 6 punti per i non vedenti.”

La parte posteriore, invece, è formata in maniera completamente differente. Infatti, vi si può trovare la banda magnetica relativa al possessore della suddetta tessera sanitaria, il codice fiscale questa volta in formato codice a barre e, infine, la dicitura di tessera europea per l’assistenza medica

Una spiegazione altrettanto efficace viene data dal video fornito dal canale Come Faccio A.

Uno strumento, dunque, che si rivela indispensabile in molteplici occasioni e che è il caso di portare sempre dietro di sé in ogni circostanza e situazione. La tessera sanitaria, comunque, è fornita in maniera totalmente gratuita dallo stato italiano e ha solitamente una validità pari a sei anni di vita.

Come si utilizza

Come è già stato detto e, soprattutto, come si intuisce dallo stesso nome, la tessera sanitaria serve nel momento in cui si debba in qualche modo fare uso del sistema sanitario nazionale

Quando ci si reca dal medico o quando si acquista un farmaco in farmacia, per esempio, la si deve mostrare agli addetti del settore

Tramite tale modalità, inoltre si può fare lo scarico fiscale. Alcuni medicinali, infatti, possono essere rimborsati in parte o del tutto mostrando la tessera sanitaria al personale presente in farmacia che è tenuto a metterla in fattura

Alla fine dell’anno, quindi, si dovrebbe avere un rientro economico in base agli acquisti effettuati, ma l’utente è chiamato a controllare sempre la correttezza dei dati trasmessi all’Agenzia delle Entrate. Bisogna, inoltre, ricordare alcuni passaggi e infatti:

“Non rientrano tra le spese detraibili (o deducibili) quelle per l’acquisto di ‘parafarmaci’ (per esempio, integratori alimentari, prodotti fitoterapici, colliri e pomate), anche se acquistati in farmacia o assunti a scopo terapeutico su prescrizione medica”. 

Anche per poter effettuare delle visite mediche importanti che richiedono l’intervento dell’ASL essa diviene un oggetto indispensabile

Attraverso questa piccola scheda, infatti, si possono ottenere numerose agevolazioni in campo sanitario a titolo gratuito. La sanità in Italia, infatti, ricade sulla collettività a beneficio di tutti.

A chi è rivolta

La tessera sanitaria, si sarà compreso, è estremamente personale. Ogni cittadino, infatti, ne possiede una a cui è legato in maniera imprescindibile anche il proprio codice fiscale.

Essendo essa indispensabile per poter ottenere le cure sanitarie all’interno non solo del territorio nazionale, ma anche europeo, non può far altro che essere nominativa. In tal modo, la storia della tessera viaggia di pari passo con la storia medica dell’utente che ne è possessore.

Il Servizio sanitario nazionale, dunque, opera attraverso di essa per poter agevolare nel migliore dei modi ogni cittadino avente diritto. Questo piccolo strumento coadiuva il lavoro degli enti sanitari e ne certifica la validità di ogni singola operazione.

Essa è rivolta a tutti coloro che necessitano di un fascicolo sanitario elettronico, ma anche a chi ha bisogno di prenotare varie forme di visite mediche. Allo stesso tempo, però, permette l’accesso al portale dell’INPS e a quello dell’Agenzia delle Entrate.

Dunque, le funzioni sono molteplici e tutte della medesima portata e importanza. Un aiuto indispensabile per il singolo cittadino che si ritrova ad affrontare il complicato sistema amministrativo italiano.

Come richiederla

A tutti i nuovi nati viene rilasciato un codice fiscale. A questi ultimi, dunque, viene inviata in maniera totalmente automatica anche la relativa tessera sanitaria

La validità di tale documento, però, è abbastanza breve. Esso, infatti, ha una valenza di soli dodici mesi. Espletati gli stessi, si viene forniti di una nuova tessera sanitaria questa volta, però, con la durata usuale, ovvero sei anni.

Ad avere l’onere di rilasciare la tessera sanitaria è il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Quando vi è una nuova nascita, i dati del neonato vengono trasmessi dall’ASL al sistema che si occupa della tessera sanitaria.

Attraverso l’indirizzo di residenza presente nella banca dati dell’Anagrafe Tributaria, il Ministero dell’Economia e delle Finanze spedisce in maniera del tutto anonima il nuovo documento

Qualora non dovesse essere recapitata, però, si ci può rivolgere in maniera autonoma all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, infatti, provvederà a fare tutte le verifiche del caso per rintracciare e far recapitare la tessera sanitaria al cittadino richiedente.

Cosa fare in caso di smarrimento

Può capitare, però, che il documento in nostro possesso vada perduto per le più svariate ragioni. Essendo uno strumento indispensabile vi è la necessità impellente di farne richiesta nuovamente. Questo, naturalmente, per non incorrere in vari tipi di problemi con la richiesta di farmaci e cure sanitarie di una certa importanza.

Non vi è però da preoccuparsi. Risulta infatti abbastanza semplice richiedere una nuova tessera sanitaria. In caso di deterioramento della scheda in questione, della sua perdita o di un possibile furto la soluzione è quella di rivolgersi all’ASL di appartenenza.

Altro modo in cui si può ottenere nuovamente la propria tessera sanitaria è attraverso l’apposita procedura messa a disposizione dal sito dell’Agenzia delle Entrate

Il protocollo risulta essere davvero molto semplice e basta avere a propria disposizione i dati personali che verranno richiesti gradualmente.

Vi è, però, una cosa importante da ricordare per non incorrere in errori che potrebbero rivelarsi assai difficili da smaltire. Bisogna stare attenti a non perdere con regolarità la tessera sanitaria. Infatti, sarà possibile richiederne un duplicato solo una volta nell’arco di un intero anno solare.

Memorizzato questo, si può facilmente richiedere la nuova tessera sanitaria seguendo la procedura segnalata in precedenza. Compiute le azioni richieste, infatti, la copia verrà rilasciata e spedita in maniera autonoma all’indirizzo di residenza dell’interessato.

La domanda potrà essere effettuata anche tramite l’utilizzo della PEC, ovvero della posta elettronica certificata indirizzando la stessa sempre all’Agenzia delle Entrate. Tutti passaggi, in ogni caso, abbastanza semplici che aiuteranno l’utente a riavere un oggetto che è indispensabile per la vita di ogni cittadino.

Risulta, infatti, impensabile andare in giro tranquillamente senza la tessera sanitaria e/o il codice fiscale di appartenenza. Essi, infatti, sono strumenti che si utilizzano nel quotidiano, anche se spesso l’utente tende a non rendersene conto.

Anche per un piccolo viaggio all’estero, difatti, la tessera sanitaria è praticamente obbligatoria per permettere al comune cittadino di avere accesso al servizio sanitario del Paese ospitante.

Uno strumento utilissimo che può essere facilmente richiesto anche dagli stranieri che dimorano abitualmente nel territorio nazionale italiano. Anche per questa categoria, comunque, sarà necessario rivolgersi all’ASL per poterla ottenere in maniera gratuita.

Dammi 5 minuti e scoprirai il bollo auto e il suo calcolo!

Benvenuto/a in questo nuovo articolo di Trend Online. Oggi ti parlerò del bollo auto. L’articolo che ho scritto è adatto a te se sei neopatentato/a perché se sei un guidatore di lunga data saprai benissimo cos’è questa tassa. 

Il mio scopo è quello di darti una mano a farti una cultura su uno degli argomenti più importanti che toccano tutti gli adulti, in modo tale che tu possa sentirti ben preparato/a in modo tale che tu non cada nel panico per via dell’eccessiva difficoltà di comprensione della burocrazia.

Se sei un “senior” e vuoi fare un piccolo ripasso per rinfrescare la memoria, sei sempre il benvenuto. 

Nel corso degli anni questa tassa è stata al centro delle polemiche per via di alcuni obblighi particolarmente discutibili e nel corso dell’articolo ti farò notare dei passaggi che effettivamente confermano queste polemiche.

Per prima cosa ti darò la definizione di bollo auto e ti descriverò le sue caratteristiche principali, dopodiché ti dirò quali sono i parametri che vengono presi come riferimento per calcolare effettivamente la cifra da versare allo Stato.

Inoltre ti indicherò le modalità possibili con cui effettuare il pagamento, ti dirò cosa succede nel caso in cui non vengano rispettate le scadenze e ti comunicherò anche quali sono i casi in cui il bollo auto viene annullato, cioè viene tolto l’obbligo di pagamento.

Se avessi chiesto ai miei clienti cosa avessero voluto, la loro risposta sarebbe stata: cavalli più veloci

Henry Ford

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Bollo auto: scopriamo cos’è 

Adesso condivido con te la definizione di bollo auto:

Il bollo auto è una tassa automobilistica con cadenza annuale, che viene applicata su un veicolo iscritto al Pubblico Registro Automobilistico (PRA)

Probabilmente adesso ti stai chiedendo in base a quali criteri tu debba pagare il bollo per la tua macchina. Il tuo dubbio è giustissimo e ti rispondo dicendoti che paradossalmente il bollo è un tasso fisso.

Con l’espressione “tasso fisso” intendo dire che non importa quanti chilometri tu percorri col tuo autoveicolo, la cifra da versare sarà sempre e comunque la stessa

Questo significa che o utilizzi la tua macchina o la tieni sempre spenta nel garage, a questa spesa non sfuggirai (a eccezione di circostanze molto particolari che ti spiegherò più tardi).

Questo è il primo elemento di discussione in merito a questa tassa, perché vengono messi sullo stesso piano sia coloro che utilizzano il proprio autoveicolo con grandissima frequenza, sia coloro che per una ragione o per un’altra non guidano la loro macchina o perlomeno con una frequenza bassa.

A questo bollo auto standard si aggiunge anche il cosiddetto superbollo. Il superbollo non è altro che una tassazione maggiore che viene applicata sul bollo auto base.

La cosa ti può sembrare parecchio strana e preoccupante (infatti il superbollo è un altro elemento su cui c’è grande polemica tra la gente), ma adesso ti spiego meglio il concetto.

Tecnicamente questa tassa ulteriore si chiama addizione erariale e viene applicata su automobili che hanno una potenza maggiore di 185 chilowatt (o kW, è praticamente la stessa cosa). 

Questa tassa è stata introdotta durante il periodo del governo Berlusconi e consiste in pratica di aggiungere una somma di €20 per ogni chilowatt al di sopra del limite minimo di 185 kW.

Per esempio, se la macchina in considerazione dovesse avere una potenza di 187 kw, il superbollo ammonterebbe a €40, dato che la potenza supera di due unità il limite minimo.

La questione è abbastanza flessibile, perché col passare del tempo questo superbollo viene progressivamente ridotto.

Dal quinto anno d’immatricolazione (hai capito bene, il termine immatricolazione viene usato per le automobili nello stesso senso con cui viene utilizzato all’università) il superbollo scende del 40%.

A seguire, dopo 10 anni scende del 70% e dopo 15/20 anni scende dell’85% e infine dal ventesimo anno il superbollo sparisce del tutto.

Ritorniamo alla questione del bollo auto standard.

La cosa che devi sapere è che questa tassa viene gestita principalmente dalla Regione, il ché vuol dire in Lombardia l’impostazione generale sul pagamento e sul valore della tassa sicuramente sarà diverso rispetto alla Sardegna, per esempio.

Un’altra cosa importantissima che devi sapere sono i due criteri fondamentali che determinano la cifra del bollo auto. Questi sono la potenza espressa in chilowatt (parlando del superbollo quest’aspetto è emerso indirettamente) e il livello d’inquinamento della macchina.

Siccome al giorno d’oggi uno dei temi più sensibili è proprio la questione della salvaguardia dell’ambiente (un esempio lampante è proprio l’Agenda 2030), per incentivare i compratori a scegliere macchine più sostenibili viene applicata una riduzione del bollo auto.

Le autovetture che dispongono di questo vantaggio fiscale sono le auto elettriche e le auto ibride.

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Bollo auto: il calcolo

Esiste un’organizzazione importantissima in Italia che si occupa delle automobili e, in particolar modo, del calcolo effettivo del bollo da pagare. 

Si chiama Automobile Club d’Italia e spesso vedrai solamente il suo acronimo ACI. In questo link ti indirizzo verso una pagina dell’ACI, nella quale hai la possibilità di fare istantaneamente il calcolo del bollo auto della tua autovettura.

Ci sono quattro parametri che devi osservare.

Il primo riguarda il tipo di pagamento. Fai attenzione perché potresti erroneamente pensare al metodo di pagamento (come carta di credito, bonifico bancario ecc). Non è così.

Quella voce sta a indicare in realtà il tipo di servizio che stai pagando nello specifico. In ogni caso non devi preoccuparti perché uscirà un menù a tendina e potrai scegliere le opzioni. 

Per agevolarti nella comprensione ti riporto un esempio: prima immatricolazione.

Dunque, dopo che hai selezionato il servizio che stai pagando, devi cliccare su un altro menù a tendina e scegliere il tipo di veicolo. Le opzioni disponibili sono:

  • Autoveicoli
  • Rimorchi
  • Motoveicoli
  • Ciclomotori
  • Minicar

Quando hai fatto la tua scelta, devi successivamente selezionare la regione in cui hai la residenza e infine devi digitare la targa della tua automobile. Una volta che hai fatto queste operazioni ti sarà indicato il valore del bollo auto.

Per quanto riguarda invece il pagamento del superbollo, in tal caso è necessario l’uso di un modello F24.

Probabilmente hai pensato che avresti voluto avere almeno un’idea su quale possa essere l’importo effettivo da pagare e a tal proposito ti fornisco una sorta di schema che può aiutarti a capire in linea generale quello che può essere il costo da sostenere. 

Miraccomando, questa è una tabella indicativa, non può sostituire l’operazione tramite il sito ACI:

  • Euro 0: 3,00 euro/kW fino a 100 kW e 4,50 euro/kW al di sopra dei 100 kW
  • Euro 1: 2,50 euro/kW fino a 100 kW e 4,35 euro/kW al di sopra dei 100 kW
  • Euro 2: 2,80 euro/kW fino a 100 kW e 4,20 euro/kW al di sopra dei 100 kW
  • Euro 3: 2,70 euro/kW fino a 100 kW e 4,05 euro/kW al di sopra dei 100 kW
  • Euro 4: 2,58 euro/kW fino a 100 kW e 3,87 euro/kW al di sopra dei 100 kW
  • Euro 5: 2,58 euro/kW fino a 100 kW e 3,87 euro/kW al di sopra dei 100 kW
  • Euro 6: 2,58 euro/kW fino a 100 kW e 3,87 euro/kW al di sopra dei 100 kW

Ti dò un altro suggerimento: se conosci i CV (cavalli) e vuoi sapere quanto è il valore in chilowatt, devi dividere i CV per 1,35962.

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Bollo auto: esenzione, scadenza e modalità di pagamento

Il bollo auto è possibile non pagarlo se hai un autoveicolo che abbia più di trent’anni oppure se sei in possesso di una macchina elettrica. 

In realtà l’esenzione che riguarda la macchina elettrica è temporanea, perché è previsto un periodo di cinque anni dall’immatricolazione che permette, appunto, l’esenzione.

Difficilmente tu che sei neopatentato/a rientri in queste due categorie, nel primo caso perché probabilmente la macchina con più di trent’anni non sia molto semplice da guidare (e probabilmente potrebbe non funzionare bene), nel secondo caso le macchine elettriche sono molto costose.

Questi non sono gli unici casi in cui è prevista l’esenzione, anzi. Adesso devo spiegarti il caso principale che premette l’esclusione dal pagamento del bollo auto.

Si tratta della disabilità, in particolar modo si fa riferimento alla Legge 104, nella quale sono incluse queste categorie:

  • Non vedenti
  • Sordi
  • Disabili con handicap fisico e/o psichico titolare d’indennità d’accompagnamento
  • Disabile con ridotte capacità motorie o con amputazioni

Adesso ti spiego come si determina la scadenza. In pratica devi tenere a mente il mese in cui la macchina è stata sottoposta all’immatricolazione e devi considerare che la data di scadenza del bollo auto è il giorno 30 del mese successivo.

Ti faccio un esempio. Supponiamo che la tua automobile sia stata immatricolata durante il mese di marzo. Questo vuol dire che entro il 30 aprile hai tempo per pagare il bollo auto. Questo parametro ovviamente cambia auto per auto, dato che varia sempre il mese d’immatricolazione per tutti.

Cosa succede però se oltre la data di scadenza non risulta pagato il bollo auto? Scattano delle sanzioni amministrative. Ti riporto l’elenco:

  • Entro il 14° giorno dalla scadenza si deve pagare lo 0,1% in più per ogni giorno di ritardo
  • Tra il 15° e il 30° giorno il supplemento è dell’1,5% in più per ogni giorno di ritardo
  • Tra il 31° e il 90° giorno il supplemento giornaliero è dell’1,67%
  • Tra il 91° e il 365° giorno il supplemento raggiunge il 3,75% in più al giorno
  • Oltre il 365° giorno viene applicata una multa pari al 30% del bollo più un interesse dello 0,5% per ogni sei mesi di ritardo

L’ultima cosa che può succedere (ed è la peggiore) è che dopo tre anni di mancato versamento entri in gioco un organo istituzionale molto temuto, ossia l’Agenzia delle Entrate.

Per prima cosa l’organizzazione invia al contribuente non pagante una sorta di messaggio, chiamato avviso di pagamento, ma se non viene fatto il pagamento, l’Agenzia delle Entrate può riscuoterecon la forza” il credito. In che modo?

O pignorando direttamente il denaro dal conto corrente del contribuente, opppure applicando il fermo amministrativo all’automobile.

Il fermo amministrativo è una sorta di marchio che viene attribuito alla macchina, che la mette in una condizione che noi possiamo paragonare al “Limbo” dantesco.

Per intenderci, così come il Limbo è una dimensione sospesa, allo stesso modo la macchina si trova in questa situazione. 

In pratica non può essere venduta, rottamata, radiata (cioè eliminata dal PRA) e non può neanche essere parcheggiata su suolo pubblico.

Infine, ti indico le modalità a tua disposizione per effettuare il pagamento del bollo auto.

Pagamento online:

  • Home Banking
  • Attraverso il sito delle Poste Italiane
  • Attraverso il sito dell’ACI mediante il servizio pagoBollo
  • Attraverso l’app dei servizi pubblici IO

Pagamento di persona:

  • Poste Italiane presso gli uffici postali
  • Domiciliazione bancaria
  • Delegazioni ACI
  • Agenzie di pratiche auto
  • Punti vendita Sisal e Lottomatica
  • Sportelli ATM abilitati

Spread, Draghi: paura per una crisi imminente

Siamo due settimane nel 2022 e le cose non sembrano cambiate affatto rispetto al 2021.

La terribile pandemia di Covid-19, nonostante il rilascio dei vaccini poco più di un anno fa, continua a mietere vittime e a contagiare centinaia di migliaia di compatrioti ogni singolo giorno

Dati record per l’Italia, che non aveva mai visto una curva di contagi così alta. Per questo motivo, si è anche ricominciato a parlare di lockdown e zone rosse, in quanto alla fine non sono cambiate le vecchie regole per cercare di limitare il contagio. 

Fino ad ora, infatti, non vi era stato bisogno di lockdown completo grazie all’alta efficacia dei vaccini. Questi, infatti, aumentano l’immunità dei pazienti Covid, diminuendo le chance di essere contagiati in caso di terza dose, e limitando enormemente i sintomi in caso di vaccinazione con solo due dosi

Ad ogni modo, purtroppo, la nuova variante Omicron ha un tasso di contagiosità troppo alto per fare in modo che l’attuale copertura vaccinale basti. Lo conferma il presidente della fondazione GIMBE Nino Cartabellotta, il quale ha detto che:

Le elevate coperture vaccinali ammortizzano in maniera rilevante l’impatto della circolazione virale sui servizi ospedalieri. Tuttavia, l’enorme quantità di nuovi casi in continua crescita sta progressivamente saturando gli ospedali sia perché incontra una popolazione suscettibile troppo numerosa – parliamo di 2,2 milioni di 0-4 anni non vaccinabili, 8,6 milioni di non vaccinati e oltre 15 milioni in attesa della terza dose – sia, in misura minore, per i fenomeni di escape immunitario della variante Omicron. 

Insomma, la pandemia è ben lontana dall’essere finita, e questo avrà sicuramente enormi ripercussioni sulla società ed economia del paese. 

L’incertezza politica italiana

L’Italia, inoltre, sta attraversando un periodo di incertezza politica (come al nostro solito). Ad essere onesti, tale incertezza non è così elevata come ci si immagina dal nostro esecutivo, tuttavia le imminenti elezioni del Presidente della Repubblica stanno complicando la gestione dell’emergenza sanitaria.

Sergio Mattarella, presidente sin dalle dimissioni di Giorgio Napolitano nel 2015, ha ormai raggiunto il termine del suo mandato e deve cedere il posto a qualcun altro (difficilmente, infatti, accetterà di essere rieletto). 

La scelta di chi dovrà coprire la carica sta mandando in subbuglio l’intera politica italiana, appunto rendendo ancora più complicato il lavoro dell’esecutivo, che normalmente avrebbe ben altre priorità a cui pensare. 

Ciò che rende la situazione così complicata è che uno dei papabili candidati è Mario Draghi, l’attuale Primo Ministro italiano. Se dovesse essere eletto al Quirinale, Draghi dovrebbe abbandonare la sua posizione di premier, lasciandola a qualcun altro. 

Un simile scenario fa paura a molti, poiché Draghi è molto popolare sia tra le camere di governo sia tra gli italiani. Secondo molti, infatti, solamente Draghi sarebbe in grado di gestire l’attuale emergenza sanitaria, e la sua non affiliazione ai partiti lo rendono un perfetto premier neutro. 

Sono in molti a pensare che l’Italia, in un momento delicato come questo, abbia bisogno della guida neutrale di Draghi, non sporcata da giochi e macchinazioni politiche.

Mario Draghi, inoltre, è molto ben visto anche dalla comunità internazionale. Il suo lavoro alla presidenza della BCE ha fatto in modo che sia rispettato da tutti i leader europei. La sua gestione della pandemia, inoltre, ha soltanto confermato le sue capacità agli occhi del mondo

Infine, gli ultimi sondaggi politici hanno rivelato che difficilmente si raggiungerebbe una maggioranza solida qualora si andasse ad elezioni anticipate. La salita di Draghi al Quirinale non implica di per sé la chiamata alle urne, tuttavia l’attuale composizione delle camere è molto diversa dalle opinioni degli italiani

Senza Draghi e senza maggioranza, il governo risulterebbe incredibilmente instabile, ed è l’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno in questo momento.

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L’effetto Draghi: spread in salita

Per tutti questi motivi, dunque, lo spread italiano ha iniziato a salire vertiginosamente. Sembra un paradosso: con un economista puro come Draghi al governo l’ultima cosa che ci si aspetterebbe è una salita dello spread. 

Eppure non si scappa, nonostante tutto il lavoro di Draghi, “spread” è tornata ad essere una parola di terrore tra le fila degli economisti. 

Al momento, infatti, lo spread italiano è il doppio di quello spagnolo. Anche in questo caso, un’assurdità visto che l’Italia si è ripresa meglio e più velocemente della Spagna dalla pandemia. Il PIL nostrano, infatti, è cresciuto del 6.3% nel 2021, a fronte del 4.2% di crescita della nazione iberica. 

Nonostante questi numeri, però, lo spread italiano è al 140% contro il 70% di quello spagnolo. Una differenza così marcata non si era praticamente mai vista, specialmente perché di solito le due economie mediterranee viaggiano sugli stessi binari

Questa volta, però, guardando i grafici si nota un distacco della curva italiana rispetto a quella della Spagna, e secondo molti analisti il motivo principale è proprio l’incertezza intorno la figura di Draghi

I mercati, ansiosi di sapere se Draghi rimarrà a Palazzo Chigi o meno, non si fidano più dei bond italiani, e tale insicurezza è, appunto, rispecchiata nell’innalzamento dello spread

Cos’è lo spread

Per chi non lo sapesse, lo spread misura il “divario” (traduzione letterale della parola) fra il valore dei bond italiani e quello dei bond tedeschi. Più è alto lo spread, meno i titoli di stato italiani valgono in confronto a quelli della Germania. 

Questo comporta che meno investitori acquisteranno titoli di stato dell’Italia, decidendo di mirare altrove per i loro investimenti. In questo modo, l’Italia perderebbe anche credibilità economica agli occhi del mondo, proprio in un momento in cui stava iniziando ad acquisirne molta. 

Se volete sapere meglio cos’è lo spread, vi linkiamo un video informativo di Alberto Papa:

Ad ogni modo, la buona gestione della pandemia aveva fatto dimenticare le preoccupazioni sullo spread, poiché l’economia italiana sembrava forte e stabile. 

La pandemia, però, è continuata, e poi è giunta anche la crisi politica che ha solamente peggiorato le cose.

Risultato: lo spread sale e gli investimenti stranieri scendono. Peggio di noi solamente la Grecia, in una situazione che ricorda tanto il governo Berlusconi del 2011, quando a salvare l’Italia dalla crisi dello spread fu Mario Draghi stesso

L’attuale premier, infatti, sedeva allora come Presidente della BCE, e divenne celebre per la sua famosa frase “whatever it takes” (costi quel che costi) riferendosi al salvataggio dell’Italia e dell’Eurozona

Oggi, però, alla BCE siede Christine Lagarde, e non è detto che la sua prima preoccupazione sia la soluzione di una crisi politica interna all’Italia

Spread, Draghi e i problemi della BCE

La Banca Centrale Europea è l’organo che si occupa di gestire la politica monetaria dell’Eurozona. Il suo ruolo diviene particolarmente importante qualora vi sia una crisi della moneta unica

Al momento, l’Europa sta attraversando un grave periodo di inflazione, per cui i prezzi si alzano naturalmente e la BCE deve cercare in tutti i modi di diminuire la circolazione di denaro contante fra i paesi membri. 

Una situazione particolarmente ardua visti soprattutto i tanti piani di ripresa messi a punto dalle autorità centrali dell’Unione Europea. 

Il Recovery Fund, ad esempio, di cui l’Italia dovrebbe ricevere una delle fette più grosse, è uno dei piani di investimento più ambizioni di sempre, con oltre 1 trilione di euro previsti per le nazioni europee nel giro del prossimo decennio. 

La circolazione di denaro, tanto comune quanto salutare non appena si esce da una crisi, è però al momento estremamente insalubre vista la crescita dell’inflazione

Uno dei probabili motivi per cui l’inflazione sta crescendo è che la pandemia è tutt’altro che finita, ergo nessuno ha voglia di investire e tutti hanno voglia di risparmiare

Insomma, il rischio per la BCE è che le enorme risorse del Recovery Fund vadano sprecate in una popolazione europea molto tendente al risparmio. 

Proprio per questo motivo, la BCE ha interrotto un altro piano di ripresa economica, il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) il cui obiettivo era quello di acquistare titoli di stato europei per far abbassare lo spread e tranquillizzare i mercati. 

Con l’interruzione del PEPP e la freddezza della BCE nei confronti dell’Italia, lo spread rischia di continuare a salire se noi non facciamo subito qualcosa. 

Il futuro dello spread, Draghi cosa farà?

Insomma, fra inflazione, pandemia ed instabilità politica, lo spread italiano sale e sale veloce ed ininterrotto. 

Forse è anche uno dei motivi per cui Draghi si è candidato al colle. Secondo alcuni maliziosiMario Draghi vorrebbe salire al Quirinale proprio per evitare la responsabilità di una crisi dello spread. In effetti, se al momento il “divario” non ha ancora raggiunto livelli di crisi, potrebbe essere un’enorme gatta da pelare per chiunque se lo trovi fra le mani nei prossimi mesi. 

E’ anche la versione della banca d’affari americana Goldman Sachs, che ha sempre più dubbi sull’efficienza di Mario Draghi come premier e sulla sua possibile attuazione del piano di recovery europeo. La stessa visione è condivisa da altre agenzie di rating come Dbrs Morningstar e la banca Barclays. 

Altri ancora, tuttavia, sono molto più fiduciosi sulle intenzioni di Draghi. Giuseppe de Felice, capo economista dell’Intesa San Paolo, ha detto in un’intervista: 

Io quello che posso notare è che c’è da parte di tutti i partiti un atteggiamento molto favorevole all’Europa e quindi non vedo dei grandi rischi da questo punto di vista. Draghi al Quirinale darebbe comunque una stabilità per quanto riguarda le competenze del Presidente della Repubblica per un periodo di tempo lungo.

In effetti, Draghi Presidente della Repubblica lo terrebbe legato alla politica italiana per almeno altri sette anni, seppure da organo neutrale. Se dovesse rimanere premier, invece, nessuno sa cosa succederebbe dopo le generali del 2023

Insomma, non possiamo sapere le vere intenzioni di Mario Draghi. Qualcuno particolarmente pessimista, però, potrebbe ricordare le parole di Giulio Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si indovina”. 

Inps: tutte le novità sull’assegno unico e universale!

Dal 2011, l’Inps ha avviato un processo di miglioramento e potenziamento dell’assegno unico e universale con la legge n. 46 del 20211: le famiglie in difficoltà economica con uno o più figli a carico possono richiedere un assegno mensile per il sostentamento dei figli.

Dipendendo dal numero di figli, dalle condizioni di salute, dall’età e dall’ISEE di riferimento del nucleo famigliare l’assegno che si riceve cambia di valore e può variare anche da 175 euro a 25 euro.

Ogni anno questa misura è stata riconfermata e così sarà anche per il 2022 ma con alcuni cambiamenti che sono già stati comunicati dal 1 di gennaio 2022. Vediamo insieme quali sono gli ultimi aggiornamenti comunicati dall’Inps e quali saranno i cambiamenti previsti per l’anno in corso.

In questo articolo troverai anche tutte le informazioni di base riguardo l’assegno unico: a chi spetta, come presentare la domanda per riceverlo e come avverrà il pagamento con cadenza mensile. Per le informazioni ufficiali ricorda sempre di fare riferimento a questo link.

Inps: che cos’è l’Assegno unico?

L’Assegno unico e universale è definito direttamente dall’Inps come:

“un sostegno economico alle famiglie attribuito per ogni figlio a carico fino al compimento dei 21 anni (al ricorrere di determinate condizioni) e senza limiti di età per i figli disabili”.

Questa misura viene definita “unica” ed “universale” perchè raccoglie in sè tutta una serie di misure di sostegno economico ed è rivolta a tutte le famiglie che sono domiciliate e residenti in Italia che rientrano tra i requisiti previsti per poter presentare la domanda e ricevere l’assegno.

La somma di denaro che viene versata con l’assegno unico NON è fissa ma cambia in base a diverse condizioni: il numero dei figli a carico, la loro età, la loro condizione di salute e l’ISEE del nucleo famigliare. Ecco qui un breve tutorial del canale YouTube dell’Inps che spiega passo a passo in pochi minuti che cos’è l’assegno unico e come presentare la domanda.

Inps: chi può ricevere l’Assegno unico?

Non ci sono requisiti specifici per poter ricevere l’Assegno unico e universale. Infatti il nome stesso della misura prevista indica che è rivolta a tutte le famiglie che rientrano tra i requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno in Italia.

Nello specifico le famiglie che rientrano tra i requisiti generali sono quelle elencate qui sotto:

  • tutte le famiglie italiane oppure europee.

Nel caso in cui tu non sia un membro di una famiglia italiana o europea dovrai essere in possesso di uno dei seguenti documenti ufficiali ed autorizzati dallo Stato Italiano:

  • un diritto di soggiorno (anche non permanente), 
  • un permesso di lavoro per una durata di minimo sei mesi,
  • un contratto di lavoro indeterminato o determinato ma superiore a 6 mesi consecutivi.
  • Oppure essere un contribuente dell’imposta sul reddito in Italia,
  • Essere residente in Italia per un periodo superiore a due anni anche non continuativi.

Inps: quali famiglie riceveranno l’Assegno unico?

Secondo la comunicazione ufficiale dell’Inps, le famiglie che riceveranno l’Assegno unico:

  • “per ogni figlio minorenne a carico e, per i nuovi nati, decorre dal settimo mese di gravidanza;
  • per ogni figlio con disabilità a carico, senza limiti di età.

Per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni che:frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea;

  • svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa e possieda un reddito complessivo inferiore a  8mila euro annui;
  • sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego;
  • svolga il servizio civile universale”

Inps: cosa cambia dall’anno scorso?

Rispetto al 2021 ci sono alcuni cambiamenti che sono stati cominicati poche settimane fa con l’uscita del DECRETO LEGISLATIVO 21 dicembre 2021, n. 230. L’Inps ha apportato alcune modifiche che riguardano principalmente l’accorpamento di altre misure all’Assegno unico e gli importi previsti per il 2022.

Tra le misure che vengono incorporate con l’Assegno unico ci sono per esempio diversi assegni famigliari come quelli per il nucleo familiare in generale e per le famiglie che hanno a carico tre o più figli la cui età è inferiore a 18 anni. Inoltre le tabelle con i valori sono diverse.

Sono previsti degli importi con una maggiorazione in determinate condizioni di difficoltà: in alcuni casi anche di un centinaio di euro e in altri di poche decine. Per esempio per le giovani mamme che non hanno compiuto i 21 anni d’età e che hanno un ISEE basso parliamo di cifre molto basse: l’aumento previsto è di 20 euro al mese.

Invece se nel nucleo famigliare ci sono 3 o più figli a carico, la famiglia può ricevere anche 100 euro addizionali che potranno ricevere mensilmente se l’ISEE resta al di sotto della sogli annua di 40 mila euro in totale, cioè considerando le entrate dei genitori del nucleo famigliare.

Per il 2022 è previsto che le famiglie che hanno a carico dei figli con disabilità, l’assegno unico sarà illimitato e non terrà conto, come nel resto delle famiglie, dell’età anagrafica dei figli. Infatti dopo il compimento dei 18 anni di età l’Assegno unico che si riceve per ciascun figlio diminuisce.

Inps: quali saranno gli importi dell’Assegno unico per il 2022?

Accedendo a questo link puoi vedere chiaramente i valori che spettano a ciascun nucleo famigliare, inserite nelle 8 pagine di tabelle. Per leggerle correttamente dovrai solo relazionare il tuo importo ISEE, i cui valori sono esposti nella prima colonna, e le caratteristiche del tuo nucleo famigliare, che vedi nella prima riga.

Il calcolo funziona con l’incrocio di questi due dati:

  • valore ISEE + numero figli/età/maggiorazioni e bonus.

In particolare scorrendo verso il basso nella prima colonna, una volta identificato il tuo valore ISEE potrai continuare nella riga di riferimento e leggere gli importi che ti spettano e le eventuali maggiorazioni. Ma è indispensabile conoscere l’importo ISEE per ricevere l’assegno?

No. Infatti presentando la domanda senza mettere in allegato l’importo ISEE ti permetterà di ricevere il minimo previsto. Se l’ISEE del tuo nucleo famigliare è inferiore a 15 mila euro o comunque non alto, ti conviene allegare l’ISEE nella presentazione della domanda per poter ricevere una somma maggiore mensile.

Ora vediamo come presentare la domanda e come avverrà il pagamento dell’Assegno unico su base mensile.

Inps: come presentare la domanda?

Entrambi i genitori possono presentare la domanda per richiedere l’Assegno unico. Il sistema per la ricezione delle domande è già attivo e quindi si può da subito presentare la domanda direttamente online, accedendo a questo link. Ti verrà richiesto di accedere con le tue credenziali provviste di PIN, o SPID, o CIE o CNS.

Successivamente potrai procedere direttamente con la tua richiesta. Per sapere l’importo che ti spetta potrai consultare le tabelle che trovi a questo link con l’aiuto di questo tutorial dell’Inps che ti spiega passo a passo con una similazione come calcolare il tuo Assegno.

Le domande hanno iniziato ad essere raccolte dal 1 di gennaio di quest’anno ma c’è tempo fino al 30 di giugno del 2022 per fare la richiesta senza perdere le mesilità. L’Assegno viene inviato a partire dal mese di marzo per coloro che hanno presentato la domanda adesso, a gennaio, oppure che la presenteranno a febbraio.

Facendo la richiesta dopo marzo, quando si riceverà il primo Assegno verranno anche versati gli altri mesi precedenti. Per esempio se il primo Assegno si riceve a maggio allora con questo arriveranno anche i mesi di marzo e aprile.

Se preferisci affidarti ad un professionista sappi che puoi tranquillamente dirigerti verso un CAF o un patronato per chiedere un supporto nella presentazione della domanda. Qui puoi velocemente inserire la tua localizzazione per trovare l’ufficio di un patronato vicino a te, e qui quello di un CAF.

Inps: è obbligatorio allegare l’ISEE?

Come anticipato prima NON è obbligatorio allegare l’ISEE nel momento della presentazione della domanda ma come abbiamo visto è più conveniente che ci sia perchè altrimenti il sistema associa l’importo più basso automaticamente. 

Le tabelle per il calcolo dell’Assegno unico considerano come prime beneficiarie le famiglie che hanno un’ISEE al di sotto dei 15.000 euro. A questi nuclei famigliari spetta il massimo dell’importo. Quelle che hanno un’ISEE che supera i 40.000 invece riceveranno il minimo dell’importo.

Nel caso in cui non venga allegato l’ISEE nel momento della presentazione della domanda, il nucleo famigliare verrà automaticamente inserito tra i nuclei famigliari che hanno un’ISEE superiore a 40.000 euro e quindi verrà assegnato il minimo dell’importo.

L’ISEE è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente: per calcolarlo puoi chiedere nuovamente un supporto a un CAF o ad un patronato oppure farlo autonomamente. A questo link puoi trovare informazioni su come calcolare l’ISEE passo a passo.

Il valore ISEE che fa riferimento al tuo nucleo famigliare descrive la situazione economica generale e incorpora non solo lo stipendio ma anche tutte le altre entrate come redditi da affitti, proprietà immobiliari e così via. Dipendendo dal tuo ISEE e dalla tua condizione famigliare verrà determinato l’importo dell’Assegno.

Inps: come avviene il pagamento?

La modalità di pagamento viene stabilita durante la presentazione della domanda: il genitore che effettua la richiesta inserirà il proprio IBAN e tutte le informazioni necessarie che vengono richieste. Il primo pagamento avverrà a marzo per coloro che presentano la domanda nel mese corrente, gennaio, oppure il prossimo mese, febbraio.

Nel caso in cui non avessi delle coordinate bancarie è anche possibile spuntare l’opzione del bonifico domiciliato, inserendo quindi l’indirizzo del tuo domicilio e ovviamente i tuoi dati personali. In questo modo l’Inps verserà direttamente presso un’ente come una banca o una posta l’importo che potrai ritirare nella sede presentando i tuoi documenti.

Per qualsiasi informazione aggiuntiva consulta direttamente il sito dell’Inps o richiedi un appuntamento presso un CAF o un patronato per chiarire i tuoi dubbi.